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Autore: Black Swan    31/12/2009    7 recensioni
"Ultimo dell’anno.
Lasciamo il 2009 ed entriamo nel 2010. Chiudiamo un altro anno di successi e soddisfazioni.
E’ un ottimo giorno per fare bilanci. Cosa va bene, cosa non va bene… cosa vorresti cambiare, cosa non cambieresti per niente al mondo.
Sto aspettando che anche lui sia pronto per questa festa… festa che avrà luogo qui, a casa nostra.
Quest’anno abbiamo deciso di festeggiarlo fra di noi…
… E’ strano come a volte per fare i bilanci… per tirare le somme, si debba partire da… lontano. Un anno di vita non è mai fine a se stesso.
… La parte più comica della situazione, è che di tutto il gruppo, io sono sempre sembrato il più uomo."

Una ReitaxKai… per chiudere in bellezza e - si spera! - cominciare anche meglio!
Genere: Generale, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kai, Reita
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inarrestabili

I personaggi di cui scrivo non mi appartengono e non ho contatti con loro. Non pretendo di descriverli come sono in realtà, né di descrivere situazioni realmente vissute da loro.

Quanto scrivo non è a scopo di lucro.

Le mie sono opere di fantasia e rivendico i miei diritti su esse solo in quanto sono state partorite dalla mia immaginazione.

Questo scritto contiene riferimenti a scene di sesso e/o erotiche, omosessuali. Se certi contenuti ti possono offendere, fammi e fatti un favore: non leggerli.

In ogni caso non perdere tempo a scrivermi lamentandoti perché ho altri problemi che meritano la mia attenzione. Arigatou!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inarrestabili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ultimo dell’anno.

Lasciamo il 2009 ed entriamo nel 2010.

Chiudiamo un altro anno di successi e soddisfazioni.

E’ un ottimo giorno per fare bilanci.

Cosa va bene, cosa non va bene… cosa vorresti cambiare, cosa non cambieresti per niente al mondo.

Sto aspettando che anche lui sia pronto per questa festa… festa che avrà luogo qui, a casa nostra.

Quest’anno abbiamo deciso di festeggiarlo fra di noi… del gruppo, sono ammesse solo le dolci metà… anche perché la fidanzata di Uruha (che tutto è tranne dolce con il sottoscritto) mi ha telefonato dando fondo alla sua scorta di minacce se mi fosse balenata per la testa l’idea contraria, e di farlo qui, dove viviamo insieme da un mese.

In fondo saremo quattro coppie.

Tanto per cambiare sono il primo ad essere pronto.

E’ strano come a volte per fare i bilanci… per tirare le somme, si debba partire da… lontano. Un anno di vita non è mai fine a se stesso.

Direi che il bilancio per questo 2009, deve partire dal 2002.

Mentre lo sento canticchiare allegro in bagno, mi viene quasi da ridere.

Quando non si tratta dei The GazettE, il tempo che scorre è un concetto piuttosto astratto da queste parti!

Con la scusa che, visti i festeggiamenti di questa sera, avremmo fatto tardi ce la siamo… ehm, presa comoda per alzarci.

Ma cominciamo dall’inizio.

La parte più comica della situazione, è che di tutto il gruppo, io sono sempre sembrato il più uomo.

Non ho mai corso il rischio di essere scambiato per una bella morettina (come Aoi), o di sentirmi fischiare dietro mentre cammino (come Uruha).

Beh, ok… io non indosso elaborati corsetti, vertiginose minigonne o accattivanti autoreggenti, ma queste sono quisquilie, visto che anche in jeans e cappotto il chitarrista solista riesce ad essere abbordato per la strada.

Anche questo è un talento, no?

La fidanzata di Uruha ormai si è rassegnata: il fidanzato sta meglio di lei in minigonna.

Io non so se l’avrei presa con così tanta filosofia, al suo posto.

Comunque, anche la fidanzata di Aoi ha fatto amicizia con l’idea che la bellezza non ha sesso… tende solo ad essere abbinata alle donne.

Un uomo bello automaticamente deve essere gay.

E Aoi è bello. Poco da fare o da dire. Scimunito, ma bello. A volte talmente deficiente che gli perdoneresti qualunque cosa… anche perché piegato in due a ridere e con le lacrime agli occhi, tutto sei tranne che fisicamente in grado di prendere a calci qualcuno!

Senza contare che nel momento del bisogno si trasforma in un muro e tira fuori tutti i suoi quasi trentuno anni.

Che non sono pochi.

Da un lato, Aoi e Uruha sono la prova vivente di quanto questo cliché, bello = gay, sia un’emerita cazzata.

