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Autore: Carmilla Lilith    24/12/2009    3 recensioni
Tre giovani dame inglesi recatesi nella dimora di campagna di una loro amica in occasione del suo matrimonio, restano bloccate dal maltempo. Ma qualcosa d'inquietante vive in quella casa... Ambientato nella seconda metà dell'800, spero vi piaccia!
Genere: Dark, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrival

Lady Barbara Bloomfield stava praticamente sonnecchiando sulla carrozza che l’avrebbe condotta nella villa di campagna della sua amica Gwen.

Era la prima volta che Barbara assisteva al matrimonio di una sua amica ed era molto emozionata, anche perché sapeva che ci sarebbero stati moltissimi invitati.

Barbara era una giovane di rara bellezza: aveva l’incarnato piuttosto chiaro, i capelli castani con riflessi color rame e gli occhi castano chiaro tendenti al verde. Inoltre aveva un vitino da vespa e il seno piuttosto florido, il che attirava numerosi spasimanti (di cui molti non graditi).

La giovane indossava un lungo abito in velluto verde smeraldo e aveva con sé una valigia con il necessario per i tre giorni di permanenza nella villa dell’amica.

 

Lady Olympia Osborne stava leggendo avidamente un libricino che aveva acquistato poco prima di mettersi in viaggio: era il racconto Il vampiro di un certo John William Polidori.

La giovane era talmente assorbita dalla lettura che quasi non s’accorse che la carrozza s’era fermata, così il cocchiere dovette richiamarla alla realtà.

Olympia era piuttosto alta, aveva un fisico florido, lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri. Era una giovane piuttosto estroversa e molto spiritosa e proprio per questo era un’ospite ricercatissima alle cene mondane di mezza Londra.

La ragazza scese dalla carrozza, aiutata dal cocchiere, e subito venne accolta dalla padrona di casa.

“Olympia, carissima amica mia!” la salutò Gwen.

 

Lady Susan Scott era appena salita sulla sua carrozza, e ora stava osservando preoccupata il cielo plumbeo. Sperava con tutto il cuore che non piovesse o il suo lungo vestito blu ne avrebbe risentito.

Era lieta di partecipare al matrimonio della sua amica ed ex compagna di studi Gwen, anche se i matrimoni non le piacevano: la presenza dei molti invitati la metteva sempre a disagio.

Susan era una creatura dalla pelle candida, i capelli corvini e gli occhi ebano. Ed era tremendamente, irrimediabilmente, timida. Non c’era da stupirsi che non avesse spasimanti.

La giovane sospirò, mentre le sue speranze venivano deluse: le prime gocce di pioggia bagnarono il finestrino della carrozza e un lampo brillò in lontananza.

Stava arrivando un bel temporale.

 

La villa di Gwen quel giorno ospitò ben quindici persone. Altre quindici erano attese per il giorno seguente e altre ancora si sarebbero aggiunte il giorno della cerimonia.

I genitori di Gwen, e quelli di Alan (il promesso sposo), avevano voluto fare le cose veramente in grande e in fin dai conti era giusto così.

Susan (che era miracolosamente riuscita a salvare il suo abito blu) osservò sconsolata tutti gli estranei che la circondavano e pensò seriamente di darsi alla fuga.

Alla sua destra sedevano Olympia e Barbara. “Non avrei sperato in un tempo migliore per inaugurare il mio nuovo vestito.” osservò Olympia, che indossava un lungo vestito azzurro.

“Già, speriamo almeno che la tradizione della sposa bagnata sia vera!” rispose Barbara, con un sorriso.

“Piacere, io mi chiamo Olympia Osborne. Sei amica di Gwen o di Alan?” si presentò la giovane bionda, lieta di aver avviato una conversazione.

“Sono un’amica di Gwen, mi chiamo Barbara Bloomfield.” rispose l’altra.

“Tu invece come ti chiami?” domandò Olympia, rivolta a Susan. L’altra non poté evitare di arrossire, ma se non altro non balbettò mentre rispondeva “Mi chiamo Susan Scott, sono amica di Gwen”.

“Conoscete qualcun altro, qui? Io nessuno.” domandò Barbara. Nemmeno le altre due conoscevano gli altri invitati, esclusi i genitori di Gwen, Mr e Mrs Green.

“Sarà assai ardua. Scalare una montagna sarebbe più facile che socializzare con qualcuno!” osservò Susan. “Stai socializzando con noi, è già un inizio.” osservò Olympia, con un sorriso.

Susan non solo riconobbe che aveva ragione, ma si sentì sollevata. Le due giovani sembravano molto simpatiche e le stavano facilitando le cose.

