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Autore: V a l y    22/12/2009    9 recensioni
Storia nata da una vecchia fantasia dell'autrice per una coppia fuori dalla norma. Due ragazzi che avendo in comune la stessa causa si ritrovano insieme: il rosso e la cinese. Tengo veramente tanto a questa storia, sarei felicissima se magari mi aiutaste con commenti e consigli *.*
CAPITOLO 30. [Quella mattina, la famosa domenica successiva alla notte di baldoria nel quale le ragazze del passaggio a livello erano andate a trovare i balordi del covo dell’est, non fu niente di tutto questo a svegliare prematuramente Xiaoyu. Non erano stati gli schiamazzi, la musica, lo sferragliamento di nuove casse di liquori che venivano strusciate di peso sulla ghiaia. Fu lo strano, inusuale suono prolungato del clacson di un camion, un rumore assolutamente sconosciuto alla clausura della periferia est da ogni attività urbana.]
EDIT. Al solito ho inserito un'illustrazione fatta da me dopo aver aggiornato la fic. La trovate a inizio capitolo 30!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hwoarang, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il tocco lieve e fresco della mano di Miharu la destò. La cinese se la trovò davanti con un asciugamano in testa a mo' di turbante, il volto lentigginoso un po' arrossato e i ciuffi bagnati dei capelli che le incorniciavano il viso con riccioli corti e sottili.
“Buongiorno, dormigliona!” esclamò Miharu con un sorriso.
“Che ore sono?” domandò ancora un po' assonnata la bambina.
“Sono già le dieci e mezza.”
Non bisognava mai dire già agli scagnozzi della periferia Est se ciò era riferito ad un orario che andava dalle sette del mattino all'una del pomeriggio. Per quei ragazzi le dieci e mezza erano ancora, non già. E anche Xiaoyu, d'altronde, era una di loro, sebbene compiesse anche a sua volta il ruolo di studentessa mattutina.
Quindi, ricapitolando, erano ancora le dieci e mezzo del mattino e Miharu aveva già finito una doccia e stava preparando sul letto i vestiti da indossare, mentre la bambina, più propriamente secondo i suoi ritmi, era in pigiama tra le lenzuola.
“Svelta, che la mamma sta preparando delle brioche alla francese!” riferì la lentigginosa con un sorriso a trentadue denti.
“Brioche?” domandò la cinese incredula e briosa. Non bisognava mai destare dal loro sonno i malviventi della periferia Est, a meno che non ci fosse di mezzo una brioche. Solo in quel caso era concesso, anche se fossero state ancora le dieci e mezza del mattino. La bambina saltò subito in piedi.
La piccola cucina della casa era calda e profumata di lievito e farina. Le due si sedettero e la madre di Miharu posò sul tavolo per loro un piatto fumante di brioche. Quando sorrideva, aveva due deliziose fossette sulle guance come la figlia. Era adorabile, pensava Xiaoyu, nessuno della periferia Est sorrideva a quel modo, nessun uomo che avesse mai conosciuto, tranne una persona.
Le venne in mente così, tra una brioche calda tra le mani e un bicchiere di aranciata, mentre contemplava i motivi floreali della tovaglia. Il suo maestro, negli allenamenti, era sempre stato severo con lei, ma gli si addolcivano il volto e la voce ogni qual volta che si trovava in un contesto all'infuori di quello rigido delle arti marziali.

Quel giorno era seduto sui talloni davanti ad un'antica pergamena cinese, nel suo dojo, e le sue mani ossute mantenevano una tazza di tè caldo. Xiaoyu entrò nella palestra irruenta e rumorosa, in ritardo come sempre. Teneva stretta tra le braccia la borsa scolastica delle medie e aveva un dolce di pasta in bocca.
“Che cos'è quella specie di pane che hai tra i denti?” domandò leggermente sbalordito Wang. L'anziano viveva di antichità tra doji, pergamene e tazze di tè, perciò ignorava ogni novità o oggetto che esulava dalla sua cultura cinese.
“E' una brioche,” gli riferì con ovvietà l'allieva staccandone un pezzo per porgergliela.
Da uomo vicino più che mai allo spirituale e alla semplicità, che riteneva ogni invenzione occidentale un puro pretesto per alienare l'essere umano dal vero senso della vita, Jinrei assaggiò la pasta con un po' di ritrosia e diffidenza, ma sul suo viso si presentò poi un'espressione deliziata.
“E' dolce,” constatò con un po' di sorpresa.
“Perché, non avevi mai mangiato una brioche prima d'ora?” fu la domanda piena di stupefazione della cinese.
“Non si smette mai di empire la nostra vita di nuove esperienze, persino quando si è vecchi come me. Mi domando se, per esempio, giungerà mai anche per te la volta che arriverai in orario agli allenamenti,” valutò l'anziano maestro lanciando un'occhiata fugace verso l'orologio appeso al muro. La bambina fece una smorfia imbronciata.
“Non perdere ulteriore tempo,” convenne severamente Jinrei vedendola ancora ferma in piedi, rubandole il dolce dalle mani.
“Ehi!” protestò la cinese accigliata.
“Non è l'ora di mangiare, questa. Su, preparati per gli allenamenti!”
L'anziano fece gesto con le mani di andare e la ragazzina entrò nella stanza adiacente per cambiarsi, accorgendosi solo in seguito di essersi dimenticata la borsa con il kimono. Seccata più di prima, tornò al salone degli allenamenti e sorprese Wang addentare la sua brioche.
“Maestro!” esclamò offesa ed interdetta. L'anziano non proferì parola, reo di una colpa troppo evidente per potersi graziare con una scusante. Sorrise soltanto, come un bambino colto durante una monachella.
Era diventato una specie di accordo silenzioso quello tra loro due, in cui Xiaoyu arrivava in ritardo e ciononostante riusciva ad ottenere per mezzo di un appetitoso sotterfugio il perdono di Wang, che chiudeva molti occhi e dava altrettanti molti morsi alle brioche che lei, ormai, comprava ogni mattina in coppia per entrambi.

“Che hai, Xiao?” chiese preoccupata Miharu vedendola imbambolata. La bambina non rispose, s'infilò veloce la pasta in bocca e rantolò di dolore quando si accorse in ritardo che era ancora bollente.
Dopo aver finito colazione, la ragazza coi codini aiutò la madre di Miharu a lavare i piatti, compito di cui possiamo ormai definirla una specialista viste le notti passate in bianco nel ristorante “Il Matto” a sciacquare le inesauribili stoviglie assieme a Marshall. Inesauribili non perché lo fossero i clienti, ma il loro stomaco. Soprattutto quello di Paul.
Ci mise, difatti, appena un minuto a lavare i piatti, dopodiché si offrì nuovamente di aiutare la madre di Miharu con la spazzatura. La donna, in seguito alle cortesi insistenze della bambina, accettò con un sorriso.
La cinese uscì di casa con due buste di plastica in mano e s'incamminò verso il bidone dei rifiuti. Alzò lo sguardo al cielo, con casualità, e vide un palloncino. Era ancora basso, rasentava i tetti dei palazzi; probabilmente, pensò Xiaoyu, il bambino che l'aveva perso stava ancora piangendo. Rimase incantata dal piccolo ovale rosso. Contrastava nettamente con l'azzurro e il bianco delle nuvole della mattinata serena ed ondulava, incerto, come se non sapesse dove andare, sballottato qua e là dal vento. Una volta Wang le aveva regalato uno di quei palloncini; lei aveva sei, sette anni e le sue manine piccolissime e ancora poco forti avevano afferrato la cordicella che, dopo qualche minuto, le era scappata dalle dita. Aveva visto il suo piccolo divertimento infantile volare verso l'alto e si era messa a piangere. Il vecchio maestro le si era avvicinato con un sorriso dolce dipinto sul volto.
