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Autore: keiko_chan86    15/01/2010    6 recensioni
L’aria divenne improvvisamente pesante, una sentenza non ancora pronunciata aleggiava su di loro ed Holmes lo sentiva bene. Erano giorni che non appena si trovava nella stessa stanza del dottore aveva quella sensazione, qualcosa stava cambiando ne era certo e quel silenzio, lo sguardo fuggente ne era la dimostrazione più tangibile.
[Film: Sherlock Holmes (film 2009)Pairing: Holmes/Watson]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai letto il libro ed ho visto solo qualche vecchio film con Sherlock Holmes.
Però ammetto che quest’ultimo film, oltre a piacermi in generale, ha animato la fangirl che è in me XDXD perchè e impos..(l’amica la guarda...) quasi impossibile non notare la coppia u_u così non mi son potuta trattenere nello scrivere questa Fiction.
Essa è una specie di approfondimento della scena del ristorante dove Holmes conosce Mary, più una sorta di prequel.

Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Sperando che vi piaccia, Buona Lettura ^_^


First round.


Il buio lo circondava, mentre il cervello non si dava tregua.
Erano giorni, anzi mesi che non accettava più un nuovo caso ed il suo cervello, per non arrugginire, aveva cominciato a progettare molteplici invenzioni, innovative o strampalate a discrezione dell’occhio che le avrebbe visionate.
Afferrò alcune ampolle e comincio a mescolare le diverse sostanze. I suoi occhi si accendevano di una strana luce ad ogni reazione che lo portava sempre più vicino alla soluzione del problema.
Holmes era il chiaro esempio di quanto fosse sottile la linea tra genialità e follia.
La porta si apri brevemente, il tempo necessario per far entrare qualcuno nella stanza, ma abbastanza per far entrare uno spiraglio di luce, troppo per gli occhi dell’investigatore abituati fin troppo bene al buio.
Watson era entrato in camera ed immediatamente, con tutta la sua delicatezza, aveva aperto le finestre per cambiare l’aria viziata ed illuminare la stanza.
Immediata la lamentela da parte dell’investigatore, che non venne minimamente considerata. Il dottore rimase li a fissare fuori dalla finestra senza pronunciare una parola, mentre lui accompagnato dal suo fedele violino si sedette sulla poltrona cominciando a strimpellare qualche nota.
L’aria divenne improvvisamente pesante, una sentenza non ancora pronunciata aleggiava su di loro ed Holmes lo sentiva bene. Erano giorni che non appena si trovava nella stessa stanza del dottore aveva quella sensazione, qualcosa stava cambiando ne era certo e quel silenzio, lo sguardo fuggente ne era la dimostrazione più tangibile. Eppure fingeva che niente stesse accadendo continuando a strimpellare.
- non sarebbe il caso di prendere un nuovo lavoro? -
Una nuova nota mentre gli occhi fissavano il nulla, in attesa. Anche se i suoi sensi erano ovattati dall’alcol, o qualcosa di simile, riusciva a sentire che in quella voce vi era qualcosa di diverso, conoscenza o deduzione era indifferente.
- non ve ne nessuno di interessante. Era solo questo che dovevate dirmi? -
Lo sente, chiaro e cristallino quello sguardo infastidito su di lui. Forse il tono di voce era più arrogante del solito o forse e qualcosa che il dottore faticava a dirgli. Ma era giunto il momento, anche se una parte di lui già ne era a conoscenza, perché uno come lui non può farsi sfuggire certi indizi. Un nuovo odore, una macchia sulla camicia, la maggiore distanza messa tra loro dal dottore; no, Holmes già sapeva.
L’uomo gli si pose di fronte, ancora insicuro su come iniziare il discorso, ma abbastanza irritato per rimanere ancora in silenzio.
- visto che me lo chiedete. Si, ho un’altra cosa da dirvi! -
Una nuova nota, occhi fissi al muro concentrato apparentemente su quello strumento.
-... ho incontrato una persona ... una ragazza fantastica -
- una donniciola vorrete dire -
- ci siamo innamorati -
Nota sbagliata.
- bene... -
Era tutto quello che aveva da dire o tutto quello che la sua bocca era riuscita ad emettere?
- bene?! È tutto quello che avete da dire? -
Era lui l’investigatore eppure Watson aveva dato vita ai suoi pensieri.
Lo guardò confuso come per chiedergli cos’altro dovesse dire. Si portò la pipa alla bocca sistemandosi meglio sulla poltrona.
- non durerà! -
Il verdetto. Credeva, anzi aveva la certezza di quelle parole. Nessuno e nessuna sarebbe riuscito a spodestarlo dal podio. Lui era in cima ai pensieri e nel cuore del dottore. Questa certezza non l’avrebbe mai potuta buttare giù una qualsiasi donnetta.
- sì invece! -
- no! -
- Holmes voi non potete saperlo! -
- io so chi volete, Watson! -
Era serio, terribilmente serio!
Silenzio.
Riuscì a vedere il compagno rabbrividire per un istante, aveva colto nel segno. Sì, non vi erano dubbi. John Watson gli apparteneva.
- vi sbagliate! -
Mentiva, non ci voleva un grande intuito per sapere che Watson non l’avrebbe mai ammesso, ma non importava, in quegli anni di convivenza aveva imparato ad accettare, almeno in parte, che il compagno non avrebbe mai ammesso ad alta voce ciò che provava per lui, come del resto neppure lui aveva mai fatto. A parte qualche breve dialogo, il romanticismo fra loro era inesistente.
- se volete continuare ad illudervi continuate pure, ma sappiamo entrambi la verità! -
Altro silenzio.
- si chiama Mary Morstan, desidererei farvela conoscere! -
- no, grazie! -
Rapido e deciso. Una decisione presa di petto come un moccioso viziato a cui stavano togliendo un giocattolo, ma Watson non era un giocattolo era molto, molto più importante, più importante persino della sua stessa vita.
Eppure John non gli aveva mai voluto presentare nessuna donnicciola con la quale era uscito fino a quel momento. No, non voleva e mai l’avrebbe incontrata, quella ladra!


E invece... eccolo lì! dopo mesi Watson era riuscito a convincerlo ad incontrarla.
Seduto ad un tavolo cercò di escludere i sensi che da buon investigatore stavano analizzando tutto ciò che lo circondava.
Appena arrivò il dottore accompagnato dalla giovane si mostrò gentile; beh! diciamo che provò a mantenere un atteggiamento adeguato, svelando qualche piccolo segreto di Watson come la sua dipendenza dal gioco. Ma non era per cattiveria, era solo per avvertire la donna che tutto non è come sembra, una buona azione in somma.
Poi quella domanda “analizzi me” . Era come aver ricevuto un invito ad uno di quei party esclusivi, bastava toccare le corde giuste e poi sarebbe stata una passeggiata in discesa.
Ma il suo incredibile intuito, per la troppa sicurezza di vittoria, sbagliò alcune corde, provocando una reazione inaspettata della ragazza. Un bicchiere di vino in faccia, una risposta decisa ma che nascondeva ancora del dolore al suo interno e poi vederlo allontanarsi per seguire lei. E vederlo andare via per seguirla fa male, più male di quanto avesse mai immaginato.
Calmo come nulla fosse accaduto, si mise il tovagliolo intorno al collo e cominciò a mangiare la pietanza ordinata. Aveva perso una battaglia, ma non la guerra e lui non era certo tipo da rinunciare facilmente.
Forse era arroganza, ma era certo che Watson avrebbe scelto lui.

the end ~

  
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