“Sapevo che ci sarebbero stati molti invitati ma non pensavo che così tanti alloggiassero qui!” disse Barbara, osservando gli altri ospiti. “Già, io speravo in una cosa un po’ più intima.” annuì Susan.

“Per me più si è, meglio è!” intervenne Olympia.

 

Le tre giovani conversarono amabilmente per tutta la sera, trovandosi di reciproco gradimento.

Dopo cena rimasero con Gwen e Matilda, la sorella minore della sposa, che sarebbe stata la damigella d’onore. Parlarono soprattutto del ricevimento, della cerimonia e di come il maltempo rischiasse di compromettere il tutto.

“Questo tempaccio dovrebbe piacerti, Susan. Oserei dire che è onnipresente nei tuoi racconti.” osservò, improvvisamente, la promessa sposa. Susan arrossì, ma nessuno se ne accorse nella penombra delle poche candele rimaste accese.

“No, non mi piace. Niente che possa rovinare le tue nozze potrebbe piacermi.” rispose la giovane. “Oh, scrivi?” domandò Olympia, interessata. “Sì, dei racconti gotici come vanno tanto di moda da qualche tempo, ormai.” rispose Gwen, con un malcelato disprezzo nei confronti di quel ramo letterario.

“Non puoi disprezzarle solo perché non si tratta delle poesie sdolcinate che ami comporre, Gwen cara.” obbiettò Susan.

“Non riesco a capire come possa piacerti. In ogni caso, non c’è da stupirsi che voi tre andiate così d’accordo: una scrittrice, una pittrice ed una pianista. Siete tre artiste!” continuò Gwen, in un tono difficile da interpretare.

“Si è fatto tardi, sorella mia. Sarebbe meglio se andassimo a dormire, domani ci attende una giornata faticosa.” intervenne Matilda, probabilmente per evitare che la conversazione diventasse sgradevole. “Hai ragione. Speriamo che il tempo cambi.” annuì la sorella, alzandosi da tavola.

Le altre giovani seguirono l’esempio e si diressero al piano superiore, dove si trovavano le camere da letto.

Si stavano augurando la buona notte quando arrivò un uomo distinto, di circa cinquant’anni, con folti e spioventi baffi grigi e gli occhi azzurri. “Fanciulle, che ci fate alzate a quest’ora?” domandò. “Stavamo parlando della cerimonia, zio Oliver. Non preoccuparti, stavamo giusto andando nelle nostre stanze.” rispose cordialmente Gwen, per poi augurargli la buona notte.

Dopo quest’incontro le giovani si ritirarono nelle loro stanze, per ristorarsi dalle fatiche della giornata.

 

Susan si svegliò bruscamente, qualche ora più tardi. Il suo sonno leggero era stato turbato da un rumore che sembrava provenire dal corridoio.

La giovane cercò a tentoni dei cerini e ne utilizzò uno per accendere la candela poggiata sul suo comodino, poi raggiunse la porta e rimase in ascolto.

 

Effettivamente, anche ora udiva un rumore proveniente dal corridoio. La ragazza si fece coraggio ed aprì lentamente la porta.

Nel medesimo istante in cui Susan usciva nel corridoio, una faccia illuminata dalla tenue luce di una candela le si parò davanti. La giovane sobbalzò, troppo terrorizzata per riuscire anche solo ad urlare.

Impiegò pochi istanti a rendersi conto che non si trattava d’una presenza ultraterrena, ma solo d’un giovane uomo. Fu sufficiente che quest’ultimo aprisse bocca per calmarla, e la giovane si ritrovò investita da un’alitata che puzzava d’alcol.

 

“E voi chi diavolo siete?” domandò Susan, tentando di riaversi dallo spavento. “Potrei farvi la stessa domanda.” replicò il giovane, il cui volto sembrava familiare a Susan.

“Rispondetemi o comincerò a strillare.” minacciò la ragazza, prendendo fiato. “No, per carità! Mi chiamo Joshua Abbot, sono il fratello di Alan.” rispose il giovane, evidentemente spaventato dalla minaccia.

“Ecco dove vi avevo già visto! Al ricevimento per il fidanzamento di Gwen con vostro fratello!” ricordò, d’un tratto, Susan.

“Oh, quindi siete un’amica di Gwen.” disse Joshua. “Sì, mi chiamo Susan Scott.” rispose la giovane.

“Bene…Susan. Adesso che ci siamo presentati posso chiedervi un favore?” domandò Joshua. “Chiedetemelo, ma non vi garantisco di potervelo concedere.” rispose Susan.

“Ho perso le chiavi della mia stanza e non posso correre il rischio che mio fratello venga a sapere a che ora sono tornato. Posso chiedervi di pernottare da voi, per questa notte?” domandò il giovane.

