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Autore: SpiderFerra    28/12/2009    6 recensioni
Qua sono raccolte le epiche gesta di Diomede come non lo avete mai visto, durante il calvario nei dieci anni della guerra di Troia...
Genere: Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diomede Re di Argo

INTRODUZIONE

 

Diomede, figlio di Tideo e di Deifile nacque ad Argo, e dopo la prematura morte dei suoi genitori a causa dell’assalto di Tebe, fu affidato alle cure di suo nonno Eneo, ex governatore della città di Calidone posta all’imbocco del Golfo di Corinto.

All’età gloriosa di vent’anni egli dopo aver passato l’intera giovinezza ad affinare la propria arte bellica, dopo aver riunito i suoi compagni d’arme e avendo ottenuto il consenso del re di Argo, partì per una spedizione contro Tebe.

Dopo vari tentativi, espugnò la città, e infervorato dalla vittoria, marciò verso Calidone e spodestò gli usurpatori della sua Dinastia, collocando di nuovo  suo nonno Eneo come Re.

Dunque ritornò ad Argo dove sposò la figlia del re -che era defunto durante la guerra contro Tebe- che portava il nome di Egialea.

Cinque anni dopo il risveglio di Diomede fu turbato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Amore..Amore mio signore..”

Lentamente Diomede aprì gli occhi. Ancora con lo sguardo offuscato riconobbe la figura di fronte a lui; era magra, alta e con un portamento fiero, portava i suoi capelli ricci legati con due trecce che le incorniciavano il viso rendendolo simile ad una dea.

 Il suo sguardo si concentrò poi su quegli occhi, neri come l’oscurità che potevano donare amore o odio a seconda della volontà di quella donna splendida: Egialea.

“Egialea” disse “la tua bellezza è in grado di risvegliarmi totalmente anche dopo una nottata come questa”.

Egialea arrossì un poco ma al debole sorriso che l’accompagnava, si susseguì un leggero singhiozzo.

Diomede accortosi dello stato d’animo di sua moglie la abbracciò e le chiese: “Cosa turba il tuo animo luce divina? Ancora a pensare a quella stupida profezia?”.

“Si” rispose lei “l’indovino Caìmene non ha mai sbagliato in questi cinque anni, né sbagliò mai durante il regno di mio padre.. Il giorno è questo Diomede, è arrivato, e lo sai cosa ha detto lui: << Nel giorno di inizio estate..>>”.

“<< .. quando il sole sarà più alto ti separerai per sempre dalla tua amata>>” completò Diomede. “E’ una frase senza senso mia cara moglie, lo sai che sono ben voluto da tutto il popolo e nessuno trama in segreto di uccidere me o te”.

Ma lei lo fermò: “ E’ arrivato Ulisse stamattina, il tuo caro amico, aveva una faccia strana, come se avesse appena perso Penelope..”.

“Lo sai bene che Ulisse non lascerebbe mai Penelope, né lei lascerebbe mai lui” disse Diomede “ si amano troppo e sono sposati da più di dieci anni”.

Detto questo Diomede si alzò dal suo giaciglio e mandò Egialea a prepararsi all’incontro con Ulisse.

Mentre indossava la sua armatura per potere accogliere il compagno d’armi, sentì nel profondo che l’indovino Caìmene aveva ragione; una visita di Ulisse senza nessun messaggero che lo precedesse voleva significare solo una cosa: guerra.

Uscì in fretta dalla camera nuziale e si avviò verso il cortile sottostante. Proseguì lungo il portico dove vide sua moglie in compagnia di un uomo alto più di lui di almeno venti centimetri, con spalle larghe e braccia muscolose, una folta barba bruna che gli nascondeva labbra carnose e zigomi pronunciati: Ulisse.

“Non credevo che il nostro marinaio sarebbe mai venuto a farci visita, di solito siamo io e la mia corte a venire da te!” disse Diomede sfoggiando un sorriso entusiasta.

“Il Fato ha voluto che io fossi qui a quanto pare” ribatte l’ospite, “ma non sono in un viaggio di piacere Diomede, ti devo parlare”.

“Lascia almeno che ti abbracci, mio caro amico” protestò Diomede.

Detto questo i due compagni si abbracciarono e con un cenno il padrone di casa fece capire alla moglie Egialea di lasciarli soli. Lei comprese e lentamente tornò nel palazzo reale.

“Forza facciamo quattro passi” disse Diomede al re di Itaca.

Percorsero il portico e si diressero verso la piazza principale di Argo.

“Cosa devi dirmi Ulisse?” fece lui.

“Brutte notizie amico mio” rispose “davvero brutte notizie… Sai chi è Menelao?”

“Certo che lo so, che domande! E’ il fratello del capo di tutto gli Achei, il signore Agamennone! Menelao è famoso per la sua forza bruta e il suo sangue freddo, proprio del popolo di Sparta. Perché mi fai una simile domanda?” chiese Diomede incuriosito.

“Sai chi è la moglie di Menelao?” fece Ulisse abbassando lo sguardo a terra.

“Elena certo! Si dice che sia la più bella donna della Terra, uno spreco secondo me per quel vecchio…”

“Spreco o no, è la causa di una nuova guerra” disse.

Diomede fu colpito nel profondo.

“Una nuova guerra?” chiese.

“Si, sai i principi troiani erano andati a Sparta  per sancire una nuova alleanza che avrebbe giovato ad entrambe le nazioni, ma pare che Paride il fratello minore di Ettore, figlio di Priamo, abbia rapito Elena e l’abbia portata a Troia” spiegò Ulisse.

“Puoi immaginare cosa sia successo” proseguì “ Menelao furioso è andato dal fratello per chiedere vendetta e puoi immaginare che cosa abbia deciso Agamennone… Lui smania per Troia! La vuole da molto tempo, e non vedeva l’ora di cogliere un’occasione tanto fortunata! Ha convocato vari Re, tra cui me che hanno il dovere di convincere altri a seguirlo nella spedizione verso Ilio.

“ Per l’appunto io devo convincere te e Achille.. Sono passato prima ad Argo perché so che te non lascerai mai la Grecia senza i tuoi uomini, e poi noi due siamo i soli a poter convincere Achille.. Sai che non può sopportare Agamennone..”

Tutte queste informazioni colpirono a fondo l’animo di Diomede, che alzò gli occhi al cielo e notò che il Sole era nel punto più alto della giornata. Guardò poi il viso di Ulisse e notò in lui la stessa tristezza che lo attanagliava, lo stesso dolore per aver dovuto abbandonare la moglie e il figlio in fasce.

“Va bene” disse Diomede “dammi un mese e partiremo alla volta di Ftia, verso Achille”.

 

  

  
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