La
seguente FanFiction si è classificata prima al Contest "Akatsuki
Christmas"
, indetto da Akane Hirai sul Forum di EFP.
E'... non lo so nemmeno io com'è. O cos'è.
XD
Non dico niente, forse perché per quante cose mi vengano in
mente alla fine non c'è niente da dire.
Vi state apprestando a leggere qualcosa di folle, perverso, assurdo, e
chi più ne ha più ne metta. E qualcuno disse: e meno male che era un storia
sul Natale...
Buona lettura!
Lei sa esattamente il perché.
Grazie di tutto, mimma. Ti adoro. <3
E lo so che non è degna di te, ma io ci ho provato. XD
C'era
chi attendeva
speranzoso accanto all'albero addobbato,
impaziente
di stringer fra le mani i tanti agognati
doni.
E c'era
anche chi, nella magica atmosfera del Natale,
si
appropriava dell'identità di qualcun altro.
My
Strange Santa Claus
[ Il mio strano
Babbo Natale]
Un
bimbo dai biondi capelli se ne stava silenzioso accanto all'albero,
seduto sul tappeto, fissando il caminetto; i suoi genitori gli
avevano parlato di un simpatico vecchietto che, la notte di Natale,
passava dai camini per
portare doni a chi era stato bravo e non aveva combinato marachelle.
Si era impegnato a contenere i guai, limitandosi a quelli tipici dei
bambini della sua età. E dire che era particolarmente
vivace,
Deidara, ma quell'anno in tv aveva visto una cosa che desiderava
ardentemente: un kit per fuochi d'artificio per principianti.
Chiaramente lui non avrebbe potuto usarlo, in quanto tale oggetto era
riservato alle persone adulte, infatti nella sua lettera aveva
scritto che il regalo era destinato a suo padre, ed indirettamente a
lui. Era infantile e al contempo maturo, all'età di nove
anni; da
quella notte, però, era cambiato tutto. Perché la
mente dell'essere
umano è facile preda della follia.
Mentre intonava pian piano un canto natalizio, udì un rumore
sospetto fuori in giardino; per precauzione aveva lasciato la
finestra aperta, in caso Babbo Natale avesse trovato
difficoltà a
salire sul tetto, dal momento che in quei giorni aveva nevicato
parecchio. Si zittì portandosi una mano alla bocca in un
gesto
inconscio, per poi andare a curiosare dall'altra finestra della sala,
chiusa affinché in casa non entrasse troppo freddo. L'aria
era
gelida, e gli penetrò nelle ossa quando si
avvicinò allo spiraglio
che probabilmente sarebbe tornato utile alla persona che stava
aspettando.
Riuscì a malapena a contenere l'euforia, quando si accorse
che in
cortile una figura goffa stava frugando in un grande sacco, sotto la
neve che cadeva incessante e imbiancava il paesaggio. Non poteva
essere che lui.
“
Babbo
Natale! ” lo chiamò, “ Ho lasciato la
finestra aperta per te! ”
avvertì, invitandolo ad entrare. Il tipo vestito di bianco e
rosso
gli si avvicinò lentamente, squadrandolo; il piccolo lo
guardò in
faccia, e si rese conto che non era affatto somigliante alla
descrizione fornitagli dai suoi familiari. Tuttavia
s'immaginò fosse
una sorta d'aiutante o magari chissà, forse Santa Claus
– come
qualcun altro lo chiamava – aveva il potere di ringiovanire
il
proprio corpo quando lo desiderava, magari per affrontare meglio il
lavoro che ogni anno lo attendeva la notte fra il ventiquattro ed il
venticinque dicembre. In fondo, teoricamente, a quell'ora i bambini
dovevano essere a letto, quindi lui aveva la quasi totale sicurezza
di non essere visto da nessuno. Sfortunatamente per lui,
però,
quella volta era stato colto in fragrante.
“
Ma
tu... perché sei così giovane? ” gli
chiese innocentemente,
voglioso di sapere, e l'altro gli rispose con un ghigno che
d'amichevole non aveva assolutamente nulla.
