Adesso sono sola…
Questo pensava Diana Barry ora che Anna Shirley, la sua
amica del cuore dall’età di undici anni, era partita alla volta dell’accademia
di Queen’s.
Perché non sono andata anch’io con lei! Continuava a ripetersi
una sempre e più triste Diana continuando il suo triste cammino verso casa.
Una settimana prima, i ragazzi con la signora Stacy erano
partiti per l’accademia e non sarebbero tornati che per le festività natalizie,
cioè tra quasi quattro mesi.
Anna non era stata l’unica a lasciare Avonlea, anche Ruby,
Jane e Josy, Gilbert, Moody e Charlie erano andati all’accademia. Già, tutti
avevano deciso di continuare a studiare, tranne lei.
E pensare che Anna aveva faticato le proverbiali sette
camice per far si che lei ci ripensasse, poi si era dovuta arrendere
all’evidenza: Diana era stanca di studiare e non ci sarebbe stato verso di
farla desistere dal suo proposito.
Anche i suoi genitori avevano provato a convincerla, ma
senza risultato. Ed adesso era sola…
“Devo reagire!” disse Diana emergendo dal torpore che
l’aveva colta da quando Anna e gli altri erano partiti “Devo trovare qualcosa
da fare, che mi faccia passare il tempo e… sì, perché no… guadagnare qualcosa.
Potrei chiedere alla signora Allan… Farò così” finalmente un bel sorriso
comparve sul viso di Diana: non c’era più traccia della tristezza che l’aveva
accompagnata da quando aveva salutato i suoi amici.
Nel pomeriggio si recò a casa del reverendo Allan, dove
fortunatamente c’era anche la moglie.
I tre parlarono del più e del meno per quasi un’ora, poi il
reverendo fu costretto, da impegni, a lasciar sole le due donne.
“Cosa c’è Diana?” disse, appena rimasero sole, la signora
Allan dolcemente. Aveva intuito che, dietro quella visita c’era dell’altro.
“Mi dispiace, non pensi male, mi fa piacere parlare con
lei, ma…” disse timidamente Diana. Qualche ora prima l’idea di parlare con la
signora Allan le sembrava tanto bella e facile da mettere in pratica, mentre
ora... non sapeva da che parte cominciare.
“Vediamo se indovino…” disse la signora Allan con un dolce
sorriso “ti senti sola. Non sai cosa fare e vorresti impiegare il tuo tempo in
modo… costruttivo… Giusto? ” terminò la frase con l’aria di chi la sa lunga…
Diana era sbalordita ed impiegò qualche secondo a
riprendersi “Come l’avete capito…” disse arrossendo: non pensava che il suo
disagio fosse così evidente!
La signora Allan osservò Diana “Mia cara Diana, non devi
vergognarti di questo. E’ normale… Adesso ti senti diversa. Stare a casa ti
farebbe rimpiangere di non essere andata all’accademia.” continuò la donna
dolcemente “Forse ho quello che fa per te!” concluse allegramente.
Diana era incredula ma felice mentre sorseggiava il suo
the, in neppure dieci minuti la signora Allan aveva capito il suo “problema” ed
aveva addirittura la soluzione. Non sapeva ancora cos’avesse in mente, ma
avrebbe accettato.
“Mi sono accorta” riprese a parlare la signora dopo aver
posato la tazzina sul piattino “che ad Avonlea manca un asilo. Mi spiego
meglio. I padri sono giustamente impegnati a lavorare e le madri tra tenere in ordine la casa, cucinare e badare ai neonati... Bhe, meritano un pò di riposo. I bambini rischiano di rimanere senza controllo. Io pensava che potremmo adibire la scuola domenicale ad
asilo per bambini. Ovviamente l’asilo sarebbe tale solo nei giorni lavorativi,
mentre la domenica ci sarebbe la scuola domenicale. Cosa ne pensi della mia
idea?” Diana era a dir poco entusiasta “Sarebbe meraviglioso!” disse con
trasporto.
“Anche il reverendo la pensa come te. E poi i bambini
saranno tenuti sott’occhio da una persona adulta” disse la signora Allan.
