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Autore: KyubiKonanOfAkatsuki    05/01/2010    2 recensioni
[Prequel di Kowaii Kitsune]Come è nato il CP9? Perché Lucci è il più forte assassino mai visto dalla sua creazione, e qual'è il perché della sua rivalità con Jyabura? In questa storia, racconterò la nascita del CP9 aggiungendo il mio OC alla vicenda. [Kaku si tranquillizzò al tono di voce di Kokitsune, ora più o meno incolore. Lei era fatta così, ma dopotutto nella visita medica della scorsa settimana le erano stati riscontrati chiari segni di schizofrenia, ma a lei non sembrava importarne molto. Kalifa sosteneva che la sua amica era perfettamente normale e non era pazza, ma a volte non ne sembrava convinta neanche lei.
Kokitsune: -Aspetta, ora tocca a me farti qualche domanda… Che ne so, pensi che io sia pazza?-
Kaku: -No, assolutamente… Perché?-
Kokitsune: -Lo so che lo pensi. Tutti lo pensano. Anche Kalifa, ma per bontà o forse pietà non me lo dice! Io ti faccio pietà, ammettilo!-
Suonava aggressiva, di nuovo nervosa...]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cipher Pool 9, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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xAmericanpeople95: E’ un film del 1967. Si chiama proprio ‘Dio perdona… Io no!’ ed è un western. Si dovrebbe trovare, su Youtube, a me è piaciuto.

I repentini sbalzi di umore di Kokitsune sono voluti, visto che è schizofrenica (in parte causa del  Frutto del Diavolo). Kokitsune soffre principalmente di ‘schizofrenia paranoica’, ovvero dove prevalgono le idee fisse, le allucinazioni e i deliri (Kokitsune infatti ha il ‘delirio di persecuzione’ dove il soggetto ritiene di essere oggetto di una persecuzione e il ‘delirio di influenzamento’ nel quale il soggetto attribuisce un significato speciale a oggetti, eventi o persone a lui prossime). Nelle fanfic però non si nota molto perché poi Kokitsune, grazie a delle cure, riesce a eliminare parzialmente questi disturbi. Inoltre, la schizofrenia causa anche repentini e improvvisi cambi di umore e a volte capita anche che in una persona affetta da essa siano presenti due (o più) personalità distinte.

Intanto aggiungo Destiny ai preferiti e alle storie seguite (intronata come sono mi sono pure dimenticata di aggiungerle XD)(Tu ti dimenticheresti anche di respirare, guarda. ndKokitsune), poi preparo una bella recensione (io, si sa, sono negata nelle recensioni)(TU SEI NEGATA IN TUTTO, NON SOLO NELLE RECENSIONI! ndKokitsune). Mi dispiace che ora per cause di scuola non potrai più aggiornare con la stessa frequenza di qualche giorno fa, ma pazienza, aspetterò come tutti, impaziente. :3

Grazie per il consiglio sul libro! Appena lo trovo, me lo prendo, sembra molto interessante da quello che ho letto. Io invece ti suggerirei ‘Harukana machi-e’ (tradotto in Italia ‘In una lontana città’) di Taniguchi Jiro.

 

 

Kaku si tranquillizzò al tono di voce di Kokitsune, ora più o meno incolore. Lei era fatta così, ma dopotutto nella  visita medica della scorsa settimana le erano stati riscontrati chiari segni di schizofrenia, ma a lei non sembrava importarne molto. Kalifa sosteneva che la sua amica era perfettamente normale e non era pazza, ma a volte non ne sembrava convinta neanche lei.

 

Kokitsune: -Aspetta, ora tocca a me farti qualche domanda… Che ne so, pensi che io sia pazza?-

Kaku: -No, assolutamente… Perché?-

Kokitsune: -Lo so che lo pensi. Tutti lo pensano. Anche Kalifa, ma per bontà o forse pietà non me lo dice! Io ti faccio pietà, ammettilo!-

 

Suonava aggressiva, di nuovo nervosa.

Ovviamente, lei era convinta di aver parlato in tono perfettamente normale.

 

Kaku: -A… Ascolta! Non c’è niente di male ad avere un disturbo… Psichico… Ahem, cioè, c’è di male ma è curabile…-

Kokitsune: -Non sviare la mia domanda! Allora?-

 

Gli rivolse un ghigno malvagio, poi una risatina di scherno, i canini appuntiti appena fuori dalla bocca. Kaku notò che la pelliccia attorno agli occhi (rossi) le stava diventando di uno strano colore nero.