Dall’altro, eccomi qua.

Sono ritenuto bello e ci sono accorgimenti che prendo per far sì che la situazione non cambi ma anzi tenda a migliorare (e funzionano), ma a nessuno, e dico a nessuno, è mai passato per la mente che potessi essere gay.

Neanche al sottoscritto, se proprio vogliamo dirla tutta.

E tanto meno che potessi ritrovarmi perso per un uomo che da un bel po’ era entrato ufficialmente a far parte di quella sfera di affetti che definisco familiari.

Mamma e papà mi hanno correlato di una sorella maggiore, io mi sono trovato autonomamente altri quattro fratelli.

Pardon. Tre.

Uruha lo conosco da una vita… e non è tanto per dire.

E’ sempre stato così: talmente elegante ed aggraziato da sembrare una donna.

A scuola lo prendevano in giro, ma ho riconosciuto subito la paura… diciamo anche il terrore insito in quei feroci attacchi verbali… e a volte anche fisici.

Gli stessi stronzi che gli davano della troietta, si voltavano a guardarlo quasi con la bava alla bocca quando camminava per i corridoi.

La cosa mi ha sempre spaventato.

Tant’è che non ho mai permesso che lo toccassero.

Ci siamo conosciuti così: ho attaccato al muro uno stronzetto che aveva teso una mano verso di lui per afferrarlo.

In un certo senso fra me e Uruha è stato un colpo di fulmine. E’ il mio migliore amico, un fratello… scherzando diciamo che potremmo essere gemelli, visto che ci corrono meno di due settimane di vita fra di noi, lo adoro e so di essere ricambiato alla massima potenza.

Darebbe la vita per me, me lo dice da sempre e non ci tengo a metterlo alla prova: gli credo sulla parola.

Buona parte del mio poco buon senso è imperniata proprio su questo: se faccio una cazzata, potrebbe andarci di mezzo lui.

Diciamo che tendo ad evitare di trovarmi sulla traiettoria di un tir per non rischiare che ci finisca sotto lui al posto mio.

Le altre stelle del mio cielo si voltano al nome di Ruki (un visino angelico con un’espressione molto poco angelica incastrati su un metro e sessantadue di omino con una voce capace di scuotere le montagne e una innata capacità di avvolgere il prossimo in abbracci secondi solo a quelli di un koala con il proprio albero/sostentamento) e il già citato Aoi (un vanesio puma con un cuore abbastanza grande da accogliere anche altri quattro… aripardon, tre scellerati che ha preso la forma di un uomo geneticamente predisposto ad imbracciare una chitarra) e hanno cominciato a splendere quasi spontaneamente.

E’ stato un sollievo vedere Aoi e rendermi conto di come si sia incastrato a meraviglia con Uruha. Due bellissimi, eterosessuali chitarristi dell’altro mondo.

Si sbaciucchiano sul palco come se bevessero un caffè. Ciò implica, dal mio modesto punto di vista, idee quantomeno chiare.

La mia tranquillità, all’epoca, si chiamava Yune: il batterista che chiudeva il pentagono umano che aveva deciso di partire alla conquista del mondo.

Perché era la mia tranquillità? Perché era un ragazzo timido, bravo nel suo ruolo, posato, preciso e ci suonavo bene.

Considerate che Ruki quando non è un cantante sexy e provocante è un tornado irragionevole e a volte infantile; che Aoi è un eterno adolescente a caccia di un modo sempre nuovo per complicarti la giornata e che Uruha è un autentico catalizzatore per le situazioni più assurde… tutto chiaro fin qui? Bene, adesso completate il quadretto con il sottoscritto che a volte si scorda anche che giorno è, adora i videogiochi, dormirebbe sul biliardo… ora che ci penso, ultimamente è quasi successo, ma la colpa non è mia. Ehm, non completamente almeno…

Sto deviando, scusate.

Insomma, amo divertirmi… quindi mi trovavo, come dire, un po’ stretto nella parte del responsabile.

Yune, era perfetto.

Perché non lo è stato più? Perché il ragazzo timido, bravo nel suo ruolo, posato, preciso e con il quale suonavo bene si è rivelato improvvisamente innamorato del sottoscritto.

E di un amore non propriamente platonico.

Non ci sono parole per descrivermi quando trovò il coraggio di confessarmelo… e non starò a descrivere nei particolari la situazione penosa che si creò. Penosa. E non solo per Yune e per me, ma anche per gli altri.

Dovrete credermi sulla parola: non ho mai avuto niente contro i gay, altrimenti mi sarei già impiccato, in ultima analisi… ma all’epoca ero etero sessualmente convinto al cinquecento per cento e tutto potevo fare, tranne che ricambiarlo.

