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Autore: Umpa_lumpa    06/01/2010    5 recensioni
Storia dedicata a Juu_Nana, con tutto il mio affetto^^ Per maggiori dettagli guardare all'interno.
- E se gli organizzassimo un brodaglia-party? – chiese titubante Matt alzando appena il viso dal sofà. Non sapeva bene come gli fosse venuta in mente quell’idea bizzarra: forse, il disgusto nel vedere l’amico azzannare con violenza il cioccolato e ingurgitarlo a grandi bocconi senza nemmeno masticarlo, oppure l’idea dello stesso, infiocchettato, sculettante e ricoperto da cima a piedi di cacao gli avevano ricordato la medesima nausea che lo colpiva ogni qual volta assaggiava quell’intruglio che al cugino sembrava, invece, piacere tanto.
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: mi spiace per voi, ma è necessaria una chilometrica premessa (suppongo siate ancora in tempo per salvarvi, se volete XD).  Innanzitutto, bisogna precisare che dedico questa storia a Juu_Nana con tutto il mio affetto, sia per il suo compleanno (con leggero ritardo^^”. Mi scuso per questo^^”), sia per Natale, sia perché è mia amica, e questo basta. Ti voglio bene!^^ Inoltre, voglio ringraziare plubuffy per le sue preziose consulenze^^ Detto questo, passo a precisazioni sulla storia vera e propria: non mi piace XD(Toh che novità XD).  L’unico motivo per cui ho deciso di pubblicarla, dopo una serie di dilemmi esistenziali, è perché, nonostante il risultato lasci molto a desiderare, mi ci sono davvero impegnata. Diciamo che per me non è stato semplice scrivere questa fanfic: in primo luogo, è una commedia (o almeno dovrebbe esserlo) e io proprio NON sono capace a scrivere commedie; secondo poi, dal momento che ho la mania di perdermi in tante elucubrazioni contorte nelle mie solite storie, ho tentato di concentrare questa sull’azione…altro risultato disastroso XD; tutto ciò ha influito anche sul modo in cui è stata scritta questa one-shot, il quale non mi soddisfa per niente. Come ciliegina sulla torta, i personaggi sono OOC *olè* XD Come al solito, dopo aver elencato tutti i motivi per cui non dovreste leggere questa one-shot, mi ritrovo ad esortarvi alla lettura XD (che ci volete fare? Mi sento in dovere di avvisare^^”). Direi di aver cianciato troppo, perciò vi lascio alla lettura: spero che mi diate tanti pareri sinceri riguardo questa shot perché ho un disperato bisogno di consigli, critiche e opinioni in generale! *disperata* Perciò non siate taccagni con quelle recensioni, fossero anche solo per insultarmi!

Tea party

 

 

 

Dei piccoli piedi scalzi fremevano a contatto con la calda moquette, alternandosi in brevi ed impazienti saltelli. Il bambino biondo a cui appartenevano tradiva una certa ansia, insita in quei movimenti e nel labbro morso con forza e nervosismo. Come se non fosse stato agitato già a sufficienza, da una parte gli incessanti "bip" provenienti dal videogioco di un ragazzino steso a pancia all'aria sul divano, e dall'altra l'indifferenza di un piccolo batuffolo bianco accucciato di fronte l'immensa finestra dell'attico non facevano altro che mandarlo ancor di più ai pazzi. 

Quest'atmosfera si ruppe nell'attimo in cui il ragazzino, giunto infine al limite della sopportazione, proruppe in un urlo agghiacciante, per poi azzannare tre o quattro volte una malcapitata barretta di cioccolata o quel che ne rimaneva. Il giocatore lo guardò sgomento, mentre l'altro compagno girò appena il viso dal suo punto di osservazione, fissandolo con apatia talmente intensa da non sembrare reale.

-Insomma, si può sapere come fate a stare così calmi?! Oggi è il suo compleanno e noi non abbiamo ancora la più pallida idea di cosa regalargli! - gridò in preda all'isterismo.

-Mello, calmati per favore. Forse siamo un po' (ma solo un pochino) in ritardo, ma in fondo cosa vuoi che sia? Si tratta soltanto di fare uno stupido regalo! Ci metteremo appena qualche minuto- ribatté la testolina rossa, con la faccia premuta contro la soffice stoffa del divano.

-ah sì, Matt? Allora sentiamo, geniaccio, cosa gli regaleresti?

Il silenzio assoluto calò sulla stanza.