“Non devi piangere se ti è sfuggito il palloncino, perché andrà verso il cielo e sarà un regalo per i genitori,” le aveva detto consolatorio. “Sei stata brava, hai scelto il palloncino più bello di tutti.”
Quasi dieci anni dopo, vicino ad un bidone dei rifiuti che veniva poco badato per via di un palloncino che volava verso l'universo, la cinese comprese la verità.
Era già qualche tempo che rammentando il suo vecchio maestro non provava più rabbia o amarezza, ma solo un dolce e profondo sentimento di nostalgia. Aveva abbandonato molti luoghi perché le ricordavano la morte di Wang, ma pensò che forse era pronta per ritornarvici. Ce n'era uno in particolare che da quando aveva cominciato a trascorrere i suoi ultimi mesi nella periferia Est non era stato più visitato.
Dopo aver buttato la spazzatura tornò a casa di Miharu. Le disse che sarebbe dovuta andare subito via perché aveva da fare qualcosa di molto importante.

Eccolo, uno dei tanti luoghi che la cinese non aveva più visitato dal giorno nefasto di qualche mese prima. La recinzione di bambù era stata bruciata e la stradina che la fiancheggiava era diventata una via come le altre. Proseguì verso una stretta scalinata. Un gradino di pietra dopo l'altro riviveva dei momenti passati assieme a Wang. Ora era inciampata e il maestro l'aveva aiutata ad alzarsi, ora le lucciole d'estate danzavano sospese sul cielo vicino alla siepe che affiancava la scalinata, ora pioveva e i due correvano cercando riparo nella loro casa. A quell'ultima parola Xiaoyu serrò le labbra. Alzò lo sguardo e la vide, rialzata tra le altre abitazioni, oltre la siepe, la loro casa. In realtà apparteneva alla cinese, ma era come se fosse anche di Wang visto che una volta andava a trovarla appena gli allenamenti e il tempo glielo permettevano. Il maestro portava profumo di antichità, calore, giochi e sorrisi; attraversava l'uscio della porta d'ingresso e chiedeva, sorridente: “E' qui la mia allieva più esuberante?” e si lisciava la morbida barba bianca con le dita scure e nodose, che sembravano fatte di carta.
La bambina era oramai davanti al cancello del piccolo condominio a due piani. Salì le scale e all'ultima porta tirò un grosso sospiro. Trasse concitata dalla piccola borsa una chiave e la infilò nella serratura.
Ma l'attrezzo non girò.
Tentò un'altra volta, e un'altra ancora, senza successo. Qualcuno le poggiò d'improvviso una mano sulla spalla e la ragazza sussultò spaventata. Si voltò e vide l'uomo che – a primo impatto non capiva proprio chi fosse – comprese si trattava dell'amministratore del condominio, il signor...
“Naka... Nakashima?” chiese titubante Xiaoyu.
“Nakamura!” s'inalberò l'uomo. “Ti sei assentata così tanto da casa da scordarti addirittura il mio cognome?!”
In realtà il suo cognome non l'aveva mai imparato, sin da quando abitava in quel condominio, forse perché lo conosceva poco, forse perché le uniche volte che lo vedeva era per il pagamento mensile dell'affitto, o forse, semplicemente, era un uomo troppo comune per esser ricordato. Aveva la fronte alta – per come l'aveva sempre vista la cinese quasi soltanto corrucciata –, gli occhi estremamente piccoli, un fisico paffuto da uomo di mezza età ed era alto poco più di lei. Viso anonimo, abiti comuni, carattere ignoto, niente che lo caratterizzasse per qualcosa di particolare.
Parlando dei tre precedenti motivi per cui lei non ricordava mai il suo nome, uno appena spiegato e l'altro che era il fatto di averlo frequentato poco, restava dunque la causa della sua visita. Probabilmente involontaria, certo, ma il fine rimaneva lo stesso anche nelle casualità.
“E' da quattro mesi che non paghi il tuo affitto,” disse, appunto. La cinese esibì un sorriso rassicurante, un po' ostentato.
“Ho avuto tante cose a cui pensare, ma d'ora in poi lo pagherò tutti i mesi,” promise.
“Non puoi mica sempre fare i comodi che vuoi!” protestò l'uomo. “Potrei anche cacciarti per il tuo ritardo coi pagamenti!”
“Mi dia solo un po' di tempo...” enunciò debolmente Xiaoyu con occhi scongiuranti.
“Due giorni, e voglio i 200000 yen che mi spettano, oppure venderò l'appartamento a qualcun altro!”
“Due giorni?!” domandò sbigottita la ragazza. “E come ci riesco ad avere quella cifra in soli due giorni?”
“Non è un mio problema!” rispose con semplicità Nakamura.
“Facciamo dieci giorni...?” tentò la cinese con un affabile sorriso dipinto sul volto. Di tutta risposta l'amministratore le sbatté in faccia la porta d'ingresso del proprio appartamento.
La bambina fece una lieve smorfia di dispiacere, raggiunse nuovamente la sua abitazione, buttò la borsa scolastica ai propri piedi e si sedette per terra appoggiandosi con la schiena all'anta della porta. Racchiuse la testa tra gli arti intrecciati attorno alle ginocchia alzate e cominciò a riflettere.
Era sempre stato Wang a pagare l'affitto. Xiaoyu ricambiava aiutandolo con il dojo, pulendo o rimpiazzandolo per qualche ora con gli alunni più piccoli, ma oltre questo non aveva mai dato un reale contributo all'affitto. Il maestro le donava ogni fine mese i soldi e lei, semplicemente, li dava a sua volta all'amministratore del condominio. Non aveva mai guadagnato da sola, se non in un modo un po' diverso per procurarsi un vestito da sera di seta rosso. Poteva offrirsi nuovamente come cameriera al ristorante dei Law, ma in due giorni soltanto non sarebbe mai riuscita a ricavare 200000 yen.
La bambina sospirò rassegnata. In fondo era solo una casa, un insieme di beni che nulla avevano realmente a che vedere con Wang e i suoi ricordi. Le memorie stazionano nella mente, rivivono ogni giorno, dovunque e in qualunque momento. Non sono gli oggetti ad incarnarle e l'uomo non deve aggrapparsi ad essi, perché non valgono che una parte di tutto l'insieme, la meno significativa. Era questo uno degli insegnamenti più importanti di Wang e lei non l'aveva mai messo in pratica.
Serrò le labbra in un'espressione di determinazione, si drizzò in piedi, si scrollò la gonna e afferrò il manico della borsa. Quando si avviò per le scale notò una donna che s'incamminava nella direzione opposta. Questa, accortasi di lei, sorrise e fece un lieve inchino con la testa.
“Ciao, Ling,” la salutò. La bambina le riconobbe subito la splendida fisionomia. Aveva un volto delicato ed adulto, due occhi sorridenti e labbra sottili e femminili. Era indubbiamente una donna bellissima, su cui, al contrario di Nakamura, bastava soffermarsi con lo sguardo per qualche secondo affinché rimanesse inesorabilmente incastonata nella memoria.