Temo che il problema, fu proprio che il mio modo di fare nei suoi confronti non cambiò di una virgola.

Mi confessò di amarmi e io… all’apparenza non accusai il colpo, anzi… le provai di tutte per fargli cambiare idea: dall’assicurarlo che per me non sarebbe cambiato niente, al proporgli di prendersi un periodo di pausa per farsela passare… se ci penso adesso, dire che sono stato uno stronzo insensibile è come affermare che il centro della Terra è tiepido, ma all’epoca Yune è innamorato di me era un concetto che proprio non trovava la giusta collocazione nel mio cervello.

Essenzialmente ero un testone poco più che ventenne totalmente concentrato a realizzare un sogno.

Realtà aggravata dal fatto che le mezze misure non hanno mai fatto parte del mio bagaglio genetico. Prendete la mia attenzione, per esempio: o vado a sbattere contro le porte perché non le vedo (è stata anche presa in considerazione l’ipotesi di mettere un campanellino al collo di Ruki, visto che vivendo dieci centimetri al di sotto del mio campo visivo spesso viene travolto… e ho detto tutto!!), o mi può crollare il mondo addosso e non me ne accorgo per quanto sono concentrato.

Yune era… una porta chiusa invisibile: sapevo che c’era, sapevo che mi stava - perdonate l’orrido termine - intralciando, ma non capivo come fare ad aprirla… o buttarla giù, se necessario.

Alla fine l’ho buttata giù senza neanche molta fatica, in verità: lasciò il gruppo. Da un giorno all’altro.

Ovviamente nessuno tranne i cinque interessati sa il perché.

Mi mandò un sms che diceva Se ti rivedo impazzisco. Odiami se vuoi, ma non posso guardarti e pensare che non sarai mai mio. Perdonami se puoi, perché non ho scelto di amarti. Addio.

E’ scolpito a lettere di fuoco nel mio cervello.

Mandò altri sms a tutti, ma questo lo lessero anche Ruki, Aoi e Uruha.

Gli altri non hanno mai, e sottolineo mai, detto o fatto qualcosa per farmi sentire responsabile.

Partì immediatamente la ricerca di un nuovo batterista e fu Aoi a trovarlo.

Quindi, riepilogando fino ad ora: ho perso un amico nonché batterista della band alla quale ho votato la mia vita perché, da eterosessuale, non ho potuto contraccambiare il suo amore nei miei confronti.

Adesso quindi qualcuno mi spieghi come cazzo ho fatto a perdere la bussola per Kai.

Chi è Kai? Ah, non ne ho ancora parlato… proprio non l’ho nominato.

Se lo immaginasse dai calci mi rifà da capo.

Kai è il batterista che ha preso il posto di Yune.

Semplice conoscente di Aoi, all’epoca, alla proposta di entrare nel gruppo rispose che ci doveva pensare.

Già questo mi fece girare di traverso il Nord.

Pensarci? Avevamo già un contratto con una casa discografica e un singolo ben avviato.

Ora, descrivere Kai potrebbe essere un problema.

Perché è tutto e il contrario di tutto.

E’ cordiale, ironico, atletico, esile, deciso ma sta ad ascoltare gli altri, sicuro di sé ma riesce a prendere in considerazione l’ipotesi di poter sbagliare, gentile ma non farlo incazzare, testardo, dolcissimo, intelligente, iperattivo se si tratta di organizzare la vita dei The GazettE, un bradipo se ha la possibilità di avere tempo libero, sa essere logorroico come poche altre persone ho incontrato in vita mia (volete altri tre nomi a caso?) ma è capace di stare in silenzio per due ore ad ascoltarti (è capitato, vi spiegherò più in là…), uno che può ribaltarti la vita come un pedalino prima di colazione ma che all’occorrenza ferma il mondo intero se tu ne hai bisogno… sorriso.

Ecco, Kai è un sorriso che cammina.

Sorriso incorniciato da delle fossette che a disegnarle appositamente non sarebbero venute così… fossettose.

E all’inizio ha fregato anche me.

Giuro, lo vidi e pensai Questo è finto.

Fino a quando non mi fu chiaro che la sua aria cordiale e rispettosa, i suoi occhioni spesso ombreggiati da quei capelli nerissimi e quel sorriso da copertina… nascondono un autentico muro di cemento.

Per prima cosa, andando contro tutti i miei principi, mi informai sulla sua vita privata. Era… sentimentalmente impegnato.

Usò queste esatte parole.

Benissimo!! Ero rimasto talmente scioccato dal fatto di Yune che mi bastò quello!