 

Kaku: -No, non mi fai pietà! E neanche a Kalifa, se è per questo!-

Kokitsune: -Senti, penso che andrò un po’ in camera mia, se non ti dispiace-

Kaku: -Aspetta, non volevo offenderti!-

 

Ma era troppo tardi: se n’era già andata.

Aprì la porta della sua stanza bruscamente e la chiuse con veemenza.

Ormai non stava più in una camera con un compagno, ma in una stanza personale, così come gli altri. La sua aveva un grande specchio a figura intera, ed era piena di roba di vario genere: una collezione di shakuhachi, vari kiseru, mobili di legno antico sui quali erano poggiate stoffe di seta rossa riccamente decorate di draghi e volpi d’oro, vari vasi di porcellana contenenti fiori, tra cui rose canine e garofani rossi. In un angolo remoto della camera, vicino a una finestra, un grande letto a baldacchino intonato al resto, biposto (che lei aveva segretamente sognato di condividere con qualcuno), e una scrivania piena di boccette di inchiostro, pergamene e pennelli per quando si dedicava al suo passatempo preferito, la calligrafia. Non c’erano sedie, ma grandi e soffici cuscini. Il pavimento era coperto da un enorme tappeto con un dragone con ben cinque artigli. Vicino all’ingresso, un tavolino con una teiera e due tazzine. Entrando nella camera, la prima cosa che saltava all’occhio, oltre alla luce che filtrava a malapena, era la grande quantità di fumo provocato dal profumatissimo incenso che Kokitsune accendeva ogni giorno, che dovesse pregare, concentrarsi o meditare. Passò più volte davanti allo specchio, meditabonda, non accorgendosi che il riflesso non era esattamente il suo…

 

???: -Hey!-

Kokitsune: -Oh?-

 

Si fermò proprio davanti all’oggetto e fece un salto indietro dalla sorpresa: non vide se stessa, ma un uomo dall’elegante soprabito rosso e le vesti sgualcite, i corti capelli neri e un paio di lunghi baffi. Gli occhi scuri e il sorriso beffardo. Era lui, Gol D. Roger.

 

Kokitsune: -Oh, fantastico, un altro segno della schizofrenia, le allucinazioni!-

Roger: -Senti bella, che ti piaccia o no, noi due siamo una cosa sola… Un’unica entità, se preferisci. C’è una cosa che ci lega, indissolubilmente…-

Kokitsune: -Ora che ci penso, parecchi anni fa ebbi quello strano ‘sogno’ della tua esecuzione… Ma che sto facendo, ora parlo anche con il frutto della mia immaginazione!-

Roger: -Ascoltami!-

 

Kokitsune si ammutolì all’istante, il tono duro e autoritario dell’ “allucinazione” era incontestabile.

 

Roger: -E’ proprio questo che la Marina vuole! Vuole sfruttare il nostro legame! Non capisci?-

Kokitsune: -Non capisco cosa possa legarmi a te!-

Roger: -Il tuo Frutto del Diavolo Kon Kon modello Kyuubi Ryuko, accidenti! Il sogno di tanti anni fa… Non era che il ricordo che avevo della mia esecuzione!-

Kokitsune: -Quale Frutto del Diavolo? Io sono una volpe, capisci, ci sono nata così… Maledizione, lo sapevo che in me c’era qualcosa che non andava… Allucinazioni…-

Roger: -La tua testardaggine è la cosa che non va! La Marina, il Governo… Vogliono utilizzarti come arma, non capisci? Vogliono estrapolarti le mie memorie, per imparare a utilizzare i tuoi poteri, conoscere segreti di cui tu non hai idea!-

Kokitsune: -Non ti credo…-

Roger: -Non VUOI credermi-

Kokitsune: -SILENZIO!-

 

In uno scatto d’ira, prese un kiseru in bambù e metallo dalla sua collezione e lo scagliò contro lo specchio, che andò in mille pezzi, le schegge cristalline che volavano da tutte le parti. Una di esse le mancò miracolosamente l’occhio destro, ma lei era ignara che era stata una sua involontaria fiammata azzurra a deviarla.