“Ciao, Miho-san,” le rispose la cinese. Shiori Miho era la donna che viveva due appartamenti prima di quello di Xiaoyu. Vestiva sempre con abiti scialbi di casa, teneva i capelli comodamente raccolti e aveva il viso struccato di una persona troppo indaffarata per pensare ad altro. Ma la sua bellezza stava proprio in questo, nella semplicità e nella freschezza, oltre che nel portamento, che era di un eleganza che andava al di là delle semplici cortesie di brava casalinga. Possedeva una raffinatezza da geisha, dimostrata in quel frangente con un semplice gesto della mano dietro la nuca per aggiustarsi la coda di cavallo sopra la spalla, mano che poi si erano dolcemente posata sulla piccola schiena della bimba che teneva tra le braccia.
“Era da molto che non c'incontravamo. Ti va una tazza di tè a casa mia?” propose Shiori. La cinesina sorrise un po' imbarazzata.
“In realtà dovrei andare...”
“Solo cinque minuti,” insistette cordialmente Shiori. La bambina cedette ed accettò.
L'appartamento aveva la stessa struttura di quello di Xiaoyu e le uniche peculiarità erano i mobili, i quadri e i tavoli che l'arredavano. Ling ebbe perciò una sensazione di deja vu mischiata a malinconia e disorientamento, ma durò poco. La donna mise a sedere la piccola figlia sopra un tappeto con tanti giocattoli attorno, si tolse la giacca e l'appese all'attaccapanni, dopodiché fece accomodare la cinese sul divanetto del salotto che fungeva anche da cucina e preparò il tè.
“Non vedo Wang da un bel po', come sta?” chiese discorsivamente alla bambina. Quest'ultima abbassò la testa con rammarico, ma la donna non poté notare quest'atteggiamento perché stava versando il tè dentro due tazze girata di schiena.
“Sta bene... è fuori a fare un viaggio,” mentì Xiaoyu.
“E quando torna?” chiese Shiori interessata. La studentessa coi codini era in procinto di rispondere, ma si sentì tirare un lembo della gonna dalla figlia della padrona di casa, in piedi a fianco alla sedia, che tendeva gli arti verso l'alto per essere presa in braccio.
“Akiko è come un gatto, vuole sempre stare in braccio a tutti,” scherzò la donna porgendo all'invitata la tazza fumante.
“Vieni, Akiko-chan!” enunciò la studentessa prendendo la pargoletta da sotto le braccia e facendola sedere sulle proprie gambe.
“Bambina!” affermò con eclatante energia la bambina vera a quella protagonista di questa storia, indicandola con l'indice. Xiaoyu s'inquietò non poco a quell'esternazione inaspettata e blousonoiriana. Per un attimo intravide il viso sbieco di Hwoarang dietro la padrona di casa, ma per fortuna fu solo una brutta allucinazione.
“Akiko chiama tutti bambini e bambine,” spiegò prontamente Shiori con un sorriso mentre sorseggiava il tè. E la cinese, dunque, trasse un sospiro di sollievo. Aveva creduto a chissà quali strane pratiche stregonesche del capo della periferia Est che gli consentivano di possedere a piacimento la mente degli altri, anche di bambini di poco più di un anno. Ma sempre e di nuovo per fortuna fu solo una congettura infantile senza capo né coda.
“Sono una ragazza, non una bambina,” chiarì amabilmente Xiaoyu alla pargoletta, e di conseguenza, o almeno così fu per una logica tutta propria dei bambini, Akiko le tirò la ciocca del codino destro.
Akiko Miho era la perfetta rappresentazione in miniatura del blouson noir.
“Akiko, non si fa!” la sgridò la madre in procinto di alzarsi dalla sedia per darle una lezione.
“Non fa niente, è solo una bambina,” la rassicurò la cinese stirando un sorriso un po' artificioso. All'ultima affermazione Akiko ripeté la parola bambina indicando nuovamente col dito Xiaoyu.
Sembrava lo facesse con l'intenzione volontaria di mandarla fuori dai gangheri, proprio come faceva sempre il blouson noir.
Così Ling estrinsecò la sua seconda congettura.
“Lei... è per caso di origine coreana?” domandò a Shiori un tantino preoccupata.
“Sono giapponese al cento per cento. Perché?”
“Perché... così!” rispose senza rispondere la cinese con un amplio sorriso a trentadue denti, scartando l'ipotesi secondo cui Akiko somigliava così tanto a Hwoarang perché in qualche modo possedeva il suo stesso DNA caratteriale per via di una vicina parentela.
Al che si presentò un ulteriore dubbio che fece materializzare nella mente della protagonista la terza pericolosa congettura.
“Sempre per caso... il suo fidanzato è un ragazzo molto, molto giovane?”
Shiori la guardò sorpresa. “Se intendi il padre di Akiko, sì, è una persona abbastanza giovane...”
“Ma non petulante, antipatico, maleducato, violento, dongiovanni e coi capelli sgangherati, vero?”
Shiori rise di gusto. “A volte è petulante e maleducato. Non penso che sia un dongiovanni, ma chi lo sa... le ragazze che hanno una storia con i donnaioli di solito non sanno che i loro fidanzati sono così anche con le altre, altrimenti non ci rimarrebbero insieme per tanto tempo... anche se non è più il mio caso, ci siamo lasciati da un bel pezzo.”
“Mi... mi dispiace...” si scusò con rammarico la cinese grattandosi la nuca in segno di disagio. Aveva osato troppo ed era stata un po' maleducata, per comprovare una congettura, poi, che tra tutte era la più folle, forse persino più di quella dello stregone. Così aveva riflettuto la parte razionale ed intelligente del cervello di Xiaoyu, ma l'altra, quella che chiamerò per garbatezza nei confronti della protagonista solamente irrazionale, ragionò sul fatto che però non aveva ancora ricevuto una risposta certa. Dunque il dubbio non si dissolse del tutto.
“Non preoccuparti, è una storia vecchia di due anni,” disse dolcemente Shiori alla cinese. “Perché mi hai fatto questa domanda?”
E la bambina, di nuovo:
“Perché... così!” e sorrise imbarazzata. “Ora devo proprio andare. E' stato un piacere rivederti, Miho-san.”
“Aspetta, prima che me ne dimentichi,” la richiamò la donna. Xiaoyu permanette seduta con Akiko sulle proprie gambe, la quale aveva abbandonato la testa sulla sua spalla e teneva gli occhietti socchiusi, appesantiti dal sonno. Shiori prese in braccio la figlia e la sdraiò nella culla vicino al televisore, aprì un cassetto della scrivania accanto e rovistò in cerca di qualcosa. Si voltò poi in direzione della bambina per mostrarle un talismano cinese.
“E' una specie di portafortuna. Wang era passato a casa tua per regalartelo, ma non c'eri, così lo ha dato a me chiedendomi di lasciartelo quando ti avrei rivisto. Mi ha spiegato che è un buon auspicio per gli esami di scuola e che lo ha comprato perché ti vedeva un po' preoccupata per lo studio e per altre cose,” riferì la donna all'ospite porgendole l'oggetto di stoffa.
“Quando... te l'ha dato?” chiese stupita la bambina.