Non proferì parola alcuna e si rimise a cercare nel sacco
che
portava in spalla, estraendone un oggetto che il piccolo, fino ad
allora, aveva visto solo in mano a sua madre quand'ella preparava da
mangiare. Però sapeva bene a che cosa serviva e,
soprattutto, che se
usato in maniera inopportuna poteva essere alquanto pericoloso, in
certi casi addirittura letale. O almeno era questo che i telegiornali
gli narravano le poche volte che per sbaglio gli capitava di
ascoltarli.
L'uomo gli puntò contro un grosso coltello da cucina, la cui
lama
lucida rifletteva la luce delle lampadine colorate che adornavano
l'abete che si trovava in un angolo della stanza.
“
Babbo...
”
“
Io
non
sono
Babbo Natale. Lui
non esiste.
E tu adesso verrai con me... ”
Il bimbo gridò. Gridò con tutto il fiato che
aveva in corpo, prima
che l'impostore gli tappasse la bocca con la mano e gli puntasse
l'arma alla gola.
“
Fai
silenzio ” gli intimò, ma in quello stesso momento
suo padre sparò
un colpo di pistola al suo indirizzo, mancandolo solo di pochi
centimetri. Fu una fortuna che l'uomo possedesse un regolare porto
d'armi.
Il tizio imprecò, prima di lasciar andare Deidara, ferendolo
però
al braccio; dopodiché scappò velocemente, e a
nulla valse
l'intervento della polizia. Quel delinquente, da qualche anno, era
noto alle autorità per aver fatto sparire decine di bambini,
di cui
non si era trovata più traccia nonostante le minuziose
ricerche;
egli però era dannatamente furbo, e non erano ancora
riusciti a
capire chi si celasse sotto il suo costume. Questo anche
perché
nessuna delle vittime era mai sopravvissuta, o comunque di esse non
si avevano notizie. Il piccolo Iwa, però, era stato salvato,
e forse
sarebbe stato utile per avere un identikit del maniaco.
“ Non esiste. Lui non esiste. E mamma e papà mi hanno raccontato una stupidaggine ”
Ripeté quella frase decine di volte, quando i dottori gli chiesero dolcemente cosa fosse accaduto quella notte. Lo shock era stato troppo forte, e nessuno sapeva per quanto tempo lo avrebbe accompagnato; la favola del venticinque dicembre è un bellissimo sogno per ogni bimbo e mai, per nessun motivo, lo si dovrebbe distruggere. Quell'assurdo Babbo Natale aveva ridotto in pezzi le sue speranze, e rapito il suo sorriso contagioso. Non sarebbe mai più tornato quello di prima.
Ma il destino talvolta è beffardo con l'essere umano. Perché sono le persone a ferire, ma è il fato che ti costringe ad amarle nonostante tutto.
~ ~ ~ ~ ~
Nove anni dopo
Tokyo, Giappone, quartiere di Shibuya, 20 dicembre
“
Che
cazzo! Possibile che non si trovino dei fottuti fuochi d'artificio,
in questi negozi? ” sbottò un giovane dai capelli
biondi e lunghi,
mentre annoiato camminava per le vie del più celebre
quartiere
commerciale della capitale giapponese. Deidara, oramai diciannovenne,
aveva preso da poche ore la prima, arbitraria decisione della sua
vita: fin dal giorno in cui si era finalmente reso conto di quanto i
suoi genitori l'avevano illuso quand'era ancora un bambino, solo un
desiderio gli aveva permesso di andare avanti, di perseverare. La
vendetta.
La vendetta attraverso ciò che lui tanto amava, ovvero le
esplosioni. Però, ancora giovane ed economicamente non
indipendente,
non poteva permettersi di fare le cose molto in grande. Ma, grazie ad
internet, si era documentato il più possibile su come poter
causare
il maggior numero di danni utilizzando dei semplici fuochi
d'artificio.
Avrebbe ammazzato chi lo aveva condannato a quella vita sterile,
priva di soddisfazioni e di vera felicità; chi gli aveva
spudoratamente mentito sarebbe morto proprio la notte di Natale.
