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Autore: DarkRose86    13/01/2010    3 recensioni
Raccolta di one-shot dedicate alla coppia Mello x Near.
#1 - Ghost of A Rose [ II classificata al "A Contest, a Rose and a Story" indetto da Roy Mustang sei uno gnocco ]
Studiare i fiori. Che scemenza, pensò. Insomma, Roger doveva essere proprio impazzito.
Quale utilità poteva esserci nell'osservare quelle brevi e statiche vite?
E poi, in quel grande giardino, di fiori ce n'erano fin troppi.
Uno in particolare, però, a dispetto delle sue intenzioni attirò la sua attenzione.
O forse ad interessargli davvero era colui che vi era seduto accanto, così candido,
proprio come quella rosa bianca ancora in boccio?
#2 - Fragile Incanto [ FF partecipante al contest "Lost in YaoiLand - Yaoi FanFiction", indetto da Princess21ssj]
Egli pareva così fragile... tanto che sembrava potersi rompere da un momento all'altro.
Frantumarsi in mille e più minuscole parti, come un mosaico abbandonato all'usura del tempo o ad un violento temporale d'autunno.
Near era così.
Ma una delle prime lezioni che un giovane uomo dovrebbe imparare è guardare al di là delle apparenze,
prima di auto-infliggersi una ferita impossibile da rimarginare.
Prima di rompersi al posto suo.
[Mello/Near.Yaoi.Angst]
Genere: Introspettivo, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Near
Note: Lemon, What if?, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed eccomi finalmente ad aggiornare questa raccolta, con la FanFiction che ha partecipato al "Lost in YaoiLand - Yaoi FanFiction" , indetto da Princess21ssj sul Forum di EFP e sul Forum "Lost in YaoiLand" .
Il risultato non è stato quello che speravo ma ahimè, non si può avere tutto dalla vita. XD
Ciò nonostante amo questa storia, e non è facile sentirlo dire dalla sottoscritta. Ci ho messo l'anima e spero che possiate apprezzarla almeno un pochino.

La dedico a Rota23 ( Meg89 ); questa è per te, cara, anche se non è degna. ;_; Un bacione. <3

>> Gen
ere: sentimentale, introspettivo, erotico, angst, triste
Avvertimenti:
yaoi, lime, what if?
Rating:
arancione
Aforisma scelto:
19 - “ Perché non ho parola, dura come la pietra, che ti ferisca a Morte? Così ti fermerei, e potrei disegnarti un arabesco sul cuore ” - Alda Merini <<

Fragile Incanto

Egli pareva così fragile... tanto che sembrava potersi rompere da un momento all'altro. Frantumarsi in mille e più minuscole parti, come un mosaico abbandonato all'usura del tempo o ad un violento temporale d'autunno. Near era così.
Ma una delle prime lezioni che un giovane uomo dovrebbe imparare è guardare al di là delle apparenze, prima di auto-infliggersi una ferita impossibile da rimarginare.
Prima di rompersi al posto suo.