Con il tempo… vale a dire nel giro di una settimana, si è rivelato una benedizione. Un miracolo.

Come batterista è un autentico fenomeno, possiamo spaziare dalle ballate più struggenti al ritmo più serrato… non ha limiti. E se li ha, ancora non li ho visti.

E’ l’ossigeno che nutre il gruppo.

Come persona… come uomo, se non lo conosci non crederesti mai che possa esistere uno così.

In un attimo è diventato The Leader… detto in inglese perché rende più l’idea, secondo Ruki. L’unico del gruppo che invece di creare problemi, li risolve. Velocemente e definitivamente.

Un miracolo, come già accennato.

Con il tempo è diventato una presenza fissa e costante, roba che se non c’erano prove o servizi fotografici, ci sentivamo per telefono.

Una volta, stavo malissimo… una di quelle influenze che mi hanno beccato due volte in tutta la mia vita, me lo vidi piombare in casa. Una giornata viziato da lui e passò tutto, il giorno dopo ero pimpante come un capretto.

Miracolo, è sempre la parola che più rende l’idea.

Fu quel giorno che parlammo… un po’ più approfonditamente dei nostri rispettivi backgrounds esistenziali… e scoprii di avere in comune con lui anche la parte peggiore della mia vita: la morte del padre.

Anche lui lo aveva perso che era un ragazzino, anche lui era cresciuto con la madre e una nonna. Lui però, a differenza di me, era figlio unico.

Io, che rispondo a monosillabi; io, che al telefono sono un autentico cafone perché non so proprio dialogare; io, che costringo le persone a girare armate di pinze per togliermi le parole di bocca (secondo Uruha)… sono riuscito a farlo stare zitto per due ore, ad ascoltare. Parlando di me, colmo dei colmi.

Uruha ancora non lo sa… e non lo saprà mai: ci tengo alla mia vita.

Immagino dalle vostre espressioni che ormai avete come minimo una vaga idea di chi stia canticchiando in bagno.

Questo però è l’attivo alla fine del bilancio.

Abbiate pazienza, tanto la fase di restauro è ancora all’inizio di là, specie ora che deve scendere a compromessi con la nuova pettinatura, e io ho voglia di ricordare.

Non so dire quando la sua assenza ha cominciato a pesarmi e la sua presenza a rendermi euforico. Né tanto meno so dare una data circa il momento in cui ho cominciato a chiedermi, con un certo fastidio, chissà come sarà la sua fidanzata.

Kai è molto riservato. Amico quanto vuoi, ma la sua vita al di fuori del gruppo è sempre stata protetta da una spessa ed invalicabile cortina fumogena.

O almeno così pensavo.

Ho scoperto non tanto tempo fa che ero il solo, all’interno del gruppo, avvolto dalla suddetta cortina fumogena.

In altre parole: era a me che Kai nascondeva la sua vita privata.

Forse, a pensarci adesso, un paio di volte mi sono chiesto anche il perché.

Anche durante quella giornata a casa mia, non gli uscì una parola a riguardo. Io non gli chiesi nulla, lui con me fece lo stesso. Forse perché riguardo la mia vita sentimen… no, è una parolona… sessuale del tempo, non nascondevo nulla e, come già accennato, ero già andato contro i miei principi chiedendogli all’inizio se era fidanzato o no.

Le fidanzate di Aoi e Uruha e addirittura qualche occasionale fiamma mia o di Ruki, prima che anche lui perdesse irrimediabilmente la testa per una donna, facevano capolino di tanto in tanto in sala prove, ad un concerto o sul set di un video.

Kai stava con un ectoplasma, per quanto ne sapevo.

Fino a quando una prima avvisaglia della situazione attuale è scoppiata un anno fa, giusto di questi tempi: arrivò in sala prove in condizioni pietose.

A vederlo in quelle condizioni mi crollò il mondo addosso.

Riuscimmo, in quattro, a chiuderlo all’angolo e, con voce flebile, disse che aveva chiuso la sua attuale storia perché si era innamorato di un’altra persona.

Ecco.

Dalle stelle alle stalle nel giro di una manciata di secondi.

Immaginatevi il sottoscritto che comincia a brillare alla prima parte della notizia e che, alla fine della seconda, se ne esce con un E chi sarebbe quest’altra?

Piuttosto scocciato, anche.

L’espressione di Kai, anche se nascosta dagli occhiali da sole che non si era ancora tolto… Dio, credo che non mi sono mai sentito così… esposto in vita mia.

Sarei stato più a mio agio completamente nudo al centro di Tokyo nell’ora di punta.

