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Autore: Esther    31/12/2009    7 recensioni
Questa storia non tiene conto degli avvenimenti avvenuti nei quattro libri. Siamo ai giorni nostri, esattamente il 24 Dicembre 2009, Edward non è il solito bravo vampiro, in questa ff sarà cinico non si preoccuperà del prossimo ma pensare unicamente a sé, e la visione che lo stesso protagonista ha della vita e del natale è molto diversa dalla concezione che solitamente si ha di questa festività mentre Bella non sarà umana ma bensì una provocante vampira dai modi sensuali e diretti che nasconde più di quello che fa vedere.
- Senti bambolina. - con un movimento veloce la porto verso di me, la mia mano sinistra scivola sulla sua schiena spingendola contro di me mentre con quella destra le prendo il mento tra l’indice e il pollice. - Non sono dell’umore adatto per i tuoi giochetti, ti diverti a stuzzicarmi non rendendoti conto di quanto mi dia fastidio la tua presenza. - amplifico la presa con la quale la tengo legata a me. - il tuo odore. - avvicino il mio viso al suo collo, il mio naso a pochi millimetri dalla sua pelle, aspiro il suo profumo per sottolineare le mie parole, infine mi riallontano. - ed ora apri questa piccola boccuccia acida e dimmi come cazzo fai a sapere i fatti miei. -
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capodanno. Uguale al natale, se non peggio. Lo trovavo patetico e credevo che l’essere umano si rendeva stupido con quest’ultimo giorno dell’anno. Ogni paese lo festeggiava ad orari e con modi diversi eppure come per ogni cosa c’era un filo che legava ogni nazione, ogni persona festeggiava questo giorno. Per me il 31 dicembre era il 365° ed ultimo giorno del calendario gregoriano, niente di più niente di meno, ecco cos’era. Perché la gente lo vedeva come il giorno in cui tutto finiva e tutto iniziava?* Avevo sempre pensato che l’uomo di qualsiasi religione, nazione, status, mentalità, ideali, gusti sessuali, epoca avesse qualcosa che li accomunava, non erano importanti le differenze che in apparenza li divideva, perché infondo erano più simili di quanto loro stessi credevano. Non importava il disprezzo che provavano l’uni per gli altri, la speranza era una fede universale che li teneva legati, tenendoli su questa terra. Se avessimo dovuto analizzare una religione alla volta ci saremmo resi conto che infondo non erano poi così diverse, potevano cambiare le abitudini, i giorni festivi, le tradizioni, il libro sacro, potevano cambiare i modi in cui volevano raggiungere i propri obiettivi ma avevano la speranza intrisa in ogni parola, perché ciò che non si capisce lo si deve spiegare in un modo o nell’altro. Avevano bisogno di una certezza che spiegasse o che desse la speranza per continuare ad andare avanti, ad avere un futuro, non erano importanti le difficoltà che incontravano sulla loro strada, avrebbero continuato perché credevano che dopo ne sarebbero stati ripagati, le lacrime versate e i singhiozzi uditi si sarebbero trasformati in lacrime di gioia e risate spontanee per un futuro sereno e tranquillo. Cazzate. Avevo studiato, avevo letto, mi ero documentato, avevo cercato d’analizzare la mente dell’essere umano ma niente, continuavo a non capire da cosa nasceva questo desiderio di dare una spiegazione a tutto e nel riporre le proprie speranze in ideali di cui, oggettivamente, non c’erano prove, perché diciamoci la verità anche la più solida aveva qualche crepa, facile da risolvere con una semplice spiegazione scientifica non del tutto sicura, ma del resto nella vita cosa lo era? Nemmeno la morte poteva essere considerata certa, io lo sapevo, ne ero la prova. L’avevo ingannata, ma la mia non era stata una vittoria.

I grandi dicevano ai bambini di smetterla di sognare, toglievano da quelle piccole mani libri di favole e leggende per lasciare il posto a calcolatrici e diagrammi, lasciandoli con un’unica spiegazione: avete avuto l’infanzia per giocare, per avere la mente libera da preoccupazione e domande sul futuro ma come ogni cosa che ha un inizio anche questa fase ha una fine, ora devi tornare con i piedi per terra, il mondo là fuori non si farà scrupoli a calpestare i tuoi sogni. Non sono con questi scritti senza senso che andrai avanti, studia, fatti una carriera, devi crescere; I bambini sperano e sognano ma i grandi? Loro che tanto parlano, criticano, non sono i primi che viaggiano con le fantasie e si aggrappano con tutto il loro essere a false speranze, antiche quanto il mondo? Cambia solo la cornice: da piccoli si sogna cenerentola e il drago cattivo e da grande il paradiso celestiale. Illusi.

