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Autore: DarkRose86    24/12/2009    4 recensioni
Raccolta di one-shot dedicate alla coppia Mello x Near.
#1 - Ghost of A Rose [ II classificata al "A Contest, a Rose and a Story" indetto da Roy Mustang sei uno gnocco ]
Studiare i fiori. Che scemenza, pensò. Insomma, Roger doveva essere proprio impazzito.
Quale utilità poteva esserci nell'osservare quelle brevi e statiche vite?
E poi, in quel grande giardino, di fiori ce n'erano fin troppi.
Uno in particolare, però, a dispetto delle sue intenzioni attirò la sua attenzione.
O forse ad interessargli davvero era colui che vi era seduto accanto, così candido,
proprio come quella rosa bianca ancora in boccio?
#2 - Fragile Incanto [ FF partecipante al contest "Lost in YaoiLand - Yaoi FanFiction", indetto da Princess21ssj]
Egli pareva così fragile... tanto che sembrava potersi rompere da un momento all'altro.
Frantumarsi in mille e più minuscole parti, come un mosaico abbandonato all'usura del tempo o ad un violento temporale d'autunno.
Near era così.
Ma una delle prime lezioni che un giovane uomo dovrebbe imparare è guardare al di là delle apparenze,
prima di auto-infliggersi una ferita impossibile da rimarginare.
Prima di rompersi al posto suo.
[Mello/Near.Yaoi.Angst]
Genere: Introspettivo, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Near
Note: Lemon, What if?, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La seguente FanFiction segna il mio ritorno nel fandom di Death Note con un nuovo OTP; non che abbia abbandonato la Matt x Mello, ci mancherebbe, ma ultimamente trovo in un certo senso più "stimolanti" Mello e Near. Diciamo che... l'Angst regna. u_u
Questa storia, alla quale tengo in modo particolare, si è classificata seconda ( che felicità *-* ) al "A Contest, a Rose and a Story" , indetto da Roy Mustang sei uno gnocco sul Forum di EFP.
Dovevamo scrivere un racconto che s'ispirasse ad una rosa, e questo è ciò che è uscito dalla mia testolina malata. xD
Oh, sarà una raccolta di one-shot incentrate su questa coppia, e la prossima è già pronta, devo solo attendere i risultati del contest, che finirà ad inizio gennaio. Spero che possa piacervi almeno un poco, attendo qualche  commento ( positivo o negativo, ci tengo a conoscere i vostri sinceri pareri ). ^^
Buona lettura!

Dedico questa storia, con tutto il cuore, ad Elly_Mello, con tanti auguri di Buon Compleanno ( anche se in ritardo ;_; ) e di Buone Feste.

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Studiare i fiori.
Che scemenza, pensò.
Insomma, Roger doveva essere proprio impazzito. Quale utilità poteva esserci nell'osservare quelle brevi e statiche vite? E poi, in quel grande giardino, di fiori ce n'erano fin troppi. Uno in particolare, però, a dispetto delle sue intenzioni attirò la sua attenzione. O forse ad interessargli davvero era colui che vi era seduto accanto, così candido, proprio come quella rosa bianca ancora in boccio?

