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Autore: Tetide    03/01/2010    5 recensioni
D'Artagnan & C. ai giorni nostri: loro sono poliziotti a Parigi, tra di loro c'è Aramis che ha una sorella gemella sensibile e coraggiosa, che sarà capace di portare imprevedibili sviluppi nel dipartimento: sarà lei, infatti, a svelare le losche trame di un giudice corrotto e prepotente, di nome Mansonne.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1- COME DUE GOCCE D'ACQUA






CODICE NERO
Disclaimer: questa è una fan fiction basata sul bellissimo anime “D’Artagnan e i moschettieri del re”, a sua volta basato sul romanzo di Alexandre Dumas “I tre moschettieri”; i personaggi e le situazioni eventualmente riportate dall’anime appartengono agli studi Gakken e Korad, ed agli sceneggiatori, mentre la storia originale appartiene ad Alexandre Dumas. Questa storia è solo un lavoro amatoriale, e non ha alcuno scopo di lucro.

Premessa: Ho voluto dedicare una fanfic a questo bellissimo anime che ha lasciato un segno indelebile all’inizio della mia adolescenza; alcuni ricordano questo anime (probabilmente i miei coetanei), soprattutto per la vicenda di Aramis, che nell’anime è una donna che si traveste da uomo per vendicare la morte del fidanzato; personalmente, a me quel personaggio piaceva molto fisicamente, ma come uomo (eh, sì, ho un debole per i biondi!); così, ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto vedere quel personaggio dell’anime come un personaggio maschile; allora, ho deciso di scrivere questa fic, nella quale soddisferò il mio vecchio desiderio, senza tuttavia stravolgere lo spirito dell’anime: infatti, nella mia storia, Aramis è un uomo, ma con una sorella gemella di nome Renée, con cui divide moltissimo; e questa loro somiglianza, non solo fisica, porterà sviluppi imprevedibili nella storia.
Non so se vi piacerà la mia storia; è la mia prima fic su questo anime (anche se è da molto che scrivo sul sito), ed attendo i vostri commenti.
Un saluto particolare va a Lady Lina 77: attendo con ansia i tuoi commenti. A presto!

CAPITOLO 1
COME DUE GOCCE D’ACQUA

Aramis uscì dalla doccia canticchiando: quella mattina era parecchio di buon umore. Si avvolse in un asciugamano, poi ne prese un altro ed iniziò ad asciugarsi i capelli.
Era una magnifica mattina di inizio Ottobre, e nonostante fosse l’inizio dell’autunno, a Parigi c’era un sole magnifico.
Corse nella sua camera da letto, a passo spedito, ed aprì l’armadio in cerca della sua divisa da gendarme; la trovò, come al solito, in perfetto ordine: quella lavanderia sapeva fare il suo lavoro, pensò.
Uno squillo proveniente dal comodino attirò la sua attenzione; si avvicinò e prese in mano il suo cellulare, leggendo il messaggio appena ricevuto:

Dopo lezione, non torno a pranzo: resto con Marie. Oggi pomeriggio ho turno fino alle sette al bar. Ci vediamo stasera. Renée.

