“Non riesco a capire cosa ho. E come se avessi un vuoto dentro di me, che mi risucchia al suo interno, e mi spingesse in un baratro senza fondo, che non mi lascia via di scampo. E così continuo a cadere, sempre più giù. E sono sola, terribilmente sola. Quando finisce questo baratro? Quando rivedrò finalmente la luce?”
Erano questi i pensieri di Azzurra, in quella fredda mattinata di fine novembre. Il parco sembrava morto; non c'era nessuno. Solo lei, il vento e gli alberi. Li guardò e vedendoli così spogli si sentì invadere dalla tristezza. Si strinse nel suo cappotto grigio, mentre il vento le sferzava il viso e le scompigliava i capelli. Si sedette sotto a un pino, una delle poche piante ancora verdi. Appoggiò la testa contro il tronco e chiuse gli occhi riflettendo. Si era cacciata nei guai; in quel periodo accadeva spesso. Aveva saltato per l'ennesima volta scuola, non aveva mantenuto la promessa fatta ai suoi, e questa volta si sarebbero arrabbiati sul serio. Ma non era proprio riuscita ad entrare. Arrivata davanti al portone si era fatta invadere dall'ansia ed era scappata. Era fuggita via, ma qualcuno l'aveva sicuramente vista.
Il problema era che non capiva nemmeno lei perché fuggisse. Per cui non aveva una scusa plausibile con i suoi.
Osservava la natura addormentata intorno a se non sapendo bene che fare. Se avesse avuto lacrime da versare avrebbe pianto, ma ormai non aveva più la forza di fare nemmeno quello. Era così stanca; non era riuscita a dormire nemmeno quella notte. Chiuse gli occhi, anche se sapeva che non sarebbe mai riuscita ad addormentarsi, però le piaceva ascoltare il rumore del vento. Era rilassante, calmante, le faceva dimenticare per un po' i suoi pensieri.
-Ehi tutto bene?- una voce a lei sconosciuta interruppe i suoi pensieri. Aprì gli occhi e si trovò immersa in un mare grigio. Scosse un poco la testa per rischiarare le idee e fissò il ragazzo che aveva di fronte. Aveva i capelli mori, lisci che gli arrivavano quasi alle spalle, e la frangia che copriva quasi un occhio. Non riusciva a capire quanto era alto poiché era accucciato accanto a lei. Cercò di alzarsi, ma cadde addosso al giovane.
-Ehi attenta.- disse sorridendo. L'aiutò a mettersi in piedi tenendola per un braccio. Quando fu di nuovo in piedi si voltò a fissare il ragazzo. Doveva avere all'incirca la sua età ma la sovrastava di almeno una ventina di cm. Fece una smorfia mettendosi ad osservare una foglia.
-Ripeto; va tutto bene?- chiese apprensivo. Seccata rispose:
-Si va tutto bene, e poi a te che frega scusa?- Lui piegò la testa per osservarla meglio, ma lei continuava a tenere la testa bassa.
-A me non sembra che vada tutto bene. Sennò una quindicenne come te a quest'ora sarebbe a scuola, non in un parco.- disse lui, serio. Lei sbuffò e sibilò:
-Uno, ho diciassette anni, due, cosa ti importa se non sto bene?- Lui la guardò un attimo confuso poi chiese:
-Hai davvero diciassette anni? Non sembri così grande. -
-Ma si può sapere che cavolo vuoi da me? E poi perché non sei a scuola tu?- domandò Azzurra arrabbiata. Per colpa di quel ragazzo era andata in fumo la sua mattinata di solitudine.
-Ehi ragazzina abbassa i toni. Io ero solo preoccupato per te, non c'è bisogno di scaldarsi. - Lo guardò esterrefatta poi gli diede le spalle e iniziò a camminare sul sentiero. Se rimaneva vicino a lui andava a finire che lo prendeva a schiaffi.
-E comunque non sono andato a scuola perché mi annoio. Sono arrivato da poco e sono più a vanti. Alla scuola dove ero prima andavano molto più veloci con il programma. E poi non sono ancora riuscito a farmi amici.- il ragazzo l'aveva raggiunta e le camminava accanto.
-Bravo, e tu vai a scegliere la pazza di turno come prima amica?- gli chiese sorridendo la ragazza.