Quando Mello ebbe l'occasione di conoscerlo, il suo primo pensiero fu logicamente infantile:
Questo tipo è proprio assurdo! ”
Quel bambino guardava gli altri negli occhi senza timore alcuno, privo dell'espressione innocente che un individuo della sua età avrebbe dovuto mostrare. Era una caratteristica curiosa ed al contempo triste, chissà che cosa gli era successo prima d'essere portato lì. Il suo sguardo era anonimo, scuro come pece o come una notte senza luna e stelle; qualcuno gli aveva strappato il sorriso spontaneo d'una creatura che muove i primi, incerti passi sul mondo, rimpiazzandolo con qualcosa che si discostava completamente dal resto del suo essere, così puramente bianco. Sì, bianco. Non si vestiva mai di altri colori, e i suoi capelli erano chiaro come la sua pelle di porcellana.
Era in un certo qual modo affascinante, ma troppo strano; troppo silenzioso da capire. Sembrava totalmente estraneo a quel che accadeva attorno a lui, salvo quando si trovava in classe o nell'ufficio di Roger, momenti in cui dimostrava la genialità della sua mente. Come una sorta di bimbo prodigio si era insediato attirando su di sé antipatie e simpatie, ma probabilmente chi si interessava di più a lui era proprio il biondo.
L'uomo è attratto per natura dalle cose che lo confondono, che lo rendono schiavo della voglia di sapere, di scoprire segreti celati. Questo a maggior ragione quando si è piccoli e, seppur già provati dalla vita, ancora dolcemente sfacciati nel curiosare. Però non era facile sondare quel territorio, tanto Near era chiuso in se stesso; gli sguardi che regalava erano privi di sfumature, e pareva non esserci nulla di spontaneo in lui, come se non provasse emozioni. Dov'erano l'allegria, la paura, la tristezza e l'inquietudine? I sentimenti fondamentali e tipici dell'essere umano sembravano non sfiorarlo neanche, relegandolo nel suo angolo perfettamente immacolato, intoccabile, perso nei suoi pensieri e nel puzzle bianco che rappresentava la sua unica occupazione quando non era immerso nello studio.
Aveva provato più volte a parlargli, ricevendo sempre le solite risposte: nella maggior parte dei casi non poteva perder tempo in conversazioni poco costruttive, perché doveva impegnarsi coi compiti assegnatigli. Mello odiava il suo modo di fare, quell'intrecciarsi i capelli fra le dita come a voler far capire che non c'era nulla che gli interessasse nei vaneggi dell'altro; possibile che, a soli undici anni, una persona potesse essere già così maledettamente piena di sé, altezzosa, irritante?
Viveva in una dimensione tutta sua, e talvolta il più grande aveva provato ad immaginarla, rimanendone abbastanza disgustato: un universo perfettamente bianco, nessuna forma di vita a parte lui, piccola macchia candida e al contempo oscura nell'infinito.
Però dovette ammettere che, grazie a lui, aveva avuto l'occasione di rispolverare una passione abbandonata dai tempi dell'asilo; non lo contraddistingueva perché non lo si poteva definire un artista, ma comunque non se la cavava male con foglio e matita.
Tutto quel che desiderava in quel periodo era un po' di considerazione da parte sua, probabilmente perché i suoi coetanei erano tutti uguali, una specie di massa informe – a parte il suo migliore amico Matt –, mentre lui era diverso, interessante. Aveva pensato dunque che, forse, vedersi ritrarre con attenzione e dovizia di particolari, potesse rallegrarlo un po' o comunque incuriosirlo.
Una sera quindi, chiuso nella sua confortevole stanza, si era seduto alla scrivania tirando su le maniche del pigiama, poggiando il polso destro sul freddo legno dello spazioso mobile; con la mano sinistra teneva una barretta di cioccolato – il suo amore più grande, se così lo si poteva definire –, che aveva addentato avidamente prima di posare la punta nera sul foglio. Il suo pensiero volò verso il volto pallido, i capelli mossi d'un colore indefinibile e gli occhi d'onice. Non sembrava difficilissimo da riprodurre, alla fin fine.
Iniziò a tracciare delle linee delicate, mentre l'inebriante sapore di cacao gli invadeva la bocca e s'infrangeva sul palato, così sensibile a quel gusto unico ed immensamente piacevole.
La luce soffusa della lampada illuminava i progressi del lavoro in cui si stava impegnando a fondo, senza tralasciare alcun particolare, evidenziando perfino ogni singola ciocca di capelli del soggetto, rendendole molto simili a quelle reali. S'impuntò con la determinazione di un bimbo che vuole a tutti i costi rendere felice un caro amico – anche se, nel loro caso, d'amicizia non si poteva certo parlare – , spendendo l'intera nottata a tale scopo. Fortunatamente il giorno dopo non avrebbero avuto lezioni importanti, quindi si era permesso di restare sveglio fino al mattino presto, quando non ce la fece più e si distese sul letto, addormentandosi nell'immediato. A terra v'erano gli incarti di almeno quattro o cinque tavolette di cioccolato fondente, mangiate in preda al nervosismo o alla gioia, a seconda di come l'opera si sviluppava sotto i tocchi precisi e calcolati della matita ormai consumata.
Lo aveva disegnato sorridente, trascinandolo in un sogno; e ne era pienamente soddisfatto, poiché era ancora troppo giovane e inesperto per comprendere a fondo il suo Io. Però sapeva quanto precaria poteva rivelarsi un'espressione felice assunta per il volere altrui, indi provò a cercare una spiegazione, qualcosa che la motivasse. Si era accorto, osservandolo attentamente, che a Near piacevano molto le piante che rigogliose e fiere adornavano il giardino della Wammy's House: così aveva aggiunto una piccola composizione floreale all'altezza del suo cuore, macchiando di sgargiante colore quel ritratto così bianco. Era un particolare un po' confusionario ma di gradevole aspetto, indubbiamente. In verità, purtroppo, la persona che appariva su quel foglio non gli somigliava affatto, ma la sua mente ancora acerba gli imponeva di credere il contrario.
Quando si era alzato, decisamente insonnolito ma sicuro di sé, si era recato in cortile ove aveva incontrato il destinatario di ciò che teneva sotto braccio. Quest'ultimo se ne stava seduto sull'erba immerso nella lettura di un tomo di cui non riusciva a scorgere il titolo dalla sua posizione. Lo aveva salutato e poi, senza preavviso, aveva dondolato il ritratto davanti al suo viso.
Questo... ”
Questo sei tu. Ti piace il disegno? ” gli aveva chiesto entusiasta, porgendoglielo.
L'albino lo aveva osservato con attenzione, domandandosi perché avesse scelto di ritrarre proprio lui; era bello, su questo non c'era alcun dubbio, ma egli non si sentiva parte di quel foglio. E ciò da un tratto lo faceva star male, ma dall'altro lo aiutava ad andare avanti e a sperare in futuro migliore per tutti; perché non si può vincere se non si è capaci di studiare a fondo l'anima di chi ci sta vicino o di chi vogliamo capire. E per far questo è necessario calcolare le proprie mosse, senza lasciarsi trascinare dall'euforia del momento.
Però aveva apprezzato il volere di Mello, infatti aveva accettato di buon grado il suo dono.
Sì ” aveva risposto, atono come sempre, ma nonostante ciò l'altro pareva rincuorato. Forse aveva compiuto il primo passo per avvicinarsi a lui, per comprendere i suoi più intimi pensieri e desideri per poterlo aiutare. Forse. Già, perché l'apparenza inganna e perché anche il più splendido degli idilli è destinato a svanire, prima o poi.
Infatti, Near aveva continuato imperterrito a comportarsi come al solito, evitando qualsiasi discorso lo riguardasse e concentrandosi solo sui suoi giochi e sui libri trattanti svariati argomenti. In altre parole, dopo qualche ora era come se il regalo che gli era stato fatto e che era costato al biondo una notte in bianco, non significasse più nulla. O forse non aveva
mai significato nulla.