 

“Stasera potresti restare qua.”

 

Le parole di mia sorella Alice mi raggiunsero, mi voltai verso di lei che con sguardo birichino mi si avvicinò, sedendosi accanto a me sul divano del salotto. Indossava un vestito semplice ma elegante, le spalline dell’abito erano sottili e ricoperte da piccoli brillantini che con la luce formavano vari riflessi, il tessuto blu si modellava sul suo corpo ed era lungo sino le ginocchia. Con un movimento fluido prese una sciocca di capelli corvini e lo attorcigliò sull’indice della mano destra per poi rilasciarlo.

 

“È bella.“

 

Aggiunse continuando il suo rituale, una seconda sciocca fu attorcigliata per infine essere lasciata libera, movimenti veloci ed impazienti.

 

- Dovresti essere più chiara, in questa casa tutti sono di una bellezza che supera il divino. -

 

“Isabella è diversa, non dovresti criticarla con tanta crudeltà.”

 

- Non offendo nessuno, mai fatto, dico solo ciò che pensano tutti, c’è solo una piccola differenza io gliel’ho dico in faccia non mi limito a pensarlo o a sussurrarlo quando è troppo distante per udire. -

 

La musica si diffuse in ogni stanza e in ogni angolo della casa arrivando sino a noi, la melodia non era veloce o ritmata ma lenta, ogni nota trasudava sensualità. Le sorelle di Tanya danzavano come se attorno a loro non ci fosse nessuno ma, nonostante fossero delle vampire, nei loro movimenti vedevo volgarità. La mia famiglia aveva voluto festeggiare questo giorno di festa come gli esseri umani, con ostinazione volevano imitarli cercando d’essere quanto più simili a loro. Ridicolo. A questa bella idea si erano uniti il clan di Denali, uguali a noi in quanto abitudini alimentali ma con pensieri ben più liberi dei nostri. Sono nostri ospiti da circa due settimane e sino la fine delle festività non avrebbero fatto ritorno in Alaska. Questione di giorni e la mia vita sarebbe tornata come prima.  

 

“ Non è stupida, conosce le persone quanto te, se non di più. Sa cosa si dice in giro ma non ti limitare a guardare il riflesso che lei stessa ha messo davanti a tutti noi, và oltre. Affermi di capire l’animo di chi ti sta accanto, non c’è nessuno che abbia segreti, dimostra la tua bravura capendo lei.”

 

- Bella… non ne vale la pena, non lo perdo questo tempo. - affermai piegando la testa di lato, osservando ogni suo movimento. - La sua bellezza non basta ad attirare la mia attenzione, i suoi gesti non mi spingono a leggere il suo linguaggio. Vuoi la verità Alice? - portai il busto in avanti, mentre gli avambracci li appoggiai sulle cosce. Volutamente i miei occhi rimasero fissi sulla figura provocante di Isabella. - Niente mi può far cambiare idea, ho un opinione troppo bassa di lei. E’ solo una puttana senza valore, senza amor proprio. - per un attimo vidi i suoi lineamenti contrarsi, ma fu questione di un attimo, riprendendo il controllo sul suo corpo continuò a ballare.

 

“Ti diverti a mortificarla in questo modo?”

 

- Non sai quanto. - risposi con un ghigno.

 

“Non si merita questo trattamento e il tuo atteggiamento è ignobile, non dovresti continuare con questo comportamento…”

 

- Va bene, mammina. - gli risposi, sfottendola.

 

 “…da stronzo.”

 

Non le dissi niente e tornai in camera mia, quel luogo che rappresentava per me un rifugio sicuro, lì pensieri ed espressioni non venivano analizzate. Perché si ostinavano? Non capivo gli uomini, ma nemmeno i miei parenti, le differenze che ci dividevano non erano abbastanza alte. Quel legame tra mortale ed immortale continuava a sussistere, perché? La mia era un ossessione. La cercavo senza trovarla, una risposta, una conferma o smentita di tali pensieri? Oramai non lo sapevo più. La verità, quell’amara, talmente amara e crudele che non mi permetteva d’accettarla era che avevo paura, è più facile avercela col mondo, con la natura che ci aveva reso vittime e carnefici consenzienti.