Nonostante l'insoddisfacente non-risposta dell'amico, il ragazzino gongolò di una puerile soddisfazione a quel mutismo. In fondo, quel compleanno non era di una persona qualunque, ma del loro cugino Elle, ragazzo di una certa importanza nella sfera socio-politica, nonché dotato di un’eccezionale intelligenza, in netto contrasto con il nome alquanto buffo ed il suo aspetto da imbranato. Trovare qualcosa che lui non potesse ottenere semplicemente schioccando le dita era sempre piuttosto difficile, senza contare che, data la sua intelligenza, stupirlo, o quantomeno catturare il suo interesse con un dono era quasi impossibile. Ad aggravare ulteriormente la situazione, come se il tutto non fosse stato sufficiente, v’era la mania di Mello di dover trovare sempre un presente magnifico ed originale. Così, ogni anno, i tre erano costretti a scervellarsi per ore, per poi rinunciare e presentarsi a mani vuote da quel cugino che di tanto in tanto li invitava a trovarli. 
Mello si lasciò andare sconsolato sul pavimento, prendendo a fissare la porta d’ingresso dell’abitazione. Dovevano trovare un regalo da presentargli prima che quella sera rincasasse…

-    E se gli organizzassimo un brodaglia-party? – chiese titubante Matt alzando appena il viso dal sofà. Non sapeva bene come gli fosse venuta in mente quell’idea bizzarra: forse, il disgusto nel vedere l’amico azzannare con violenza il cioccolato e ingurgitarlo a grandi bocconi senza nemmeno masticarlo, oppure l’idea dello stesso, infiocchettato, sculettante e ricoperto da cima a piedi di cacao gli avevano ricordato la medesima nausea che lo colpiva ogni qual volta assaggiava quell’intruglio che al cugino sembrava, invece, piacere tanto.

-    Intendi un tea-party? – pigolò con vocina lieve l’unico dei tre a non aver ancora aperto bocca.

-    Aspettate tutti! – esclamò Mello – ho avuto un’idea geniale! Organizzeremo un tea-party per Elle!

L’idea riscosse una sufficiente dose di successo visto che il bambino sembrava molto soddisfatto di sé e Matt, d’altro canto, lo elogiava senza sosta. Near, l’ultimo rimasto, al contrario degli altri due lasciò andare pesantemente lungo il fianco la mano con cui stava torturando una sua ciocca di capelli appena prima. Una grossa goccia di sudore prese a colargli sulla fronte, mentre le gambe minacciavano di cedere di fronte alla stupidità dei cugini. 

Gli occhi azzurri del piccolo isterico si fissarono in pochi istanti verso la credenza poco prima di fiondarcisi e sbatterci quasi contro. Pochi minuti dopo, ne tirò fuori vittorioso una scatola di thé verde, agitandola a destra e a sinistra di fronte agli occhi degli altri due. Infine con un sorrisetto soddisfatto asserì di aver risolto il problema. Matt si mise a pensare (il che, il più delle volte, non era una cosa estremamente positiva): c’era un dettaglio che si ostinava a sfuggirgli …
Near che, al contrario dell’amico aveva subito intuito dove fosse il problema, si attorcigliava i capelli intorno alle dita chiedendosi se fosse il caso di metterne Mello a conoscenza.
Infine, atono e conciso disse:

- Mello, benché il thè sia la caratteristica principale di un tea party, non basta certo questo ad organizzarne uno fatto per bene, in particolar modo se è per festeggiare un compleanno.

-...-

Mentre l’albino si massaggiava il punto colpito dalla scatola di thè lanciatagli addosso, Mello disponeva le tappe da seguire durante l’uscita pomeridiana: in fondo, anche se avevano solo una decina di anni, erano pur sempre dei piccoli genietti. Infatti, giravano da soli per le strade senza alcun problema, questo anche grazie al biondino, il quale aveva sviluppato una certa abilità nel difendersi: l’ultima volta che un maniaco aveva cercato di adescarlo, “la bella bambina bionda”, accecato/a dalla rabbia, gli aveva sferrato prontamente una vigorosa ginocchiata nell’inguine. I tre poi si erano visti costretti a sfrecciare come lampi per le strade mentre quel pazzo li inseguiva, tanto che Matt quella sera stessa stette per alcune ore con i piedi a mollo. Ma, nonostante tutto, l’irascibilità del loro compagno si era rivelata utile, una volta tanto. 

Decise tutte le fermate da compiere quel pomeriggio, Matt trotterellò eccitato verso la porta mentre un frettoloso Mello avanzava in stile Indiana Jones verso l’uscio trascinandosi dietro un apatico e lento Near.

 

***Prima tappa: il supermercato***

-…uova e farina di tipo 00- concluse Near dopo aver elencato con apatica saccenteria tutti gli elementi necessari per preparare una torta (-al cioccolato!- come aveva specificato Mello con fare stizzito).

-Perfetto! – esclamò il biondo, battendo il pugno sul palmo dell’altra mano. Il più piccolo, sempre torturandosi una ciocca di capelli, era già pronto ad esprimere il suo disappunto, ma Mello, senza lasciargliene l’opportunità, si arrampicò sullo scaffale più vicino, dando l’impressione di essere una bertuccia idrofoba, più che un bambino. Una volta raggiunto l’ultimo ripiano, reggendosi con una mano, allungò cautamente l’altra nel tentativo di afferrare quantità industriali di farina. Tuttavia, prima che potesse mettere mano ad uno di quei pacchi ordinatamente disposti, il più piccolo colse l’opportunità per aprir bocca:

-Tu sai cucinare, vero Mello?

-Beh, quanto può esser difficile? Basta preparare qualche intruglio e poi infilarlo nel forno! –rispose l’altro con il braccio ancora sospeso a mezz’aria.