Erano passati due anni ormai, ma il loro rapporto non era mutato se non per un particolare non proprio trascurabile. Il più giovane si era guadagnato il primo posto nella classifica dei probabili successori di L, il miglior detective in circolazione, anch'egli cresciuto in quell'Orfanotrofio. E al biondo tal cambiamento non era andato affatto giù, considerando che da quando si trovava lì aveva sempre perseguito proprio quell'obiettivo. Unica ragione di vita, unica possibilità di vittoria contro colui che alla fine era divenuto il suo più acerrimo rivale.
Aveva tentato un'infinità di volte di cercare un suo eventuale punto debole, ma il ragazzo era paragonabile ad una rocca inespugnabile. Dunque aveva deciso di provare a ferirlo con le parole, pensando che non potesse essere un pezzo di ghiaccio o, se lo era, che non potesse restare tale in eterno. Il ghiaccio si scioglie, questo è il suo inevitabile destino. Eppure era come se lui non fosse capace di udire le frasi che gli venivano rivolte, o come se non ne comprendesse il senso. Ma la seconda ipotesi era assolutamente da escludere.

Near, sappi che non sei perfetto. E quando inizierai a conoscere il mondo per quel che è davvero, te ne accorgerai a tue spese ”
E tu, Mello? Neanche tu sei perfetto. E non sai che cosa ci attende là fuori, o per lo meno non lo hai mai sperimentato sulla tua pelle ”

Come poteva essere così impassibile in ogni momento? Come poteva riuscire a ragionare lucidamente e a rispondere a qualsiasi domanda gli venisse posta, senza sbagliare mai?
Errare humanum est. Perché la solenne legge non valeva per lui?
Lui, l'ostacolo da scavalcare, lo scoglio da arginare; lui, il numero uno.
Lo guardava spesso ghignando, tanto che pareva divertito dalla sua condizione d'eterno secondo, sebbene non lo esprimesse a parole; in realtà non era questo ciò che riusciva a cambiare, anche solo per pochi istanti, l'espressione sul suo viso. Quando le sue labbra sottili si curvavano a quel modo, il biondo aveva colpito proprio uno dei punti deboli che incessantemente e disperatamente cercava. Perché l'albino certe volte si sentiva solo, anche se cercava di non darlo a vedere e di non pensarci, in quanto ciò avrebbe dimostrato debolezza. E l'impulsività e l'entusiasmo dell'altro riuscivano a farlo sentire per un attimo più leggero, ed era come tornare bambino; come sentirsi ancora fra le braccia di una madre, calde e sicure, che troppo precocemente gli erano state negate.
In poche parole, Mello rappresentava una sorta di luce per lui, solo che non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo. Near che aveva fama di dire in faccia quel che pensava – dopo averci riflettuto un bel po' su, ovviamente – non era ancora stato capace di essere sincero con lui, e neppure egli stesso era riuscito a comprendere il motivo di tanta esitazione.
Fatto sta che alla fine dovette rinunciarvi perché giunse presto il giorno in cui, all'età di quindici anni, Mello decise di lasciare l'istituto per vivere la propria vita a modo suo. Il loro mito, L, era morto, deceduto assieme a Watari, il fondatore dell'Orfanotrofio. Ucciso da Kira, il Serial Killer che stava spargendo terrore in ogni parte del mondo.
Quel pomeriggio di pioggia, però, il biondo non gli aveva detto addio; non lo aveva neanche guardato, in verità. Si era lasciato alle spalle il passato – o almeno così sembrava – sparendo all'orizzonte con uno zaino in spalla, nel nubifragio e fra i fari delle auto che affollavano le strade inglesi.
Versare lacrime, però, sarebbe stato inutile. E poi, non era neanche più certo di esserne capace.

Sappi che riuscirò a batterti, Near. Prima o poi ci riuscirò. E quel bastardo di Kira perirà per mano mia, perché la tua freddezza non basterà ad intimorirlo ”