“Una sera di qualche mese fa, l'ultima volta che l'ho visto. Immagino il giorno prima che lui partisse per il suo viaggio.”
La bambina prese in mano il talismano e lo pressò sul petto, all'altezza del cuore, poi si inchinò verso Shiori con il volto contratto da una forte emozione.
“Grazie di cuore, Miho-san!” le disse a gran voce. La donna la osservò sbalordita.
“Non c'è bisogno che ti inchini, Xiaoyu. Per così poco...”
La cinese non disse niente, girò i tacchi ed uscì dalla porta correndo per le scale del condominio sotto lo sguardo confuso di Shiori.

Ling superò l'invisibile linea di demarcazione tra la città di Tokyo e la periferia Est, inconsapevolmente tracciata con una striscia immaginaria fin dai primi giorni in cui andava alla tana degli scagnozzi di Hwoarang tornando da scuola. Si trovava subito dopo l'inoperosa fermata del bus dove nessun pullman passava più da anni, quella con la panchina imbrattata di murales ed un gambo sbilenco, vicino al tabellone degli orari incrostato di sporcizia, datato ancora al ventesimo secolo. Lì la città non si faceva più città, diventava una landa piena di palazzi senza persone. L'urbanizzazione effettiva finiva in quel punto esatto, con l'ultimo spiraglio di luce dalla finestra di un appartamento un po' distante, ancora abitato, poi si faceva tutto buio e prendeva il sopravvento una silenziosa eversione fatta di passeggiatrici, ubriaconi, girovaghi e canaglie.
Si era fatta ormai sera. Xiaoyu camminava mogia con lo sguardo posato a terra e i piedi che strisciavano sull'asfalto della carreggiata deserta. Avvertì la vicinanza del suo rifugio udendo il primo schiamazzo, distante ancora qualche traversa. Oltrepassò la cancellata aperta, scavalcò le mondane casse di bottiglie di liquore accostate tra loro che le intralciavano il passaggio e giunse finalmente al piazzale del covo illuminato dai falò. Gli uomini lo occupavano tutto, beneficiando del loro tempo al solito infruttuoso modo, in cui non ricavavano null'altro che dell'opulento divertimento.
“Xiaoyu!” la salutò allegramente John da lontano, agitando il braccio con un accentuato sorrisone sul viso. La bambina aveva imparato a riconoscere tre differenti tipologie di sorrisi quando si trovava nella periferia Est: quelli entusiasti che esibivano gli scagnozzi del covo quando avevano tra le mani tanti soldi da spendere in bottiglie alcoliche, quelli festosi di coloro che avevano già davanti delle bottiglie alcoliche da stappare ed infine quelli ebbri che di bottiglie ne avevano stappate fin troppe. La cinese era quasi certa che John rientrasse nell'ultima categoria, non tanto per i passi traballanti che effettuava mentre la raggiungeva, quanto più per quell'inusuale reggipetto di pizzo pescato da non si sa dove – e Xiaoyu non voleva assolutamente saperlo – che indossava con aria contegnosa sulla testa con l'aggancio chiuso sotto il mento.
“Per fortuna ti abbiamo trovato, dobbiamo tutti discutere di una cosa molto seria che riguarda la Mishima Zaibatsu,” annunciò risoluto l'omone, anche se, tecnicamente, non erano stati loro a trovare Xiaoyu, ma era stata lei stessa a presentarsi alla loro tana, e, sempre tecnicamente, se si prende in esame il fattore serietà si desume che una persona seria in primo luogo non si mette dei reggiseni sulla testa...
“Ah, vuoi sapere di questo?” domandò John accorgendosi dell'occhiata confusa che la bambina aveva involontariamente lanciato al reggipetto. “E' una storia un po' lunga. Ho conosciuto una donna, ieri sera, così generosa che quando le ho chiesto come si chiamava è subito passata all'ultima fase e-”
La cinese tappò repentinamente la bocca del compagno con la propria mano. Non era necessario conoscere nessun sviluppo di quella storia visto che se ne intuiva già lo scabroso finale. E ad ogni modo, meno lei sapeva meglio era.
“E poi dicono che le autocensure non esistono...” affermò dietro la schiena della ragazza qualcuno che lei riconobbe immediatamente, il solo che interveniva improvvisamente in un discorso con una frecciatina o una battuta ironica indirizzata alla bambina. Hwoarang salutò Xiaoyu con la solita occhiata canzonatoria, poi l'omone, posandogli la mano sulla testa non con tanta casualità. “Non è stato necessario neppure un nostro intervento, hai fermato John proprio in tempo, prima che la tua crescita venisse bloccata per sempre!”
La cinese abbassò il braccio assieme allo sguardo turbato e il blouson noir arcuò un sopracciglio.
“Le ho appena detto della riunione, capo,” riferì compiaciuto John.
“Bene,” assentì il rosso piegando la testa di lato. “Ci sono delle lamentele, là dietro. Dicono che non stai indossando il reggiseno in modo adeguato, e Mugen insinua che hai delle strane tendenze.”
“Ah sì?! Gliela faccio vedere io la strana tendenza! Gli racconterò di quella donna generosa a cui ho prelevato questo reggipetto, e gli spiegherò anche come sono riuscito ad averlo!” esclamò intrepido l'omone, e se ne andò a grandi falcate.
“John quand'è ubriaco è il più spassoso di tutti,” reputò divertito il blouson noir alla bambina. Quest'ultima sfoderò un sorriso di circostanza fin troppo ovvio. Abbassò di nuovo il capo, aggrottando le sopracciglia.
“Ehi,” la chiamò Hwoarang avvicinando pericolosamente il viso al suo in cerca di un'attenzione maggiore. La cinese, ritrovandoselo inaspettatamente davanti e a poca distanza, spalancò gli occhi e retrocesse di un passo.
“Cosa?” riuscì solo a chiedere, intimorita.
“E' da un po' di giorni che mi eviti,” esordì laconico il coreano.
“Non è vero,” azzardò Xiaoyu, ma il coreano lo sapeva, non era vero che non era vero.
“Se sei incazzata con me per qualche ragione dimmelo e smettila di comportarti come una bambina, anche se detto così è un po' un paradosso visto che sei una bambina...” ironizzò il blouson noir, aspettandosi l'usuale e prevedibile scatto di nervi della cinese, che però non arrivò. Rimase in silenzio e con gli occhi puntati altrove.
“Va bene, fa' come vuoi,” decretò seccamente Hwoarang, “però è necessario che tu venga con me da Law a prendere nuovi vestiti, presto saremo un imprenditore e una segretaria della Mishima Zaibatsu.”
“Non posso venire!” annunciò istintivamente la bambina, ovviamente dicendo il falso pur di denegare la proposta del coreano e stare un po' lontana da lui. Era quello sciocco disagio che provava dal giorno delle fragole a farla agire così quando si trovava con il suo capo.
“Perché non puoi?” fu la domanda naturale di Hwoarang a cui lei non pensò affatto.
“Perché...” tentò la bambina, “devo fare i compiti.”
“Tu non li fai mai i compiti!”
Oh, se aveva ragione. Era un fatto così famoso nella periferia Est che quando qualche ragazzaccio del covo non svolgeva adeguatamente il proprio lavoro – era pur sempre un lavoro, il loro, anche se non del tutto conforme alle regole della società – veniva etichettato come un caso grave di Xiaoyuismo. Fortunatamente la Ling riuscì a sviare la questione con una frase fatta, le migliori per questi casi:
“C'è sempre una prima volta per tutto!”
