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Autore: Vagabonda    16/12/2009    4 recensioni
No, il titolo non è sbagliato. C’è scritto proprio Callen, avete letto bene. Perché così è come Elisabetta chiama all’inizio la più famosa e invidiata famiglia di vampiri. Elisabetta ha molte cose in comune con Bella Swan. Per esempio, è timida come lei, con una particolare predisposizione per catastrofi e un’assoluta mancanza di equilibrio. Un giorno, quasi per caso, il libro Twilight capita tra le sue mani. E lei comincia a leggere, e si ritrova in un mondo incredibile, talmente simile al suo da sembrare quasi lo stesso. Che sia tutta una questione di coincidenze? La ragazza non ne è poi tanto sicura…
Rimasi a bocca aperta, fissando la faccia del volume con un misto di sorpresa e ilarità. La lucida copertina nera ricambiò il mio sguardo, le lettere rosse che parevano dichiarare prepotentemente il loro nome. Twilight lessi.
Fui presa dall’insensata voglia di ridere e un singulto isterico uscì dalle mie labbra serrate. Quando si parla del diavolo…
Ma ero soddisfatta e abbastanza impaziente, quando cominciai a sfogliare le pagine del libro. Finalmente avrei appreso la storia del vampiro più discusso del momento direttamente dalle parole dell’autrice, e non sarei più apparsa una completa ignorante di fronte alle acclamazioni della mia amica.
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, recitava la prima frase, seguita da molte altre. Sorrisi, afferrando quel libro così improbabile tra le mie mani, e mi sistemai comoda sul sedile. Mi rimanevano ancora pochi minuti di viaggio, ma perché non sfruttarli al meglio? A dir la verità, quel volume mi incuriosiva e non poco, e già le prime parole avevano stuzzicato il mio istinto di lettrice. E poi, non ero forse impaziente di conoscere meglio questo Edward?
Con quei pensieri e la pioggia scrosciante che accompagnava i miei occhi avidi di sapere, cominciai a leggere il libro
Twilight.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Storia un pò diversa, basata sul magnifico romanzo di Stephenie Meyer e sulla vita reale. Elisabetta è una ragazza normalissima, come me e voi. Va bene a scuola, ha una migliore amica fantastica e una famiglia perfetta. E allora, cos’è che un giorno stravolge la sua vita? Un libro. Un oggetto apparentemente innocuo. Ma questo non è un libro qualsiasi. Twilight farà scoprire ad Elisabetta un mondo speciale, che diverrà anche il suo. Perché dopo che il destino avrà regalato questo romanzo alla ragazza, un altro elemento entrerà a far parte della sua vita, talmente simile ad Edward, talmente straordinario, che sembrerà uscito dal libro stesso…
Ma anche Elisabetta non è proprio come tutte le altre, a dirla tutta. Anche lei assomiglia molto a Bella, sia d’aspetto che di carattere, come dimostrano la sua spiccata tendenza a cacciarsi nei guai o la completa assenza di equilibrio.
E allora, cosa succederà tra questi due ragazzi, così simili agli eroi del nostro libro?
Spero di avervi incuriosito, e mi auguro che vorrete almeno dare un’occhiata a questa storia, dove Edward e Bella, insieme a tutti i Cullen, non mancheranno di far parte.








-Elisabetta, sbrigati!!- mi intimò una voce davanti a me, confusa e poco udibile.
Ma nel caos del sabato pomeriggio, qualsiasi suono appariva sfocato. Correvo a per di fiato, attenta a non inciampare nei miei piedi e non urtare la marea di gente intorno a me. Pareva che tutta la città si fosse riversata nel piccolo centro, chi per acquistare gli ultimi regali natalizi, o solamente per passare un po’ di tempo con gli amici all’aria aperta. Mi strinsi la sciarpa al collo, quel giorno faceva davvero freddo e persino la prospettiva di uscire a fare shopping perdeva la sua solita attrattiva.
-Ma cosa fai, rallenti? Dai che perdiamo l’autobus!- mi rimproverò la voce severa della mia amica. Quasi le finii addosso, quando fu costretta ad arrestare la sua corsa davanti ad un automobile.