-Temo non sia così semplice…-

-Sciocchezze! Dimentichi che siamo dei geni … beh, almeno io lo sono – concluse Mello con tono perentorio, a segnalare che la conversazione era chiusa. Near, dopo aver borbottato qualcosa, ricacciò in gola l’orribile presentimento che lo attanagliava, spostando lo sguardo mesto sul pavimento. D’altronde, se anche era vero che un dolce comprato in pasticceria avrebbe crudelmente prosciugato il loro risparmi (o quantomeno, per quel che riguardava  le mirabolanti creazioni che Mello sceglieva e davanti cui Matt rilasciava ogni qual volta impetuosi torrenti di bava), c’erano pur sempre gli impasti pre-confezionati da supermercato. Tra l’altro, erano passati davanti un reparto straripante di tali prodotti appena qualche minuto prima. Inutile dire, però, che quando aveva provato ad indicarli, Mello lo aveva bellamente ignorato, storcendo la bocca in segno di disgusto. Erano scadenti, aveva proferito in un sibilo indignato. Poco importava che fossero la scelta più logica, aveva allora aggiunto mentalmente Near.

Ad ogni modo, quando finalmente il biondo era riuscito a stringere fra le dita un pacchetto di farina, prima che i suoi polpastrelli lasciassero definitivamente la presa dello scaffale, Matt, che fino a quel momento aveva girovagato nel corridoio, andò a scontrarsi proprio contro la struttura su cui era abbarbicato l’amico. A dire il vero, era un esito alquanto prevedibile visto che il cugino aveva passato tutto il tempo con gli occhi, ormai venati di rosso per la stanchezza, incollati allo schermo della sua psp, mentre ciocche di capelli ricadevano sui suoi goggles. Inutile dire, però, che gli altri due erano troppo presi dai loro battibecchi per notarlo. 
Tornando a noi, Mello, perso l’equilibrio, prese a sbracciarsi come una gallina isterica, emettendo rantoli paragonabili a quelli dei coccodrilli in calore (era un’impressione di Matt o somigliavano terribilmente al canto del coro della loro scuola?). Near, dal canto suo, ebbe l’impressione di potersi godere l’intero spettacolo a rallentatore: gli occhi azzurri spalancati del biondo si fissarono su quelli terrorizzati di Matt, poco prima che il posteriore del più grande centrasse in pieno la faccia dell’altro, goggles compresi. La psp, inoltre, fece un’elegante scivolata lungo l’intera lunghezza del corridoio, sparendo qualche metro più in là.

-Smettila di ridere, omino bianco!

-Non lo sto facendo, Mello – rispose l’altro, la sua espressione facciale pari ad una maschera di cera priva d’emozione. L’altro assottigliò gli occhi, sospettoso: era sicuro che, mentalmente, l’altro stesse sghignazzando di gusto. Ovviamente, non avrebbe mai potuto dimostrarlo, e Near, che, in effetti, stava dando fondo a tutte le sue riserve mentali per impedirsi di scoppiare a ridere, la considerò quasi come una vendetta personale. Ci misero qualche minuto ad accorgersi del loro compagno rantolante che teneva il viso rosso paonazzo nascosto dalle sue mani.

-Mello, il tuo sedere è duro come un masso! – guaì, scoprendosi finalmente il viso. L’amico, dal canto suo, si era già preparato a fiondarsi contro Matt ma non ne ebbe il tempo che l’altro scoppiò a ridere, seguito da Near, ormai incapace di trattenersi.

-Che diamine ti ridi?

-Oh, Mello! Guardati: sembri Near! – disse l’amico fra un singulto e l’altro, asciugandosi le piccole lacrime dovute al troppo riso.

-Hey! – esclamò l’albino, indignato.
Il loro compagno, si limitò a guardarsi i vestiti in un disperato tentativo di vederci più chiaro: si accorse così che la farina, rovesciatasi dal pacco che aveva tentato di tirare giù dallo scaffale, si era sparsa per l’intero corridoio, dando l’impressione che dentro al supermercato avesse nevicato. E, con suo enorme orrore, si rese conto che buona parte di quella bianca polvere si era riversata sui suoi abiti, così come sui suoi capelli, facendolo, in effetti, assomigliare a Near con i capelli lisciati alla perfezione. 

Mentre l’amico continuava a ridere come una delle iene del re Leone, Mello si rialzò con lentezza, prestando maniacale attenzione nell’atto di sgrullare ogni singolo granello di farina appiccicatosi ai suoi vestiti neri. Infine, stizzito, si avviò alla ricerca degli altri ingredienti, nella speranza di uscire quanto prima da quell’odioso edificio e, soprattutto, di allontanarsi più velocemente possibile da Matt che, ancora spalmato per terra, si teneva la pancia, faticando a ritrovare respiro. 

Una mezz’ora dopo, con grande sollievo di tutti e tre, finirono di raccogliere tutti gli ingredienti e si avviarono alla cassa.

-Sei sempre sicuro di riuscire a preparare una torta senza difficoltà, vero? – pigolò il più piccolo, poco prima che arrivasse il loro turno.

