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Autore: Marzolina    24/12/2009    5 recensioni
C’erano una volta, tanti e tanti anni orsono, così tanti che scriverne sembra quasi tramandare una leggenda, tre scrittori i cui nomi non penso vi debbano importare più di tanto, dal momento che la loro stessa identità subirà presto una decisiva e quanto mai inattesa rivisitazione. Costoro sfortunatamente, per un malizioso scherzo del destino, dovranno però morire tra poche righe e non ci occuperemo, per evidente mancanza di tempo e spazio, nemmeno di parlare delle loro innumerevoli sventure risalenti alla precedente condizione di vivi, ma ci limiteremo invece a tracciarne i tratti essenziali, soffermandoci poi a trattare le sfortunate cause della loro dipartita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Writers Carol

C’erano una volta, tanti e tanti anni orsono, così tanti che scriverne sembra quasi tramandare una leggenda, tre scrittori i cui nomi non penso vi debbano importare più di tanto, dal momento che la loro stessa identità subirà presto una decisiva e quanto mai inattesa rivisitazione.
Costoro sfortunatamente, per un malizioso scherzo del destino, dovranno però morire tra poche righe e non ci occuperemo, per evidente mancanza di tempo e spazio, nemmeno di parlare delle loro innumerevoli sventure risalenti alla precedente condizione di vivi, ma ci limiteremo invece a tracciarne i tratti essenziali, soffermandoci poi a trattare le sfortunate cause della loro dipartita.

Il primo scrittore dunque era un uomo piuttosto sovrappeso, costantemente sudaticcio e con il quoziente intellettivo di un bradipo narcolettico. Gli enormi tomi che scriveva, con un lessico piatto e antiquato, erano così noiosi ma così noiosi che spesso e volentieri venivano più che altro usati per pareggiare gambe di tavoli o riempire buchi negli scaffali troppo sguarniti.
Eppure, chissà perché tutti, ma proprio tutti, avevano o meglio dovevano avere almeno una copia di un suo manoscritto. Non perché a costoro piacesse particolarmente tediarsi con interminabili sproloqui-documentari (“sprolumentari”) riguardo condizioni di vita di antichi Greci, antichi Romani e antichi in genere, ma semplicemente per non sembrare inferiori, rispetto ai grandi intellettuali che elogiavano le sue opere non meno delle Sacre Scritture.
In realtà non c’era praticamente nessuno (nemmeno i dotti di cui sopra) che fosse mai arrivato al di là della prima pagina, scritta oltretutto con caratteri microscopici. Il testo il più delle volte era infatti incomprensibile, pieno esclusivamente di paroloni che avevano tanto l’aria di voler riempire un’ incolmabile vuotezza e aridità di immaginazione, i periodi erano lunghi e barocchi, i riferimenti lontani e inutili e l’argomento una rottura di palle inimmaginabile.
Ma tutti ne discutevano, tutti lo nominavano, sicuri almeno che il proprio interlocutore ne sapesse quanto loro.
Il secondo scrittore era invece un cosiddetto scrittore “commerciale”. Anche i suoi romanzi andavano letteralmente a ruba, perché trattavano di problemi attuali, si rivolgevano ai giovani, usavano un linguaggio semplice… talmente semplice che se qualcuno si fosse veramente soffermato a leggerne le sfumature avrebbe capito che in realtà non parlavano di nulla, e l’esiguità dei concetti, una volta ripetuti ad alta voce, sembrava davvero polverizzarsi sulla lingua.
Era una continua nenia senza contenuti, con una forma inesistente e di una qualità a dir poco infima. Ma anche lui piaceva, oh sì, piaceva molto perché parlava di cose che chiunque avrebbe potuto mettere nero su bianco senza un grande sforzo creativo, di cose ovvie e scontate che non avevano nessuna pretesa, nemmeno quella di far pensare.
E dall’alto del suo allampanato metro e ottantacinque, dietro due occhialetti squadrati alla moda, lo scrittore commerciale se ne compiaceva, perché non aveva idee proprie, scriveva quelle di altri.

Ora probabilmente vi sentirete molto delusi, gentili lettori, dopo aver conosciuto due personaggi così poco degni della vostra stima e riporrete tutte le poche speranze che vi sono ancora rimaste nell’ultimo dei protagonisti… peccato che io vi debba scontentare così presto.

Il terzo e ultimo scrittore in realtà non aveva ancora scritto niente, ma si forgiava del titolo di scrittore solo per illudersi di avere uno scopo nella vita, oltre a quello di tramutare ossigeno in anidride carbonica.
Non era particolarmente vecchio, ma già si sentiva sulle spalle il peso di millenni. La sua mente infatti era stata da sempre affollata da strane e inquietanti figure, fantasmi che si muovevano avanti e indietro da un lobo all’altro del cervello e che gli urlavano nelle orecchie le loro storie.
Erano i “personaggi”, o almeno quello che sarebbero potuti diventare se lo scrittore li avesse raccontati. Il problema era che ce n’erano veramente troppi a popolare la sua testa, troppi e tutti così reali, così importanti, così creativi e originali che si spintonavano e cozzavano spesso e volentieri gli uni contro altri provocando un gran bagordo generale.
Questo era il motivo per il quale il nostro terzo e tormentato scrittore aveva la scrivania stracolma di fogli e foglietti impiastricciati d’inchiostro ed accartocciati senza pietà, pile di incipit, anche interessanti, ma che senza il suo impegno sarebbero rimasti abbozzi incompiuti.

Come detto all’inizio comunque il caso volle che questi tre diversissimi figuri si trovassero casualmente sulla stessa carrozza, quella sera della vigilia di Natale, e che, sempre casualmente, i cavalli di questa ad un tratto s’imbizzarrissero così da far finire l’infausto mezzo di trasporto giù per un dirupo. La fine degli scrittori è ovvia.
Eccoli dunque, spiriti incorporei che veleggiano tristemente sopra le ignare teste di altrettanto ignari passanti, per sempre legati al Natale e alle sue tradizioni. Di loro ( a parte i manoscritti e le spoglie mortali) restano comunque i tratti distintivi: uno spirito grassoccio affezionato al passato e ai suoi antichi costumi, uno scaltro e limitato tutto concentrato sull’indifferenza di un presente poco incoraggiante, e un ultimo infine che guarda con un po’ di timore ad un tempo che verrà…

«You will be haunted» resumed the Ghost, «by Three Spirits».
(“A Christmas Carol” di Charles Dickens)

   
 
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