-Nah- disse lui -Tu non sarai mia
amica. L'amicizia tra uomo e donna non esiste. Tu sarai la mia prima
conquista
nonché prima ragazza.- Azzurra lo fissò
strabiliata. Chi si credeva di essere
per dire cose del genere? Era del tutto impazzito? Era
indecisa se prenderlo a schiaffi o ignorarlo. Considerando la statura e
la sua
forza con molta probabilità l’avrebbe bloccata in
pochi secondi; quindi optò
per la seconda. Continuava a camminare cercando di dimenticare le cose
che
aveva detto. Lui però non demordeva, anzi sembrava insistere
su queste cose.
Infatti, dopo qualche minuto di silenzio, vedendo che non rispondeva le
chiese:
-Allora?
Sei d’accordo con quello che dico no? Perché si
sa, chi tace acconsente. - Lei
esplose e disse:
-Ma chi
cazzo ti credi di essere scusa? Come ti permetti di dire una cosa del
genere?
Non sarò mai, e ripeto mai, la ragazza di uno come te?- lui
scoppiò a ridere
mentre Azzurra si infuriava ancora di più.
-Facciamo
così piccolina, facciamo una scommessa. Io sono
assolutamente certo che entro
stasera tu cadrai ai miei piedi e sarei la mia ragazza ci stai?- chiese
in un
misto tra l'ironico e il serio. Lei lo fissò un attimo senza
dire nulla poi
domandò:
-Allora
se io perdo divento la tua ragazza e tu guadagni quello no? Ma se
invece fossi
tu a perdere? Cosa ci guadagno io?- Lui rifletté un attimo
poi disse:
-Sarò
il tuo schiavo per un anno, farò tutto quello che vuoi tu,
te lo prometto. -
Azzurra ci pensò un attimo poi tese una mano sorridendo. Lui
la strinse e
disse:
-Bene,
ora possiamo presentarci che ne dici? Io mi chiamo Luca e ho
diciassette anni.
Tu so già quanti anni hai, ma posso sapere come ti chiami?-
ci pensò un attimo
su poi sfilando la mano dalla sua stretta mormorò:
-Azzurra.
- aveva un nome strano e se ne rendeva conto, ma in fondo le piaceva.
-Azzurra-
sussurrò lui -Mi piace, è un nome particolare,
adatto ad una ragazza
particolare come te.- Lei arrossì, non si aspettava di certo
una risposta del
genere. Camminò accanto a lui in silenzio, non sapeva che
dire; erano settimane
che non aveva rapporti con un suo coetaneo solo con i suoi genitori e a
volte i
professori. E poi, in realtà non era mai stata brava a
relazionarsi con gli
altri, non sapeva come comportarsi, non era nella sua natura. Grazie al
cielo
Luca le venne in aiuto.
-Allora
vuoi spiegarmi perché non sei andata a scuola?-
-Ho un
piccolo problema con le persone, è in questo periodo
è peggiorato, non riesco a
trovare il coraggio di mettere piede a scuola. I miei genitori sono
stati
comprensivi per un po’, ma oggi dovevo tornare, solo che non
sono riuscita, non
ce l’ho fatta ad entrare. - Non sapeva nemmeno lei
perché ma li aveva detto la
verità. Era sconvolta, aveva faticato così tanto
a dirla ai suoi, mentre invece
a quello sconosciuto no. Scosse la testa confusa.
-Ho
capito, però non riesco a capire come mai hai paura a
relazionarti con i tuoi
compagni, cioè cosa è che ti spaventa?- Lei
sussultò. Aveva proprio centrato il
punto, aveva paura. Si schiarì la gola poi disse:
-Non lo
so in realtà, sono timida, mi imbarazzo a parlare, poi credo
che gli altri mi
trovino strana. -
-Ho
capito, beh però questo non dovrebbe fermarti, dovresti
provare a vincere la
timidezza.- disse lui. Azzurra ci pensò un attimo poi
mormorò:
-Non
è
così facile, io sono molto legata al parere della gente e ho
paura di rimanere
delusa, quindi preferisco non fare nulla, sono del parere che se hanno
bisogno
di me, si faranno avanti. - Abbassò nuovamente lo sguardo,
non riusciva a
credere di stare rivelando così tante cose di se, quando di
solito non diceva
nulla. Continuavano a camminare per il parco senza una meta precisa.