Mi sentivo disilluso dalla vita, non era così che doveva andare io lo sapevo, non avevo il potere di Alice, non mi era permesso vedere il futuro ma avevo visto il mio passato, ricordi lontani di una vita in apparenza non vissuta, fatta di false speranze, sogni infantili, amori non ricercati ma agognati, un sogno il mio che ben presto si era trasformato in un incubo ad occhi aperti, una realtà che con prepotenza mi aveva portato qui, in questo luogo privo di speranze e dolore nascosto da un desiderio di morte.

 

“Non te l’ha mai detto nessuno che talvolta le parole fanno più male dei gesti?” 

 

Irruppe mia sorella. Il suo tono era calmo, ma trasudava irritazione, a causa di discorsi ripetuti milioni di volte, sempre con la stessa intensità. Come se non sentissi niente, continuai a sfiorare i cd con le punte delle dita, ricercando la giusta melodia, quella che si modellava con il mio stato d’animo.

 

“Noi non ci arrenderemmo. Rifiuta la nostra mano, i nostri consigli, rifiuta l’affetto sincero di una famiglia ma questo non vuol dire che ti negheranno il loro appoggio. Le nostre labbra non rimarranno chiuse in una linea dura, il nostro affetto non diminuirà ma aumenterà insieme al bisogno d’averti con noi. Ti avevo chiesto di restare, non vogliamo una statua ma un corpo vivo, resta con noi non solo con il corpo ma anche con l’anima, perché anche noi sciocchi vampiri abbiamo speranze, sentimenti. Anche i nostri cuori possono essere feriti. Stasera, come quella notte, un cuore sanguina, parole dette con rabbia le tue ma se fossero state solo parole, se fosse realmente una persona vuota, sporca e impura allora perché le tue parole hanno avuto l’effetto di una pugnalata. Cattive, forti, senza pietà l’hai colpita. Lei ti ha detto la verità, Edward perché?” *

 

 

Un luogo circondato da alberi spogli,

neve candida circonda una figura accovacciata sul secco suolo.

Tenebre nere l’avvolgono.

Un leggero venticello sfiora, come una carezza, quel fragile corpo.

Spalle fragili sussultano.

Singhiozza.

Non una lacrima percorre la fredda guancia.

Occhi stretti con forza.

Impediscono al dolore di mostrarsi al mondo.

“Perché?”

Un sussurro.

Disperato.

Angosciato.

Le palpebre si alzano rivelando una sofferenza dorata.

Ma non basta quel dorato a nascondere il nero del dolore.

 

Le mie mani si strinsero attorno al cd, frantumando quel piccolo oggetto. Rimasi come paralizzato mentre il ricordo di quella visione mi abbandonò. Passarono alcuni secondi prima che riuscii a muovermi, il mio viso si abbassò vedendo i pezzi del cd di Frédéric Chopin sparsi sul pavimento. Mai come in quel momento mi sentii spaesato.

 

- Affermi a gran voce di non giudicare eppure lo fai, tu giudichi e condanni la nostra felicità, il nostro comportamento, i nostri pensieri. Nello stesso modo, con la stessa cattiveria e falsità con la quale lo fanno gli esseri umani. - “ * 

 

Le sue parole… la odiai in quel momento, per una affermazione che mi fece male ma mai quanto il disprezzo che gli avevo riservato, una consapevolezza che non volevo avere eppure era la verità, era tutto così dannatamente giusto.

 

 

 

f ò h

 

 

 

- Credo di doverti delle scuse. -

 

Dopo la visione di Alice ero rimasto per alcuni istanti immobile. Una parte di me, quella più istintiva, mi urlava a gran voce d’uscire da quella stanza e raggiungerla mentre l’altra parte, la più forte costituita dal mio orgoglio, mi ha tenuto lì, al mio posto. Questa mia reazione non era scaturita dal vedere una fanciulla dagli occhi tristi che volgeva il suo sguardo cupo verso il vuoto, no, ma il mio rimanere basito da quella scena era dovuto dal fatto che si trattasse di Isabella, lei sempre sicura di sé, provocante nei gesti, sfacciata nelle parole, lussuria, desiderio, per me Isabella era questo. Mille volte stupido per questo mio errore. Mille volte ceco per non aver visto ciò che con tanta spontaneità mi si mostrava.

 

- A cosa devo tale onore? Edward Cullen che rivolge la parola ad una come me. -

 

Mai come in quel momento mi apparve fragile, lei che fino a pochi giorni fa mi urlava addosso la sua disapprovazione ora giace inerme, seduta sulla neve, le gambe strette contro il petto, le mani chiuse a pugno stringono tra le dita un pezzo di stoffa di quell’abito nero.