Anno 2010

Una mano calda sulla fronte, un sospiro, così vicino...
Svegliati, Mello! ” esclamò Matt, destandolo dal proprio sonno. Aveva sognato molto, una serie di avvenimenti che gli erano accaduti neanche troppi anni prima, con protagonista sempre e costantemente lui.
Provò ad alzarsi ma l'altro lo spinse di nuovo a sedere sul letto, guardandolo severamente.
Aspetta, ti cambio le bende. Cazzo, ma si può sapere per quale motivo hai fatto una cosa del genere? ” domandò, visibilmente preoccupato.
Il suo amico aveva appena rischiato la vita, ritrovandosi – fortunatamente, visto come sarebbe potuta andare – con diverse ustioni in varie parti del corpo.
Ti rimarranno le cicatrici ” lo avvisò poi, e il suo sguardo si rattristò un poco.
Non importa. Morire per mano di Kira è l'ultima cosa che voglio ”
Il ragazzo dai capelli rossi sorrise a quelle parole: Mello era sempre il solito, determinato e coraggioso, ed egli era estremamente felice di ciò. Dunque nulla era cambiato, in quegli anni. Nel suo occhio, quello non fasciato dalle bende, v'era ancora quella luce che bramava vendetta, la stessa che brillava la sera in cui gli rivolse un quasi sussurrato
arrivederci, abbassando poi lo sguardo sulla pozzanghera ai suoi piedi, che dispettosa gli aveva sporcato le scarpe di fango.
Era sempre il suo migliore amico. Ed era forte, tanto che quasi ne rimase stupito; il suo volto non si contraeva in smorfie, mai, non si lamentava del dolore che sicuramente provava. Perché non poteva, non era tempo di vacillare, ma di agire. Non aveva ancora dimenticato il suo obiettivo, e non sarebbe stato soddisfatto finché non sarebbe riuscito a raggiungere la meta che si era prefissato e che inseguiva da anni e anni: uccidere Kira, e surclassare Near. Già. A proposito...
Senti, Matt... sai niente di Near? ” chiese, e l'altro lo guardò con un'espressione a metà tra il depresso e l'infuriato; adesso aveva lui di fronte, non quel tizio assurdo con il quale non era mai riuscito ad instaurare alcun tipo di rapporto. Beh, in realtà lo considerava totalmente incapace di relazionarsi con qualcuno. E soprattutto non sopportava che Mello parlasse sempre di lui, come se ne fosse ossessionato.
Tuttavia pensò fosse doveroso rispondergli, così accantonò le sue prime intenzioni – ovvero, dirgli che non ne sapeva assolutamente nulla, mentendo spudoratamente – e parlò, seppur con una vena di tristezza nel suo tono di voce:
Per quel che ne so fa parte di un'organizzazione il cui scopo è scoprire chi si cela sotto il nome di Kira, e catturarlo. Mi pare si chiami SPK, o qualcosa di simile ”
Il biondo strinse i pugni fino a farsi del male, odiava pensare di trovarsi su un letto per giunta neanche troppo comodo, ferito e così lontano dalla soluzione dell'enigma. Non poteva permettere al suo rivale di uscirne vittorioso, per nessun motivo. Doveva rimettersi in sesto il prima possibile.
Matt... ” esordì, “ Puoi farmi un favore? ”
Dannato, irresistibile diavolo camuffato da angelo. Non avrebbe mai potuto rispondere negativamente. Si sentì debole e rassegnato al suo cospetto, e non poté far altro che esaudire il suo desiderio: scoprire ove si trovava il luogo in cui il numero uno risiedeva, e farglielo sapere nell'immediato. Chissà che cos'aveva in mente... preferì cercare di non pensarci, mettendosi subito alla ricerca di dati utili su internet; finalmente la sua passione per la tecnologia – anche se in verità alla grande rete preferiva i videogiochi – sarebbe tornata davvero utile. Non era contento dell'incarico che gli era stato assegnato, ma lo fece comunque; dire di no a lui sarebbe stato come rinunciare al bene più prezioso al quale si possa ambire. Nel suo caso ad un sorriso sincero, che valeva più di mille parole. Ma purtroppo sapeva bene che, finché sarebbero esistiti tutti e tre, l'altro avrebbe sempre avuto la priorità per uno come il biondo, pronto a tutto pur di vincere una competizione. Non c'entrava l'amore, né l'odio al suo stato più puro: perché l'ossessione è entrambe queste cose eppure nessuna. E' una condizione dolorosa, eppure spesso e volentieri non se ne può proprio fare a meno.
Impiegò qualche giorno per trovare i dati richiesti, fra imprecazioni contro le ferree protezioni dei siti e occhiate fugaci all'indirizzo del suo coinquilino, che passava le ore a mangiare cioccolato e a guardare fuori dalla finestra con sguardo vitreo, osservando le auto che sfrecciavano a tutta velocità. Perso in un mondo astratto, in quel momento somigliava addirittura al suo rivale; il suo sguardo era rivolto al nulla, lontano più che mai, e il rosso aveva perfino paura di avvicinarlo per timore di distruggere il suo fottutissimo sogno. Voleva disperatamente farlo, ne aveva bisogno, ma non voleva che Mello lo odiasse.
Così, quando giunse il momento fatidico, attese qualche istante al fin di godersi la visione dei suoi denti bianchi che spezzavano la tavoletta scura e fondente.
Hai scoperto qualcosa? ”
E quella frase, più che una domanda, suonò come un ordine, o comunque come uno:
“ Spero per te che la risposta sia affermativa ”.
Sì ”
In verità aveva già reperito alcune informazioni tramite una persona che conosceva e che era in stretto contatto col suo rivale, ma aveva preferito non parlargliene. Perché era felice che Matt si impegnasse per aiutarlo; ne era felice perché aveva bisogno di sapere che lui c'era ancora e che non lo avrebbe abbandonato, che in quel senso era tutto come un tempo.
Sorrise, deglutendo. Provò una gioia immensa in quel momento, nessun ripensamento; non era ancora finita. Anzi, tutto era appena cominciato, e fu il vederlo ancora una volta a confermarlo.
Giunse alla sua sede portandosi appresso la donna che lo aveva aiutato, tenendola sotto controllo facendole credere d'esser pronto a premere il grilletto; probabilmente non lo avrebbe mai fatto, ma Halle avvertì comunque un brivido lungo la schiena in quel frangente. Sapeva bene di che pasta era fatto, era perfettamente a conoscenza del suo invidiabile coraggio misto a pericolosa impulsività. Eppure nonostante ciò continuava a lavorare per l'SPK e a rimanere in contatto con Mello, forse perché era l'unica che aveva già capito che, se si fossero alleati, Kira non avrebbe avuto alcuna speranza di vincere.
Quando entrarono nella grande stanza lui era lì, seduto per terra – quell'immagine gli ricordò subito i vecchi tempi, come se da allora non fosse cambiato niente –, lo sguardo chino su una serie di giocattoli.

Ciao, Near. Incredibile come il tempo per te sembra non essere trascorso; sei sempre il solito. Un enigma vivente, ma non immortale.
Prima o poi t'incrinerai anche tu, e perirai come tutti gli altri ”