Il blouson noir, ormai al culmine di sopportazione, sbuffò ed agguantò la compagna per il braccio per portarsela appresso, ma questa si svincolò avventatamente con un gesto secco della mano, imbarazzata da quel tocco disinvolto del capo. Tutta colpa di quel tarlo interiore che le annebbiava la mente, se ne rendeva conto, ma sempre e troppo in ritardo, quando la castroneria era già stata compiuta. Alzò uno sguardo impietosito verso il rosso in segno di scusa, ma lui non disse niente. La fissò amareggiato e allo stesso tempo severo.
“Se non ti va di collaborare, puoi anche andare via dal clan,” le riferì duramente. La cinese sgranò gli occhi dallo stupore e aprì più volte la bocca per ribattere, ma non riuscì a proferire parola.
“Io vado,” la informò il blouson noir, e s'incamminò verso una stradina buia della periferia. La cinese rimase in silenzio ad osservarlo di nascosto fin quando non lo vide scomparire dietro l'angolo. Contrasse il volto in una smorfia e si diresse al grande materasso alla ricerca di un po' di serenità tra le braccia artificiali della grata. Nel mentre, uno del clan un po' alticcio le diede un'involontaria spallata, si scusò e si dileguò tirato da un altro, ubriaco come lui. Xiaoyu calpestò qualcosa, abbassò lo sguardo e vide a terra l'amuleto che le aveva regalato Wang, scivolatole dalla tasca all'urto col compagno. Lo raccolse frettolosamente e lo sfregò nervosamente con la mano al fine di togliere la polvere, poi, dal nulla, cominciò a piangere.
Era da tanto che non piangeva per Wang.
Si rese conto della verità solo in quel momento.
Voleva indietro la sua casa, il tavolo dove cucinava col suo maestro piatti sempre troppo salati o troppo bruciati, il divano dove si divertiva a sognare passeggiate con Jin e ad attuare piani di vendetta perché Jinrei l'aveva trattata male agli allenamenti, i libri di arti marziali senza figure che parlavano di spiritualità, di filosofia e di robe troppo complicate che Xiaoyu leggeva con noia e senza capire nulla, il disegno che aveva fatto da piccola appeso al muro della camera che mostrava un prato pieno di fiori giganti, un albero sbilenco, un vecchio barbuto con gli occhi storti che impersonava il suo maestro e lei al suo seguito, bassa e sproporzionata, con le mani di venti dita e gli occhi di cento ciglia.
Il suo appartamento, in realtà, non era un ricordo ingannatore di Wang come lei stessa si era persuasa di credere per comodità, pur di non ammettere che la sua vera debolezza era stata aver voluto disfarsi della propria casa allo scopo di dimenticarsi del suo maestro per non soffrire più. Il suo appartamento era ciò che le era rimasto, a prescindere da quel che rappresentava, che non si riduceva unicamente alle memorie su Jinrei. Ed ora che la nostalgia era diventata dolce e non più risentita era troppo tardi, la bambina era rimasta con nient'altro che un piccolo amuleto di stoffa imbrattato di terra.
Aveva perduto tutto, ed ora, più che mai, desiderava che quel tutto ritornasse da lei.
Non voleva abbandonare anche la sua seconda casa. La periferia Est era come un tetto che la proteggeva e l'accoglieva durante il sonno, seppur evanescente come il cielo immenso che lo costituiva, e i suoi compagni incarnavano la famiglia che aveva perduto. Nella periferia Est si era fratelli, amici e genitori di tutti, perché nessuno che l'abitava ne aveva più.
Non si sarebbe lasciata sfuggire ciò che aveva di più caro una seconda volta. La bambina si strofinò gli occhi con il braccio, si puntellò con le mani al muro per alzarsi, ripose l'amuleto in tasca e si avviò al ristorante “Il Matto”.
Aveva raggiunto il suo capo quasi subito. Era fermo sotto la luce di un lampione, girato di schiena, che tentava di accendersi una sigaretta con un accendino che non voleva funzionare. L'aggeggio scintillò più volte senza produrre fiamma, tra un graffio acuto e l'altro dello sfregamento tra pietra e metallo. Durò fino a quando Xiaoyu non chiamò a gran voce il suo capo. Lui si voltò un po' meravigliato.
“Che c'è?” chiese scontrosamente. La bambina era una decina di metri distante. Serrò i pugni e le labbra, e gli disse, flebilmente:
“Scusami se ti ho trattato male...”
Il coreano, accorgendosi dell'espressione rattristata della compagna, la fissò leggermente preoccupato.
“Che hai?” le chiese.
Il labbro di Ling tremò appena appena a quella domanda. “Prometto che non ti ignoro più, e se vuoi puoi offendermi, prendermi in giro, trattarmi male e dire che sono una bambina, però... non...” e cominciò senza volere a piangere di nuovo, coprendosi infantilmente gli occhi con il braccio alzato. “Ti prego, non cacciarmi via...” soggiunse con un lamento.
Il blouson noir irrigidì tutto il corpo all'inaspettata reazione della bambina, ma malgrado ciò non si trattenne dal fare un lieve sorriso rasserenato. “Io non voglio cacciarti. Credevo che fossi tu a voler andare via.”
La cinese, china con la testa, non diceva nulla, continuava solamente a singhiozzare.
“Adesso che abbiamo chiarito non c'è più bisogno di piangere,” le riferì Hwoarang, ma lei non proferiva ancora parola e non smetteva di singhiozzare. Così il ragazzo le si avvicinò e le fece pressione sulla fronte col palmo della mano per alzarle il viso, guardarla e lanciarle un'occhiata preoccupata e interrogativa. A quel contatto visivo di premura, Xiaoyu gli mormorò:
“Non ho più una casa dove tornare...”
Il rosso mosse impercettibilmente le sopracciglia, un atteggiamento che assumeva quando tratteneva dentro di sé dell'afflizione o della compassione, emozioni che per nulla al mondo avrebbe lasciato manifestare agli altri. Per non parlare delle gentilezze gratuite, robe da mammalucchi e femminucce che a parere di Hwoarang erano uomini solo per quanto riguardava la classificazione di specie homo sapiens sapiens, non certo per quegli attributi mascolini che avevano soltanto di facciata! Un uomo si misura dalle palle, diceva sempre a quelli della periferia Est.
Si sentì un po' meno uomo, in effetti, quando la prese per la nuca con la mano per farle appoggiare la testa alla propria spalla, forse con un po' troppa rudezza e prepotenza, ma pur sempre eseguendo una dannatissima gentilezza gratuita. Non si commiserò neppure più di tanto, distratto com'era a inebriarsi del profumo della sua bambina e a deliziarsi del tocco un po' goffo di lei sulla schiena, racchiusa tra due braccia minute.
“Questo perché non avevo un cavallo a dondolo per consolarti...” affermò Hwoarang, buttando lì una battuta, tanto per alleggerire l'atmosfera. Lei emise un singulto più pesante degli altri, che forse era un risolino o forse no, il blouson noir non riuscì a stabilirlo. Avvertì la stretta della cinese intensificarsi, e lui, allora, lasciò cadere il braccio sulle sue spalle per cingerla meglio. Era strano il calore che gli infondeva quel contatto intimo, benché quest'ultima fosse una parola troppo grossa paragonata agli approcci diretti che Hwoarang aveva avuto con le altre donne. Con loro prima diventava intimo e poi imparava il loro nome, anche se spesso quest'ultima eventualità non si presentava affatto.