 

- Non sono migliore degli altri. - 

 

- Cosa ti fa credere che mi importi. -

 

- Il fatto che ciò che dico ti faccia male. -

 

- Si dice che la verità faccia male, forse è solo quello. -

 

- Isabella non dire cazzatte. -

 

- Cosa ti aspetti… - si interruppe inclinando il volto verso il basso, per poi appoggiarlo sulle ginocchia sempre più strette contro di sé. Cerchi di darti conforto? Di difenderti da me? - … da me. - aggiunse in un sussurro. Un tono così lieve a malapena udibile. - Tu non mi conosci, eppure parli di me come se fossimo grandi amici, come se tu sapessi tutto, come ti dissi tu giudichi e condanni la nostra felicità, il nostro comportamento, i nostri pensieri. Credi di capire tutto solo perché sai leggere il pensiero, ma questo non ti rende meno sordo. Sai per te gli esseri umani sono stupidi, il tuo deve essere chiamato odio o invidia, Edward? Di solito si ha paura di ciò che non si conosce, tu invece, temi il non essere più tu, il tuo corpo non possiede quel sangue caldo e rosso che scorreva dentro di te, ti senti vuoto, tradito da questa vita dannata che non ti ha dato scelta, che ti impedisce d’avere un futuro. Io ti capisco. -  finì alzandosi in piedi.

 

- No, ti sbagli, tu non sai quello che si prova. -

 

- E TU CHE NE SAI? COSA TI DA QUESTA SICUREZZA? - perdette il controllo, ma non la fierezza e la sicurezza delle sua voce. Domande urlate e piene di disperazione, ed io come i peggiori dei vigliacchi non seppi rispondere. - dammi le risposte che cerco. - aggiunse, abbassando la voce. - Cosa ti fa credere che tu sia l’unico a star male. Solo perché il mio viso è sereno, gioioso o forse perché cerco la compagnia degli esseri umani? Dimmi Edward quella tra queste ipotesi ti dà il diritto di giudicarmi? -

 

- In te vedo solo la felicità per una vita dannata. -  dissi, una risposta limitata ma vera.

 

- Perché è quello che sono, felice, serena. -

 

- Come si fa ad essere contenti di una simile situazione? Tu la chiami vita, ma con quale coraggio paragoni questa con la mortalità, con quelle sicurezze che non avremmo più? -

 

- Quelle non erano sicurezze ma illusioni dietro le quali ti nascondevi. -

 

- Tu non sai un cazzo, non sai quel che dici. -

 

- Tu dici di no? Forse hai ragione, ma ti basti sapere solo una cosa, il giorno in cui sono morta è stato lo stesso in cui ho cominciato a vivere, a sperare, perché a differenza di quel che tu pensi io ero un essere umano, si, ma senza speranza per il domani, mi ero arresa al mio destino. Ho avuto una seconda possibilità, ottenendo ciò che in vita non osavo nemmeno sperare, i miei sogni erano vuoti, le mie giornate sofferte, ogni passo mi conduceva verso la pazzia, ed ora tutto è cambiato. Ed è per questa ragione che capisco ciò che provi. Siamo più simili di quel che credi. -

 

L’ascoltavo come se ne valesse della mia stessa vita, l’indifferenza che provavo nei suoi confronti era scomparsa lasciando il posto alla curiosità di conoscere cosa l’avesse spinta a comportarsi in quel modo, le ragioni che l’avevano resa ciò che era. Feci un passo avanti, non si spostò ma voltò il viso di lato rifiutandomi con lo sguardo, questo gesto non riuscii ad accettarlo, non poteva impedirmi d’ammirare i suoi occhi, non ora che finalmente avevo aperto i miei, perché fino ad ora ero stato cieco, un ragazzo toppo concentrato sui propri ragionamenti, su ingiustizie non realmente ricevute.

 

- Cosa ti spinge… - volevo capire ma non mi permise di porle la domanda, non ce ne fu bisogno, lei aveva compreso.

 

- Cosa mi spinge tra le braccia di quegli uomini? - completò amaramente.