Aoi prese in mano le redini della situazione (… e già questa la dice tutta sull’effettiva gravità della stessa) e deragliò l’attenzione generale, ma non quella di Kai e tanto meno la mia, sulla necessità di calmare The Leader e…

A quel punto, ancora concentrato su di me, si tolse gli occhiali esibendo un occhio nero.

Kai ha gli occhi neri, ma le iridi, non il contorno che si estende fino a quasi la gota.

Con un salto gli arrivai praticamente in collo e gli posai una mano sulla guancia in un esplosione di imprecazioni più o meno colorite.

Non sono un artista solo nel suonare il basso.

Il rossore che gli colorò le guance smosse qualcosa dentro di me, lo ricordo come se fosse ieri.

Lì per lì pensai che fosse per il mio sproloquio, e chiesi flebilmente scusa per la sparata… ma già dopo mezz’ora la cosa non mi tornò tanto, perché Kai ha sempre reagito ridendo fino alle lacrime anche agli sproloqui di Uruha… e Uruha diventa una macchina produci insulti-parolacce-maledizioni-scomuniche quando s’incazza.

Non sto scherzando, fatela finita di ridere. Sono serio. Riesce a prodursi a tali livelli da trasformare le mie performances in preghierine degne di un chierichetto… ma ero troppo concentrato sul chi cazzo ha osato picchiare Kai per pensare ad altro.

Quella mattinata fu concentrata su quell’occhio e Kai diede una spiegazione che, a pensarci adesso, quando ce la siamo bevuta deve aver pensato di aver a che fare con un branco di ritardati mentali: la sua ex si era infuriata a tal punto da menarlo… per ovvi motivi non aveva reagito.

No, mi correggo: quando io l’ho bevuta deve averlo pensato, perché con il senno di poi almeno un paio di chitarristi già sapevano come stavano le cose.

La situazione fu sistemata con Kai ospite del sottoscritto per tre giorni aspettando che la tizia in questione togliesse le tende dal suo appartamento (fitta allucinante al pensiero che convivesse con lei), particolare di cui si occuparono Aoi, Ruki e Uruha… incazzosi come non li ho mai visti in vita mia.

Tre giorni di calma furiosa. Non trovo altre parole per definirla.

Adesso, posso dire che nessuno dei due moriva dalla voglia di ritirarsi nella rispettiva camera: stavamo molto meglio in salotto insieme, sul divano o nelle poltrone, a parlare.

Da lì fummo travolti da DIM, il nuovo album, dai singoli, dalla promozione… passarono cinque mesi senza che me ne accorgessi.

Cinque mesi di malessere.

Non potevo stare lontano da Kai ma… neanche troppo vicino.

Sembrava che quell’uomo bruciasse e non potevo stargli troppo vicino, ma troppo lontano… congelavo.

Mi trovavo a toccarlo con le scuse più idiote. Polvere sulla schiena, un segno sotto l’occhio… cazzate del genere.

Una notte, pochi giorni prima del mio ventottesimo compleanno, dopo le ennesime prove deliranti per la imminente consegna di DIM (non era mai successo che fossimo con l’acqua alla gola per la consegna di un album: alla PSC fioccarono infarti in quel periodo), lo accompagnai a casa.

In moto.

Il sentirmelo addosso mi fece girare la testa, non scherzo. Non so per quale grazia ricevuta non ci siamo stampati contro il primo guardrail disponibile.

Arrivati, sentirlo scendere… sentirlo allontanarsi, mi tolse il respiro.

Tirai su la visiera del casco e gli chiesi, di getto, se con l’altra persona c’erano sviluppi.

Lo vidi paralizzato.

Tanto che mi sarei preso a calci.

Gli chiesi scusa se ero stato indiscreto, non erano fatti miei.

La sua risposta fu che non era colpa mia. E che con l’altra persona non c’erano speranze, perché non lo contraccambiava.

Dire che ci rimasi di merda è riduttivo.

Mi rivolse un sorriso triste e lo vidi sparire dentro il portone.

Quella notte, fu la prima che passai in bianco per lui. E fu la prima volta che mi passò per la mente Non lo contraccambia?? Se fossi io… io cosa?

Fu l’inizio di una lunghissima conversazione con me stesso che mi accompagnò fino al mio compleanno, giorno in cui, volente o nolente, mi resi conto che per me Kai era molto più di un collega, un amico, un fratello.

La scoperta mi terrorizzò.

Perché il macho aveva scoperto di essere attratto da un uomo?

Oh no, sarebbe stato troppo facile. Troppo ovvio.

E, scusate la modestia, l’ovvio non fa per me.

Mi sentii morire perché rividi pari pari la situazione che mi aveva fatto perdere l’amicizia di Yune… con la differenza non trascurabile che in quella versione ero io l’elemento che sarebbe stato costretto a lasciare il gruppo.