Forse, rifletté, l'intimità era anche altro, un po' diversa, come poteva esserlo il trattenere la sua compagna tra le braccia per consolarla, senza ulteriori scopi. Non era di sua consuetudine, perché se il rosso si degnava di una carezza era sempre e meccanicamente accompagnata da un proposito che per tutte era lo stesso.
Toccava le donne con una facilità disarmante, eppure con Xiaoyu gli risultava sempre un compito ostico, che non andava oltre la pacca sulla schiena o la mano sulla spalla per fermarla o scuoterla.
Si trovò quasi a sorridere a questa sua strana e nuova inettitudine, scoperta solo da poco più di un mese.
Si sentì uno stupido homo sapiens sapiens.

Nessuno dei due aveva calcolato quanto tempo fosse trascorso. Tra un pensiero e l'altro era passato abbastanza veloce per entrambi. In quel lasso di tempo imprecisato, tra una lacrima e un singhiozzo, la cinese aveva raccontato al blouson noir gli avvenimenti di quel giorno. Aveva parlato di Wang, della sua casa, della scadenza dell'affitto e dei soldi che non aveva.
Adesso camminavano l'uno di fianco all'altra. La bambina osservava con la testa china il suo amuleto di stoffa e aveva gli occhi rossi ed infossati, mentre il blouson noir teneva le mani nelle tasche dei jeans e strusciava le scarpe sull'asfalto.
“Quanti soldi hai da parte?” le chiese tutto d'un tratto.
“Quasi niente...” rispose affranta la cinesina.
“Ora che andiamo da Law puoi chiederne alcuni a lui,” suggerì Hwoarang, poi si voltò verso di lei e le strizzò il naso. Xiaoyu lo guardò interdetta.
“Ti ho preso il naso!” esclamò il rosso animatamente. L'espressione di Ling non mutò. Anzi, forse lo sconcerto si fece maggiore.
“Ma come? Coi bambini non funziona così? Se sono tristi e prendi per finta il loro naso si divertono da morire!” rivelò il coreano con dell'eccessiva e calcolata enfasi.
La ragazza realizzò dunque di esser stata presa per i fondelli.
“Sei sempre il solito stupido senza speranza!” sbottò lei corrugando la fronte come da prassi, generando la sottile ruga tra le sopracciglia che al blouson noir piaceva tanto. Era tornata la Xiaoyu di sempre.
“Perché ti arrabbi? Pensi che ti abbia davvero rubato il naso? E' tutto finto, bambina!” la sfotté imperterrito lui, aprendo il palmo della mano a dimostrazione che non aveva nulla.
“Un giorno te lo ruberò io il naso, e per davvero! Te lo strapperò a forza con delle pinze!” lo minacciò furiosamente la scolaretta. Hwoarang fece una smorfia di disgusto e spasso.
“Muoviamoci, che Law non ci aspetta per sempre,” le disse, tirandole piano il codino. La bambina ebbe una specie di deja vu che le rammentò un dubbio cominciato quel giorno stesso.
“Blouson noir!” lo chiamò a gran voce. Il capo della periferia, che si trovava già avanti qualche metro, si voltò.
“Non è che hai qualche figlio illegittimo a Tokyo, vero?” gli domandò Xiaoyu leggermente ansiosa.
“Circa una dozzina,” rispose laconico il coreano.
“Stai scherzando, vero?!”
“Sì che sto scherzando,” proclamò il rosso divertito.
La cinese assottigliò irritata gli occhi in due minuscole fessure.
“E' una cosa seria, blouson noir!” si lamentò lei, mettendo il broncio.
“Fammi una domanda seria e forse considererò la faccenda tale,” la canzonò Hwoarang. “Se qualcuna avesse avuto un figlio da me, me l'avrebbe detto.”
La bambina sospirò rasserenata.
“Ad ogni modo non posso prometterti niente,” ammise lui. Lo disse un po' per spasso, allo scopo di vedere qualche buffa reazione della bambina, e un po' a causa di quel credo che sosteneva con grande convinzione. Per lui niente si poteva prevedere, perché la vita era meschina, fallace ed incerta, soprattutto quella che conduceva lui. Per questo Hwoarang non prometteva mai niente a nessuno.
Così la bambina sbuffò, abbassò lo sguardo in direzione del suo amuleto e trasse un sospiro infelice.
“Allora... puoi promettermi che ci sarai sempre e non mi abbandonerai mai? Che... rimarrai vicino a me?” domandò al capo della periferia, accorgendosi solo in ritardo di come suonava un po' strana quella frase. La fece vergognare, ma non se ne badò più di tanto, desiderava solamente essere certa che in futuro non avrebbe perduto anche la sua nuova famiglia.
Era una richiesta assurda per il blouson noir, data la sua indissolubile convinzione sull'imprevedibilità della vita, eppure, quel giorno, il ragazzo dovette contrariarsi per la seconda volta, perché la risposta gli venne senza pensarci, e per trovarla gli bastò guardare Xiaoyu negli occhi. Uscì con naturalezza dalle labbra partendo dal cuore.
“Te lo prometto.”























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Perdonate il ritardo, sono proprio un caso grave di Xiaoyuismo. Non è certo per mia scelta, sapete bene che ho un incommensurabile amore per questa storia, però non posso più promettere nulla riguardo agli aggiornamenti. Indi, dovrò seguire la filosofia di Hwoarang. ;_;
Ma ora ci sono le vacanze, e pure internet, e mi sono riavvicinata a questo fandom, perciò è probabile che avvenga una ripresa...
Questo capitolo è MOLTO lungo, forse il più lungo pubblicato finora. Spero di poter riparare il mio ritardo con questo. Oppure mi odierete di più? xD
Ho sistemato i capitoli precedenti della fanfiction, aggiustando qualche dialogo e notando alcuni brutti errori grammaticali. Perciò dovrebbe essere a posto, ma siccome ho dato solo un'unica lettura ad ogni capitolo non ne sono certissima... xD
Ho anche in mente di scrivere delle oneshot su Tekken oltre che continuare questa fanfiction. Ho molte idee in testa già stilate in un file Word, metà delle quali sono storie incentrate su Hwoarang e Xiaoyu (com'era prevedibile xD), ma ce ne saranno altre anche su svariati personaggi di Tekken, alcuni dei quali neppure presi in considerazione qui su EFP (e non capisco perché, certi sono così fYkY ;O;).
Ovviamente ci saranno delle coppie, ed una in particolare piacerà a qualcuno... *ammicca*
*sguardo eloquente*
*silenzio di suspense*
Insomma, spero che mi seguiate anche in questa piccola impresa.