-Stai attenta!- strillò lei, cercando di afferrare le voluminose buste contenenti gli altrettanto numerosi acquisti. Non feci in tempo a risponderle che l’auto era passata, e lei era già ripartita a razzo. Ma da dove la tirava fuori tutta questa energia, specialmente con quel gelo?
Ripresi anche io a correre, le gambe insensibili e il fiato già corto. Inciampai in uno dei sassi lisci e scivolosi che componevano l’acciottolato, e rischiai di travolgere una malcapitata vecchietta al mio fianco. Lei si ritrasse terrorizzata ma non potevo concedermi il lusso di fermarmi, già non vedevo più Alessia, in mezzo a quella bolgia infernale. Così mormorai le mie scuse, promettendomi di prestare più attenzione a dove mettevo i piedi. Era facile scivolare su di un terreno simile, con i sassi resi ancora più viscidi dal gelo polare, specialmente per una con dei seri problemi di equilibrio.
Intravidi una massa di ricci arruffati poco più avanti, e mi gettai al suo inseguimento. Riuscii a riacchiappare Alessia proprio mentre passava il Ventuno. Salimmo sull’autobus e ci accasciammo su una coppia di sedili stranamente liberi. Quando sentii il tessuto dei miei jeans farsi insolitamente freddo, ne capii improvvisamente il motivo. Mi alzai di scatto, fulminando la pozza di acqua ghiacciata sul mio sedile, come se fosse colpa sua se si trovava lì, e non del cappotto bagnato dalla pioggia di qualche passeggero precedente. Lanciai un’occhiata allusiva alla mia amica, che però scosse la testa stancamente.
-Sono troppo esausta per stare in piedi, e non me ne frega niente se mi bagno un po’, tanto stasera devo farmi comunque la doccia, ho i capelli che si potrebbero strizzare!- esclamò, catturando tra le dita uno dei suoi riccioli ribelli, afflosciato dall’umidità.
Alzai le spalle, appoggiandomi sul palo lì vicino –Dove è finita la tua foga di poco fa?-
Sbuffò –Ely, ma devo sempre spiegarti tutto? Un conto e correre per accaparrarsi un paio di scarpe in saldo, un conto è precipitarsi alla fermata per non perdere uno stupido autobus, che ti porterà nel tuo stupido paesino, dove tornerai alla tua stupida casa-
Sorrisi davanti alla sua faccia corrucciata –Proprio non ti piace Cava Manara, eh?-
-E come potrebbe? È un buco! E poi non c’è uno straccio di negozio nemmeno a pagarlo-
Risi amara –Perché invece qui a Pavia abbiamo un’ampia scelta-
-Bhe, di sicuro più che in un postaccio come quello- replicò lei, testarda.
Alzai gli occhi al cielo, ma non risposi. Tanto era inutile discutere con Alessia, alla fine la scampava sempre.
-Allora, domani vieni a casa mia?- domandò lei, forse temendo che mi fossi arrabbiata. Negli ultimi tempi il mio umore altalenante era calato bruscamente, arrivando finanche a variare bruscamente nel giro di pochi minuti.
-Non posso- dissi distratta, guardando fuori dal finestrino. Aveva cominciato a piovere e un leggero velo copriva il vetro, appannato dai nostri respiri caldi.
-Ah-
Mi voltai verso la mia amica, incuriosita dal suo tono piatto. Mi fissava penetrante, le labbra strette in un’unica linea.
Sospirai –Ale, mi dispiace, sul serio, ma domani proprio non ce la faccio. Devo studiare per l’interrogazione di geometria- storsi il naso, pensando a tutti quei teoremi e formule assurde.
Lei non rispose, continuando a guardarmi, scettica.
-Sul serio!- esclamai –che ne dici di venerdì? Per il giorno dopo non abbiamo molto, e spero che le prof non siano così carogne da interrogare l’ultimo giorno di scuola!-
Alessia scosse il capo, amareggiata –Venerdì io parto, vado in Calabria con i miei. Per questo ti avevo invitata domani-
Mi morsi le labbra, cavolo, mi ero completamente dimenticata della sua partenza imminente. E sì che erano già due settimane che me ne parlava, eccitata all’idea di rivedere il suo migliore amico, ma triste davanti alla prospettiva di perdersi la festa di fine anno, organizzata periodicamente dalle scuole.