E con il gruppo anche tutto ciò che avevo sognato e per cui avevo lottato… senza contare le persone che avevano lottato con me, Uruha in primis… senza le quali mi mancava l’ossigeno.

Mai prima di allora mi sentii così in colpa verso Yune.

Mi gettai a capofitto nelle prove del tour, che sarebbe iniziato a metà luglio, e fu in quel periodo che tagliai i ponti con il sesso etero.

L’esperienza più… più mortificante della mia vita: toccare una donna e pensare a Kai.

Ero ufficialmente gay.

E la cosa non era più incredibile dell’essermi innamorato di Kai.

Senza contare il colpo che ricevetti dopo pochi giorni vedendolo con il nuovo look: extensions nere come i suoi capelli naturali lunghe fino alla vita.

Da infarto.

Iniziò il tour e dopo appena una settimana, Uruha mi piombò in camera e mi chiese cosa cazzo avessi di traverso.

Espressione più indovinata, non avrebbe potuto trovarla neanche a cercarla appositamente.

Scoppiai a ridere, prima, a piangere poi.

Credo che quella notte ho rischiato di giocarmi il migliore amico per infarto fulminante ancora prima di aprire bocca.

Rimase con me per tutta la notte, durante la quale gli raccontai tutto… o se non altro, tutto quello che sapevo.

Uruha pianse con me, perché lo avevo escluso senza volerlo dalla mia vita e lui da mesi stava soffrendo come un cane per questo.

La mia famosa attenzione ballerina.

Se non altro, allo spuntar del Sole, avevo ritrovato il mio migliore amico.

Come e più di prima, perché alla notizia del cambio di rotta del mio orientamento sessuale mi abbracciò informandomi che ci voleva ben altro per liberarsi di lui.

Uruha mi disse anche una cosa che, lì per lì, non capii: non dovevo dare niente per scontato.

E mi chiese anche una promessa: non avrei più evitato Kai.

Quando gli chiesi se moriva dalla voglia di rivivere la situazione che si era creata con Yune con me come protagonista indiscusso, scosse la testa e mi rispose semplicemente che due situazioni, per quanto possano apparire simili, non sono mai uguali.

Passò un’altra settimana, forse più… e inciampai sul detonatore che fece scoppiare la bomba.

Dopo un concerto particolarmente riuscito, avevo smesso davvero di evitare Kai e la differenza si vedeva anche sul palco, decidemmo di andare in un locale a bere.

Le cose stavano andando veramente bene, avevamo già il tour sold out e addirittura il finale del mese successivo era andato esaurito nel giro di un’ora.

Stavamo a ridere e scherzare al tavolo tutti e cinque, mi era mancata un bel po’ quell’atmosfera e l’averlo seduto vicino era bellissimo, quando vidi Kai cambiare colore e fissare con occhi sgranati un punto.

Mi avvicinai a lui e gli chiesi cosa succedeva.

Ho ancora davanti agli occhi la sua espressione impaurita.

Seguii la traiettoria e vidi un tizio della nostra età che lo fissava. Serio. Incazzato.

Chi è quello?

E’… è… il mio ex.

Non chiedetemi come riuscii a non fare una piega.

Non chiedetemelo, ancora non lo so neanche io. E credo che ormai, dopo cinque mesi, posso fare solo congetture.

Forse è stato il pensiero di trovarmi davanti lo stronzo che gli aveva fatto un occhio nero a tenermi su questa Terra con una nonchalance degna di una sfinge, o forse la possibile mazzata di scoprirlo gay è stata immediatamente sommersa dal sollievo di saperlo gay.

Mah. Vammi a capire.

Ormai non mi interessa neanche più.

So che la mia reazione fu di posargli una mano su una guancia e avvicinarmi al suo orecchio per dirgli che poteva stare tranquillo: quello stronzo sarebbe dovuto passare sul mio cadavere per arrivare a lui.

Lo sentii vibrare.

La sua mano corse sulla mia e la inchiodò sulla sua guancia.

Mi guardò in quella maniera, che ancora oggi bramo come l’aria che mi tiene in vita.

Quel nero calore liquido che mi avvolge come un abbraccio.

Non disse una parola.

Restammo in quel locale per un’altra ora, le mani intrecciate sotto il tavolo, e lo stronzo non osò fare un passo verso di lui.

Quando tornammo in albergo, in ascensore non interrompemmo quel contatto, incuranti di cosa ci circondasse, e salii in camera con lui.

Arrivato alla porta, aprì finalmente bocca.