Lei pensava
a cosa facesse ancora con quel ragazzo, quando avrebbe potuto benissimo
andarsene. Stava pensando di farlo quando Luca la prese per mano. Lei
fissò le
loro mani intrecciate e poi guardò lui confusa. Stava
sorridendo, e lei non
sapeva più che fare, era confusa, la testa le stava andando
in tilt; era la
prima volta che le accadeva una cosa del genere. Si sentì
mancare per un attimo
e dovette appoggiarsi a Luca. Lui la guardò preoccupato e
disse:
-Azzurra
ti senti bene? Sei pallidissima. - Lei annuii poco convinta cercando di
ricordare l’ultima volta che aveva toccato cibo. Era stato
circa due giorni
prima; ecco spiegato il suo improvviso malessere. Cercando di mantenere
la
calma disse:
-Si,
è
solo un calo di zuccheri.-
-Solo?-
chiese lui –Da quanto è che non mangi? Ora capisco
perché sei così magra e
piccola, forza andiamo a mangiare.- la trascinò con forza in
un bar e ordinò
due caffè e due brioche. Azzurra presa a giocare con la
brioche, ma ne mangiò
un pezzo. Con sua grande sorpresa non le venne da vomitare.
Però il caffè non
sarebbe mai riuscita a berlo. Le aveva sempre fatto venire la nausea,
solo a
sentire l’odore, e poi aveva scoperto di essere allergica
alla caffeina. Guardò
la tazza per un po’ in silenzio poi mormorò:
-Non
posso berlo, mi dispiace.- le lanciò un occhiataccia quindi
precisò –Sono
allergica alla caffeina per questo non posso berlo.- abbassò
lo sguardo mentre
Luca sbuffava. Mangiò un altro pezzo di brioche mentre Lui
le domandò:
-Vuoi
prendere qualcos’altro?- Azzurra scosse la testa e rispose:
-No
grazie, il latte non mi piace e non ho voglia di un succo, basta la
brioche,
tranquillo.-
-Tranquillo
non lo sono per niente, vuoi dirmi da quanto è che non
mangi?-
-Perché
ti preoccupi per me?- chiese lei a bassa voce.
-Te
l’ho già detto, voglio che tu diventi la mia
ragazza, è normale preoccuparsi
per la futura ragazza no?-
-Ma mi
conosci a malapena!!- esclamò lei arrabbiata. Lui sorrise
misterioso e mormorò:
-Questo
lo dici tu.- Azzurra lo sentì a malapena, infatti, non ci
pensò molto e finì di
mangiare la sua brioche. Luca continuava a guardarla sorridendo e lei
si
chiedeva a cosa stesse pensando, ma era troppo timida per chiederlo.
-Vuoi
sapere a cosa sto pensando vero?- le domandò
improvvisamente. Lei sobbalzò e si
voltò a guardarlo colpevole.
-Si
nota così tanto?- chiese con tono lamentoso
-Si-
rispose ridendo –Però mi dispiace non posso dirti
niente, forse quando vincerò
la scommessa, lo saprai.-
-Mi
spieghi come mai sei così convinto di vincere?- chiese lei
infastidita. Lui si
sporse sul tavolo e le baciò piano il collo, in modo
seducente. Si staccò da
Azzurra e sorrise, lei aveva gli occhi da pesce lesso.
-Per
questo.-
-Ehi,
no, non vale, ma scusa chi ti ha dato il permesso di farlo?- disse lei
scandalizzata.
-Suvvia,
non dirmi che non ti è piaciuto.- disse lui ridendo. Offesa
cercò di alzarsi,
ma la trattenne per un braccio. La guardò con occhi da
cucciolo bastonato che
non seppe resistere e si sedette nuovamente. Luca sorrise e Azzurra
sbuffò,
quel ragazzo riusciva a farle fare tutto quello che voleva lui.
Finì di
mangiare e aspettò che finisse pure lui, ma sembrava
metterci un’eternità.
Stava per perdere la pazienza, ma cercava di non darlo a vedere, non
voleva
dargli questa soddisfazione. Finalmente lui finì di mangiare
ma non sembrava
intenzionato ad alzarsi. Lei lo guardò cercando di capire
cosa volesse fare ma
niente, continuava a fissarla in silenzio. Esasperata dalla situazione
domandò:
-Ho
qualcosa in faccia? Non riesco a capire il motivo per cui continui a
fissarmi
in silenzio senza dire niente!- Luca sorrise e disse:
-Preferisci
fare qualcos’altro? Sai io non ho problemi-
-Idiota!
Non intendevo quello, però smettila di fissarmi in quel
modo, senza dire nulla,
mi imbarazzo.- mormorò lei rossa come un peperone. Lui
sorrise e si alzò.
Azzurra, rallegrata, fece lo stesso e lo seguì fuori dal
locale.
-Allora
miss mi imbarazzo se mi fissate, cosa vuoi fare?- chiese con un tono
divertito.
Lei gli lanciò un’occhiataccia e cercò
nuovamente di scappare, ma lui la bloccò
nuovamente stringendola a se.