Aramis sorrise fanciullescamente al messaggio della sorella; Renée era uguale a lui, pensò: sempre in movimento, piena di impegni, di vita. Era proprio sua sorella.
Di più: era la sua gemella. La sua immagine vivente al femminile. Lo specchio del suo carattere.
La loro era un’unione inscindibile, cementata dai dolori e dalle difficoltà della vita che avevano sempre affrontato insieme. Dopo la tragica morte dei loro genitori, avvenuta in un incidente aereo quando entrambi avevano appena cinque anni, erano stati affidati allo zio, Armand de Treville, commissario dei gendarmi di Parigi; Aramis non poteva dimenticare l’immagine di sé stesso con la sorella, ai funerali dei genitori, con lei che si aggrappava disperatamente alla sua mano in un disperato tentativo di ricerca di conforto, mentre lo zio teneva una mano sulla sua spalla ed un’altra su quella della sorella, dicendo: “Andiamo ragazzi. Da oggi, sarò io vostro padre ed insieme vostra madre”.
Lo zio era stato un genitore esemplare: nonostante fosse scapolo, era pieno di premure, attenzioni; li riempiva d’affetto, non faceva mai mancare loro nulla, a Natale ricevevano doni come tutti gli altri bambini, li aveva mandati nelle migliori scuole. Ma a Renée tutto questo non bastava a colmare la mancanza dei genitori: veniva da lui a piangere, nelle notti di temporale, e si infilava nel suo lettino, tremante; era una ragazzina indifesa, sensibile. Era stato lui a farle veramente da padre e da madre, a Renée: l’aveva accompagnata alle festicciole con gli amichetti per evitare che qualche compagno troppo intraprendente le desse fastidio, le aveva insegnato ad andare in bicicletta, l’aveva consolata dopo i suoi primi dolori di cuore, aveva festeggiato assieme a lei l’iscrizione all’Università. Era stato tutta la sua famiglia.
E lei era stata la stessa cosa per lui.
I due fratelli gemelli erano uniti fino quasi ad essere una cosa sola.
Anche quando lui era entrato in gendarmeria, per seguire la carriera dello zio, lei ne era stata felice, aveva approvato la sua decisione ed era andata alla festa dell’Accademia per le nuove reclute quando lui aveva iniziato l’addestramento.
In quel pomeriggio di primavera tarda, lei era raggiante e bellissima, con indosso quel completo di seta verde, ed orgogliosa del suo “fratellone”: lo guardava con occhi pieni di ammirazione.
Aramis guardò la sua uniforme e sorrise, ripensando a quel giorno lontano.
Appoggiò la divisa sul letto, alzandosi per andare a rispondere al telefono che squillava.
“Pronto?”,
“Aramis? Sono François”,
“Ciao! Spiacente, ma Renée non torna a casa, oggi. Resta a studiare con un’amica”,
“O.K., allora la raggiungo in facoltà”,
“Va bene. Ciao”.
Mise giù il telefono, e si passò una mano tra il lungo ciuffo di capelli biondi che gli ricadevano sul viso, sospirando. Il fidanzato di sua sorella era davvero presente nella sua vita, pensò; peccato che non approvasse in pieno tutte le scelte di lei: ad esempio, non gli piaceva il fatto che lei fosse iscritta in Informatica, anziché nella prestigiosa facoltà di Giurisprudenza, dato che la cosa era stata criticata dalla famiglia di lui, che teneva troppo alle apparenze; non gli piaceva che, in prossimità degli esami, lei lo trascurasse un po’ per studiare; non gli piaceva che lei si pagasse gli studi facendo la cameriera in un piccolo bar, dato che, secondo suo padre, “una signorina che studia non fa simili lavori”.
La famiglia di François era un po’ troppo all’antica, decisamente: per loro, le differenze sociali erano insormontabili ed immutabili, ed a stento avevano accettato come futura nuora una ragazza non altolocata che lavorava per  pagarsi gli studi, e l’avevano accettata solo perché suo zio era il commissario De Treville della gendarmeria di Parigi. Renée soffriva parecchio di tutto questo, amava François e voleva stare assieme a lui e sposarlo, un giorno; ma la famiglia di lui la faceva sentire a disagio, erano ricchi banchieri di origini aristocratiche e ad ogni incontro non perdevano l’occasione di metterla in imbarazzo.
Dopo, naturalmente, correva a piangere da lui, il suo “fratellone”.

Il giovane tornò in camera sua per vestirsi. Era già abbastanza tardi, ed alle dieci avrebbe dovuto sostituire D’Artagnan nel turno di pattuglia a Les Invalides.

                                         **********

Aramis corse trafelato verso l’amico che lo stava attendendo.
“Ciao, scusa il ritardo!”,
“Non preoccuparti. Tanto non ho nulla da fare, oggi”,
“Dov’è Porthos? Non lo vedo!” aggiunse Aramis legandosi i lunghi capelli in una coda,
“Eccolo che arriva!” fece D’Artagnan.
Dal fondo della strada comparve uno scooter abbastanza grande viola metallizzato, che li raggiunse, fermandosi davanti a loro.
“Ciao, gente”,
“Buongiorno Port! Ora ci siamo tutti, possiamo andare”,
“Ci vediamo domani sera a casa di Athos, allora?” fece D’Artagnan allontanandosi,
“Sì, ma prima devo passare a prendere mia sorella”,
“Va bene. A domani!”.
Salutato l’amico, i due salirono in una volante.
“Come sta tua sorella, Ara?” gli chiese Porthos,
“Come al solito: studia e lavora. E cerca di barcamenarsi con il suo ragazzo”,
“E’ proprio presa di quello, vero?”,
“Già, purtroppo”,
“A te non piace molto, invece. Vero?”,
“Non è questo… è che lui non sa apprezzarla… la sua famiglia la critica sempre , e lui non la difende affatto!”.
Porthos non seppe cosa rispondere.
“E a te come va?” chiese Aramis per cambiare argomento,
“Bene, come sempre. Essere libero sentimentalmente ha i suoi vantaggi”,
“Niente obblighi, niente spiegazioni…”,
“Spiegazioni? Francine te ne chiede mai?” ,
“Ultimamente no, ma certi giorni sembra un cane da guardia” rise Aramis.
Stava scherzando, naturalmente. Aramis era innamorato perdutamente della sua Francine, un’ingegnere di successo dai tratti delicati e fini e dai capelli castani, ma dal carattere di ferro: avrebbe fatto qualunque cosa per lei.