Infine, anche se non c'entra niente, mio fratello ha detto senza sapere neppure nulla di questa fanfiction che secondo lui Hwoarang e Xiaoyu starebbero bene insieme *gongola*. Certo, è anche lo stesso fratello che dice la stessa cosa su Paul e Julia, ma tant'è... xD
E l'ha detto anche una mia amica. E io non me l'aspettavo. E insomma, wow. Devo convincerli a scrivere fanfiction. xD
Appena avrò pubblicato questo capitolo, mi fionderò a mettermi in pari con tutte le fanfiction che seguivo. ♥ Siccome è già tardi non so se commenterò subito o domani, ma lo farò. è_é

ANGOLO RISPOSTE con l'ausilio di uno strano tag HTML che fa molto fYk0

Dying Atheist: *Valy si dà delle capate al muro perché si sente tremendamente in colpa* Mi scuso tantissimo, sono stata molto lenta ad aggiornare, ma una cosa è certa: questa fanfiction non verrà mai abbandonata. *sorride vittoriosa con un rivolo di sangue che le scende dalla fronte*
Sono felice che la fanfiction ti piaccia, e grazie, grazie, grazie, grazie di cuore per aver letto e recensito! ♥
annasukasuperfan: ma io almeno c'ero su messenger? XD E mi dispiace, la coppia sarà quella... sperando che i conati di vomito non siano così eccessivi. xD
*prende valy per le spalle e la scuote come Tenten Scuote fa con Lee* IO TI UCCIDO!!!(e 'sta parte vale per tutte le recensioni che scrivo ai miei autori preferiti XD)
♥ ♥ ♥ ♥ ♥
marty_dream93: u-un'altra fan Hwoarang/Xiaoyu...?! *_*
*trema emozionata, sia per questo che per il fatto che è la prima volta che riceve una recensione che viene scritta per la prima volta da qualcuno*
*aggiunge anche un LOL al simpatico ed arrovellato gioco di parole*
Hwoarang e Ling riusciranno a dichiararsi?
Ma è ovvio! Lui arriverà porgendole un mazzo di fiori e avrà gli occhi sbrilluccicosi con tanto di sorrisone a trentadue denti, le dirà che è una favolosa e bellissima donna e...
*Valy viene picchiata da Hwoarang stesso per così tanto e troppo indigesto OOC*
*si riprende*
Comunque, be', sarà a modo loro, ma qualcosa tra i due accadrà, e te lo assicuro più che mai, perché quel capitolo l'ho già praticamente nella testa, mi manca solo di portarlo a testo scritto! ♥
Ps:se possibile potresti dire a grandi linee i periodi di aggirnamento?
Eh... lo sapessi anch'io. ;_; Però desumo che ora che sono in vacanza possa anche avere la possibilità di aggiornare prima dell'Epifania...
Grazie della recensione! :D
Shuriken:Ok con questo ho finito, andrò a guardarmi qualche cassetta Disney eheh!!XD
*si aggrega*
E' da troppo che non guardo un cartone Disney! xD
Approvo assolutamente il discorso sull'amicizia. Cerco sempre di trattare più temi possibili, non solo l'amore di cui ammetto essere permeata questa fanfiction xD, e mi piaceva parlare dell'amicizia tra Xiaoyu e Miharu, che è a modo loro molto interessante visto com'è tutta l'atmosfera in generale di Tekken...
Mi chiedo anche cosa succederà quando Xia reincontrerà Jin??
*Fa di nuovo una pausa di suspense* Eeeeh... ti dirò solo che Jin è un tassello fondamentale per questa storia, quindi ricomparirà. xD
Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie e sempre grazie di tutto, Shury, mia fedele sostenitrice delle coppie più strambe! :*
Miss Trent: *si emoziona per ciò che sta per scrivere perché era da tanto che non lo faceva*
AMMMMMMOORRRAAAAAAAAA!
e quando ho visto la data dell'aggiornamento..ripeto, non volevo crederci! xD
Già, l'aggiornamento... *la voce si affievolisce e Valy si fa piccola piccola*
(Miharu...è troppo seria XD)
x°D
Contenta che Hwoarang stia cominciando a piacerti così tanto, perché io l'ho sempre trovato un bel personaggio. *_*
posso dirti che non ho nessuna intenzione di abbandonare neve e sangue
LO SO! Ho visto l'aggiornamento nella mia pagina dei preferiti, è addirittura finita! *sbava, digrigna i denti e si agita per la felicità*
(anche se è nato un progetto collaterale che se impazzisco abbastanza forse potrei dare alle pubbliche letture^^)
*O*
Grazie della recensione, ammorra! ♥
Youffie: Amore tesoro, quanto tempo è che non recensisco questa fic dall'alto contenuto erotico? ;O;
...e per fortuna l'amministrazione non si è ancora accorta che ha solo il raiting giallo, perché, ammettiamolo, ce ne serve uno proprio rosso rosso. :D
Ma parlando seriamente ho intenzione di scrivere davvero una fanfiction erotica sui due. E' tra le oneshot di cui parlavo sopra. *Hint*
Se lo sapesse Hwoarang come minimo rimarrebbe in stato di shock per tredici anni, altro che blocco della crescita XD
xD
Però lo sai che sei crudele, scrivere una scena del genere e poi fare, “Pwa! Scherzetto degli ormoni! :D” è tremendo e dovresti saperlo. Davvero. Quasi quanto le tastatine innocenti (e gli urletti – povera Xiao XD), rly.
rl*Hint* (questa non era necessaria xD)
Nell'incantoooooo dellaaaaaaa nooootteeeee. Eh sì, quel cuoco è italiano, è caricaturalissimo e somiglia a Super Mario: questa è l'idea che si è fatta l'americano dell'italiano tipo, che spero con tutto il cuore si sia fermata agli anni '70, perché io di italiani coi baffi non ne vedo più (ma forse li troverei anche un tantino più buffi e simpatici D:).
E sì, il capitolo è corto, ma dillo che in realtà è perché ti diverti a tenerci sulle spine
No, in realtà è perché ho calcolato male l'insieme dei due capitoli. Infatti questo è lungo più del doppio di quello precedente. xD
e a far fare sogni incredibilmente pornografici (se, magari) e confessioni prima di addormentarsi ai tuoi protagonisti per poi lasciarci come dei guardoni davanti allo schermo, dillo T_T
Se è davvero questo l'effetto che creo, ne vado hintosamente orgogliosa. *_*
I ricordi sono dei gran bastardi, sempre, riescono a farti sorridere e commuoverti con una facilità allarmante.
E' assolutamente vero, e con questa frase hai anche involontariamente anticipato questo capitolo. xD
*hint*
j3nnif3r: quando avevo trovato per la prima volta la tua recensione gongolavo come una scema. Era successo un anno fa, però sto ancora un po' gongolando. xD Ti avevo nominato per caso la storia, e tu sei andata a leggertela tutta... ti adoro. <3
Dei personaggi di Tekken si sa solo dai filmati. Mi ero fatta anch'io un'idea di un Hwoarang più "serioso" al Tekken 3, poi non ricordo come, forse ragionando con qualche amico e vedendolo su una moto, scoprendo poi che era il capo di una banda di malviventi... non so, mi sono fatta questo tipo di idea su di lui. Ma felice che ti piacca nonostante tutto, anche se rileggendo alcuni capitoli dietro mi sono accorta che qualche volta è fin troppo scemo, perciò ho cambiato qualche dialogo xD.
Xiaoyu mi piace assai, non è lo stereotipo della ragazzetta scema ma nemmeno è *troppo* seria e te ne sono grata
*O* In questo ci troviamo assolutamente d'accordo, la Xiaoyu del 5 è veramente troppo stupida, lobotomizzata e stereotipata. Quella del 3 era meglio, a me piace così. .-.