-Eh, no
principessa, non ti lascio scappare, che ne dici di fare un giro per il
centro
facendo quattro chiacchiere per conoscerci meglio?- lei annuii contro
voglia.
In fondo non aveva niente di meglio da fare e dubitava che quel ragazzo
l’avrebbe
lasciata andare tanto facilmente. Luca intrecciò le dita con
quelle di Azzurra
e lei non disse niente, sapeva di non potersi ribellare, e in fondo,
quel
contatto le piaceva. Presero un autobus e si diressero verso il centro.
Nel
frattempo Luca aveva iniziato a subissarla di domanda. Azzurra confusa
cercava
di rispondere a tutte, non era mai stata abituata a parlare
così tanto.
Ogni tanto quando
lui si fermava a
riprendere fiato lei gli faceva qualche timida domanda. Passarono
così tutta la
mattinata, tra domande del tipo: “Come è la tua
famiglia?” “come è arredata
camera tua?” “quale è il tuo colore
preferito?” “libro e autore preferito?”
eccetera. Azzurra si stava divertendo era questa la cosa strana.
Arrivò mezzo
giorno e Luca sorridendo le disse:
-Dai
andiamo a pranzo, continueremo a parlare davanti a una pizza.- lei non
era del
tutto convinta, non aveva molta fame, ma dalla faccia che fece lui fu
costretta
ad annuire. La portò in una pizzeria quasi nascosta, che non
aveva mai notato
prima. Il posto era accogliente e caldo, si sentì quasi a
casa, come non si
sentiva da tempo. Insieme a quel ragazzo, si sentiva bene, tranquilla,
come non
lo era da tempo. Stava pian piano perdendo la scommessa e lo sapeva
anche lei.
Però fino alla fine della giornata non avrebbe detto nulla.
Perché ormai sapeva
che avrebbe passato la giornata con lui. Mangiò
metà pizza e basta mentre Luca
le lanciava un’occhiataccia. Lei alzò le spalle a
mo di scusa e rispose:
-Te
l’ho detto prima, non mi piace, mangiare. - Lui le
lanciò un'altra occhiataccia
e rispose:
-Lo so
e questa cosa non mi piace per niente, devi mangiare. - lei
sospirò: non c’era
niente da fare, sotto quel punto di vista era irremovibile. Sapeva che
era
inutile discutere. Finirono di pranzare e uscirono dalla pizzeria.
-Bene e
ora dove andiamo?- chiese lui prendendola nuovamente per mano.
-Che ne
dici di andare in una zona che penso di conoscere solo io? È
molto bella e ci
vado quando ho bisogno di pensare. - Azzurra disse queste cose senza
arrossire.
Luca capì che le era costato molto quindi con un gesto tra
il galante e
l’ironico fece un gesto con la mano per farle capire di fare
strada. Lei gli
sorrise ironica percorrendo di nuovo le vie del centro. Poi prese un
vicolo
quasi nascosto ed iniziarono a salire. Per circa 15 minuti camminarono
in
silenzio. Luca guardava Azzurra un po’ preoccupato, ma lei
era assolutamente
convinta di quello che stava facendo. Ad un tratto si fermò
e fece segno a Luca
di procedere. Lui la guardò confuso ma fece quello che le
aveva detto. E rimase
stupito, di fronte a lui si stagliava uno degli spettacoli
più belli che avesse
mai visto. Una distesa di verde. Anche se erano a novembre
l’erba di quel prato
era verde smeraldo. Si voltò a guardare Azzurra che si era
avvicinata a lui.
-È
uno
spettacolo stupendo vero?- lui si spostò un poco per poterla
abbracciare da
dietro e disse.
-Si,
grazie Azzurra, per averlo condiviso con me, grazie di tutto davvero. -
Le posò
un leggero bacio sul collo facendola rabbrividire. Lei si
girò e lo guardò negli
occhi, poi alzandosi sulle punte gli sfiorò le labbra. Luca
sorrise e domandò:
-Questo
vuol dire che ho già vinto la scommessa?- la ragazza gli
tirò un pugno leggero
e disse:
-Non
è
detto. Bisogna vedere se riesci a prendermi. - e ridendo
iniziò a scappare. Lui
la guardò confuso mentre lei correva sul prato,
però iniziò subito a
rincorrerla. E passarono così tutto il pomeriggio; a ridere
e scherzare come
due bambini, giocando e parlando nelle pause. Ma si sa, l’ora
di tornare a casa
arriva per tutti, e per loro era la cosa più pesante da
affrontare. Il tramonto
si avvicinava, e bisognava vedere chi aveva vinto la scommessa.