“
Bah,
che città del cavolo! ” borbottò,
passeggiando a testa bassa per
non essere abbagliato dall'accecante luce degli addobbi natalizi che
da qualche giorno avevano invaso la metropoli. Odiava quella festa,
anche se un tempo l'aveva adorata sinceramente.
Ma
ora, la gente frettolosa che correva per le strade in cerca dei
regali, le signore agghindate come bambole di porcellana
letteralmente sommerse dai pacchetti variopinti da consegnare ad
amici e parenti, le vetrine stracolme di stelle e quant'altro lo
disturbavano, facevano quasi male.
E quanto più tentava d'ignorare quei particolari,
più essi lo
torturavano; e, mentre era assorto nei suoi pensieri e cercava di
scacciare dalla propria mente i ricordi scomodi, si scontrò
con una
persona anch'essa decisamente sovrappensiero.
“
Ehi,
stai attenta, ragazzina! Mi hai quasi spaccato il naso, cazzo!
”
esclamò il tizio contro cui aveva urtato, e alzò
lo sguardo verso
il suo volto. E, quando stava per ribattere, avvertì un
brivido
percorrergli la schiena: quell'uomo... somigliava tantissimo a lui.
“
Oh,
sei un maschio. Chi l'avrebbe mai detto ” disse ironico poi,
constatando che effettivamente si trattava di un ragazzo.
L'altro ringhiò, e si allontanò di qualche passo,
continuando a
fissarlo. Possibile che... beh, in fondo il criminale che quella
volta lo aveva aggredito non era mai stato catturato e, da un po' di
tempo, aveva anche smesso di rapire bambini. Sembrava scomparso nel
nulla, ma il suo corpo non era mai stato ritrovato. Ora aveva davanti
agli occhi una persona identica a lui; stessi lineamenti, stesse
iridi smeraldine, la medesima pelle chiara. Era solo un poco
più
anziano, e ciò non fece che convincerlo maggiormente d'aver
di
fronte colui che aveva tentato di strappare le sue giovani ali.
“
Tu...
chi diavolo sei? ” gli chiese, e il mondo attorno a loro
parve
fermarsi. Come se fossero soli in piedi sul marciapiede, mentre
cominciava a nevicare per la prima volta quell'anno.
“
Potrei
farti la stessa domanda ” rispose, ghignando; anche lui si
era
accorto di qualcosa di strano.
Il destino ti trascina con sé, e tu non puoi far niente per fermarlo; al massimo puoi metterti per un attimo a pensare a cosa sarebbe successo se, quel giorno di tanti anni fa, la persona che attendevi non si fosse presentata affatto.
“
Già,
ma il primo a chiedere sono stato io, e adesso esigo una risposta
”
ribatté il biondo, seccato.
L'altro fece spallucce, poi gli si avvicinò di qualche
centimetro e
lo scrutò per bene, sorridendo: “ Sono Babbo
Natale ” asserì,
osservando deliziato la reazione del più giovane.
Quest'ultimo infatti indietreggiò ancora un po', ma mantenne
intatta
la propria spavalda espressione; pareva aver superato il trauma, e
non possedeva più il volto innocente e splendidamente
impaurito di
quand'era piccolo. Però era ugualmente affascinante nella
sua
particolarità, col volto dai tratti quasi femminei e i
fluenti
capelli d'oro. L'occhio che non era nascosto dietro una ciocca di
biondi filamenti era azzurro cielo e lo guardava sfidandolo; da esso
trasudavano coraggio e determinazione, senza tracce di timore alcuno.
Il suo corpo, invece, quando aveva pronunciato quelle parole aveva
tremato appena, in un gesto sicuramente involontario.
Il ragazzo meditò un attimo, prima di sorridere a sua volta.
“
Come
diavolo fai ad essere ancora vivo? Pensavo che qualcuno ti avesse
fatto fuori, visto quel che hai combinato... è evidente che
gli
stolti che popolano questo mondo non sono neppure capaci di farsi
giustizia da soli ” affermò, freddo, tradendo il
suo odio per il
resto della popolazione tranne se stesso; come poteva amare quella
massa di gente tutta uguale, priva di sogni e incapace di riconoscere
la vera arte?
“
Caspita,
chi s'immaginava che saresti diventato un tipo così tosto...