Ghost of a Rose ~
Il Fantasma della Rosa

Camminava tenendo sotto braccio un libro appena preso in biblioteca, un tomo che trattava le principali caratteristiche di tutte le specie di fiori esistenti. Considerava inutile quel tipo di lettura, soprattutto per uno candidato ad essere il successore del miglior detective del mondo, ma in fondo non poteva rifiutarsi. Così aveva deciso d'impegnarsi , seppur controvoglia. Dovevano perfino scriverci una riflessione, su quell'argomento!
Rassegnato passeggiava nel cortile dell'istituto, quando una visione catturò il suo sguardo curioso: il suo acerrimo rivale, Near, se ne stava stava in ginocchio sull'erbetta fresca accanto ad una rigogliosa pianta di rose. Una di esse, la più vicina a lui, doveva ancora aprirsi e rivelarsi in tutta la sua bellezza.
Il ragazzino sembrava talmente assorto in chissà quali pensieri da non accorgersi neppure della sua presenza ma, inaspettatamente, dopo pochi secondi parlò: “ Perché mi stai fissando? ” domandò, atono come al solito.
“ Non ti sto fissando! ” ribatté Mello, deciso, “ Tu, piuttosto, che ci fai lì imbambolato a guardare quel fiore? ” indagò.
L'altro spostò gli occhi scuri su di lui, guardandolo con la sua consueta espressione indefinibile, un insolito mix di disprezzo e fastidiosissima compassione.
“ E' interessante ” affermò, sfiorandolo appena con la punta dell'indice.
“ E perché? ”
Non riusciva a capirlo, il biondo, tant'era enigmatico; eppure lui era pure un tipo scaltro, ma Near era insondabile. Bianco come la neve, come il pigiama troppo largo che indossava, come quella rosa che tanto lo affascinava; sembrava puro ed intoccabile come un bimbo in fasce, eppure nonostante questo Mello sentiva l'impellente bisogno di sporcarlo, di strappargli quel sorrisetto sornione rimpiazzandolo con qualcosa di completamente diverso. Talvolta era spaventato da tali malsani pensieri, ma tutto quel bianco lo confondeva, lo rapiva, lo rendeva succube. E all'età di quattordici anni, in piedi su quel verde manto primaverile, decise che la supremazia di Near sarebbe ben presto stata solo un vago ricordo nelle menti di coloro che lo ammiravano e che decantavano la sua incredibile intelligenza. Ma c'era una differenza sostanziale fra i due, quella che teneva lontano Mello dal primato tanto agognato: quest'ultimo, a differenza dell'altro, non poteva contare su quel sangue freddo che rendeva il numero uno sempre impassibile, insofferente, quasi disumano.
Accanto a quel fiore, però, il giovane pareva talmente fragile da sembrare prossimo a rompersi, a cadere tanti minuscoli frammenti, come il puzzle – anch'esso bianco, ovviamente – che faceva e disfaceva di continuo, come fosse per lui l'unico modo per sfuggire al tedio, alla cruda realtà, alla crescita del corpo e della mente troppo rapida per poter essere goduta appieno.
“ Somiglia a noi esseri umani ” rispose, continuando a guardarla come si osserva qualcosa di meraviglioso, di unico.
“ Ah... vale a dire? ”
Sempre più enigmatico estrasse da una delle tasche – non si era mai accorto, il più grande, che quei pantaloni fuori misura ne avessero – un blocchetto ed una penna stilografica, tracciando poi sul foglio delle sottili linee ricurve e sconnesse, una sorta di ritratto della rosa che s'era anteposta a qualsiasi altro suo pensiero, in quel momento. Disegnò velocemente, mostrando al ragazzo come sarebbe diventata in pochi giorni, quando anch'essa fosse sbocciata come le sue fiere compagne. Accanto, invece, ne creò una già appassita, in una desolante immagine di morte e abbandono; i suoi petali a terra, avvizziti.
“ Continuo a non capire. Sei troppo strano tu! ” protestò Mello, constatando però che non se la cavava male neanche nel disegno, “ Che cosa avrebbe di simile a noi? ”
“ E' per questo che non puoi vincere ” sentenziò, “ Se non riesci a vedere al di là delle apparenze, non diventerai mai il numero uno ”
Altezzoso fino all'inverosimile; lo rese furibondo, e voglioso di prenderlo a calci e pugni. Come si permetteva di parlargli così? Quello stupido bamboccio troppo grande per la sua età gli dava sui nervi, lui e la sua aria di superiorità. Era dunque così felice d'essere in cima alla graduatoria? Non lo aveva mai esternato prima d'allora, eppure quel pomeriggio il suo volto s'illuminò di una luce diversa; non sorrise sinceramente, non mostrò debolezza, ma per qualche strano motivo sembrava ancora più candido e maledettamente sincero. Perché Mello lo sapeva, sapeva bene che il suo rivale lo conosceva forse più di quanto lui conosceva se stesso.
“ Le rose, una volta sbocciate, muoiono in fretta ” disse poi, una quasi impercettibile sfumatura triste nel suo tono di voce, “ E' questa la chiave ”
Detto questo si alzò e, senza proferire altra parola, si avviò verso il grande portone in legno massiccio. E l'altro rimase lì basito, a rimuginare su quanto gli aveva detto; doveva essere impazzito del tutto pure lui. Forse si trattava d'uno strano caso di follia collettiva, chi lo sa.
Fatto sta che il poveretto dovette rassegnarsi ad un'intera giornata seduto alla sua scrivania, immerso fra frasi astruse e tanta, tanta voglia di alzarsi e di andare a farsi una partita a calcio assieme al suo migliore amico Matt, anch'esso però impegnato sul fronte scolastico.
All'interno della spaziosa camera assegnatagli, Mello aveva trovato un confortevole letto le cui lenzuola venivano cambiate spesso ed erano sempre bianche – quel colore, che ricorreva dovunque e in qualunque momento – e profumate; poi una scrivania in legno, un armadio del medesimo materiale, e un piccolo comodino con sopra una raffinata abat-jour. Le tende erano d'una sfumatura anonima, una sorta di marrone chiarissimo, quasi tendente al rosa antico. Le pareti invece erano bianche – ancora quel colore, come una dannazione -, mentre a lui non sarebbero dispiaciute pitturate in altro modo, magari di un bell'azzurro cielo.
Tutto sommato stava bene lì, seppur fosse un tipo un po' riservato; mai quanto lui, però. Lui, sempre nei suoi stramaledetti pensieri. Forse era lecito definirlo addirittura ossessione. Insomma, di amici non ne aveva molti, ma per lui Matt era praticamente il massimo; non aveva bisogno di nessun altro, quand'era in sua compagnia. Ma quando era da solo non riusciva a fare a meno di immaginarsi un ipotetico futuro in cui avrebbe strappato a Near il suo primato, e in cui gli avrebbe dimostrato che lui non era affatto il migliore, che il legittimo successore di L non poteva essere un ragazzino arrogante e patetico come lui. Però dentro di sé, in un remoto angolo della sua anima inquieta, lo ammirava. Lo ammirava sinceramente perché egli sapeva destreggiarsi in qualunque situazione con la freddezza d'un killer, con la silenziosità di un cecchino pronto a colpire; c'era sempre, Near, ma nessuno si accorgeva di lui. E si mostrava solo per esternare giudizi, dopo averci riflettuto per ore, giorni, perfino mesi a volte.
Alla fine avrebbe vinto lui, e lo sapeva bene. Ne era certo, ma non voleva convincersene per nessun motivo; la sua ragione di vita era batterlo, e non si sarebbe mai e poi mai tirato indietro. C'era un trono troppo importante in ballo, per rinunciarvi.
Quando il suo orologio segnò le otto di sera, e i raggi tiepidi del sole non filtravano più da un bel po' dalle grandi finestre, era ancora in alto mare; non sapeva assolutamente che cosa scrivere, ma di certo non poteva presentare una riflessione di due misere righe.
Ripensò a ciò che l'albino gli aveva detto poche ore prima, quelle storie sulle rose che a parer suo somigliavano agli esseri umani.