Ciao. Mi sorprende vederti qui ”
Aveva ancora sul volto la solita espressione, tanto che il ragazzo si sentì deriso e scrutato come si scruta un reietto, un rifiuto dell'odierna società. Con disprezzo malcelato. Era come se lui, per quel dannato ragazzino talmente calmo e riflessivo da parere proveniente da chissà qual misterioso e sconosciuto pianeta, fosse solo una misera pedina, il semplicissimo pezzo di un puzzle.
Si trattenne dal puntargli la pistola alla tempia e gli si avvicinò lentamente, avvertendo gli sguardi dei suoi compagni su di sé.
Lui alzò un poco gli occhi, sussultando impercettibilmente alla visione della cicatrice che deturpava il viso dell'altro; la determinazione che lo illuminava, però, non aveva avuto timore del fuoco e del dolore. Dunque lo aveva raggiunto e lo stava apertamente sfidando, fissandolo insistentemente.
La foto ” esordì, “ Tu hai la mia foto, non è così? ”
Near parve quasi pensarci per un po', sebbene la tenesse ben custodita e lontana da sguardi indiscreti; la prova ch'egli esisteva o che comunque un tempo aveva camminato su quel suolo che non gli apparteneva davvero. Il ritratto sputato fuori da una vecchia polaroid, ancora perfettamente intatto, come se fosse stato conservato in una teca.
In effetti sì ” rispose, atono.
Dammela. Immediatamente ”
Al suo ordine Jevanni, membro dell'organizzazione, fece qualche passo in avanti verso di lui, ma l'albino gli fece cenno di non preoccuparsi. Sapeva bene come comportarsi con il biondo, indi gliela porse quasi subito, assieme ad un foglietto ripiegato e un poco consumato.
E questo che cos'è? ” domandò.
Aprilo ”
Lo fece, e in quel preciso istante una miriade di ricordi gli passarono davanti e lo scossero nel profondo; rivide l'orfanotrofio, Roger, i ragazzi che giocavano a calcio in cortile e Near che l'osservava solitario da dietro la grande finestra. E dire che non aveva mai dato troppa importanza a quel particolare...
Poi rivide la sua stanza, un po' disordinata ma accogliente; e vide se stesso, seduto alla scrivania, mentre disegnava e sorrideva al contempo.
Il suo ritratto.
Strinse fra le dita quel pezzo di carta sottile, senza sapere esattamente cosa dire. Lo aveva ancora, dopo tutti quegli anni... perché?
Gli lanciò un'occhiata eloquente, che però gli altri non carpirono. Solo lui, che per qualche oscuro motivo lo voleva disperatamente, lo comprese.
Lasciateci soli per un po' ” ordinò, “ Dobbiamo parlare ”

Sei proprio uno sciocco, Near. Non ti rendi conto di quanto sia pericoloso rimanere da solo con qualcuno che ti odia a morte? Potrei ucciderti, se lo volessi ”

Non lo faresti ”
Il più giovane si allungò appena per aprire un cassetto, estraendo da esso un foglio abbastanza grande e due o tre matite.
Solo quel semplice movimento scatenò nell'altro una tempesta, e fu come se i suoi sensi si acuissero; non v'era nessun altro in quella grande stanza, solo loro due, e vi regnava un silenzio quasi irreale.
Poteva vederlo, perfino mangiarselo con lo sguardo, e nulla glielo impediva se non il suo profumo delicato, che lo inebriava. Poteva addirittura ascoltare il suo respiro regolare, sperando silenziosamente che esso accelerasse per mostrargli un lato di lui che sicuramente non aveva donato a nessuno fino ad allora. Sperò di poterlo assaggiare, prima o poi, e di soddisfare anche il tatto che reclamava la sua personale parte di piacere.
Che cosa fai? ”
Lui non parlò. Gli dette il foglio senza indicazione alcuna, eppure Mello capì che cosa voleva che facesse. Desiderava essere disegnato ancora una volta, per qualche arcano motivo sembrava che la cosa lo divertisse, o per lo meno che lo incuriosisse. In ogni caso era da tanto che non si cimentava in tale arte, quindi su un lato lavorò ad alcune minuscole brutte copie.
Lo guardò giocare coi propri capelli e sospirò, trattenendo l'impulso di saltargli addosso seduta stante. Che diavolo gli stava succedendo? Lui era il suo rivale, ma aveva appena pensato di volerlo... baciare? Stringere? Toccare? Assurdo.
Assurdo ma dannatamente vero, tanto che gli si avvicinò ancora di qualche metro per poterlo osservare meglio. Lo attraeva come una calamita, ma pareva non rendersene conto. O forse stava tramando nell'ombra?

A guardarti da questa distanza mi schifi ancora di più. Hai le sembianze di un moccioso e ti diverti ancora con quel fottuto puzzle... mi domando quando crescerai ”

