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Autore: BlackLuna    12/01/2010    2 recensioni
Storia gotico-vampiresca(ma esiste?)non in prosa ma in versi e rime.Enjoy!(recensioni ben gradite)
Genere: Dark, Sovrannaturale, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ombre scure si allungavano sulla terra ,germendola come avide mani
E il sole moriva dietro i monti combattendo per vivere, tentativi vani.
Nella notte sovrana  regnava la perlata luna,
I suoi bianchi raggi sembravan non illuminare anima alcuna.
Ma un’ombra più scura nella foresta si muoveva
Con passo malfermo , di stanchezza cadeva.
Si era perso tra gli alberi il giovin soldato
Che per gioco o scommessa nel bosco era andato.
Per  ore nel bosco continuò a vagare
Senz’essere in grado della  via del ritorno trovare.
Un lupo ululò nella notte oscura,
Il freddo saliva e con esso la paura.
Si gettò sotto un salice il messer disperato,
la speranza morta, il suo animo perduto.
Si assopì ,forse, l’animo impavido
Ma dopo poco si ritrovò sveglio e di sudore madido.
Qualcosa di strano aveva udito il suo orecchio,
Il suo giovane volto era di curiosità lo specchio.
Pareva una musica, una lontana melodia
E l’impavido la seguì, gli idicò la via
Al centro del bosco, chi se lo sarebbe aspettato!
Un nero castello era situato
E da quelle stanze che di luci splendevan
Provenivan  le musiche che il soldato svegliato avevan.
Il freddo era tanto, era ormai pieno inverno
E il calor e le risate l’attiravan all’interno
Di quel nascosto maniero dimenticato
Che il soldato coraggioso avevo trovato.
Un fiume in piena scorreva accanto al castello
E alle sue forze per superarlo il soldato fece appello.
Ma notò un po’ più in la, prima di saltare
Che un ponte levatoio avrebbe potuto farlo passare.
Si avvicinò quatto quatto alla sua via di passaggio
Pronto a dare alle guardie della sua forza un assaggio.
Rimase  sorpreso l’eroe nel vedere
Che ne guardia ne sbarre  gli impedivan d’entrare.
Entrò allora il soldato curioso nel maniero
Con sguardo attento e passo leggero.
La musica proveniva da stanze lontane
Con suoni di archi, pianoforte e campane.
Per non poco tempo nel castello vagò
E finalmente il ballo il soldato trovò.
Un turbinio di maschere, candele e di veli
In un vortice di risate e sorrisi sinceri.
Fluttuavan come spettri i mille invitati
(Il soldato credette che la sue mente li avesse inventati)
Se la fuori era freddo, era pieno inverno,
Li dentro era caldo come fosse l’inferno.
Ma ad un tratto il soldato smise di pensare
Quando si ritrovò una creatura a fissare.
Una bellezza divina e demoniaca insieme,
Uno sguardo deciso di chi nulla teme.
Lo fissava la dama con quelgi occhi di laguna,
I capelli corvini, la pelle di luna.
Le sue labbra di rose in un sussurro si apriron
E il nome del soldato lentamente pronunciaron  :
“Gabriel, Gabriel vieni da me
Da secoli oramai aspetto te”
Come in un sogno lui prese ad avanzare,
La sua mente da tempo aveva smesso di ragionare.
Come poteva quell’angelo in nero
Volere lui, era tutto vero?
Arrivato da lei rimase impietrito
Dall’inumana bellezza ancora più stordito.
“Siete freddo messere, e stanco, io credo,
I vostri occhi stanchi io vedo,
ma potreste comunque alla vostra signora
Concedere solo una danza ancora?”
“Padrona” rispose Gabriel mettendosi in ginocchio
“Con voi ballerei per tutta la notte solo per aggradare il mio occhio.
Vi prego Signora,lasciatemi dire
Che nella mia vita solo vi voglio servire”
“Un buon cavaliere in sala dunque abbiamo,
Ma non sprechiamo altre parole, e balliamo”
Volteggiarono a lungo la Signora e il vassallo
Volteggiarono a lungo dentro il castello.
Mille maschere con i loro occhi vuoti osservavan
La dama e il cavaliere che stretti danzavan
Ma poi il cielo si cominciò a  schiarire
E la Signora disse che il ballo doveva finire
“E’ ora di andare, mio caro Gabriele
Promettetemi però di essermi fedele
Che se sta sera vi vorrò incontrare
Ancora nel castello vi potrò trovare”
“Mia signora dalla perlata pelle,
dagli occhi di ghiaccio e le maniere belle,
Vi giuro su quel che ho più caro, l’onore
Che per voi verserei tutto il sangue del mio cuore
E se domani mi vorrete ancora
Io mai lascerò la vostra regal dimora”
“le vostre parole mi aggradan davvero,
vi lascerò un pegno poiché siate sincero”
Detto questo la dama si avvicinò al cavaliere,
Che fino ad allora si era sentito indegno di un suo bacio volere,
ma cambiò all’ultimo direzione la Signora
E le sue labbra si poggiaron sulla sua gola.
In un attimo Gabriel si ritrovò in Paradiso
L’emozione nel cuore e sul volto un sorriso.
Troppo in fretta finì quello strano baciare
Che del tutto lo convinse nel castello restare.
Con la testa che girava vide la dama andare via
Lasciando dietro di se del profumo di notte la scia.
Si voltò per un attimo e sorpreso fu :
le maschere di prima non c’erano più.
 