Perdonami se non te l’ho detto. Non è per sfiducia in te… ho saputo da Aoi come è andata con l’ex batterista e non volevo metterti a disagio.

Io fissavo la sua bocca.

Maledizione.

Anche le parole di Uruha presero coerentemente forma in quel momento: due situazioni, per quanto possano apparire simili, non sono mai uguali.

Vi ho già detto che Uruha darebbe la vita per me? In quel momento mi restituì la mia, su un vassoio d’argento.

Improvvisamente fu tutto chiaro.

Decisi di sperare. Decisi di crederci.

Kai, perché hai lasciato il tuo ex?

La copia del sorriso triste che mi aveva riservato due mesi prima piegò quelle labbra.

Sono innamorato di un altro. Non aveva più senso stare con lui. Non puoi stare con una persona e immag…

… immaginarne un’altra?

Kai annuì, quella volta con un sorriso sincero.

Grazie per quello che mi hai detto stasera Rei. Non immagini quanto… quanto ha significato per me.

Di chi sei innamorato, Kai?

Il suo sorriso si affievolì fino a sparire.

Non… non è importante, tanto non mi…

Se te l’ho chiesto, per me lo è. Dimmelo Kai.

Panico. Lo vidi chiaramente e tornai ad appoggiare la mano sulla sua guancia perché quell’ondata non me lo portasse via.

Mi avvicinai a lui.

Ti prego. Dimmelo.

In quel momento, nel guardarlo mentre mi scavava negli occhi alla ricerca di quella conferma che non osava sperare di trovare, mi resi conto di amarlo alla follia.

Un tipo di amore che non avevo mai sperimentato prima.

Quell’amore che nasce conoscendo una persona, scoprendola, apprezzandola… non come un corpo da possedere ma come un’entità simile e complementare alla tua.

Sono… sono innamorato di te, Reita.

Signori e signore, ho cominciato a vivere in quel momento.

Il nostro primo bacio è stampato a fuoco nella mia mente.

Quella sensazione di incastro, di… completezza.

Mi sono ritrovato a letto con lui come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Il suo modo di guidarmi, assecondarmi, rassicurarmi ed eccitarmi…

Riuscimmo anche ad avere una mezza baruffa su chi avesse dovuto penetrare chi.

No, tanto per rendere l’idea.

Alla fine vinse lui. La prima volta fui io a penetrarlo.

Non voglio pensare al male che devo avergli fatto, anche se sentirlo gemere invocando il mio nome e urlare di piacere… beh, è ancora la cosa che mi piace di più.

Non ci voglio pensare perché la prima volta che mi ha posseduto ho sentito un male cane… e Kai era ben più esperto di me, nella preparazione.

«A cosa stai pensando con quell’aria sognante?»

Eccolo qui, l’uomo della mia vita.

Lo squadro soddisfatto, «Ma non volevi mettere qualcosa di particolare stasera?» gli chiedo vedendolo con addosso un paio di pantaloni neri e una camicia con uno strano dis…

No, non ci credo…

«Bene, vedo che ci sei arrivato da solo» sogghigna soddisfatto.

Lo è sempre quando riesce a stupirmi. Cosa neanche tanto rara eh…

Si è vestito come quella sera, quando ci siamo messi insieme.

Mi disse una cosa, mentre eravamo sdraiati vicini dopo aver fatto l’amore la prima volta, una cosa che è diventata una sorta di credo per me: Reita, saremo inarrestabili.

Ricordo che mi voltai verso di lui, indovinando i suoi lineamenti alla luce della Luna.

Che vuoi dire?

Dovevamo trovarci, avere il coraggio di riconoscere di appartenerci e accettarlo. Dopo stanotte, saremo inarrestabili. Te lo prometto. Non ci sarà niente, su questo pianeta, che tu non potrai avere, amore mio.

Scatto in piedi e lo abbraccio. «Hai messo qualcosa di particolare…» gli rendo atto «D’altra parte, qualsiasi cosa addosso a te diventa speciale.»

Anche io.

Arrossisce sempre quando gli faccio complimenti.

Mentre quel rossore adorabile gli colora gli zigomi, le sue braccia scivolano intorno al mio collo, in un gesto che puntualmente mi scioglie, «Grazie amore. Ho pensato di finire e cominciare bene. A che ora diciamo di buttarli fuori per festeggiare come si deve?»

Scoppio a ridere, non è iperattivo solo per organizzare la vita del gruppo!!!

«Abbiamo lasciato il letto un’ora fa, dobbiamo ancora iniziare la veglia e tu già pensi al dopo? Sicuro dopo la mezzanotte…!»

Sorride e mi accarezza le labbra con un dito «A cosa stavi pensando?» ripete.