 

Roger: -Sette anni di guai… Impara a controllare i tuoi impulsi animali, o saranno la tua rovina!-

Kokitsune: -HO DETTO SILENZIO!-

 

Disse la volpe, disperata, cadendo in ginocchio a terra, le mani appoggiate al pavimento, la testa bassa. I suoi lunghi capelli castani le caddero come acqua sulle spalle: aveva perso l’abitudine di lasciarseli alla meno peggio, come quando era adolescente e li aveva corti. Adesso che erano lunghi fino alle caviglie, li lisciava praticamente ogni giorno. Sapeva che, da quando avrebbe iniziato ad avere missioni, non avrebbe potuto dedicarsi molto tempo. Così, anche per questioni di comodità, quando doveva lavorare legava i capelli nella classica lunga ‘coda’ con la garza rossa. Si rialzò, traballante, nervosa. Una tazza di tè le avrebbe fatto bene, si disse. Si diresse allo stipetto dove teneva varie varietà di tè, quando la sua porta si aprì e si richiuse velocemente: era Lucci, e teneva qualcosa in mano. Subito andò verso Kokitsune, praticamente inchiodandola alla parete, sventolandole la cosa che aveva in mano davanti al muso. Era la foto, Kokitsune ne era certa, che l’uomo aveva già da parecchi anni, da quando l’aveva visto piangere all’ospedale. Quel giorno, aveva una foto in mano.

 

Lucci: -Devi aiutarmi-

Kokitsune: -Piano, piano! Accomodati, stavo preparando qualcosa da bere-

 

Lui obbedì, ma più per avere qualcosa da fare che per ordine della volpe. Sprofondò nel cuscino vicino al tavolino con la teiera. Lei tornò allo stipetto e prese un sacchettino di seta, una pentola e una bottiglia di acqua minerale. Versò l’acqua nella pentola e la riscaldò con una soffiata di fiamme azzurre dalla bocca, poi ci mise dentro il sacchetto e lo lasciò per due minuti buoni in infusione, togliendolo e rimettendolo per circa tre volte. Poi versò il tutto nella teiera e servì il tè.

 

Kokitsune: -Bevi-

Lucci: -Eh?-

 

Lucci si era completamente dimenticato della sua presenza, intontito dai ‘fumi tossici’, come li chiamava lui, dell’incenso.

 

Kokitsune: -Non essere ridicolo, è Ch'i-Men Mao Feng!-

 

L’uomo assaporò lentamente la calda bevanda. Di colpo si sentì più calmo, dimentico della fretta che aveva avuto nel mostrare la foto a Kokitsune. Quest’ultima, seduta in un cuscino di fronte a lui, trangugiò in un sorso solo l’intero contenuto della teiera.

 

Lucci: -Mi devi aiutare-

Kokitsune: -L’ho capito, sai?-

Lucci: -Questa foto-

 

Le diede la foto: raffigurava una bella donna vestita di bianco, lo sguardo triste, vicino a un uomo elegantemente vestito, lo sguardo severo. Tra di loro, un bambino sui tre anni, era proprio Lucci.

 

Kokitsune: -Me la stai mostrando perché…-

Lucci: -Voglio far luce sul mio passato-

 

Kokitsune rimase stupita: perché mai LUI chiedeva aiuto a una che di passato non ne aveva? Forse perché se avesse chiesto ‘aiuto’ a qualcun altro probabilmente l’avrebbero preso per pazzo, considerando chi era. E la volpe, beh… Lei la consideravano già pazza. Qualunque cosa avrebbe detto, sarebbe passata per una cialtroneria.

 

Kokitsune: -Tua madre è triste-

Lucci: -Vorrei sapere il perché…-

Kokitsune: -Beh, la capisco! Avere un figlio come te!-

 

Si concesse una risatina malvagia che in genere non usava mai.

Si era ben accorta che Lucci era stordito e quindi aveva deciso di prendersi una piccola vendetta per tutto ciò che le aveva fatto usando un po’ di violenza psicologica. 

 

Kokitsune: -Comunque… Tuo padre è così serio. E tu sembri moggio proprio come tua madre… Mmmm… In alcuni libri ho letto dei cosiddetti ‘figli illegittimi’. Magari tu sei uno di loro-

Lucci: -Io… Cosa te lo fa credere?-

Kokitsune: -I figli illegittimi sono figli nati fuori da quel che voi umani chiamate matrimonio. A quanto pare, per voi è un disonore terribile avere figli fuori da esso. Siete così strani. Mamma Volpe mi ha spiegato che per far nascere i miei sette fratelli si è trasformata in fuoco e ha separato sette parti di sé, che poi sono diventate volpi. Per creare una nuova generazione, noi usiamo la scissione. Chissà come nascono i piccoli umani… Infondo mi piacciono, con una mela in bocca, però, e ben arrostiti-