Raggiunsero Les Invalides, e scesero dall’auto, montando di guardia; dato che, ultimamente, in quella zona erano stati segnalati diversi casi di borseggio, era meglio stare in guardia, soprattutto dato il gran numero di turisti che cominciavano ad affluire in quella stagione.
I due gendarmi si guardavano attorno circospetti; Porthos stava mangiando un colossale hot-dog acquistato in una bancarella lì vicino, senza tuttavia lasciarsi distrarre.
Aramis osservava una comitiva di Giapponesi che proseguivano in fila dietro ad una guida che reggeva in mano una bandierina verde; come accidenti faranno a stare così perfettamente in fila, si domandava.
Ad un tratto, un grido proveniente dalle loro spalle attirò la loro attenzione; si girarono e corsero nella direzione da cui era provenuto lo strillo.
“Mi tolga subito le mani di dosso, ha capito?!?” una donna stava urlando contro un uomo grasso di mezza età che la strattonava per un braccio.
“E’ lei che deve spostarsi, immediatamente!” le rispondeva quello.
I due poliziotti si avvicinarono.
“Che succede qui?” fece Porthos, che aveva preferito lasciare il suo panino in macchina per essere pronto all’azione,
“Immischiatevi dei fatti vostri, voi! Sono affari privati!”,
“Alzar le mani su di una signora non è affare privato, signore!” ribadì Aramis con aria corrucciata,
“La “signora”, per sua conoscenza, giovanotto, si è permessa di mancare di rispetto ad un giudice!”,
“Sarebbe lei, il giudice?”,
“Esattamente, signor gendarme” l’uomo mollò la presa “mi chiamo Armand Mansonne, e vengo dalla Normandia per presiedere ad un importante processo che inizierà tra pochi giorni!”.
“Benissimo, signor giudice” continuò Aramis, per nulla intimidito dalla tracotanza dell’uomo “in questo caso la informo che è invitato a seguirci in gendarmeria per accertamenti!”,
“Ma come vi permettete? Vi ho appena detto chi sono!!”,
“Siete uno che ha aggredito una donna”,
“Mi ha provocato! Ha rifiutato di spostare la sua auto dal mio posto!”,
“Perché, quale sarebbe il suo posto?”,
“Questo, davanti all’ingresso dell’edificio”, l’uomo fece un gesto con la mano,
“Io non riesco a leggere il suo nome, qui” fece Aramis sporgendosi in avanti,
“Signore” sibilò il giudice “è implicito che quando un ospite di riguardo è in città, gli sia dovuta tutta una serie di facilitazioni, inclusi i parcheggi davanti ad edifici storici, se questi sono vicini al luogo dove dovrà esercitare le sue funzioni!”,
“Qui il parcheggio è libero, signor giudice” asserì il giovane “e la signora ha tutto il diritto di parcheggiare dove preferisce”,
“Le consiglio di cambiar tono, giovanotto, o la farò ammonire dal suo comando”,
“Faccia pure”,
“Il suo nome?” l’uomo quasi ringhiava sommessamente,
“Tenente Aramis De Treville, del 5° Arrondissement”,
“Avrà presto mie notizie, tenente!”, rispose il giudice, sparendo nella sua auto e mettendo in moto. Porthos gli si fece vicino.
“Il tenente le ha appena detto che lei deve seguirci in commissariato!”, tuonò,
“Voi siete matti!!”,
“Vuole essere incriminato per resistenza a pubblico ufficiale, oltreché per aggressione?”, Porthos aprì la portiera, tirandolo fuori.
“Fermo! Mi lasci immediatamente!”.
Ma Porthos ed Aramis lo presero saldamente, trascinandolo in macchina, urlante.
Misero in moto e partirono, diretti al commissariato.