 

- Forse il semplice desiderio carnale, sono una creatura sporca, lussuriosa, ricordi? - rispose riportando i suoi occhi sul mio volto, se avessi potuto arrossire, in quel momento le mie guance sarebbero state rosse dall’imbarazzo, umiliato dal suo sguardo orgoglioso e fiero. Lei, a differenza mia, non si vergognava di ciò che era, non rinnegava i suoi atti, non rifiutava la sua natura. -…o forse, ricerco quel calore a me sconosciuto. Il sentire le loro braccia attorno al mio corpo, nonostante la mia attuale forza. Continuo a sentirmi fragile, non voglio riprovare quel senso d’abbandono, non voglio sentirmi sola, ho bisogno di percepire il calore della loro pelle che mi faccia capire che non sono sola, loro ci saranno. Che poi sia solo la mia bellezza ad ammaliali poco importa, in quelle poche ore loro restano con me, mi considerano come qualcosa di terribilmente fragile, mi stringono come se avessero paura che fuggissi, tengono a me. -      

 

- Tu non sei sola. – affermai senza nemmeno pensare, il mio tono era tagliente. Feci forza su me stesso per essere gentile ma non ci riuscii. Non poteva giustificarsi in questo modo, non poteva pretendere che l’accettassi, il solo pensiero…

 

- Ora non lo sono, ho una famiglia che mi da tutto ciò di cui ho bisogno, ma non posso impedire a me stessa d’avere paura. Temo che da un giorno all’altro tutto posso finire, di ritrovarmi un’altra volta sola, senza nessuno accanto, nessuno con cui parlare, nessuno… - abbassò lo sguardo a terra mentre incrociava le braccia sul petto.

 

- Lo so che non capisci, ma come ti ho detto solo dopo la morte ho cominciato a vivere, solo questa condanna, come la chiami tu, mi ha permesso ti trovare la famiglia che non ho mai avuto, una felicità la mia che temo di perdere, ho paura di chiudere gli occhi e rendermi conto che sia stato solo un sogno. Cerco conforto. -

 

- No, non capisco. -

 

- Non ti sto chiedendo di capire, e bada che non mi sto giustificando. -

 

Faceva male, la sua voce, ogni parte di lei manifestava la sofferenza che provava ed io continuavo a giudicarla ma non volevo capire. L’unica cosa che provavo era rabbia, rancore nei confronti della sua vita passata a me preclusa, desideravo conoscere tutto, riempirla di domande, avere un risposta a tutti miei perché ma non osavo chiedere. Con quale diritto avrei potuto, dopo tutto il male che gli avevo fatto?

 

- “Non si può vivere con tutto questo veleno, devi lasciarti alle spalle il tuo passato e costruirti una nuova vita”. - ripetei. Feci un passo avanti, lentamente, non volevo che si sentisse placcata da me, gli volevo dare la possibilità di spostarsi. - questo fu un tuo pensiero, in uno di quei rari momenti in cui abbassasti le tue difese. - alzai una mano verso il suo viso, rivolto ancora a terra. Le sfiorai il mento, un tocco leggero molto superficiale. Notando il suo rimanere impassibile feci scivolare le dita in avanti verso il suo collo, la sua pelle era leggermente calda*****, volevo che mi guardasse negli occhi che vedesse il suo riflesso in me, che notasse l’assenza di giudizio ma solo il desiderio di conoscerla, perché fino a quel momento eravamo degli sconosciuti. - Dimentica il tuo passato, quelle sensazioni orribili. -

 

- Davanti a te non ho mai abbassato le mie difese, questo è un lusso che non mi potrò mai permettere, non dimenticherò ciò che sono. – sussurrò con terrore, allontanandosi da me.  

 

-Voglio che tu… -

 

- Tu vuoi, e da quando? - mi disse sprezzante.

 

- Da ora, da quando mi sono reso conto degli errori che ho commesso o forse dal momento in cui Alice mi ha fatto vedere la visione che ti vedeva protagonista. Non so esattamente quando ho cominciato a desiderare che tutto cambiasse ma ora le cose sono diverse, tu mi hai permesso di conoscere una piccola parte di te. -

 

- Non lo fare. - mi disse con rabbia.

 

- Non commetterò lo stesso sbaglio. -

 

- Non voglio la tua pietà, non ho bisogno che tu cambi atteggiamento solo perché ti ho permesso di conoscere una parte di ciò che provo, fino a poco fa mi chiamavi puttana ed ora ti preme che cancelli un pezzo di me. Come osi? –

 

Non replicai alla sua provocazione, rimasi immobile mentre lei con aria delusa si voltava. Dovevo fermarla, lo sapevo, eppure non mi mossi, sapevo bene che aveva ragione, io stesso se fossi stato al suo posto non avrei mai accettato il consiglio di uno estraneo, perché era quello che ero per lei, una persona che fino al primo momento che l’aveva vista aveva aperto bocca solo per rivolgerle insulti. Solo ora mi rendevo conto delle conseguenze dei miei atti, solo ora mi rendevo conto di quello che cercava di farmi capire ma io no, troppo stupido continuavo con il mio atteggiamento, incazzato col mondo?

