LOST
Caspian
era ormai re di Narnia da oltre sei mesi.
In quei primi attimi di vita del suo regno avrebbe dovuto sentirsi
orgoglioso e
pronto a rimediare agli errori commessi dai suoi avi, che tanto
negativamente
avevano inciso sulla popolazione narniana negli ultimi secoli.
Certo,
era consapevole dell’importanza dei doveri
che lo aspettavano e avrebbe dato tutto se stesso per la pace e la
prosperità
dei suoi sudditi, eppure si sentiva stranamente vuoto.
Detestava
mostrarsi così vulnerabile agli occhi
della corte – l’orgoglio era da sempre suo pregio e
difetto, e l’aveva portato
a scontrarsi varie volte con il re supremo Peter – per questo
celava quel senso
di malinconica oppressione dietro la maschera del sovrano sicuro di
se’. Questa
parvenza ingannava chiunque, ma non il suo vecchio e saggio maestro, il
dottor
Cornelius, conscio del fatto che la malattia che attanagliava il cuore
del
giovane sovrano aveva un solo nome: amore.
Già,
dal momento in cui Caspian aveva contemplato
per l’ultima volta gli occhi penetranti della dolce regina
dell’età d’oro di
Narnia, era sprofondato in un’atonia mai riscontrata dal suo
insegnante, il
quale a stento riconosceva nell’uomo straziato da rimpianto e
nostalgia il
vivace ragazzino che a sette anni preferiva impartire ordini a
un’immaginaria
schiera di soldati piuttosto che affrontare i problemi di algebra!
Più
volte il saggio aveva tentato di affrontare
l’argomento, ma ogni volta che la parola
“Susan” sfuggiva dalle sue labbra, si
spaventava di fronte al mutamento del giovane sovrano, i cui grandi
occhi color
ebano si riempivano di una sofferenza tale da dare
l’impressione che ogni
scintilla di gaiezza fosse ormai estinta in lui.
Non
era il ricordo dei momenti passati con Susan –
oh no, era un piacevole mare di ricordi in cui annegare – ma
la consapevolezza
che lei non sarebbe più tornata a rendere così
insopportabile quell’argomento.
Così
il povero Cornelius era costretto ad
assistere in silenzio alle lotte interiori del giovane allievo.
Caspian
era consapevole del fatto che per andare
avanti doveva recidere i legami con il passato, ma il suo cuore era
più forte
della ragione.
Così,
ogni volta che i vari impegni o il restauro
di Cair Paravel lo lasciavano libero, soleva fare lunghe cavalcate da
solo.
Immancabilmente, e senza averlo premeditato, si ritrovava in un luogo
che era
stato scenario di uno dei pochi e preziosi momenti passati con la dolce
regina:
la radura della tavola di pietra dove si esercitavano con
l’arco, il bosco dove
l’aveva salvata, all’albero-portale davanti al
quale si erano scambiati il
bacio d’addio… Era come se quei luoghi avessero il
potere di fargli percepire
la presenza di Susan.
Anche
quel pomeriggio, sellò il suo fidato
destriero e si lanciò in una lunga cavalcata, sperando che
nel luogo in cui si
fosse fermato avrebbe potuto ritrovare qualche traccia della sua amata.
Cavalcando
nel vento, si ritrovò a gridare
silenziosamente tutta la sua pena d’amore, concentrandola in
una sola parola:
“Susan!”.