Deidara
Iwa ”
Ormai non c'erano più dubbi, colui che aveva di fronte era
proprio
il criminale che tutti stavano disperatamente cercando. La cosa
più
assurda era che si trovava nel centro di Tokyo, senza alcun
travestimento, in tutta tranquillità. Si ricordò
poi di non aver
aiutato la polizia a tracciare il suo identikit, perché
allora non
era riuscito a descriverlo esaurientemente.
“
Dunque
sei proprio tu ”
Strinse i pugni fino a farsi male, un rivolo di sangue si
disegnò
fra le sue dita e una goccia si infranse a terra, ai suoi piedi,
macchiando la neve candida.
“
Che
ci fai qui? ” gli domandò, restando a distanza di
sicurezza in
caso egli fosse armato.
“
Io
ci abito, a Tokyo. E sono in giro a cercare qualche giovane vittima
sacrificale... ” spiegò, poi gli si
avvicinò di nuovo, limitando
la distanza fra loro; il biondo non trovò più
spazio dietro di sé,
quando il muro di un palazzo incontrò la schiena fasciata
dalla
giacca a vento scura. “ E' bello veder sgorgare il sangue la
notte
di Natale... in fondo non faccio altro che servire Jashin-sama, il
vero Dio... ed è eccitante
ascoltare le urla di dolore dei prescelti... ”
enfatizzò la parola
eccitante quando le sue labbra si avvicinarono pericolosamente
all'orecchio destro di Deidara, che sussultò sentendo il
fiato caldo
sul proprio collo.
Quel tizio era completamente fuori di testa. Di chi stava parlando?
Chi era Jashin?
Gli venne da pensare, però, che qualcosa in comune lo
avevano:
entrambi volevano vedere il sangue la notte del venticinque dicembre.
Di persone diverse, è vero, ma era vitale liquido cremisi
che
desideravano. Due moderni vampiri rinchiusi una società che
non era
in grado di comprendere le loro menti deviate, in un mondo in cui
erano considerati feccia. Perché uno di loro era un
assassino, e
l'altro sarebbe presto divenuto tale.
“
Ti
è dispiaciuto non poter vedere il mio? O forse lo vuoi
adesso? ”
chiese, affrontando il suo sguardo che appariva come un mix di
lussuria e voglia di uccidere.
“
Lui
desidera vittime innocenti... è personalmente non credo che
tu lo
sia; però... ”
“
Però?
”
“
...se
per tutto questo tempo non mi hai tradito, allora potresti diventare
mio alleato ”
Che razza di stupido. Parlava di tradimento, come poteva?
Evidentemente un tipo come lui non poteva comprendere la sua paura,
lo shock che aveva subito dopo essersi visto puntare un coltello alla
gola. Però, alla fin fine, poteva anche tornargli comodo;
certo,
meglio soli che male accompagnati, ma due sono meglio di uno. Rise
sarcastico, scuotendo il capo: “ Sei proprio strano.
Nonostante
ciò, comunque, ho un favore da chiederti. Visto quello mi
hai fatto,
intanto potresti farti perdonare... in quel caso, potrei anche
pensare seriamente alla tua offerta ”
Il falso Babbo Natale rimase stupito da quelle parole; il giovane Iwa
era evidentemente un osso duro, e proprio per questo era
così
attraente.
“
E
che cosa vorresti, Deidara-chan? ”
A quel vezzeggiativo rispose con una smorfia contrariata, spingendolo
via. Il suo corpo emanava troppo calore, tanto che pareva non
avvertire affatto il freddo che regnava e che penetrava nelle ossa.
Lo spaventava e al contempo lo attraeva. Si maledì: a che
diavolo
stava pensando? Come poteva trovare anche minimamente affascinante la
persona che un tempo voleva farlo fuori?
Tentò d'ignorare tali pensieri e pensò a come
formulare la
richiesta, mentre l'altro aveva alzato gli occhi al cielo a guardare
la neve cadere incessante.