*
 
 
Il cavalier per tutto il giorno dormì
Ne passi ne voci nel castello sentì
Dormì così a lungo fino al meriggio
E svegliatosi si sentì solo peggio
Un dolore acuto al collo sentiva
Se ne accorse mentre per le ale passeggiava
Diede la colpa all’aver mal dormito
E che fosse per quello che si sentiva stordito
Rimase soltanto sul piano dove c’era stato il ballo
Che era già ampio e parecchio bello
Non c’era alle pareti decorazione alcuna
Solo ritratti della dama e a volte della luna
Non c’eran da nessuna parte gli specchi
E gli ornamenti del castello parevan molto vecchi
Spessi tendaggi coprivan le finestre
E nascondevano allo sguardo le molte foreste
Che ricoprivan del cavaliere la terra natale
A cui lui mai, lo sapeva, sarebbe potuto tornare
Un velo di tristezza il suo animo coprì
E la nostalgia di casa in lui salì
La Signora del castello non riusciva a trovare
E così si mise ad aspettarla davanti a un focolare
Il crepuscolo non tardò ad arrivare
Ed il buio fu accompagnato da un dolce cantare
Arrivò nella stanza la bella padrona,
la sua bianca pelle illuminata dalla luna
Si fermò davanti al suo nuovo servitore
Che sentì aumentare i battiti del suo cuore
“Mi aggrada notare che non siete scappato”
“Mia signora la mia casa ora è qui, mai me ne sarei andato!”
“Gabriel, oh Gabriel voi siete un dono,
da tempo non vedo animo alcuno
Ed io son sola, come la peste schivata,
Signora del niente, di tutto derubata”
“Non dite così, padrona del buio,
ora per voi ci sono qui io”
“Siete prorpio sicuro di volervi gettare
Tra le mie sconosciute braccia e il vostro servizio a me consegnare?”
“A questo ho già risposto” “Ditelo ancora”
“Sarò sol servo vostro, mia Signora”
Allora la dama s’avvicinò al soldato
(Per lei lui doveva essere il servo, non certo l’amato)
Ma questo lui non voleva sapere
Voleva solo della sua bellezza godere
E continuò la donna fino al canto del gallo
Ad abbracciarlo stretto, le sue labbra sul suo collo
E lui con lei era in paradiso
Vedeva i suoi occhi, le cremisi labbra e il suo viso
E quando il cielo per l’alba fu rischiarato
La dama lo lasciò, inerme, sul collo da due segni marchiato.
 