Se non riesci a vedere al di là delle apparenze, non diventerai mai il numero uno ”
Le rose, una volta sbocciate, muoiono in fretta; è questa la chiave ”

La chiave... di che cosa stava parlando? Rifletté a lungo, certo che nell'arroganza di quelle parole avrebbe potuto leggere qualcosa di più, come un segno, un avvertimento. Era questo che trapelava dalla voce di Near, fredda come di consueto ma ancor più decisa, come a volerlo mettere in guardia su qualcosa d'imminente.
Si buttò scompostamente sul letto fissando il soffitto, nel silenzio quasi opprimente della stanza, addentando una barretta di cioccolato; tutto quel bianco lo stava torturando, lacerava la sua mente senza alcuna pietà, ed era doloroso.
Quando d'improvviso, inconsciamente, si voltò verso la finestra, notò un'ombra muoversi all'esterno dell'edificio; si spostava con passo lento e cadenzato, illuminato unicamente dalla tenue luce del chiaro di luna. Aveva qualcosa di familiare, ed era come se lo stesse chiamando. Scostò le tende, girò la maniglia d'ottone e si affacciò, constatando che si trattava proprio dell'ultima e l'unica persona che avrebbe desiderato incontrare in quel momento.
“ Che ci fai fuori a quest'ora? ” gli chiese, osservando la sua figura un po' goffa eppure affascinante muover dei passi verso di lui, lentamente.
“ Non riuscivo a dormire ” rispose freddamente, rivolgendogli però uno sguardo interrogativo, come se volesse chiedergli come mai anche lui fosse ancora sveglio, ma senza dire nulla. Tipico di lui. Sembrava quasi aver paura di domandare, eppure era capace di sondare gli altri con una tecnica invidiabile, utilizzando poche parole perfettamente mirate. Infatti, giocherellando con una ciocca dei propri capelli fra le piccole dita – così infantili, così maledettamente attraenti -, sentenziò: “ Non hai scritto nulla, vero? Era prevedibile ”
A quelle parole, Mello avvertì un'ira crescente dentro di sé; come diavolo si permetteva di parlargli così? Lo stava forse sfidando? Sì, doveva essere così.
Con un balzo fulmineo, accecato dalla rabbia, saltò giù dalla finestra – fortunatamente alta solo poco più di un metro – e in un attimo gli fu addosso, a strattonarlo per i vestiti per poi gettarlo a terra e portarsi su di lui. Avrebbe voluto urlargli contro il suo odio, ma riuscì solo a respirare affannosamente e a guardarlo dritto negli occhi, contraendo il volto in una smorfia.
“ Sei solo un bastardo, Near ”

Near, piccolo Near, l'erba sta macchiando i tuoi vestiti.