“Ma siete impazzito?! Se ci scoprissero in stanza insieme? Avete una pallida idea di cosa penserebbero?” domandò Susan, esterrefatta.

“Non ci scopriranno, ve lo garantisco. Non sono mai stato scoperto in camera di una donna, eppure le frequento spesso. Ve ne prego, nulla intaccherà la vostra reputazione. Volete rovinare la vigilia di nozze della vostra amica con una litigata tra fratelli?” supplicò Joshua.

Susan sospirò. “E sia. Ma se ci sarà qualche malinteso spero che siate pronto a difendere la mia reputazione.” acconsentì, pentendosi delle sue parole subito dopo averle pronunciate.

Joshua ringraziò calorosamente la giovane, promettendo eterna gratitudine e quant’altro gli venisse in mente, mentre Susan lo faceva accomodare nella sua stanza.

 

“E dove pensate di coricarvi, esattamente?” domandò la ragazza dai capelli corvini, scrutando torva Joshua. Il giovane si guardò intorno, prima di scorgere un divanetto ai piedi del letto.

“Quello sarà perfetto. Non vi darò alcun disturbo.” rispose poi. Mentre Susan, dopo aver poggiato la candela sul comodino, si coricava Joshua cominciò a togliersi gli indumenti.

“Cosa diamine state facendo?!” domandò, scandalizzata, la giovane. “Non posso stropicciare i miei abiti, cosa penserebbe mio fratello?” rispose Joshua, mostrando il torso nudo a Susan, che si affrettò a spegnere la candela.

“Come pensate che riesca a spogliarmi, ora?” domandò, irritato, il giovane. “Non vi hanno mai detto che per una signorina è sconveniente vedere un uomo nudo? Arrangiatevi!” rispose, infuriata, la ragazza.

“Io vi ho vista in quella veste da notte tutta pizzi che indossate, non è molto diverso!” replicò Joshua. “Non è la stessa cosa. Adesso gradirei dormire. Vi auguro buona notte!” disse Susan, pentendosi amaramente di aver accolto quel poco di buono nella sua stanza.

“Buona notte anche a voi.” sbottò Joshua, coricandosi sul divano.

 

“Lady Susan! Lady Susan!”. Una voce maschile richiamò la giovane dal mondo dei sogni ove si trovava.

Susan tentò di ricordare l’accaduto della nottata precedente e quando vi riuscì domandò “Che volete Joshua?”.

“Potreste aprire gli scuri? Dovrei rivestirmi ma non posso aprirli io o qualcuno potrebbe vedermi.” rispose il giovane.

Susan si alzò e aprì a fatica gli scuri, illuminando la stanza. Nonostante il cielo fosse ricoperto da nubi, la luce era piuttosto intensa e Susan fu costretta a restare qualche istante seduta sul bordo del letto con gli occhi chiusi.

 

Quando riaprì gli occhi, scoprì che Joshua la stava osservando. Il giovane si era già infilato i pantaloni e ora si stava abbottonando la camicia.

Susan arrossì e cercò qualcosa da fare per distrarsi dalla presenza del bel giovane, senza successo. Joshua stava terminando di vestirsi ed era alle prese con il nodo della cravatta. Susan si alzò ed aiutò il giovane nell’ardua impresa.

“Se volete ingannare vostro fratello, dovreste fare le cose con un certo accorgimento.” disse la ragazza, mentre ammirava il frutto della sua fatica.

“Ora siete più che presentabile, potete andare.” sorrise Susan. “Sono lieto di avervi conosciuta, Lady Susan Scott.” disse allegramente Joshua, facendo il baciamano alla giovane.

“Lo stesso vale per me, Mister Joshua Abbot.” rispose Susan, colpita da quel gesto di galanteria, per poi accompagnare Joshua alla porta.

“Susan.” la chiamò Joshua, prima che la giovane aprisse la porta. Susan si voltò verso il giovane, che ne approfittò per baciarla.

Benché esterrefatta, dopo il bacio Susan aprì la porta e fece uscire Joshua come se nulla fosse stato.

 

Trascorsa un’ora, il resto della casa si svegliò. Susan s’era già vestita, dato che non era riuscita a riprendere sonno.

Nel frattempo la pioggia aveva ricominciato a cadere e gocce fini ma fitte bagnavano la campagna inglese. La strada era ormai solo uno strato di poltiglia melmosa, impossibile d’attraversare in carrozza.

Susan attese circa una mezz’ora, per poi uscire e recarsi al piano sottostante. La colazione sarebbe stata servita un’ora dopo, ma poteva scrivere qualcosa, nel frattempo. Era stata colta dall’ispirazione, quella mattina.