                                            **********

Intorno alle otto e mezza, Aramis e Renée ridevano, fumando una sigaretta in due, mentre si dirigevano verso casa.
“Davvero, ha risposto così? E poi, che cosa ha fatto?” stava chiedendo lei,
“Ha calato le corna, ed ha pagato l’ammenda; in caso contrario, lo avremmo trattenuto in cella!”,
“Che tizio insopportabile! Sono davvero contenta di non averlo incontrato! Non posso che compatire quella povera ragazza!”,
“E dire che è un giudice!! Che roba!!”.
I due gemelli continuarono a sghignazzare rumorosamente per tutto il tempo della strada, infischiandosene dell’attenzione dei passanti che riuscivano ad attirarsi addosso.
“Com’è che ti sei deciso a venirmi a prendere?” lei gli porse di nuovo la sigaretta,
“Per evitarti la metro: ultimamente, ci sono stati diversi scippi”,
“Mi avrebbe lasciata sotto casa, però! Con la tua moto da lasciare in garage, invece, avremo fatto almeno due chilometri a piedi!”,
“Quanto sei noiosa! Una passeggiata fa piacere, ogni tanto! No?”,
“Non quando hai fretta di tornare a casa a cambiarti”.
Il ragazzo si fece serio.
“Dove andate, stasera, tu e François?”,
“Non ho idea. Mi ha parlato di una nuova discoteca da poco aperta in Rue de Rivoli”,
“Senti, sorella” la prese per un braccio “ma davvero stai bene con lui? O cerchi solo di sopportare tutta la situazione, la sua famiglia compresa, solo per fargli piacere?”.
Lei si liberò con uno strattone “E dài, Ara! Se non ci stessi bene lo mollerei, ti pare?”.
Ad Aramis passò un lampo di preoccupazione negli occhi azzurri.
Sarà… Ma io questo tizio che accetta di lasciare umiliare la donna che dice di amare dalla propria famiglia non lo approvo affatto!
“Spero solo che tu non stia commettendo un errore, sorella!” sospirò,
“Stà tranquillo, ti ho detto!” lo canzonò Renée, aprendo il portone di casa e facendo una piroetta davanti al fratello “Non sono una ragazzina, ormai! Pensa di più alla tua Francine, invece!!”.
Salirono di sopra, e Renée si chiuse nel bagno, canticchiando.
Aramis, invece, andò in camera sua, dove accese lo stereo, mettendo su un CD di Baglioni.
Poco dopo, la ragazza uscì dal bagno, indossando una minigonna attillata blu ed una maglia grigia senza maniche, pure molto attillata.
“Allora, che te ne pare?” si presentò davanti al fratello, finendo di pettinarsi,
“O.K. Dovresti truccarti un po’, però!”,
“Bah! Lo sai che non mi piace truccarmi! Un velo di ombretto basta e avanza!” rispose lei.
Suonarono alla porta.
“Deve essere François!” esclamò lei, correndo al citofono.
“Sì? Scendo subito!”. Mise giù il citofono.
“Vado. Ci vediamo domani! Buona serata, fratellone!”,
“Ciao, Renée. E divertitevi!”.
Sentì sbattere la porta.
Certo che quando Francine è via, divento un recluso! Almeno avessi chiesto ad Athos di cenare con me! Ma no, figuriamoci, oggi sarà nero: ha avuto l’incontro con la sua ex-moglie per gli alimenti! Quella tizia Inglese è peggio di una sanguisuga! Ma non le basta quello che guadagna presso l’avvocato Richelieu? Non capisco davvero perché debba tormentare Athos!
Si alzò, diretto in soggiorno, rassegnandosi ad una mesta serata solitaria davanti alla televisione; focalizzò mentalmente che i salatini li aveva fatti fuori Porthos, la sera della partita, e si preparò ad ingoiare un’insalata.

Ciao a tutti! Ecco la mia nuova fic, questa volta su D'Artagnan; è una AU, uno dei generi che mi piacciono di più. I personaggi sono quelli dell'anime, anche se con alcune caratteristiche di quelli del romanzo (nel quale, ad esempio, Milady era la moglie di Athos, poi abbandonata da questo). Spero di non aver fatto un pasticcio troppo grosso. Ora, le dediche:
Lady Lina 77 : questa storia è dedicata a te che l'hai ispirata, anche se so che non potrà mai esser bella quanto la tua; in ogni caso, fammi sapere se ti piace;
Ninfea 306 : il mio ennesimo esperimento su uno degli anime più belli; se passi per di qua, fatti viva;
Vitani: lo stesso per te: se sei da queste parti, fatti sentire.
A tutti, Buon Anno!








 
  
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