Lucci: -Ma perché… Perché mi hanno abbandonato?-

Kokitsune: -Azzardo un’ipotesi, tu eri figlio di un altro tizio che ha lasciato tua madre, lei voleva evitare il disonore, così sposò quello che nella foto è tuo padre, che poi decise di avere un altro figlio e dimenticarti. Magari tua madre non voleva lasciarti, ma è stata costretta. Aaah, la tua vita sarebbe un romanzo, così. Ma perché chiedi aiuto a me?! Io non ho nemmeno un passato, mia madre non era nemmeno mia madre! I miei genitori mi hanno abbandonata a un anno, sono venuta a scoprirlo nel modo peggiore! Io sono figlia di nessuno…-

Lucci: -Sempre meglio figlia di nessuno, che figlio di due che neanche si amano…-

Kokitsune: -Oh, guarda guarda se le mie orecchiette mi stanno ingannando, ti ho sentito parlare di amore-

Lucci: -… Maledizione a te e ai tuoi intrugli infernali! Che cosa ci hai messo nel tè, l’oppio?-

Kokitsune: -Per tua informazione, i miei ‘intrugli infernali’ sono pregiatissime varietà di tè, e poi non è colpa mia se non sai nemmeno gustarlo, tanto da dire che ci metto l’oppio dentro!-

Lucci: -… Disse quella che si scolò in un sorso un’intera teiera-

Kokitsune: -Sai Lucci, non l’avrei mai detto… Direi che tu devi esser crudele per essere giusto…-

Lucci: -Il Governo vuole così… Ama tutti, credi a pochi e non far del male a nessuno è il tuo motto, vero?-

 

In quel momento, la porta della stanza si aprì di scatto e Lucci saltò in piedi, come ripresosi improvvisamente dallo stordimento da tè e incenso: Jyabura entrò di corsa, dapprima interdetto dai pezzi di vetro per terra, poi dal vedere il ‘gattaccio’ in piedi, vicino al tavolino del tè con una Kokitsune evidentemente sorpresa. Lucci si riprese la foto e se ne andò senza dir loro niente, ma il Lupo batté rumorosamente un colpo sul tavolino, facendo quasi cadere la volpe dal suo cuscino.

 

Kokitsune: -Se sei qui per il tè, sei arrivato tardi. E’ finito-

 

Disse, accavallando le gambe e assumendo un’aria quanto più possibile innocente e rilassata.

Senza lasciarlo parlare, continuò…

 

Kokitsune: -Kaku ti ha detto tutto, suppongo… No? Mi tenete d’occhio, come una belva pericolosa…-

Jyabura: -Assolutamente no! Noi vogliamo aiutarti, ma se non collabori come pretendi di ottenere risultati?-

Kokitsune: -Come va con quella Gaterine, o come si chiama lei? L’inserviente. Quella che ti piace-

 

Jyabura non si lasciò distrarre dalla frecciatina che Kokitsune aveva appena sparato per sviarlo dal discorso, approfittando della sua poca pazienza.

 

Jyabura: -Perché Lucci era qui? Non dirmi che ti sta ricattando!-

Kokitsune: -Ricattarmi? Lui? E perché mai, kon kon!-

Jyabura: -Ho visto il tuo specchio rotto e ho fatto due più due-

Kokitsune: -Oh… Eheh… Quello…-

 

Si afferrò la testa, scuotendola.

 

Kokitsune: -Avete ragione… Io ho bisogno di aiuto… Aiutatemi! Ho bisogno di aiuto… Non di pietà…-

 

 

 

Per la stanza di Kokitsune, ho fatto riferimento a un po’ di cose.

Tanto per cominciare, il colore rosso: il rosso, in Cina e in Giappone, ha valenze positive e significa fortuna. In Occidente invece può significare l’amore divino, ma anche il sacrificio, il martirio o il tormento. Infatti assume anche valenze negative, come quelle dell’amore carnale e del sangue.

 

L’hobby di Kokitsune è la calligrafia, ovvero lo shodo (che significa ‘arte della scrittura’), ed è molto popolare in Giappone. Che ne sono vari stili.

 

Il Ch'i-Men Mao Feng è tè nero cinese, ed è considerato una delle varietà più rare al mondo. Questo infuso veniva offerto in omaggio all'imperatore, come testimoniano antichi documenti.

 

Anche i fiori nella stanza di Kokitsune hanno un significato particolare: La rosa canina infatti simboleggia delicatezza e piacere ma la tempo stesso anche sofferenza e dolore.

I garofani rossi invece significano rabbia e risentimento, ma anche energia.

 

Infine, lo scambio di battute tra Kokitsune e Lucci verso la fine sono citazioni dell’Amleto.

 

(Il disegno di Kokitsune è stato fatto da Razzek, su DeviantArt)

  
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