“ E' solo colpa tua se io... se io... ”

Mello, furente Mello, non t'accorgi che stai avvicinando troppo il tuo volto al suo?

“ No ” asserì l'albino, “ La colpa... ”
Non ebbe modo di finire la frase dal momento che calde, fameliche, lussuriose labbra si erano appena avventate sulle sue, zittendolo; dunque un po' di coraggio lo aveva, nonostante tutto. Ne era certo, lo aveva capito fin dal primo momento in cui lo aveva visto, ma egli non lo aveva mai dato a vedere con lui; forse intimorito, o forse semplicemente conscio d'essere forte ma al contempo vulnerabile, indi preoccupato di mostrare apertamente i propri sentimenti, le paure e le passioni represse.
Non si scostò, il più giovane. Lo lasciò fare, assaporando la sua inesperienza e donandogli la propria, in un incerto gioco di denti e lingue.
Se li avessero scoperti non l'avrebbero passata liscia, pensarono entrambi; eppure, tutti e due ne avevano bisogno. Necessitavano di quel contatto più che di qualsiasi altra cosa. La perfetta fusione di due anime affini e allo stesso tempo completamente differenti, un'eccitante battaglia di sensi e d'orgoglio.
Il biondo, dopo diversi secondi, si staccò da quella bocca morbida boccheggiando in cerca d'aria; l'altro lo guardò con enigmatica espressione, i capelli ribelli sparsi sull'erba, le gote imporporate, le braccia lungo i fianchi e le ginocchia leggermente piegate. Bello, dannatamente bello, e maledetto.
Near non possedeva quel genere di bellezza ideale che ogni fanciulla sogna; non aveva le fattezze di un angelo caduto, né di un seduttore. Era bensì affascinante in modo strano, neanche Mello sapeva spiegarselo; forse erano i suoi gesti provocatori – lo amava e lo odiava incondizionatamente, quando i suoi capelli diventavano oggetto d'interesse delle sue mani di velluto; e provava la stessa cosa anche quando sorrideva sornione prendendolo in giro quando si lamentava d'esser l'eterno secondo –, o forse i grandi occhi d'onice che ti scrutavano attenti, incollati su di te, come due irresistibili calamite. Sì, esattamente, il più grande si sentiva come un inerme pezzo di metallo attratto da un qualcosa di troppo bianco per essere vero. Eppure lui esisteva, esisteva eccome. E in quel momento si trovava ancora fra le sue braccia, senza opporre resistenza. Era accecante, come un fulmine che colpisce inaspettatamente il terreno a pochi metri da dove ti trovi.
“ Cos'è che dicevi? ”
“ La colpa... ”
Sospirò impercettibilmente, passando in audace maniera la mano fra i filamenti dorati che ricadevano sul collo dell'altro.
“ ... è tua ”
Terminò, scendendo a toccare il suo petto intrappolato dalla maglietta nera a collo alto, fermandosi all'altezza del cuore. Il suo organo vitale batteva ad un ritmo sorprendente, come se avesse appena terminato una corsa di qualche decina di chilometri, come se fosse stato colpito da un potente attacco di tachicardia. Lo impressionò un po', in verità.
Mello, furioso, lo fece tacere con un altro bacio, più violento del precedente. Morse le sue labbra con impeto, facendole sanguinare, ma non se ne pentì.
Solo quando udirono un rumore di passi si alzarono in fretta e furia, correndo in due direzioni differenti; Near in quella opposta a quella da cui il leggero frastuono proveniva, mentre il biondo si arrampicò sul muro e velocemente rientrò in camera, come se nulla fosse successo. Ma qualcosa era accaduto eccome. Si buttò nuovamente sul letto, col cuore che ancora pareva sul punto di esplodere, e portò l'avambraccio destro a chiudergli gli occhi, come se il candore della stanza avesse il potere di bruciarglieli o di strapparglieli via.
Per qualche motivo non contemplato ripensò a quella rosa, e alle parole del suo intrigante compagno d'avventura. E capì. Non riusciva neppure lui a crederci, ma comprese il reale significato delle sue affermazioni.
“ Se non riesci a vedere al di là delle apparenze... ” ripeté ad alta voce, “ ... non diventerai mai il numero uno ”
Ecco cosa voleva dire.
Si alzò di scatto e andò a sedersi alla sua scrivania, afferrando con entusiasmo la penna riposta nel calamaio.
“ Grazie, razza di idiota ”
Scrisse, scrisse, scrisse. Lo fece fino a sentir dolore alla mano, fino a che il suo povero polso non chiese umilmente pietà. Poco importava se non ce la faceva più: oramai aveva terminato il suo lavoro, e ne era ampiamente soddisfatto.
Due giorni dopo, però, il suo volto s'incupì per l'ennesima volta. Di nuovo, era successo di nuovo. Near aveva vinto e non se ne capacitava – chissà cos'aveva scritto? -, perché era certo d'aver scritto una buona riflessione. Breve, certo, ma di sicuro significativa. Però non gli sarebbe servito a nulla lamentarsi con Roger, quindi fece buon viso a cattivo gioco e decise di schiarirsi le idee, facendo una passeggiata in cortile.
Ma, com'era ovvio – forse era uscito apposta? - il suo rivale si trovava lì, ed aveva avuto la sua stessa idea; era ancora una volta accanto alla famosa rosa, che però stavolta aveva un aspetto ben diverso da quando l'avevano vista per la prima volta. Ora era sbocciata, ed era splendida, come quel maledetto che le sedeva accanto con lo sguardo perso nel vuoto.
“ La prossima volta non vincerai ” disse Mello, deciso, rivolgendosi al ragazzino, che alzò gli occhi sulla sua figura esile.
“ Forse hai ragione, o forse no... chi può dirlo con certezza? ” ribatté lui, “ Sei stato bravo ” asserì poi, abbozzando un sorriso. Sembrava sincero. E il biondo lo sapeva, era perfettamente conscio di essere stato bravo.
“ Vuoi leggermi quelle righe, Mello? Quelle che ritieni più significative... ”
Sussultò a tal richiesta. Davvero lui voleva... ?
“ Per favore ” si abbassò addirittura a pregarlo, estraendo dalla propria tasca un pezzo del suo puzzle preferito, per poi iniziare a giocarci.
“ E va bene ”