“Dovrei occuparmi dell’asilo da sola?” chiese Diana un po’
spaventata “No, stai tranquilla” la rassicurò prontamente la sua interlocutrice
“i primi tempi ti darò una mano io, ma poi la cosa, se ti farà piacere
s’intende, te la gestirai da sola. Sono sicura che riuscirai benissimo,
Inoltre…” disse guardandola negli occhi “sarebbe un’occupazione che non ti
lascerebbe il tempo di pensare. E poi mi pare di capire che ti piacciono i
bambini… Oppure sbaglio?”
“Io adoro i bambini, ma…” disse Diana.
“Il mio non è un obbligo, se non te la senti posso capirlo…
Vedrò di affidare la gestione dell’asilo a qualcun altro” rispose la signora
Allan, già sapendo cosa Diana Barry avrebbe risposto…
“Accetto!” disse di getto Diana.
“Benissimo. Alla funzione di domenica il reverendo annuncerà
l’apertura dell’asilo e gli orari, noi pensavamo dalle otto di mattina alle sei
del pomeriggio. Cosa ne pensi?” chiese dolcemente la signora Allan ad una Diana
alquanto determinata.
“Certamente e magari potrei accompagnarli io a casa alla fine, facendo una passeggiata insieme a tutti gli altri bambini” propose Diana meditabonda.
“Ottima idea, Diana! Io non ci avevo pensato…” sorrise la
sua interlocutrice “perfetto! Io direi di riprendere questo discorso domenica
mattina, subito dopo la messa, così vedremo il numero d’iscritti e valuteremo
il da farsi” terminò la signora Allan felice.
Parlarono per un’altra oretta. Diana era molto più serena
adesso ed anzi non vedeva l’ora di parlare con i suoi genitori. Sapeva che non
le avrebbero negato il consenso, dopotutto la signora Allan godeva della stima
di tutti i cittadini di Avonlea, ed i suoi genitori non erano da meno.
Rientrò a casa. Aiutò sua madre a preparare la cena e, una
volta a tavola, parlò della proposta fattale dalla signora Allan.
I suoi rimasero stupiti della cosa, ma approvarono la
scelta della figlia di rendersi utile alla comunità. Inoltre pensavano che
questa occupazione avrebbe distolto la loro adorata figlia dal pensiero fisso
dell’assenza dei suoi amici.
Finì di riordinare la cucina e, dopo aver dato la buona
notte ai suoi genitori, salì in camera sua.
Come d’abitudine osservò il paesaggio, e più precisamente
la casa che si scorgeva oltre il lago dalle acque splendenti… Il Tetto Verde…
“Oh, Anna, perché mi hai lasciato sola! Oh, perché sono rimasta!” scoppiò a
piangere Diana.
Quando riuscì a riprendersi un po’ si preparò per la notte
e, appena si infilò sotto le coperte, cadde in un profondo sonno ristoratore
senza sogni.
Finalmente la domenica tanto attesa era giunta, pensava
sorridendo Diana, mentre si preparava per la funzione domenicale. Stava finendo
di pettinarsi e si osservò attentamente allo specchio: nonostante le costanti
critiche della vecchia zia Atossa, zia di suo padre zitella e molto acida (chi
con quel nome non lo sarebbe stata?), poteva definirsi una bella ragazza. Il
viso era a forma di cuore, la pelle bianca come porcellana ed i capelli neri
come la notte le conferivano un’aria eterea, almeno era questo che le diceva
Anna.
Inoltre era riuscita a perdere qualche chilo che fin da
bambina le aveva dato l’aria perennemente paffutella, cosa da lei odiata.
Certo, non aveva l’invidiabile figurino di Anna, doveva stare attenta a quello
che mangiava, però era carina nel senso più classico del termine.
Prese la borsetta ed il cappellino coordinato al vestito ed
andò a vedere come se la cavava Minnie May, la sua adorata sorellina.
Purtroppo appena aprì la porta notò che la sua sorellina
non aveva indossato l’abito della domenica, e quindi impiegò venti minuti a
rivestirla, pettinarla ed acconciarle i capelli nella sua solita pettinatura.
Scesero al pian terreno giusto in tempo.
La signora Barry osservò attentamente le figlie e, dopo
aver dato il suo consenso, salirono sul calesse.