No, non più, in questo momento l’unica persona alla quale era rivolto questo sentimento era contro me stesso, io che non avevo mai capito niente della vita eppure parlavo, io che da sempre avevo giudicato chiunque credendomi migliore non avevo la sua fiducia, ma se fossi stato un altro, senza quei demoni che lentamente mi stavano divorando dentro, se non fossi stato rancoroso e crudele con chi mi stava accanto, avrei potuto avere la sua fiducia, mi avrebbe permesso di capire chi fosse realmente Isabella? Questo pensiero mi diede nuova speranza ma con i “se” non si andava da nessuna parte, nonostante questa consapevolezza non un suono uscì dalle mie labbra, non un passo fecero le mie gambe, come se fossi paralizzato la guardai allontanarsi da me, il mio orgoglio non mi permetteva di ricercarla un’altra volta. Mi aveva accusato di provare pietà nei suoi confronti, possibile che non si rendesse conto che l’unica ragione che mi aveva spinto a cambiare il mio comportamento, non era dovuta alla presunta pietà che provavo per lei ma per il mio semplice egoismo? Sentendo le sue parole mi ero sentito escluso, per la prima volta non ero riuscito a percepire l’animo di chi mi stava accanto, non potevo e non volevo darle la colpa.

La sua mente era silenziosa, la sua bocca avvelenata, ma sincera eppure… il suo corpo esprimeva il suo pensiero, i suoi occhi esternavano il suo dolore ed io non me ne ero mai reso conto.

Un sorriso divertito illuminò il mio viso, pazzo? Si, lo ero, ma non potevo farne a meno, lei, la mia piccola ribelle era stata capace di farmi provare sensazioni nuove: l’imbarazzo per quello sguardo accusatore, il pentimento per il trattamento che le avevo riservato, il senso di protezione che ebbi per lei, la volontà d’andarle in contro e capirla. Mi aveva fatto sentire stupido, ma con la stessa forza mi aveva aperto gli occhi. Non le avrei detto di volerle bene sarebbe stata una menzogna, non le avrei detto che tenevo a lei, ma le avrei detto che volevo di più, una seconda possibilità, perché ironia della sorte, lei era stata l’unica a farmi sentire vivo e volevo prendere tutto quello che un suo sguardo triste era in grado di farmi provare.

Non avrei mai creduto che il dubbio di una risposta potesse farmi sentire così elettrizzato. Ero rimasto affascinato da quella creatura che in meno di due ore si era dimostrata diversa, ma non banale, ed era proprio questo suo essere imprevedibile che mi spingeva verso di lei, mi era sconosciuta, nascosta ed io la volevo. Alzai il viso verso il nero della notte, Bella, lei cacciatrice era diventata preda e non ne era nemmeno consapevole. Ispirai, odori diversi giunsero a me: l’aspro della terra, l’umido dell’aria portava con sé altri profumi di piante, di quegli alberi secolari nuovamente testimoni di un cambiamento… il mio, individuai la scia lasciata dalla mia preda e senza perdere altro tempo la seguì, un odore dolce il suo, delicato ma che sapeva di paura. Corsi quanto più veloce possibile mentre l’eccitazione, causata dalla curiosità di vedere la sua reazione si risvegliava in me. In lontananza la vidi, si era seduta su un roccia dalla forma circolare.

 

- Hai finito di seguirmi? - mi disse accavallando le lunghe gambe, il vestito nero scivolo un po’ di lato facendomi intravedere un pezzo della sua pelle, la guardai senza nascondere il mio interesse, lei bellissima, ma lo feci per vedere il suo imbarazzo che non tardò ad arrivare. Come immaginavo non era poi così sfacciata quando veniva analizzata in questo modo, almeno non con me. Con modo pudico ma discreto prese i lembi della stoffa tirandola verso le ginocchia per infine oltrepassarla, alzai un sopraciglio.

 

- Non mi dire che non sei fuggita perché volevi che ti seguissi. - gli risposi in tono beffardo.

    

- Non mi risulta che io e te avessimo molto di cui parlare. -

 

- Prima che tu decidessi di comportarti da maleducata stavamo giusto discutendo. -

 

- Quella conversazione non avrà un seguito, ti consiglierei di tornare a casa, la tua camera sentirà la tua mancanza. -

 

- Non è quello il mio posto, non più. -

 

- Mi fa piacere che tu abbia allargato i tuoi orizzonti territoriali ma io ora andrei. - disse alzandosi in piedi.