Vi chiederete perché ho scelto di trattare la rosa.
E' che trovo sia molto somigliante a noi esseri umani, probabilmente più di tutti gli altri fiori.
Avete presente il periodo di tempo in cui è in boccio? Ecco, quello è il momento in cui vorremmo dire qualcosa, però abbiamo paura o più semplicemente non siamo ancora grandi abbastanza.
Quando invece il fiore sboccia, ci sentiamo più sicuri di noi stessi ed esterniamo quel che proviamo con maggiore convinzione.
E poi... e poi appassisce, e i suoi petali si spargono a terra. E' facile intuire quale istante ciò rappresenta.
Mi piacciono le rose.
Soprattutto quelle bianche ”

Probabilmente era il significato dell'ultima frase a non esser stato captato dalla mente del loro supervisore. Near però l'aveva compreso perfettamente, e si sentiva stranamente felice. Si avvicinò al fiore con fare audace, portando il naso a toccare uno dei suoi candidi petali per percepirne il delicato profumo.
E Mello lo guardò rapito, pregando che quel momento non finisse mai.

“ Near... un giorno ti supererò, e sarò io il numero uno... ma fino ad allora resta sempre così bianco, come quella rosa. Poi, quando verrà il momento, ci penserò io a sporcarti, a strappare ad uno ad uno i tuoi petali, a privarti della forza che tieni sopita dentro di te ” pensò, e un ghigno si dipinse sul suo volto.

Maledetta tortura.

Maledetta, bellissima rosa bianca.

Near.


- Promise me, when you see, a White Rose you'll think of me...
I will be you're Ghost of a Rose - [*]


Fine ~


[*] Strofa della bellissima canzone dei Blackmore's Night che da anche il titolo alla fanfiction, ovvero “ Ghost of a Rose ”; tradotto letteralmente significa:
- Promettimi che quando vedrai una rosa bianca penserai a me...
io sarò il tuo fantasma della rosa -

  
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