L’altro sbuffò scocciato:

-Ti ho già detto di sì! Di sicuro non ci vuole molto … insomma, persino Matt ci riuscirebbe!

-Hey!

-Basta discutere: è già tutto deciso – concluse categorico il biondo, per la seconda volta nel giro di quel pomeriggio. Pagato il conto, dopo essersi attirati le occhiate sbalordite di una commessa (d’altronde, non è di tutti i giorni vedere tre bambini fra cui un potenziale terrorista ed un albino borbottante riguardo la scortesia di un certo “ragazzino di dubbia sessualità”), uscirono entusiasti verso la prossima tappa.

***Seconda tappa: il centro commerciale***

Mimi cominciava davvero a preoccuparsi. 
Il suo nervosismo era evidente dal modo in cui torceva la pezza con la quale fino a pochi momenti prima stava spolverando e dal colorito biancastro assunto dalle nocche della sua mano. I suoi datori di lavoro le avevano affidato il negozio da appena qualche minuto e, se fino a poco prima le sembrava una giornata tranquilla, si era dovuta ricredere: un bambino si era appiccicato alla vetrina che lei aveva pulito proprio quella mattina e da lì non si era più staccato. La sua faccia era talmente schiacciata contro il vetro che la bocca si era distorta, lasciando intravedere i denti e qualche rivolo di bava; inoltre, i suoi occhi avevano assunto uno sguardo tanto strabico quanto eccitato. Insomma, quel ragazzino dai capelli rossi le metteva un’inspiegabile ansia. Le sembrava quasi come se, da un momento all’altro, potesse entrare nel locale e depredarlo di tutti i videogiochi custoditi all’interno, primo fra tutti “Assassin’s Creed”, che aveva attirato subito la sua attenzione. Per qualche attimo ponderò persino l’idea di precipitarsi là fuori e staccarlo dalla vetrina con l’aiuto della scopa, visto che dava l’impressione di essersi letteralmente incollato sulla superficie.

-staccati Matt! Non abbiamo tempo da perdere! – gridò Mello nel bel mezzo del centro commerciale. Erano entrati lì da mezz’ora ormai e non avevano ancora concluso niente, in buona parte perché il suo amico si era innamorato di uno stupido aggeggio elettronico! Aveva provato a tirarlo via, ma i suoi polpastrelli avevano fatto presa sul vetro quasi come i tentacoli di una piovra. Inutile dire, poi, che quel nano bianco che aveva avuto la malaugurata idea di portarsi appresso (ancora gli sfuggiva quale fosse la sua utilità) non aveva fatto il minimo sforzo per aiutarlo. 
Si lasciò scappare un altro sospiro carico di frustrazione. Poi, raccogliendo tutte le sue forze, afferrò i lembi della maglietta a righe del più piccolo e, puntati i piedi sul terreno, tirò con tutte le sue forze. La vittoria venne pagata a caro prezzo: entrambi presero a ruzzolare all’indietro per un po’, guadagnandosi un fastidioso mal di testa. Se solo Near non fosse stato coinvolto con loro, Mello avrebbe urlato a pieni polmoni per tutto l’edificio, e le sue narici si sarebbero dilatate talmente tanto da conferirgli le sembianze di un toro imbestialito. Tuttavia, la visione del piccolino che si massaggiava la testa con dissimulata sofferenza attutì appena la rabbia che stava crescendo sempre più in lui.

- Mello – si lamentò Matt, mettendo particolare enfasi sulla vocale finale – stavo vedendo un attimo quel negozio! E’un mio diritto: d’altronde, ti ricordo che è colpa tua se la mia psp è andata perduta – concluse disperato, impegnando il braccio in un gesto teatrale.

-Non è stata colpa mia: se solo tu guardassi dove metti i piedi, non sarebbe successo! E poi, non hai nemmeno i soldi per ricomprartela, quindi…

-Però potrei chiederlo ad L

-Avevi davvero intenzione di farlo? – interruppe Near con tono calmo e razionale. 
Matt, dal canto suo, rise nervosamente, accarezzandosi il colletto della sua maglietta a righe: se doveva essere onesto, in quei minuti di mistica contemplazione del negozio, si era ritrovato a considerare l’eventualità di fare una rapina o, quantomeno, un tentativo di saccheggio. Non è che fosse una persona disonesta: semplicemente, era ormai un’ora che non toccava il tasto di un videogioco e stava lentamente sprofondando in crisi d’astinenza. Lo sguardo che Near gli stava rivolgendo – sembrava gridargli: “so sempre tutto quel che ti passa per la testa”- cominciava a metterlo un po’ a disagio, così, rassegnatosi a stare lontano dai suoi adorati videogames ancora per un po’, lasciò cadere la testa in avanti. Infine, appesantito dall’opprimente silenzio che sembrava essere calato, tentò di giustificarsi ancora una volta. 