 

- È un vero peccato, proprio ora che desideravo la tua compagnia. -

 

- Onorata, a cosa devo un tale interesse? -

 

- Le cose cambiano. - mi limitai a risponderle, tornando serio, i tempi dei giochi stavano terminando, basta con il sarcasmo.  

 

- Già… cambiano. -

 

- Tra tutti i posti in cui ti potevi nascondere, perché hai scelto questo? -

 

- Edward. - mi ammonì.

 

- Non essere prevenuta. - gli dissi alzando le mani in segno di resa. - non ti farò domande, non cercherò d’oltrepassare lo scudo che ti sei costruita attorno, intanto sarai tu a volerne parlare.-

 

- Se fossi in te non ne sarei così sicuro. -

 

- Ciò che ci riserva il domani non ci è dato saperlo. - 

- Saggio, in ogni caso questo posto ha il potere di tranquillizzarmi, mi piace, e poi per stasera è previsto uno spettacolo unico. -

- Di cosa parli? - gli chiesi manifestando interesse, in realtà avevo capito.

- Ogni anno durante questo periodo la terra attraversa la stessa zona, in questo spazio c’è un alto concentrato di detriti che entrando con l’atmosfera terrestre ad una velocità di alcune decine di chilometri al secondo, questi piccoli frammenti di roccia prendono il nome di meteoriti, vengono bruciati per attrito con l’atmosfera stessa, lasciando dopo il loro passaggio a delle scie luminose ovvero le famose stelle cadenti. È questo fenomeno che origina tutto. -  

- Non credevo ti interessasi a queste cose. -

 

- Lo so, del resto come potresti. - disse tagliente.

 

Il cielo fu attraversato da una serie di colori e scintille, la mezzanotte si stava avvicinando e gli uomini per festeggiare avevano iniziato a lanciare i fuochi d’artificio, un secondo rumore di scoppio squarciò la notte. Subito dopo comparvero delle scintille che lasciarono il posto ad un cerchio al cui interno  faceva mostra il numero 10. Il conto alla rovescia era iniziato.

 

- Il nuovo anno sta arrivando, forse le cose possono essere diverse. -

 

9

 

-  Diverse? -

 

8

 

- Si, ho sempre creduto che questo giorno fosse come gli altri, ma oggi voglio credere che non sia così. Come ti ho detto le cose cambiano ma stavolta sarò io a decidere e non il fato. -

 

7

 

- È un proposito il tuo. – affermò, illudendosi d’aver capito.

 

6

 

- No, è una sicurezza. -

 

5

 

- Soffri di doppia personalità? - non mi prendeva sul serio, il suo volto incredulo lo dimostrava.

 

4

 

- Alza gli occhi al cielo. - una stella cadente fece la sua comparsa.

 

3

 

- Esprimi un desiderio… - disse ancora

 

2

 

- …Baciami. -

 

1

 

La mezzanotte è scoccata, buon anno Edward e Bella, chissà che non si avveri…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

* Perché l’ultimo dell’anno si buttano tutte le cose vecchie, ogni speranza viene deposta qui in questo semplice atto, infatti le persone sperano che eliminando gli oggetti rovinati e con troppi anni addosso si possano liberare anche della sfortuna e dei problemi che li hanno caratterizzato per l’hanno ormai al termine. Sperano che con il 1 Gennaio nuove porte si aprano, sparano di poter ricominciare dall’inizio. Per Edward questa falsa speranza esprime solo la disperazione dell’uomo e il suo volersi aggrappare a tutti i costi ad ogni cosa gli possa permettere di migliorare le proprie condizioni, qualcosa che lo spinga, che gli dia la speranza di voltar pagina, per lui è tutto molto folle oltre che sciocco per una ragione molto semplice, 31 Dicembre è uguale a qualsiasi altro giorno, lo stesso vale per il 1 Gennaio e via dicendo… non cambia nulla, solo perché si aggiunge un numero all’anno non vuol dire che le cose cambieranno, il cielo continuerà ad essere azzurro, le rose continueranno a profumar di rosa, i problemi che si avevano sino a poco prima della mezzanotte (bolletta da pagare, crisi matrimoniali, disoccupazioni, problemi di salute, cancro ecc…) tutte queste cose ci saranno anche il primo giorno dell’anno. Per cui per il protagonista la mente umana è solo infantile e illusa.