“
Voglio
che tu mi aiuti ad uccidere i miei genitori ”
Visibilmente stupito, l'albino gli rivolse uno sguardo inebetito. Non
si aspettava di certo una simile risposta, sconvolgente oltre ogni
limite. Sì, lo aveva appena rincontrato, ma Deidara gli
piaceva
sempre di più, nonostante non sapesse nulla di lui. L'unico
che gli
era sfuggito, e la causa del malessere che lo aveva torturato per
diversi mesi; aveva cominciato a tagliarsi, sostenendo –
parlando
solo a se stesso – di sentirsi calmo, quando lo faceva.
Eppure
sentiva dolore, eccome, ma non riusciva a farne a meno. Ma la fede lo
aveva salvato, o almeno così credeva. Ed ora aveva
ritrovato, ironia
della sorte, proprio lui, proprio quel fottuto bambino che gli aveva
rovinato la vita; solo che non era più il poppante di un
tempo, ma
era diventato un adulto che sapeva quel che faceva, armato di
coraggio e una buona dose di follia, e inoltre possedeva un aspetto
maledettamente splendido. Nessun albero addobbato, neanche il
più
luminoso e colorato, poteva oscurare la sua luce.
Sussurrando quasi per non farsi sentire dai passanti gli
illustrò il
piano e il motivo che lo aveva spinto a prendere quella decisione, ed
era incredibile come d'improvviso avesse deciso di fidarsi di chi era
stato il suo aguzzino. Forse in un certo senso gli era grato; in
fondo era stato lui a fargli scoprire che i suoi genitori lo avevano
cresciuto con la menzogna.
“
Sei
uno stronzo... ” lo apostrofò colui che aveva
scoperto chiamarsi
Hidan, nel corso della conversazione, “ ... ma è
proprio per
questo che ti aiuterò. Ma bada bene, se cercherai di
fregarmi sei
morto; e stavolta non ci sarà il tuo paparino a salvarti il
culo ”
lo avvisò, tirando fuori un cellulare dalla tasca,
“ Ci sentiremo
per telefono ma mi raccomando, niente riferimenti espliciti a quel
che faremo ”
“
Ovvio,
non sono mica stupido, uhn! ”
“
Lo
spero ”
Quando s'impuntava, però, sembrava non esser cresciuto
affatto.
Aveva riempito il discorso che aveva fatto di riferimenti al suo
amore per l'arte che dura un momento, come qualcosa che appare e
scompare in un istante. In verità non gliene importava
nulla, ma era
divertente il modo che aveva studiato per attirare i suoi genitori
nella trappola che aveva pensato. Usare i fuochi d'artificio,
qualcosa che sia lui che suo padre amavano incondizionatamente, per
attrarli... e poi, dirgli per sempre addio, con l'aiuto della fedele
lama che Hidan portava sempre con sé.
Il Natale, alla fine, ti attrae anche quando non credi in colui che dovrebbe portarti i doni che brami; perché a volte può capitare che, chi ha contribuito a far crollare tutte le tue illusioni, ti riservi il regalo più bello.
Lui ed Hidan,
in effetti, si somigliavano davvero molto. Deidara ci
pensò più volte, mentre tornava a casa in fretta
e furia; sapeva
bene quanto era rischioso agire a fianco di un tipo del genere,
eppure era stranamente felice d'avergli fatto quella richiesta. Di
certo non si trattava di insicurezza, dal momento che non avrebbe
avuto problemi a raggiungere il suo obiettivo in solitudine; c'era
qualcosa, in lui, che gli faceva venire voglia di saperne di
più, di
sondarlo, di sapere tutto del suo passato e di conoscere i motivi che
lo avevano portato a quell'instabilità mentale, quella che
alla fine
caratterizzava anche lo stesso Iwa.
Era conscio d'essere in pericolo, ma decise di non curarsene; gli
bastava ottenere quel che desiderava, poi sarebbe anche potuto
morire. Gli sarebbe bastato vederli spirare, mentre nel cielo
splendevano variopinte esplosioni; come una sorta di festeggiamento,
la celebrazione in anticipo di un nuovo anno.