Tuttavia, non ebbe nemmeno il tempo d’aprir bocca che il più piccolo se n’era già andato, preso in un’estatica contemplazione di un robottino d’epoca custodito in un negozio di collezionismo lì vicino. 
Ecco, adesso poteva davvero vedere le narici di Mello fumare dalla rabbia. Per qualche attimo, si immaginò nelle vesti di un toreador, sventolante una tovaglia rossa e pronto ad evitare un’ incornata da parte di un toro biondo. 

Era talmente preso da tale visione che non si accorse nemmeno che l’amico, dopo aver digrignato qualche frase sconnessa a denti stretti, era scomparso. Si risvegliò dal suo stato di trance solo quando avvertì un lembo di stoffa venir arrotolato attorno al suo polso; era dannatamente stretto, tra l’altro!

-Ma che cos…?

-E’ un altro dei piani psicotici di Mello

-Non è psicotico! – esclamò il bambino dopo aver smesso di ridere come un personaggio manga di uno shonen scadente. Poi, dopo essere stato colpito da chissà quale illuminazione divina –se il ghigno malefico che aveva stampato in faccia ne era una qualche indicazione- diede un violento strattone alla sciarpa che legava i polsi dei suoi compagni al suo. I due, per tutta risposta, cozzarono dritti l’uno contro l’altro, dandosi una poderosa testata. Mello scoppiò a ridere:

-Bene, così non potrete più scappare da una parte e dall’altra! Vi ricordo che dobbiamo concentrarci sulla nostra missione! – e così dicendo agitò un pugno in aria, con fare solenne- e voi non fate altro che distrarvi!- Esclamò infine. Dopodiché, diede un altro violento strattone, trascinandosi i più piccoli dietro.

Dopo aver chiesto informazioni ad una signorina lì accanto, si diressero verso il punto indicato da questa, finendo dritti in un negozio di giocattoli.

-Ma che diamine…?! Vuoi vedere che ci ha scambiato per dei mocciosi? Io le avevo chiesto le indicazioni per un negozio dove prendere un bel regalo e non per il paese dei balocchi! – gridò Mello in preda ad una crisi isterica.

Ma non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi verso i suoi due compagni che sentì le sue braccia essere tirate in direzioni opposte; trattenne a stento un urlo di dolore. Matt aveva le cascate del Niagara colanti –beh, in fondo la bava è più densa dell’acqua- dalla sua bocca e le dita delle sue mani protese in avanti si spiegavano e piegavano in un movimento ossessivo-compulsivo, dando l’impressione di voler afferrare l’aria. Near, dal canto suo, tentava di contenersi ma l’adorazione per la distesa di puzzle che serbava davanti agli occhi era palesemente manifesta nella sua boccuccia leggermente aperta – Mello avrebbe gradito se qualche mosca vi fosse entrata dentro- e dagli occhioni luccicanti, estremamente simili a quelli di uno stupido chibi manga. 

Alla fine, strano ma vero, Near riuscì a liberarsi con poca difficoltà dalla sciarpa – l’aveva morsa?!- e sparì dalla vista degli altri due. Poco dopo, Matt fece lo stesso. 

Rimasto solo, il biondo sbuffò esasperato mettendosi alla ricerca degli altri due. La sua mente ponderò per qualche attimo l’eventualità di abbandonare Near in quel negozio. Beh, come biasimarlo? Dopo tutto, era un’occasione da non lasciarsi scappare. Quando poi si ricordò della tesi del suo migliore amico, il quale sosteneva che il più piccolo fosse in realtà il fantasma di un bambino morto qualche anno prima, cambiò idea, non volendo rischiare che uno stupido spettro non lo lasciasse dormire in pace per una qualche stupida vendetta. 

Già dopo pochi minuti la frustrazione era talmente pesante da risultare quasi tangibile. Al terzo scaffale di barbie che si era ritrovato davanti, cominciò a progettare ogni tipo di tortura da infliggere agli altri due, non appena ritrovati. Ma stava girando in tondo in quella giungla di giocattoli oppure quei pezzi di plastica anoressici stavano progettando di conquistare il mondo?!

E poi la vide: così bella, dai fianchi lisci e dolci…fu amore a prima vista. 
A quella visione, i suoi occhi presero a brillare per lo stupore, mentre la sua mano si allungava in avanti con lentezza, quasi timorosa che un qualsiasi movimento brusco avesse potuto dissolvere quell’eterea visione. Afferrò il manico della pistola spara prezzi, avvertendone il nero potere. 

Una commessa scappò terrorizzata quando vide un biondino maniaco puntare una pistola al soffitto ridendo come un ossesso…e poi dicono che i videogiochi odierni non istigano alla violenza! 
Se possibile, Mello prezzò la metà dei prodotti presenti in quello sterminato negozio: il suo passo era furtivo come quello di un felino, la mente concentrata a scovare ogni bersaglio e a nascondersi da occhi indiscreti, gli occhi spalancati fino all’inverosimile, il respiro affannato e provato da un’enorme scarica di adrenalina. Riusciva ad avvertirla circolare sempre più frenetica in ogni fibra del proprio corpo, in ogni anfratto dei suoi muscoli tesi. Se prima aveva dei dubbi sul suo futuro, adesso nutriva la certezza che la carriera del sicario fosse la sua più grande aspirazione di vita (sotto approvazione di suo cugino L, ovviamente). 
Il pensiero lo faceva quasi sbavare come un cane. 