Sbirciai Alessia e incrociai il suo sguardo chiaro, vivace eppure con una punta di tristezza. La mia amica era il delizioso risultato dell’unione tra nord e sud: i suoi capelli riccissimi e bruni, insieme alla carnagione olivastra, erano un regalo del padre, ma gli occhi celesti erano gli stessi che si potevano vedere sul volto della madre. Occhi così espressivi che spesso ero costretta a evitarli, non potendo reggere tutto quell’azzurro troppo a lungo.
-Te ne eri dimenticata- constatò lei, tranquilla.
Arrossii, tormentando il labbro inferiore con i denti –Già. Scusa-
-Non ti preoccupare- il suo tono troppo rilassato mi indusse a voltarmi, e mi ritrovai un enorme fiocco rosa spiaccicato in faccia.
Presi il fiocco, attaccato ad un pacco di forma rettangolare, avvolto in una bella tonalità di lilla –Cos’è?-
-Il tuo regalo di Natale- spiegò Alessia –te lo do adesso perché poi non ci vedremo più-
-Ma puoi benissimo portarlo con te, domani a scuola- replicai a disagio, tentando di restituirle il pacchetto. Niente da fare, lei me lo rimise in mano, con sguardo deciso.
-Non mi va di tirarlo fuori in classe, e poi così puoi aprirlo e dirmi cosa ne pensi-
-Pensavo di attendere fino alla vigilia…-
-Eh no cara mia, voglio vedere la tua faccia!-
Mi arresi –Aspetta almeno domani- decisi, poi afferrai il pacchetto, ficcandolo in borsa e ignorando l’occhiata irritata che mi rivolse la mia amica. Fortuna che il mio regalo gliel’ho già dato, pensai, lanciando uno sguardo al braccialetto voluminoso allacciato al suo polso destro. Era un ciondolo unico: cuoricini, stelline, lunette e quant’altro, tutto spolverato da una cascata di lustrini viola, verdi e oro. Il classico articolo da Alessia, l’avevo definito. Perfetto, per una…eccentrica come lei.
-Sveglia Ely, la prossima è la nostra!- mi gridò la mia amica, dall’altra parte dell’autobus. Ormai era già arrivata alle porte.
-Chi era quella stanca?- le bisbigliai, giuntale accanto. Lei mi fece la linguaccia e indicò con un dito la pioggia, che ormai aveva preso a scrosciare copiosa. Storsi il naso, ovvio, non voleva bagnarsi troppo, rischiando di perdere la fermata giusta.
Scendemmo e ci precipitammo sotto il primo portico disponibile.
-Ti fermi a cena?- mi chiese Alessia, mentre si strizzava i ricci già fradici.
-Vorrei, ma mamma stasera ha preparato l’arrosto…-
-…e non vuoi perdertelo- concluse lei, ridacchiando –afferrato il concetto-
Le sorrisi, come era rilassante passare il tempo con lei. Non dovevo mai sforzarmi, ne di divertirmi tantomeno di parlare, poiché sempre riuscivamo a comunicare tra di noi. C’era come un legame speciale, una sorta di telepatia reciproca.
-Mi dispiace-
-Sarà per la prossima volta- disse lei, abbracciandomi –sicura di non volere un passaggio?- domandò dubbiosa, guardando con occhio critico la ormai cascata fuori dal nostro piccolo rifugio.
-Tranquilla, faccio una corsa-
Sospirò –Va bene allora, a domani-
-E mi raccomando, non prendere freddo!- esclamammo all’unisono, per poi scoppiare a ridere.