Il piano era semplice: il pomeriggio del ventiquattro dicembre
avrebbe sistemato nel cortile di casa sua i fuochi che aveva
acquistato – spendendo tutti i propri risparmi, peraltro
–,
mentre i suoi erano al lavoro. Poi li avrebbe tenuti lontani dal
giardino con vari stratagemmi quali una cenetta preparata da lui
stesso e un bel film in tv, fino alla mezzanotte, l'ora in cui
sarebbe giunto finalmente Babbo Natale a consegnargli in dono che
aveva richiesto.
Poi li avrebbe uccisi senza pietà alcuna, aiutato dall'uomo
vestito
di rosso e di bianco, usando una qualsiasi arma avesse a portata di
mano. E alla fine avrebbe festeggiato, guardando assieme al compagno
lo spettacolo che si sarebbe tenuto davanti ai loro occhi. E dopo...
dopo non sapeva cosa sarebbe successo, e in fondo andava bene
così.
A volte non è facile perseguire i propri obiettivi, perché capita di esitare nel momento clou; ma se si ha qualcuno accanto a sé, è più facile risolvere i problemi.
In quei
quattro giorni si videro tre volte, anche se in
verità non
era servito per il completamento della trappola, in quanto tutto era
già stato deciso. Semplicemente volevano conoscersi meglio
l'un
l'altro, per valutare chi avevano di fronte in realtà; si
odiavano,
perché entrambi erano ossessionati dalle proprie manie di
grandezza
– completamente differenti l'una dall'altra –,
eppure si
piacevano in uno strano modo. Sicuramente non si poteva parlare
d'amore, ma neanche di semplice attrazione fisica. Desideravano
possedersi a vicenda per credere di poter dominare, seppur sapendo
–
in un remoto angolo della loro anima – di essere entrambi dei
perdenti.
Deidara non sopportava Hidan per la sua volgarità, e
quest'ultimo
era infastidito dai discorsi del biondo, che vertevano sempre e
comunque sull'arte, di qualsiasi cosa stessero parlando. Dunque
finivano spesso per l'offendersi, anche pesantemente, ma alla fine la
voglia di vincere, di esultare sotto un cielo fatto di stelle
artificiali, aveva sempre la meglio.
E fu con questa malata convinzione, che portarono la morte in casa
Iwa. Quella morte che aveva sfiorato già una volta
l'abitazione,
scappando poi senza lasciare traccia. Quella stessa morte che ora era
riapparsa, come un Dio caduto impaziente di usare ancora una volta la
propria falce.
Il sangue che fu versato quella notte macchiò i candidi
divani del
salotto, il pavimento di un color grigio spento, e perfino le pareti.
Chissà cosa avrebbero pensato i poliziotti, una volta giunti
sulla
scena del delitto; probabilmente la colpa sarebbe ricaduta sul
criminale che fino a qualche anno prima aveva terrorizzato il paese,
e che magari era tornato per una ragionata vendetta sulla famiglia
del piccolo che all'epoca si era salvato. Una cosa era certa: Deidara
se ne sarebbe andato. Ma, ovviamente, non senza prima aver onorato
quel momento. Così si strinse a Hidan per salvarsi dal
freddo polare
della notte di Natale del suo diciannovesimo anno d'età,
ormai
giunto quasi al termine.
D'improvviso,
le luci, le stelle comete, i presepi e gli abeti addobbati non gli
davano più fastidio. E gli venne perfino da pensare che
colui che
gli stava accanto non era poi così male vestito in quel
modo; il suo
strano, ma personale
Babbo Natale.
Probabilmente avrebbe riservato anche a lui, un giorno, lo stesso
trattamento scelto per i propri familiari. O forse, Hidan avrebbe
avuto la meglio.
Nessuno poteva saperlo.
Quando
una
persona che ti piace ti stringe a sé, e un po' come se fosse
sempre
Natale.
Anche se
questa persona, talvolta, vorresti ucciderla.
“
Mi
sa tanto che i miei non mi avevano mentito. Babbo Natale esiste
”
disse inaspettatamente Deidara, mentre guardava fuori dal finestrino
dell'auto che velocemente li stava portando fuori città.
“
Sei
un fottuto idiota ”
E una risata squarciò il silenzio della periferia ancora addormentata.
Fine ~