Era così preso dalla sua piccola esperienza alla “Metal Gear Solid” da non essersi accorto di aver trovato Matt. O meglio dire il contrario dal momento che il ragazzino, visto l’oggetto stretto nelle mani dell’amico, si era aggrappato alla sua schiena come un koala, continuando a farneticare petulanti frasi del tipo: “Me la fai provare? Eh? Eh? Eh? Eh?”.  

Resosi conto che non sarebbe mai riuscito ad attirare l’attenzione del biondo, lasciò finalmente stare la sua schiena, mettendosi alla ricerca di un’altra pistola. In realtà, non ci mise molto a trovarla e, come si può ben immaginare, fu proprio questo il problema. Se il più grande era riuscito a trasformare quel luogo in una sorta di poligono di tiro, insieme riuscirono a fargli assumere le sembianze di un fronte di battaglia. Avevano mietuto un’infinità di vittime, senza risparmiare nessuno: un povero bambino, vittima innocente di una mira presa male, si era ritrovato prezzato sulla fronte e, se la madre non si fosse messa ad urlare in preda al terrore alla cassa, sarebbe stato comprato da un povera nonnina attanagliata dalla solitudine per il conveniente prezzo di 10 sterline. 
Peccato che Near fosse un fantasma, perché quello sarebbe stato un altro ottimo piano per disfarsi di lui, aveva pensato Mello con rammarico. 

La battaglia si concluse quando, dopo uno scontro faccia a faccia, in pieno stile western, suddetto batuffolo bianco si era materializzato dal nulla (ulteriore prova della sua natura ectoplasmatica?), puntualizzando, come suo solito, che non avevano ancora trovato un regalo. Anche se, in compenso, avevano guadagnato l’ultimo sfavillante modello del robottino di Buzz Lightyear, stretto con forza dalle mani del piccino.

-Bene! Perfetto! Siamo in terribile ritardo sulla tabella di marcia e non abbiamo nemmeno la più pallida idea di cosa comprargli!

- Beh, la psp sarebbe un’ottima idea, no?

Matt si sentì d’improvviso grato per il fatto che gli sguardi non avessero ancora acquisito la facoltà di uccidere. Prima che Mello potesse aprir bocca per lanciare una sfilza d’insulti all’amico, Near intervenne:

-Beh, io un’idea ce l’avrei- pigolò, esponendo, poi, suddetta trovata. Gli occhi di Mello si illuminarono dall’eccitazione:

-Sì, potrebbe andare!- esclamò, quindi, tirando i compagni alla ricerca del reparto dove potessero trovare quel regalo. Di certo, L sarebbe rimasto senza parole!

 

***Terza tappa: casa. (ovvero i preparativi per il party)***

 

Il fumo era nero e soffocante, talmente denso da dargli l’impressione che, se solo avesse allungato una mano in avanti, sarebbe riuscito a toccarlo e la sua consistenza sarebbe stata pari a quella del marmo.
Avrebbe ucciso Matt. 
Era già sicuro che quel ragazzo sarebbe morto grazie al fumo, un giorno o l’altro, ma era ben consapevole che quel dì non era ancora arrivato: dal momento che, nelle riunioni di famiglia del piccolo giocatore, tutti i suoi parenti fumavano, dando al malcapitato di turno l’impressione di essere nel mezzo di un camino, era ben consapevole che la resistenza dei polmoni del suo amico andava ben oltre la sua. 
Tuttavia, se era giunta la sua ora, pensò il piccolo biondo tossendo disperato, allora Matt lo avrebbe seguito giù nell’inferno. 

Near, dall’altra parte della stanza, prendeva grandi boccate d’aria affacciato ad una finestra dell’attico. In questo modo, rischiava quasi di cadere, quando un urlo animalesco infranse la barriera del suono. Se solo non avesse rischiato l’asfissia, avrebbe spalancato la bocca dalla sorpresa. Mello, guidato dal suo istinto bestiale, si era lanciato addosso a Matt, il quale, già in bilico su una sedia, era rotolato a terra fino a sbattere contro la parete.

-Come diamine hai fatto a bruciarla?!

-Mi ero un pochino distrat-----

-Giocando al game-boy, vero? Ah, già che ci sono…si può sapere da dove diamine l’hai tirato fuori?!

Matt era un vero mago quando si trattava di far spuntar videogiochi dal nulla, tanto che i due cugini cominciavano a sospettare quasi che se li fabbricasse con le sue mani. 

Quando, infine, il fumo si diradò, Near vide i due ansimare pesantemente, tentando di immagazzinare nei loro polmoni quanta più aria possibile. Boccheggiavano disperati, avvertendo un immenso bruciore ad ogni respiro e sentendo piccole lacrime calde sgorgargli dagli occhi; una mano di Mello era ancora incastrata fra i capelli di Matt, intrappolando le sue ciocche in un pugno tanto serrato da aver reso bianche le sue nocche. Spostando il suo sguardo un po’ più in là, si compiacque nel constatare che il forno, grazie al cielo, non era ancora esploso sebbene la torta all’interno fosse ormai carbonizzata. 