Mentre Alessia di voltava per dirigersi in direzione di Cava, io schizzavo sotto quell’acquazzone, facendo lo slalom tra le gocce che cadevano come meteore. Raggiunsi la fermata dell’uno con i vestiti appiccati al corpo e i piedi che navigavano dentro alle scarpe di tela. Bella trovata Ely, mettersi le All Star con questo tempo! Pensai, riprendendo il rimprovero che sicuramente mi avrebbe rivolto la mia amica. Adesso che ci riflettevo, strano che Alessia non mi avesse fatto notare una cosa del genere. Forse era troppo preoccupata per la partenza imminente, o dai suoi problemi in famiglia…arrossii, colpevole. In quel periodo ero stata completamente assente, talmente presa dai miei sbalzi d’umore da non rendermi conto della difficile situazione della mia migliore amica. Mi tormentai il labbro, furiosa con me stessa. Ma che razza di amica ero?! Decisi che avrei comprato un altro regalo ad Alessia, magari un peluche, accompagnato da una bella pergamena di scuse e perché no, da una giornata all’insegna dello shopping, di quelle che piacevano a lei. Sorrisi, soddisfatta di quella mia trovata, e preparandomi a salire sull’autobus in rapido avvicinamento.
Questa volta badai bene a dove mi sedevo, evitando i sedili fradici e gocciolanti. Mi accomodai in quello che stimai essere il posto più asciutto, e mi preparai a quindici minuti di viaggio terribilmente noiosi e umidi. Tirai fuori il cellulare dalla borsa per fare uno squillo a mamma, segno che tra breve sarei arrivata a casa, ma la mia mano incontrò una superficie liscia e fredda. Mi ricordai del regalo di Alessia quando lo tirai fuori, accecata dal riverbero della carta scintillante. Girai il pacchetto tra le mani, era perfettamente rettangolare, un po’ arrotondato ai bordi. Doveva essere un libro, di certo.
La curiosità mi colpì, inaspettatamente. Che libro poteva aver scelto un tipo come Alessia, per una come me? Non prediligevo nessun genere letterario in particolare, anche se ero una gran divoratrice di classici come Romeo e Giulietta o Cime tempestose. Al contrario, la mia amica non leggeva niente che non fosse un mattone fantasy. Le andava bene tutto, dalle streghe ai folletti, passando per gatti parlanti e foreste incantate. La sua ultima fiamma erano i vampiri, specialmente un certo Edward Callen, o qualcosa del genere, eroe dell’ultima saga fantastica. Non faceva altro che parlare di lui, di quanto fosse fico e dolcissimo, e tormentava il suo fidanzato, continuando a paragonare i suoi difetti con la perfezione del vampiro. Povero Nicolò, era così un caro ragazzo!
Scossi la testa, divertita da quelle considerazioni. La smania di sapere cosa celava quella carta lilla mi stava divorando, così non stetti a pensarci tanto su e con un unico movimento, liberai il libro dal suo involucro brillante. Con Alessia avrei fatto i conti più tardi.
Rimasi a bocca aperta, fissando la faccia del volume con un misto di sorpresa e ilarità. La lucida copertina nera ricambiò il mio sguardo, le lettere rosse che parevano dichiarare prepotentemente il loro nome. Twilight lessi.
Fui presa dall’insensata voglia di ridere e un singulto isterico uscì dalle mie labbra serrate. Quando si parla del diavolo…
Ma ero soddisfatta e abbastanza impaziente, quando cominciai a sfogliare le pagine del libro. Finalmente avrei appreso la storia del vampiro più discusso del momento direttamente dalle parole dell’autrice, e non sarei più apparsa una completa ignorante di fronte alle acclamazioni della mia amica.
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, recitava la prima frase, seguita da molte altre. Sorrisi, afferrando quel libro così improbabile tra le mie mani, e mi sistemai comoda sul sedile. Mi rimanevano ancora pochi minuti di viaggio, ma perché non sfruttarli al meglio? A dir la verità, quel volume mi incuriosiva e non poco, e già le prime parole avevano stuzzicato il mio istinto di lettrice. E poi, non ero forse impaziente di conoscere meglio questo Edward?
Con quei pensieri e la pioggia scrosciante che accompagnava i miei occhi avidi di sapere, cominciai a leggere il libro Twilight.

   
 
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