Le parole gli fuoriuscirono dalle labbra socchiuse, taglienti, probabilmente avrebbero avuto un effetto quasi devastante su una qualunque personalità che non fosse la sua. Ma Near non si arrabbiava, restava sempre e costantemente impassibile qualsiasi cosa gli venisse detta, anche la più crudele.
Il più grande era certo di poterlo ferire in quel modo, eppure lui non si scomponeva mai, e ciò non andava affatto bene. Pareva quasi inumano ma il suo cuore batteva, lo sentì quando gli afferrò il polso in una presa ferrea. Il contatto con la sua pelle inaspettatamente calda lo fece tremare d'eccitazione repressa, e i grandi occhi ora fissi nei suoi lo interrogavano sorpresi.
Che vuoi fare? ”
Dio, possibile che fosse davvero così innocente? No, ne era ancora fermamente convinto, non poteva essere una fortezza impenetrabile.
Lo spinse a terra con tutta la forza che possedeva e si distese su di lui, maledicendosi e provando allo stesso tempo una piacevole sensazione di libertà, euforia, vittoria. Ma era ben lungi da quest'ultimo traguardo, e lo sapeva. Però decise di godersi comunque quegli attimi, finché l'altro non pronunciò il suo nome – oh, quanto avrebbe voluto sentir uscire da quelle labbra il suo vero nome di battesimo – con un'inflessione di voce che non lo aveva mai contraddistinto. Non la seppe definire ma gli piacque talmente tanto che lo pregò di ripetere, ma lui si rifiutò. Scosse il capo e provò ad allontanarlo, però non chiamo nessuno ad aiutarlo; eppure avrebbe potuto farlo, e in quel caso loro sarebbero subito intervenuti portando via colui che stava cercando di abusare del suo corpo che si stava rivelando spaventosamente reattivo, ma tacque.
Dì il mio nome, cazzo! ”
Incollò lo sguardo al suo lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, e il freddo del pavimento assalì le sue dita affusolate.
Mello... ” mormorò, mentre le sue mani audaci andavano a sbottonargli la maglia con urgenza, incontrando difficoltà a volte, a causa della foga del momento.
Non possiamo ” disse poi, quando l'altro scoprì il suo petto glabro e sfiorò con i polpastrelli la pelle liscia e maledettamente sensibile.
Le sue gote s'imporporarono quando le carezze si fecero d'improvviso più spinte, più decise, disegnando un percorso dalla giugulare fino all'ombelico; il giovane si divertì con esso, ghignando, beandosi di quell'espressione così diversa, così affascinante. Era chiaro come il sole che Near si stava eccitando, poteva leggerlo sul suo viso che però non coprì, continuando a sfidarlo nonostante l'evidente posizione di svantaggio.
Mel... ” non finì di chiamarlo per l'ennesima volta perché il biondo lo zittì con un bacio vorace, assaggiando finalmente le labbra di colui che – senza che lui lo volesse – era stato fino a quel giorno protagonista delle sue più morbose ed erotiche fantasie.
Le morse senza delicatezza alcuna ma lui non si ribellò, e ansimò piano quando dopo le leccò lentamente, come a voler farsi perdonare. Dopodiché si stacco e lo fissò per qualche lungo secondo, cercando di riprendere fiato.
Agli occhi di Mello egli era talmente bello da desiderarlo in frantumi, come se in realtà il suo corpo fosse qualcosa da scomporre e ricomporre a piacimento, in modo da potervi giocare in eterno. Però in pratica sentiva che era esattamente il contrario, e che era Near che si stava divertendo a ridurlo in pezzi pian piano, senza fretta, godendosi la sua lenta agonia. Ne era perfettamente consapevole, eppure non riusciva a sottrarsi a quella dolce ma dolorosa tortura. Come un autolesionista continuava a baciarlo,a morderlo, a toccarlo sempre più intimamente.
Non lo sopportava. Possibile che non esistesse parola capace di farlo star male? Anche mentre lo stringeva perseverava, lo offendeva volutamente e lui capiva, però non si arrabbiava.

Sei un bastardo, Near ”

Come una droga, come qualcosa di invincibile che crea dipendenza e ti trascina in un tunnel senza uscita.
E realizzò che quella veramente fragile non era la creatura stessa sotto di lui, col respiro affannoso e le labbra sporche di sangue. Anzi, lo vide come una sorta di demone, un giustiziere fintamente innocente, il suo personale Dio della Morte. Si spaventò a tal visione, ma non si ritrasse. Piuttosto si tolse anch'egli la maglia, facendo aderire il suo petto a quello dell'altro, meravigliandosi del suo calore.
Lui odiava perdere, però quando iniziava una cosa era sempre fermamente deciso a portarla a termine.
Un rivolo di liquido cremisi macchiò la guancia di Near, e una goccia si infranse silenziosa sui capelli chiari, eppure lui continuava a sembrare così puro; una visione completamente differente da quella che prima si era immaginato. Egli aveva il potere di confonderlo, era il male e il bene, l'amore e l'odio.
Doveva sporcarlo, ne necessitava, doveva mettercela tutta al fin di ferirlo nell'orgoglio.
Lo baciò sul collo e la schiena del giovane s'inarcò, in una muta richiesta di continuare.
Forse anche lui era stato risucchiato dal vortice e stava vivendo un conflitto interiore. Fatto sta che gli carezzò i capelli biondi, non più il caschetto perfetto di diversi anni prima ma ribelli e un poco più lunghi. Poi gli toccò la vistosa cicatrice, e il volto di Mello si contrasse in una leggera smorfia, allontanando da quel punto ancora doloroso la gentile mano.
Perché non la usi per altri scopi? ” gli chiese ammiccando, e si accorse per un attimo d'aver messo in difficoltà l'imperturbabile e perfetto numero uno. Sorrise a quella piccola e meritata vittoria, esultando in silenzio.
L'albino si domandò ove l'altro avesse imparato a baciare così bene – seppur non avesse mai baciato nessuno prima d'allora e ritenesse illeciti certi pensieri –, e lo lasciò vagare con la lingua umida sul proprio petto. Un brivido gli percorse la schiena quando si soffermò sul capezzolo destro, mordicchiandolo. Non aveva mai provato simili sensazioni, eppure non provò vergogna a lungo.
Sapeva che da un momento all'altro qualcuno avrebbe potuto fare irruzione nella stanza, ciò nonostante non voleva fermarsi.
Dovette ammettere, per lo meno a se stesso, che per lui Mello era speciale. E sembrava sapere alla perfezione dove toccarlo per farlo tremare, per fargli perdere anche solo per qualche istante la compostezza che lo caratterizzava in ogni situazione. E il più giovane non si sentì in colpa quando lui gli abbassò i pantaloni e l'intimo che indossava, sfiorando quell'eccitazione divenuta oramai perfino dolorosa.
Quel che accadde poi lo visionò a scatti, perché alla fin fine era anch'egli un essere umano. Sentì le mani dell'altro fra le proprie gambe, il suo respiro sul collo e i denti sul lobo dell'orecchio. Fremette quando anche lui si tolse i pantaloni e fece sì che quelle due parti così sensibili si incontrassero e scontrassero regalando ad entrambi emozioni che si trasformarono ben presto in gemiti trattenuti a stento per non farsi scoprire.