Lo aveva sempre saputo che sarebbe andata a finire così: quel brutto presentimento non lo aveva lasciato stare sin da quando erano entrati nel supermercato. Difatti, quando, arrivati a casa, Mello aveva cominciato a dividere gli incarichi, quel groppo in gola sembrava soltanto essere aumentato. Il fatto che Matt, in un primo momento, stesse cucinando quella torta senza alcuna difficoltà, tra l’altro, aveva ulteriormente acuito quella orribile sensazione: stava filando tutto troppo liscio. 
Fu strappato dalle sue riflessioni quando il più grande, afferratolo per il bavero della camicia-pigiama, aveva cominciato a scuoterlo con insistenza e furia omicida.

-E tu, si può sapere che diamine hai fatto?!

L’altro, calmo e flemmatico come sempre, voltò il capo in direzione della tavola, per poi tornare a guardare il cugino.

-Ho apparecchiato la tavola, come mi avevi chiesto

-Cretino! E’ una festa di compleanno, non il ricevimento di nozze della principessa Sissi! – urlò il ragazzo indicando con il mento le preziose porcellane, l’argenteria lucida e i delicati calici di cristallo. Matt, dal canto suo, sprecò tutta l’aria che aveva faticosamente recuperato scoppiando a ridere come un pazzo: la visione di suo cugino L – i capelli corvini scompigliati, la postura da scimmia e quegli orribili solchi neri sotto gli occhi- che sculettava in un pomposo vestito viennese era a dir poco esilarante.

-Sei tu che mi hai detto di fare una tavola elegante. Mi sono solo attenuto a ciò che mi avevi chiesto.

-E quello allora?!- gridò con tutta la sua forza il cugino, indicando con veemenza il centro del tavolo. Lì giaceva una foto di L (ne esisteva una?!), circondata da due ceri accesi. Sembrava un altare funebre, per la miseria!

-Pensavo desse un tocco di solennità in più – ribatté l’altro attorcigliandosi un ricciolo attorno al dito. Mello, per tutta risposta, riprese a scuoterlo, facendo prontamente corna con la mano non impegnata a strangolare il più piccolo. 

Ci volle qualche minuto perché un crampo al polso costringesse il biondo a calmarsi e a chinare la testa sconsolato. 
Ricapitolando: la torta era andata in fumo (nel senso letterale del termine), la tavola era da rifare (compreso l’altare funebre che doveva essere smontato a tutti i costi, pensò digrignando i denti) e il pacco…beh, stendiamo un velo pietoso. Nonostante fosse ben consapevole della sua grande vena artistica e creativa, costantemente criticata da quegli incompetenti dei suoi insegnanti d’arte, doveva ammettere che non era riuscito ad incartare il regalo molto bene. 

Preso ancor più dalla disperazione, si afferrò la testa fra le mani, lasciandosi scappare un gemito carico di frustrazione. 

Matt, dal canto suo, prese a fissare l’amico con aria sconsolata: gli dispiaceva per quel che era successo, anche perché in buona parte era colpa sua. In realtà, non era molto desolato per la scarsa riuscita della festa. D’altronde, per quanto il cugino gli stesse simpatico, non godeva di particolare affetto o attenzioni da parte sua. Tuttavia, la visione del suo migliore amico afflitto e rannicchiato a terra faceva sì che la sua nuca bruciasse dai sensi di colpa e che il suo stomaco si torcesse dal dispiacere. Si disse che, in fondo, quella festa era più per Mello che per L. 
Deciso a rimediare al suo errore, si sedette accanto al biondo, abbracciandogli le spalle in un atteggiamento di conforto.

-Dai Mello, non è una tragedia. In fondo, possiamo ancora rimediare. Manca un’ora e mezza, c’è tutto il tempo per farlo, se ci mettiamo d’impegno.

-E come possiamo fare, scusa? La farina rimasta è poca per rifare la torta – sospirò il più grande, fissando sconsolato tutti quei granelli bianchi finiti sul pavimento durante la precedente azzuffata.

-uh, e ti arrendi così facilmente? – proruppe il più giovane dei tre, esibendo un piccolo sorriso di scherno. 
Matt aveva già aperto la bocca per zittirlo quando, una volta incrociato lo sguardo dell’altro, aveva capito le intenzioni del nano bianco. Il miglior modo per convincere Mello a fare ciò che si vuole? Provocarlo! Doveva dare ragione all’amico: il cugino, sebbene piccolo e in apparenza indifeso, aveva una mente diabolica all’occorrenza.

-cosa vorresti dire?

-Niente. A dire il vero, non è che mi aspettassi molto da te nell’organizzazione di questa faccenda. L’avevo detto sin dal principio, no? – rispose Near con voce apatica e scostante. Ci fu un guizzo divertito nel suo sguardo quando il biondo sollevò il capo, fissandolo carico d’ira. Quindi riprese: - non capisco per quale motivo mi guardi in quel modo. Sto solo constatando i fatti.