** Nonostante Edward rifiuti l’appoggio della sua famiglia, i saggi consigli, e l’affetto incondizionato che provano per lui, sia Alice che il resto dei Cullen non si arrenderanno, ognuno decide di starli accanto al suo modo, chi in silenzio, altri come la stessa Alice è molto più diretta e continua imperterrita a parlargli a cercare di farlo ragionare o almeno a farlo reagire, forse non sempre nel modo migliore, talvolta ottiene solo cattiverie gratuite, ma questo non le farà cambiare idee, Alice stessa lo preferisce, non che sia masochista ma vedere Edward reagire le da speranza, l’ultima cosa che vuole è l’indifferenza del silenzio, come lei stessa gli ha detto vuole che lui stia con loro non solo col corpo ma anche con la mente, vuole che abbandoni questi pensieri malevoli per lasciarsi andare, non importa quanto tempo ci vorrà, non importa quanti rifiuti avrà la famiglia non lo abbandonerà mai.  Dopo questa piccola parentesi ritorna all’argomento precedente: Bella; vuole che lui capisca l’effetto che le parole hanno avuto sulla giovane è per questo gli fa vedere una visione, Isabella ormai stanca di questa situazione si allontana ricercando pace in un luogo lontano, l’obiettivo di Alice che lo rende partecipe è di fargli capire che anche le persone che in apparenza sembrano tanto sicure soffrono, e come la notte della vigilia di natale quando Edward  l’ha offesa anche in quel momento Bella stava male, se fosse stata davvero come la descriveva a quest’ora non avrebbe avuto tale reazione. 

**** Sono le parole che Bella gli dice la vigilia di natale, (nella prima parte della ff), il perché, che sia Alice tramite i pensieri e Bella tramite la visione, si riferisce a questo pezzo, Bella non capisce il motivo per cui lui che parla di neutralità che afferma di non giudicare, giudica e condanna lei e ciò che rappresenta. 

***** I vampiri hanno una temperatura corporea molto bassa, se un essere umano toccasse una pozione di pelle noterebbe quanto sia fredda, se invece fosse un altro vampiro a toccare la stessa superficie di pelle non la sentirebbe fredda ma leggermente calda. Tra di loro hanno una percezione del calore diversa.

Angolo autrice: ringrazio tutti coloro che hanno letto, chi ha inserito questa piccola storia tra le preferite o seguite, e chi ha lasciato un segno del suo passaggio. Grazie anche a Laura che mi ha aiutato con l’immagine esaurendo ogni mia richiesta, e creando immagini come le avevo immaginate, brava! Un abbraccio a Tiziana, senza la quale questo testo non sarebbe mai arrivato sino a voi!

Stella Del Sud: innanzitutto ti ringrazio se non fosse stato per te non sarei riuscita a postare, su msn mi hai aiutata e sopportata quando mi sono bloccata, ti ringrazio per il sostegno e la fiducia, non finirò mai dirtelo.

Lau_twilight: Lauretta ben trovata, mi hai chiesto un lieto fine, secondo te questo lo è? Come ti dissi le immagini che scelgo dicono molto del testo, anzi in questo caso ho dato direttamente il finale, ti ringrazio sia per l’immagine sia per i complimenti riguardo la storia, ciao!

mollicadipane: Ciao, si dobbiamo scrivere per noi, mi sa che ci siamo scambiate i posti ora sei tu a rassicurare me XD, questa parte non l’hai letta in anteprima, non so, in ogni caso grazie per i complimenti come al solito sei troppo buona!

pinkgirl: si, in questa storia ho voluto interpretare in maniera diversa la concezione che si ha di questa festività, grazie per i complimenti, l’immagine confermo è stupenda, ciao!

Mirya: Ciao, ottima analisi, devo dire che apprezzo molto questo generi di recensioni, tu stessa hai detto tutto e mi fa molto piacere il fatto che si sia capito, (soprattutto perché, non credo di riuscire “sempre”, a spiegare i concetti). Sia il comportamento di Edward che quello di Bella scaturisce da una serie di eventi che li ha fatto diventare così, come ho detto nell’angolo autrice della prima parte, fin da quando ho deciso di scrivere questa “mini” ff, ho sempre avuto l’intenzione di non approfondire né gli aspetti caratteriali né le situazioni, ugualmente in questa seconda parte ho inserito alcuni passaggi in più, che per certi versi ha fatto, forse, perdere l’impostazione della prima parte, ma mi sembrava la cosa migliore da fare.

 

 

 

 

 




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