Near, Near, maledetto... ”

Mello credette di morire quando vide il compagno inarcarsi sensualmente per l'ultima volta, prima di sbarrare gli occhi e chiamare il suo nome con tutta la passione che, fino ad allora, aveva tenuto repressa dentro di sé.
Lo marchiò come suo senza possederlo completamente, anche se nemmeno lui stesso riuscì a capire il motivo di tale gesto. Lui si trovava alla sua mercé, sotto di lui, sporco e con la fronte madida di sudore. Era così bello, così... fragile, in apparenza. Ma a dispetto di ciò fu il biondo a crollare, affondando il volto nella sua chioma chiara. Sentirlo gemere sotto i suoi tocchi, vederlo contorcersi in preda al più estatico dei piaceri lo fece cadere nella più cupa disperazione: quindi Near gli apparteneva, ma a guardarlo sembrava incredibilmente distante. Possibile che per lui quanto era accaduto non significasse niente? No, tutto ma non questo.
Lo fissò in cerca di una spiegazione, di un segno.
Adesso sei soddisfatto? ”
La sua voce risuonò quasi crudele, accusatoria: fu come se lo avesse apostrofato come criminale, evitando di dirlo apertamente.
Si può sapere perché... perché riesci sempre a restare così impassibile? ”
Lui abbassò lo sguardo mettendosi a sedere, ricominciando a giocare coi propri capelli. Per qualche istante parve non sapere cosa rispondere, poi fece schioccare le dita e lo guardò sorridendo appena, cercando di nascondere quanto meglio poteva quella strana ed inusuale tristezza che avvertiva e che gli attanagliava il cuore.
Guarda attentamente il ritratto che mi facesti quella volta... cosa noti di strano? ”
Mello lo riguardò, ma sembrò non capire cosa egli intendeva.
Qui ” indicò il fiore che aveva disegnato sul suo petto, assumendo la sua consueta espressione da saccente, “ Cos'è questo? ” gli chiese, facendosi curioso.
E me lo domandi adesso? Non potevi farlo subito, il giorno in cui te lo consegnai? ”
Ho fatto alcune ricerche, avvalendomi dell'aiuto dei volumi che si trovavano nella libreria della Wammy's House. Sapresti spiegarmi perché hai scelto proprio il rododendro? ”indagò, e l'altro lo guardò basito.
Rodo... che? ”
Si tirò su la zip della maglia di pelle nera domandandosi che diavolo poteva mai avere in mente, in tutta sincerità non capiva di cosa stesse parlando. Quella volta aveva disegnato una specie di fiore, la prima forma che gli era balenata in mente, senza pensarci troppo; ed era stato solo l'insignificante gesto di speranza di un bambino troppo ottimista... oppure no? Ammettere il perché aveva apportato al suo lavoro quella piccola modifica sarebbe stato troppo umiliante in quell'occasione; come poteva dirgli che lo aveva fatto per ravvivare l'immagine, per farlo sorridere? Near lo avrebbe di certo preso in giro, e ciò non gli andava proprio, in special modo dopo aver consumato quella specie di amplesso “a metà”. Entrare in intimo contatto con lui non aveva fatto altro che peggiorare le cose, eppure si sentiva comunque felice d'averlo fatto, di avere in un certo senso contravvenuto alle regole.
Rododendro, molto simile all'azalea ” spiegò l'albino, mentre si puliva e risistemava, ostentando una calma insolita in un momento simile.
Non sapevo che quella composizione si potesse definire tale... l'ho disegnata a caso ”
Near lo guardò, presumibilmente cercando di sondarlo, dato che non gliela contava giusta.
Guarda che sto dicendo la verità ”
Non lo metto in dubbio, ma vedi... nel linguaggio dei fiori, il rododendro ha un particolare significato ”
Ah... ” reagì Mello, poco convinto, “ E da quando t'interessi a simili stupidaggini? ”
Da quando Roger ci chiese di studiarli. Io scrissi una riflessione su questo fiore ” disse, riportando alla memoria un assurdo compito che gli era stato affidato dal loro supervisore.
Sì, mi ricordo... che cazzata. Comunque, quale sarebbe il significato di cui parli? ” chiese, abbastanza incuriosito.
E l'altro ghignò, giocherellando con un trenino di legno.
Molti lo considerano una sorta di emblema della prima dichiarazione d'amore ” rispose, e il biondo a quelle parole si sentì indeciso.
Ridere o piangere? Perché se da un lato considerava la cultura del lingu
aggio dei fiori un'emerita cretinata, quella definizione era spaventosamente corretta. Ancora a quell'età non riusciva a capirlo, ed aveva fatto tutto inconsciamente. Aveva confessato a Near quel che provava attraverso un disegno, pur senza essere a conoscenza di cosa potesse voler dire per alcuni quel piccolo, piccolissimo particolare che aveva messo in più.
Non sapeva cosa dire, letteralmente spiazzato. Lui aveva ragione, ma dirgli: “ Sì, ti amo ” sarebbe stato decisamente contro la sua natura e soprattutto il suo volere. Questo perché non era ancora sicuro di potersi prendere un simile impegno. E poi, si poteva davvero parlare di amore? E, in verità, cos'era l'amore?
Un interrogatorio che l'umanità si pone fin dalla notte dei tempi, il più sublime dei misteri.
Oppure... ” continuò, “ ... a causa dei suoi petali, che appassiscono in brevissimo tempo, gli viene attribuita la definizione di fragile incanto ”
Fragile. Come sperava che Near fosse, ma come invece non era affatto.
Fragile e breve come la sua dose di pazienza, come il suo cuore quando i suoi occhi si specchiavano in quelli dell'altro e come lui stesso che, per provare a sfuggirgli, tentava di distruggerlo con le parole.
Sai, inoltre, a cosa si potrebbe avvicinare il tuo disegno? Come concetto, intendo... ” domandò, mentre Mello imprecava silenziosamente. A quanto pareva, il bastardo si trovava di nuovo in netto vantaggio. Una guerra continua, dettata da molteplici sentimenti.
Ad un arabesco ”
Il suo citare una forma artistica tipicamente araba lo stupì non poco. Dunque s'intendeva anche di quello?
Ti sbagli. E' solo uno scarabocchio, nulla di più ” disse poi, riacquistando a fatica un po' di freddezza, “ Tu pensi troppo ”
Può darsi, ma dimmi... ” ribatté, giocando stavolta con un pupazzetto che somigliava al biondo in maniera impressionante, “ Non vorresti riprovare con un nuovo disegno? ”
Mello strabuzzò gli occhi. Che diavolo aveva in quella testa? Prima lo scherniva, poi lo stringeva con ardente desiderio e successivamente lo scherniva ancora, per poi chiedergli una cosa totalmente assurda: ricreare l' “arabesco” - anche se non era affatto convinto di poterlo chiamare così – in un nuovo ritratto.
Provò a sondarlo nuovamente, ma senza risultato. Impegnato com'era a cercare di comprendere ciò che il rivale stava provando non si accorse del leggero cambiamento nella sua espressione; silenziosamente gli stava chiedendo di farlo, di dimostrargli quel che sentiva per lo meno attraverso quel foglio. Avvertiva il bisogno di sapere che la persona speciale per lui – anche se la più importante in assoluto era ancora L, anche dopo la morte, ma si trattava d'un sentimento diverso – provava qualcosa nei suoi confronti. Perché, e neanche lui sapeva spiegarne i motivi, il contatto fisico non gli era bastato, seppur fosse stato intenso ed indubbiamente bello e piacevole. Desiderava una prova indelebile da poter custodire per sempre, perché in verità dentro di sé conosceva già il destino di Mello... non che potesse predire il futuro, ovvio, ma sapeva che tipo era il biondo ed era perfettamente conscio del fatto che egli non si sarebbe fermato davanti a nulla. Neanche a lui. Neanche alla Morte.
In quel momento il cellulare del più grande squillò, squarciando il silenzio che si era andato a creare; probabilmente si trattava di Matt. Fatto sta che, conclusa la telefonato, il ragazzo si mise le mani in tasca, voltandosi.
Non ho tempo per i giochi, Near ”
Nemmeno quelle parole parvero scalfirlo, ma forse era solo apparenza. Il biondo però si auto-convinse dell'insensibilità dell'altro, psicologicamente parlando. Almeno in quel momento, sentì di non potersi avventurare all'interno della sua anima inquieta. Ma in quel cuore, il cui battito regolare scandiva gli ultimi secondi assieme, lui dominava incontrastato.
Ciao, Mello ”
Lui si allontanò di qualche passo, combattendo contro la voglia di mandare tutto a farsi fottere e tornare fra quelle braccia calde ed accoglienti – e così piccole, tanto ch'egli pareva non aver mai abbandonato la propria infanzia, tanto il suo corpo era
tenero –, scegliendo la via più semplice, almeno secondo il suo punto di vista: la fuga. Non era mai scappato da niente e nessuno prima d'allora, infatti si vergognò del proprio gesto; ma c'era una cosa che doveva fare, e a costo della vita avrebbe inseguito il proprio obiettivo. Qualcosa che sembrava chiamare il suo nome ancor più prepotentemente del suo sguardo che, profondo seppur tacito, gli chiedeva di rimanere.
Kira. Doveva catturarlo in tutti i modi e non sarebbe tornato da lui finché egli era in circolazione. Una volta consegnato alla giustizia sarebbe tutto finito, e si sarebbe potuto dedicare a qualcosa di effettivamente non meno impegnativo.
Guardò indietro ancora una volta, incontrando gli occhi neri d'ebano dell'albino.
Non sono ancora pronto ”
Disse solo ciò; frase emblematica in apparenza, ma Near la comprese appieno.
Quand'egli uscì, attirandosi addosso le occhiate sospettose di Rester e Jevanni e quella preoccupata di Halle, l'aria si fece improvvisamente più pesante. Le parole che gli aveva riferito erano state decisamente eloquenti: non si sentiva ancora in grado di disegnargli un arabesco sul cuore e quindi di consacrarsi a lui e al sentimento che li legava, che continuava a spaventarlo e ad affascinarlo al tempo stesso.
Il ragazzo si sedette per terra con le gambe incrociate, lasciando che il pensiero vagasse ancora una volta verso le sue mani bollenti, i suoi capelli morbidi e quella voce dannatamente sensuale. Ancora una volta, prima del giorno del giudizio.