Sapeva che la casa di Gwen aveva una splendida biblioteca che, oltre ad ospitare una notevole collezione di libri, era arredata con due scrivanie, tre poltrone e un divano da tre posti. Era un ambiente elegante e riservato.

 

Giunta in biblioteca, si stupì di trovarvi Barbara, che stava sistemando i suoi strumenti da disegno.

“Buongiorno, Lady Barbara! Avete dormito bene?” salutò la giovane dai capelli corvini.

Barbara, sussultò, sorpresa. “Oh, siete voi Lady Susan. Ho dormito molto bene, e voi?” rispose poi la ragazza, sorridendo.

Susan era tentata dal raccontare l’accaduto della notte precedente a Barbara, ma decise che non era il caso. “Molto bene anch’io, peccato che la pioggia abbia interrotto il mio sonno!” rispose.

“Io non ho resistito alla tentazione di disegnare. Voi cosa farete?” domandò Barbara. “Vorrei scrivere.” rispose Barbara, mostrando all’amica il suo piccolo quaderno e una penna con calamaio.

“Ha ragione Gwen, siamo due incorreggibili artiste!” sorrise Barbara. “Già ma, al contrario di Gwen, non ci vedo nulla di male!” rispose Susan.

Barbara s’avvicinò a Susan. “Vi svelerò un segreto…” sussurrò. “Nemmeno io sono d’accordo!”.

 

Le due risero, poi Barbara si sedette davanti al suo cavalletto mentre Susan raggiunse la scrivania e cominciò a scrivere.

Le due giovani di tanto in tanto si rivolgevano qualche domanda concentrate, però, sui propri lavori. “Non vi ho ancora domandato cosa state disegnando.” osservò Susan, ad un certo punto.

“Ve lo mostrerò quando avrò terminato. Non amo mostrare le mie opere incompiute.” rispose Barbara, sfumando una linea fatta a carboncino.

 

Quando la colazione fu servita Barbara e Susan raggiunsero la sala da pranzo solo dopo aver riposto i loro lavori nelle rispettive stanze.

Le chiacchiere della colazione erano piuttosto agitate: la strada era in condizioni pessime, la villa era praticamente isolata dal resto del mondo e quindi il matrimonio doveva essere rimandato.

Gwen prese molto male la notizia e s’allontanò dalla sala prima dei suoi ospiti. Alan la seguì, tentando di calmarla.

Venne deciso che gli ospiti sarebbero stati fatti rincasare non appena possibile, in attesa della nuova data delle nozze.

 

Susan seguiva solo in parte questi discorsi, dato che veniva distratta dalla presenza di Joshua.

Non appena gli occhi scuri di lei incrociavano quelli azzurri di lui, l’animo della giovane s’agitava. La giovane tratteneva a stento l’istinto di studiare attentamente quel viso sereno, quei capelli biondi e quei muscoli tesi sotto gli abiti. Sarebbe stato tremendamente sconveniente ma Susan voleva sapere se almeno una parte del suo turbamento era condiviso dal giovane.

 

Lo strano comportamento di Susan non sfuggì né a Barbara né ad Olympia, che dopo colazione raggiunsero Susan nella biblioteca.

Olympia iniziò a leggere un libro di narrativa, Barbara riprese il suo disegno e Susan si rimise a scrivere.

“Susan, vi ho vista turbata a colazione.” osservò, con apparente noncuranza, Olympia.

“Dovete sbagliarvi, Olympia. Non ero affatto turbata.” mentì la giovane, anche se la sua mano tremò violentemente e il foglio venne rovinato da uno scarabocchio.

“Anche a me siete sembrata inquieta, se devo dire il vero.” intervenne Barbara.

“Dev’essere stato il poco sonno. Sto benissimo, davvero.” ribadì Susan, mentre la mano volava veloce e leggera sul foglio.

 

Barbara si rassegnò e tornò al suo disegno, ma Olympia non era affatto intenzionata a lasciar perdere e poco dopo tornò all’attacco.

“Avete notato quel giovane biondo a colazione? Avete idea di chi fosse?” domandò.

“Se non erro è il fratello di Alan, mi è stato presentato alla festa di fidanzamento di Gwen.” rispose Susan, sforzandosi di restare impassibile.

“Non mi pare di averlo visto ieri sera a cena.” osservò Barbara. “Nemmeno a me, sarà arrivato questa notte.” disse Susan.

Olympia sbuffò, non riusciva a far parlare la timida Susan. Tornò alla lettura, mentre la pioggia scorreva lungo le finestre.

 

   
 
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