Adoro i loro battibecchi, e l'idea dei soprannomi è geniale
E figurati che quella è stata un'idea che è venuta DOPO il titolo... xD
Approvo in pieno il modo in cui li hai avvicinati. Niente di troppo improvviso che farebbe storcere il naso a chi non li ha mai pensati insieme, niente sdolcinature eccessive o cambi di posizione improvvisi.
*__* Sono contenta che la storia ti dia quest'impressione! E' un po' la prerogativa delle coppie crack quella di creare una situazione che renda le loro relazioni plausibili, perciò spesso ti devi inventare molto e partire da zero... Jin e Xiaoyu in questo senso son più facili, ma io, ovviamente, mi complico la vita, e non seguo mai il canon.
Si ha voglia di sapere cosa succederà dopo, anche se (e questo è bene) non c'è quell'effetto alla Ranma che a lungo andare diventa irritante
E spero con tutto il cuore che ciò non avvenga mai. xDDDDD *bacio*
Lo stile non è da buttar via nemmeno all'inizio, ma poi migliora tanto e va benissimo. ^_^
Meglio così. *_* Ad ogni modo ho ri-rifatta la correzione, decisamente meglio di quella veloce della prima volta, quindi dovrebbe essere migliorata in questo senso :D
Insomma, ti faccio i miei complimenti per il coraggio di trattare un fandom particolare... e sappi che continuerò a leggere!
♥♥♥♥♥♥
(E, cavolo, adesso quando gioco a Tekken e mi capita di far combattere i due fra loro mi scappa sempre un "Awwwww..." XDDDD)
x°DDDDDDDD
Io quando usavo Hwoarang cercavo sempre di fare la mossa in cui corri e poi ti butti addosso all'avversario facendolo restare a terra (l'avversario ovviamente era Xiaoyu), poi facevo la fotina col tasto nonricordoquale e andavo all'album dove c'era una simil-specie di galleria erotica con loro due che copulavano in 20 ambientazioni diverse...
Se non è questo essere Nerd e innamorati della coppia. xD
Davvero, mi ha fatto piacere questo commento! ♥
P.s. non serve essere esperti della "trama" (messa apposta tra virgolette) di Tekken, visto che dal 5 sembra esser diventata inesistente... xD
Silver Princess: Mon amour!
e puoi immaginare la mia faccia quando ho visto che cosa era stato aggiornato qualche giorno fa!
Qualche giorno fa di un bel po' di mesi fa... non ricordo neppure più che giorno fosse, in effetti. xD
ormai c'è qualcosa di mm... magnetico (XD la fisica mi sta dando alla testa) tra quei due!! *-* aww
Non m'intendo assolutamentissimamente di fisica, ma è assolutamente vero. *_* Magnetismo = Hwoarang · Xiaoyu. Ditelo a tutti i vostri professori di fisica xD
Spero di leggere presto un nuovo capitolo! Alla prossima! ^^
Presto... be', presto... d'altronde, presto è qualcosa di così relativo... xD
Ahahah... sìì mi ricordo il discorso sui pan di stelle!! *ç*
Gnum. *ç*
morrigan89: *O*
*O*
Cercherò di citare i punti che riesco a commentare, per il resto... *O*
Hwoarang è quello che si può definire uno "spaccone dal cuore d'oro"
Questa mi piace! ♥
(e mi fa morire dal ridere quando si accapiglia con Jin xD)
xD
Xiaoyu è fantastica e si vede un gran mutamento in lei da quando abbandona la sua vita di sempre per unirsi alla banda del rosso
Questa è una delle cose a cui tenevo mostrare durante la storia, la maturazione di Xiaoyu... sono contenta che tu l'abbia notata. Certo, non è avvenuta in modo eclatante, ma un piccolo mutamento c'è stato, e tu l'hai colto! :D Insomma, la mia Xiaoyu è il contrario di quella dei Tekken, dove da gioco a gioco diventa sempre più scema xD
Mugen, Rana e Jhon sono degli ottimi "original characters", suscitano subito simpatia per la loro chiassosità e per l'amicizia che li lega.
Oh. ♥ E' bello sentir dire ciò anche su di loro. Per me, ormai, fan parte integrante della storia. xD Loro e tutta la periferia Est sono un po' l'atmosfera che voglio dare in generale alla fanfiction. :D
E' stato bello vedere la comparsa di Marshall e Paul, gli amici più scoppiati di Tekken
Ed è appunto per questo che rientrano tra i miei personaggi preferiti. xD
e di Forest (non sapevo che fosse uno stilista!)
No, be', non penso... quella dello stilista è stata una mia idea. xD
Inoltre mi piace il modo in cui rendi questa atmosfera da "giungla urbana" in cui si ritrovano i protagonisti, il vivere senza orari e senza regole, in un ambiente ostile ma che loro conoscono come le proprie tasche
*pende dalle sue labbra*
Per tutto ciò che non si poteva citare, rispondo soltanto - ma questo si capiva anche soltanto dalla faccina *O* - che sono strafelice e ti ringrazio immensamente! ♥
Maper il lettore maschio: eeeh, sì, meglio tardi che mai! :D
AH... se non vuoi perdere il tuo "lettore maschio" guadagnato dopo tanta fatica, ti conviene AGGIORNARE!... Una minaccia?! chi io?!? nooooo^^ XD
Sperando che non sia troppo tardi, ecco, NUOOOO NON MI ABBANDONARE, IO TI VOGGGGLIO BBBENEEEE! ;O;
Lally30: *______________* (e questa è stata la risposta più corta e significativa di tutte xD)
Ti ringrazio della recensione! ♥
Taiga Aisaka: Recensisco con il nuovo account, ma sempre la figlia sono XD
Vorrai dire la pornofiglia! *sguardo eloquente*
Ah quanto mi è mancato leggere questa storia! Mi ci sono appassionata così tanto che ormai sai che io shippo la XiaoHow con tutto il mio tenero cuoricino <3
uh, sìììììì! Ne ero sicura! Conosco la mia pornofiglia come nessuno e anche perché ho spiato il tuo account xD
Il capitolo mi è piaciuto un sacchissimo *-*, sarà cortino ma ben concentrato *ç*
Quello che segue lo è fin troppo xD
Cioé, c'è sono quella scena semi porno che mi fa sbavare XQ___. Quei due non ammetteranno mai di amarsi, a meno che non si prendano a parole o a calci XD
*O* E se ti dicessi che mi è venuta un'idea? xD
è anche gustata la rimpatriata a casa di Miharu *_*: i vecchi tempi sono sempre i più belli.
E' assolutamente vero. u_u
Io avevo avvertito che non avrei scritto granché di intelligente ma volevo troppissimo lasciarti una recensione, anche per farmi perdonare del mostruoso ritardo =*
Mi dovrò far perdonare io, piuttosto. xD
:*
Slepless: essendo il fatto che tu hai scritto quello che hai scritto... io già ti amo! ♥


SPAM SPAM SPAM Leggete Il Maledetto modulo di j3nnif3r, perché lei oltre ad essere una validissima scrittrice ha anche pubblicato una fanfiction sui miei beniamini, e, be', amatela come l'ho amata io.
A dimostrazione che nel web esistono fanfiction italiane su Xiaoyu e Hwoarang oltre la mia. xD /SPAM
  
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