Però Azzurra
non voleva discuterne. Non avevano parlato del dopo, e non sapeva cosa
sarebbe
successo una volta separati. Orami era chiaro come il sole. Lei gli era
caduta
tra le braccia. Lui l’aveva fatta innamorare.
-Ora
che mi hai conquistato cosa farai? Vuoi spiegarmelo?- chiese con le
lacrime
agli occhi mentre lui la faceva salire sull’autobus.
-Domani
vai a scuola. Avrai la tua risposta. Notte principessa.-
-Ma
cosa vuoi dire…..- gli chiese mentre le porte si chiudevano.
Lui la salutò
sorridendo misterioso. A lei non restava che andare a scuola il giorno
dopo. Si
mise a guardare fuori dal finestrino scocciata; l’aveva
proprio incastrata.
Arrivò
davanti al portone. Tutti gli altri stavano entrando, ma lei era ancora
ferma
lì. La campanella stava suonando, e lei si mise coraggio.
Entrò tremando, ma
entrò. Cercando di non svenire arrivò fino alla
sua aula. La porta era aperta,
chiaro segno che il profe non era ancora arrivato. Respirò
profondamente ed
entrò. Si voltarono tutti a guardarla sconvolti: erano
settimane che non si
presentava a scuola, ma lei non si accorse di niente di tutto
ciò. Il suo
sguardo fu attirato da un ragazzo seduto sul davanzale della finestra
con i
piedi sulla sua sedia, c’era Luca. Lui la guardava
sorridendo. Lei si avvicinò
tremando e si sedette sulla sedia accanto, sui cui era posata la giacca
di lui.
Scese dal davanzale e sedendosi le accarezzò una guancia:
-Allora
sei contenta di essere venuta a scuola?- Azzurra lo guardò
spaesata e mormorò:
-Da quanto tempo?-
-Da
quanto tempo cosa?-
-Da
quanto tempo siamo compagni di classe?-
-Da
quando mi sono trasferito qua.-
-Potevi
dirmelo!-
-Mi
avresti mai rivolto la parola sapendo che ero il tuo nuovo compagno di
banco
che ti aveva seguita?- chiese lui adirato. Lo fissò un
attimo confusa poi
chiese:
-M-mi
hai seguita? Perché?- Luca abbassò lo sguardo e
mormorò:
-Quando
arrivai qua, non conoscevo nessuno, speravo di aver per compagno di
banco una
persona simpatica, invece la mia compagna di banco non
c’è mai. Iniziai a
chiedere agli altri, ma dissero che era normale, che tu a scuola ci
venivi
pochissimo. E questo fatto mi incuriosì. Come mai non
venivi? Eri malata? Gli altri
non sapevano dirmelo, così mi feci dare il tuo indirizzo
dalla segreteria. I
ragazzi mi avevano mostrato una foto di classe per farmi vedere come
eri fatta.
Ogni tanto passavo davanti a casa tua, ma non avevo il coraggio di
entrare. Poi
un giorno, ti vidi uscire di casa e senza volerlo ti seguii; andasti al
parco
dove ci siamo incontrati ieri. Eri così bella,
così indifesa. Non so dirti se
fosse amore a prima vista o no, però mi sei piaciuta subito,
e volevo
conoscerti. Continuai a venire a casa tua e a volte tu uscivi per
andare al
parco. E io ti seguivo, pian piano mi sono innamorato di te. Poi ieri
quando ti
ho vista scappare dalla scuola, beh ti ho seguita, pensavo fosse
l’occasione
giusta per conoscerci, e sapevo che se mi avessi dato
l’opportunità di parlare
ti sarei stato simpatico, e così e stato. Ora ti chiedo
scusa per averti
mentito, ma ero sincero quando ieri ho detto che saresti dovuta
diventare la
mia ragazza, però non voglio obbligarti, se a te sta bene,
staremo insieme
sennò possiamo rimanere solo amici. A te la scelta Azzurra.
- Rifletté su
quello che gli aveva detto poi lo baciò. Davanti a tutta la
classe ma non se ne
curò, per lei contava solo lui ora. Si staccò
dopo qualche minuto e gli
domandò:
-Ti
basta questa come risposta?- Lui la fece sedere sulle sue gambe.
-Si mi
basta, però devi farmi una promessa: da oggi in poi si viene
a scuola; ci sono
io con te.-
Lei
sorrise e annuii. Si sarebbe potuta andare a scuola, se al suo fianco
c’era
Luca.