*
 
 
Per notti infinite continuaron a vedersi
A parlare, sorridersi e poi abbracciarsi
E ad ogni addio sembrava la dama più bella
Più della luna, della notte e della stella
In compenso più debole era l’eroe nostro
S’ella era l’angelo lui era il mostro
Era come se ogni volta, a notte finita
Lei gli avesse rubata un soffio di vita
Era debole e stanco quando si svegliava
Ciò nonostante il castello non lasciava
Perché di vederla non voleva finire
E non voleva neanche la verità intuire
Capitò un giorno che mentre la stava ad aspettare
Cominciò nel castello a girovagare
Si spinse in ale inesplorate
Per stanza polverose e dimenticate
Trovò ad un tratto una scala il soldato
Una scala che mai aveva notato
La scese lentamente col cuore in gola
Chiedendosi cosa avrebbe detto di lui vedendolo la Signora
Scese nelle fredde segrete del castello
Scese impugnando per sicurezza un coltello
E quando arrivò a una catacomba
Trovò al centro della sala una bianca tomba
Rose appassite giacevano al suolo
Forse quel corpo era da tempo solo,
E quando vide della tomba il segreto tesoro
Più splendente del sole, più prezioso dell’oro
Sembrò fermarsi il suo stanco cuore
E la spada a terra cadde con un sordo rumore
Dentro il sarcofago immobil dormiva
La sua bianca dama che lui serviva
Lacrime di dolore e rabbia dagli occhi
Dell’ingenuo soldato scesero a fiotti
Ma perché lei rinchiusa nella sua eterna cella
Pareva, se possibile, ancora più bella?
Com’era possibile, se la sera prima quando la luna era sorta
Lei era viva, ed ora era morta?
Mentre ciò si chiedeva la luce della luna il corpo investì
E la Signora i morti occhi lentamente aprì
Sorrise al vassallo con i suoi denti assassini
Che per notti al suo collo eran stati vicini
Conficcati nella sua gola, all’interno
Della sua pelle, non era il paradiso, ma l’inferno.
E lei non era più l’angelo che per tanto aveva visto
Ma era il male, il diavolo, l’anticristo
Si spiegò la vita notturna e la mancanza di specchi
Si spiegò la morta luce nei suoi occhi
E con orrore sempre più crescente
Si rese conto che sarebbe diventato un suo discendente
“Gabriel, figlio dei giorni passati
Abbandona il tuo Signore di uomini dimenticati
Insieme noi potremmo reganre
Rubare il creato al falso Signore”
“Stai lontana da me , figlia di Caino
Il mio sangue non sarà più il tuo vino!”
E prese un crocifisso che nascosto teneva
Nelle pieghe del vestito, perché conforto gli dava
E con un movimento veloce e letale
Si ritrovò il crocifisso del morto cuore ad affondare
La pelle del suo petto bruciò come il fuoco
E provò a togliere il crocifisso dal suo loco
Urlante, le sue mani presero a bruciare
Obbligandola il crocifisso a non toccare
Si avvicinò allora al traditore amante
Oramai di secoli stanca e finalmente morente
“E realmente le mie notti erano tue”
Con gli occhi umidi si chinò su di lui, le fredde labbra sulle sue
E l’abbracciò forte l’innamorato
Piangendo silenziosamente il sogno perduto
S’accasciò alla fine il principio del male incarnato
E se ne andò con un ultimo respiro affannato
Per un’ora rimase il soldato sul suo corpo
Che ora era, lo era davvero, per sempre morto
E decise che solo una cosa doveva fare
Se non voleva come Lilith diventare
Tolse il crocifisso dal petto di lei
Accingendosi a fare ciò che non avrebbe pensato mai
“Ritorno da te, mio dannato amore”
Ed il crocifisso conficcò nel suo cuore
La dama e il vassallo rimasero adagiati
Per secoli e secoli ancora abbracciati
E il vento tra gli alberi nel suo soffiare
Continua la loro segreta storia a sussurrare.
  
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