Prima che il biondo potesse staccare a morsi la gola del più piccolo, Matt lo prese per le spalle, osservando divertito come Near non avesse nemmeno battuto ciglio, con ogni probabilità ben consapevole che Mello sarebbe stato afferrato prima che potesse fare alcun danno.

-Ad ogni modo, c’è abbastanza farina per fare dei biscotti di pasta frolla al cioccolato. Certo, non sono di grande effetto come la torta, ma se sono buoni che differenza fa?

E fu solo allora che Mello smise di agitare le braccia, mentre i suoi occhi si spalancavano nella realizzazione di ciò che l’altro aveva appena fatto. Piccolo bastardo! Tuttavia, non si permise di sentirsi ridicolo; si limitò a lanciare un’occhiataccia in direzione del più piccolo, per poi voltarsi verso Matt.

-Bene, allora è deciso: Matt, prepara i biscotti. Il che implica niente videogames, yo-yo, sigarette di cioccolata o colonna sonora di Alvin superstar, chiaro?
Il bambino in questione annuì eccitato

-Tu – e così dicendo puntò un dito in direzione dell’altro cugino – ti occuperai della tavola. Deve essere carina, ma niente cristalleria della regina Elisabetta, che diamine! E per l’amor del cielo, togli quella foto! – gridò. 
L’altro si limitò ad arrampicarsi su una sedia e a soffiare sopra uno dei due ceri, spegnendo così la fiamma.

- E per quel che riguarda te, invece – digrignò in direzione del regalo – questa è una faccenda fra noi due!

 Quando Matt vide il suo migliore amico lottare contro quel pacchetto, i polsi avvinghiati dai nastri lucidi e le spalle coperte dalla carta regalo, si lasciò scappare un piccolo sorriso soddisfatto.

***

 

  Abituato all’oscurità, i suoi occhi non fecero fatica ad osservare la stanza in cui si trovava, nonostante l’unica fonte di luce fossero i lampioni di quella città caotica, separata appena da lastre di vetro. 

La casa era un disastro: il pavimento della cucina era diventato bianco a causa di tutta la farina rovesciatasi in terra, lo zucchero si era appiccicato al ripiano del tavolo e gli era sembrato di scorgere un oggetto nero non identificato giacente nel forno; la cristalleria, sebbene fosse stata rimessa a posto con meticolosa attenzione, era stata chiaramente spostata a giudicare dalla polvere smossa; e vogliamo parlare del salotto? Quando era arrivato, dopo essere stato assalito dai suoi due affezionati cuginetti e salutato da un Matt sempre preso nel suo mondo di videogiochi, aveva trovato a terra una scia di carta da regalo stracciata, evidente prova di una sanguinosa lotta. E perché la sua foto (quell’orrore scattato da Watari a tradimento e che ogni volta si riprometteva di distruggere fra le fiamme del caminetto) era stata spostata? 

Non che il disordine gli desse fastidio, davvero. Tuttavia, si rendeva conto che era di certo meno irritante quando era lui stesso a crearlo, senza contare che quando Watari sarebbe entrato nell’attico la mattina dopo, gli avrebbe di certo fatto una bella lavata d’orecchie prima di ripulire il tutto. La mania che il suo tutore aveva per l’ordine, risultava deleteria delle volte, davvero.

 Sospirò sconsolato quando Mello strinse ancor di più la sua maglietta. 

A fine festa, si erano rifiutati di andare a letto, sostenendo che non avevano affatto sonno. 
Inutile dire che dopo pochi minuti erano tutti e tre crollati, Near primo fra tutti. 
Sarebbe stato un sollievo, a dire il vero, se solo non si fossero tutti aggrappati a qualsiasi parte di lui afferrabile al momento. E, sebbene fosse affezionato ai suoi tre cugini, rimaneva comunque infastidito da quel contatto fisico così opprimente; non lo aveva mai sopportato. 

Scivolò un po’ sul divano, cercando un po’ di libertà in più dalla presa ferrea del più piccolo e del biondo. Gettò un’occhiata languida in direzione del suo portatile, custodito nella borsa ai piedi del tavolino: come avrebbe fatto ad afferrarlo senza svegliare i cugini? Doveva pur sempre lavorare. E come ciliegina sulla torta, non riuscì a trattenere un moto di disgusto nello scorgere il regalo che quelle pesti gli avevano acquistato: quel ridicolo costume da Sherlock Holmes offendeva la sua intelligenza, davvero. 

Eppure, quando i tre si strinsero ancor più contro di lui, nonostante i fremiti di fastidio che scossero ogni angolo del suo corpo, sentì il suo sguardo addolcirsi e le sue labbra alzarsi in un piccolo sorriso. Quindi, si sistemò meglio sul divano, gettando un ultimo sguardo verso quelle tre pesti dei suoi cugini. Non amava festeggiare il suo compleanno né era solito farlo, ma si disse che per quella volta poteva anche andare.

 

Piccola nota di fondo pagina per Maddalena: hai visto? Ce l’ho fatta! XD Ancora auguri e scusami per questo regalo un po’…beh…XD

 

 

 

 

 

   
 
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