Mello se ne andò in un giorno apparentemente come tutti gli altri.
Non v'era pioggia, né neve, né vento proveniente dal nord; come se il tempo fosse fermo tutto ruotava attorno a lui e a colui che lo aveva seguito nel bene e nel male, più di Near, più di chiunque altro.
Eppure, nonostante ciò, questi non era mai stato ripagato.
Mello se ne andò senza poter cantare vittoria addentando una barretta di cioccolato, ma lo fece accasciandosi sul volante di un camion incapace perfino di stringere il rosario che portava al collo.
Però, alla fine, il puzzle fu completato.
Nessuno può dire a chi realmente pensò prima che il suo cuore cessasse di battere, ma chi lo aveva stretto forte a sé avvertì un inusuale brivido percorrergli la schiena.
Mello se ne andò. Era stato un fragile, fragile incanto.


Fine

Note dell'Autore: vorrei spendere due parole circa i tempi verbali utilizzati. Ho usato nella prima parte il trapassato passato per evocare ricordi più lontani nel tempo ( quindi più adatto ad un sogno ), e nella seconda il passato remoto perché lo trovo più consono alle scene descritte.
Per quanto riguarda ciò che Near dice quando parla del rododendro, si riferisce alla prima shot che compone questa raccolta. Anche se, a parte questo particolare e l'elemento fiore, le due storie non sono collegate.
  
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