«Al bilancio della mia vita.»

«Ohlalà… suona molto serio ed impegnativo.»

«Tu ci pensi mai?»

«A quanto ho guadagnato e a quanto ho perso?»

«Qualcosa del genere… ma non proprio. Diciamo a cosa lasceresti nel 2009 e a cosa non rinunceresti mai.»

Una sua mano scivola sulla mia guancia e l’accarezza teneramente, «L’unica cosa alla quale ho rinunciato volentieri l’ho lasciata nel 2008. Nel 2009 ho conquistato l’unica cosa per cui vale la pena vivere e morire. Non ho eccedenze.»

Che mi ha conquistato, è poco ma è sicuro.

«Sei in pari?»

Si acciglia appena, «No. Con te non lo sono mai. C’è sempre di meglio.»

Quella mano scivola sulla mia nuca e mi tira verso di sé per baciarmi.

«Con te non mi accontento» soffia poi sulle mie labbra. «E te lo dimostrerò proprio dopo la mezzanotte, appena riusciremo a buttarli fuori. Sarà la prima volta che facciamo l’amore nel 2010…»

Sorrido quando parla.

Sempre.

Che dia ordini nei panni del Leader, che mi elenchi cosa manca in casa, che mi cazzi perché lascio la roba in giro, che mi parli d’amore, di cosa ha intenzione di cucinare o del tempo atmosferico… quando lui parla, io sorrido.

«Ti amo Kai.»

Mi guarda sbalordito. «Oh Cristo, anche io. Ma vuoi farmi venire un infarto?»

«Non te lo dico spesso, vero?»

«No, ma me lo dimostri tutti i giorni. Ti amo da morire Reita. Ancora a volte mi sveglio la notte e mi volto verso di te con il terrore che tu non ci sia. Ma meno spesso rispetto a prima.»

Mi avvicino a lui fino a far sfiorare i nasi, la fascetta è off limits fra queste mura… neanche vuole sentirla nominare.

«Svegliami quando capita, intesi?»

«Già lo faccio… ti stritolo quasi. Posso spettinarti?»

Cosa si agita in quel cervellino quando passa così repentinamente da un argomento all’altro?

«Se ti dico di no fa qualche differenza?»

«Devo trovare il modo di staccarmi da te. Devo finire di sistemare il buffet.»

Ah, e non trova altro modo che rispedirmi in bagno?

«Ti risolvo un problema, una volta tanto.»

Lo rigiro fra le braccia facendo aderire la sua schiena al mio torace e lo guido verso la cucina.

Siamo alti uguali ed è una cosa che adoro. Possiamo scambiarci i vestiti, perché come costituzione siamo molto simili.

Entro in orbita a vederlo dentro i miei pantaloni (figuratevi a toglierglieli…) o a chiudermi dentro una sua camicia. Il cassetto delle magliette lo abbiamo direttamente in comune.

Ormai non esiste il mio profumo o il suo profumo.

Tutto ciò che mi appartiene, me stesso in primis, è anche suo… e viceversa.

«Ma sei un genio!» esclama ridendo divertito.

Le sue mani si tendono indietro, alla ricerca del mio corpo.

«Non c’è problema a cui non possiamo trovare una soluzione» gli rendo noto.

«Siamo…»

«… inarrestabili» terminiamo in coro.

Dio, quanto lo amo.

Dio, quanto mi ama.

Chiudo un anno importante oggi, ma so che quello che sto per vivere lo sarà altrettanto se non di più.

Perché ho al mio fianco con un uomo che non si accontenta… e che mi ha promesso il mondo.

Grazie Kai.

Cercherò di meritarti.

Ogni anno di più.

 

 

 

______________________________________________

 

NOTE:

 

Sorpresa!!!!!!!!! *lo avevano intuito tutte…*

Ci voleva una ReitaxKai per chiudere l’anno, vero?

 

E’ dedicata a Mya (per ovvi motivi universalmente conosciuti!) e a Shin. Le mie pargolette adorate.

 

Inarrestabili deve essere la vostra parola d’ordine da ora.

 

Buona fine e miglior inizio a tutte coloro che quest’anno mi hanno regalato frasi, commenti, scleri post-traumatici (Reliel!!! XDDDD) e mi hanno spinto a fare sempre meglio.

 

Che possiate lasciare nel 2009 tutto quello che non va e portarvi dietro solo le cose belle che vi rendono felici.

 

Di sicuro voi (non faccio nomi perché ne scorderei sicuramente qualcuno… e tanto voi sapete chi siete) fate parte delle bellezze che mi seguiranno nel 2010.

Taisetsu ni omotteru.

   
 
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