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Autore: Frances    16/01/2010    2 recensioni
Gli uomini ti stanno uccidendo.
Midgar soffoca le tue grida e ti prosciuga fino a lasciarti agonizzante. 
Cosa sta succedendo al mondo?
[ Parte della raccolta D.e.c.e.a.s.e, Ifalna ]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fermatevi, fermatevi.

Non lasciatemi indietro…

Te ne stai adagiata sul sedile di quel treno delle cinque, gli occhi chiusi e la guancia premuta stancamente sul vetro offuscato del vagone. Hai il fiato grosso, le palpebre pesanti. Il paesaggio squallido dei bassifondi sfreccia davanti ai tuoi occhi, mandando lampi brevi ed improvvisi, mentre le sagome sembrano fondersi e inseguirsi in un’unica confusa tonalità senza contorni.

Il vagone è freddo e silenzioso, le maniglie per i passeggeri ondeggiano solitarie e abbandonate seguendo il ritmo ripetitivo che accompagna il treno sulle sue sferraglianti rotaie.

Non sei mai riuscita ad abituarti ad una quiete così greve; la tua vita non è mai stata silenziosa, neppure quando ti chiudevi da sola nella tua stanza e guardavi affascinata la neve che cadeva fuori dalla finestra. Neppure allora le voci sussurrate avevano mai taciuto; non hanno mai smesso di rimbombare cristalline in un angolo della tua testa, riempiendoti le orecchie di una piacevole melodia argentina.

Perché ora sembrano tutte ammutolite?

La Città Senza Cielo vi addolora?

Riempie anche me di un’immensa tristezza.

« Mamma…?» la voce tremante di tua figlia ti risveglia un istante dal sonno leggero in cui sei caduta. Ti volti lentamente verso di lei, battendo faticosamente le ciglia; se ne sta rannicchiata sul sedile, facendosi piccola piccola nel vestitino color pastello che tu stessa le hai cucito. Ha intrecciato le dita alle tue, ma senti appena il calore della sua mano contro la tua pelle fredda; ed il profilo del suo volto diventa sempre più difficile da distinguere, ogni volta che, con sempre maggiore difficoltà, chiudi e riapri gli occhi.

« Mamma, non stai bene?» domanda, le sopracciglia sottili corrugate sui suoi grandi occhi verdi. Le sorridi, allungando una mano per carezzarle i capelli:

« La mamma sta bene, amore mio.» cerchi di rassicurarla, anche se la voce che ti risale per la gola assomiglia ad un rantolo soffocato. Lei annuisce con poca convinzione e si accosta maggiormente a te, poggiando la guancia sulla tua spalla; senti il suo respiro regolare affiancarsi al tuo che sta diventando discontinuo. Vorresti poterle offrire qualcosa di più rassicurante di questa tua febbre persistente, ma quando provi a tirarti a sedere ti rendi conto di non averne più le forze. Chiudi gli occhi, limitandoti a stringere forte la mano di Aerith nella tua.

« Vedrai, piccola mia, solo un altro po’ di pazienza.» bisbigli, sicura che le tue parole sussurrate la raggiungeranno anche se lo sferragliare del treno è più forte « Torniamo a casa, okay? Torniamo nella casa di mamma e papà, lassù sulle montagne…» Prendi fiato, deglutendo. « Torneremo a casa e nessuno ci disturberà più, mio piccolo tesoro. Saremo al sicuro, vedrai, amore mio. Solo un po’ di pazienza.»

Lei mugola qualcosa, anche se la sua mano ha iniziato a tremare.

Adorati fratelli e sorelle, vi prego.

Vi prego, aiutatemi.

Vorresti poterle raccontare una favola, una leggenda del tuo popolo, così che lei possa sgranare gli occhi e fissarti a bocca aperta, rapita, senza più bisogno di pensare a nient’altro.

Vi prego, non lasciateci sole.

Vorresti prenderla tra le braccia e cullarla, sussurrandole una ninna nanna cetra fino a farla addormentare, come facevi quando era ancora appena nata. Come quando la tenevi stretta, su quella vecchia sedia a dondolo, davanti al caminetto acceso. Come quando suo padre le carezzava la fronte, riscaldando entrambe nel suo abbraccio che aveva la capacità di annullare il gelo portato dall’inverno.

Ma la voce di tuo marito che ti ha sempre sostenuta fino ad oggi, ora ti ha in qualche modo abbandonata. Tutto questo silenzio ti opprime, ti fa sentire persa; e di colpo ti accorgi di non ricordare più nessuna melodia cetra, nessun testo, nessuna ballata. In quella fredda solitudine, tutte le canzoni che tua madre ti ha insegnato si trasformarono in fumo, assieme a tutte le storie fantastiche che generazioni e generazioni di donne Cetra si sono tramandate per millenni. Si frantumano, lasciando che la tua mente si sgomberi, mandandoti nel panico.

Gast, amore mio, dove sei ora?

Senza di te non riesco ad andare avanti.

Aerith è una bambina coraggiosa. Non si lamenta mai, trattiene le lacrime anche quando il volto le si colora di paura. Ti ha seguita lungo le scale infinite che vi hanno condotte fuori dal Palazzo ShinRa, la notte fatidica in cui avete deciso di fuggire. Avete sceso quei sessanta piani contando i gradini, a piedi nudi, terrorizzate che il semplice rumore dei vostri respiri potesse tradirvi; mentre tu lasciavi scorrere la mano sulla ringhiera, la mano che stringeva forte la maniglia della valigia in cui in fretta e furia avete stipato le vostre poche cose, Aerith ti ha seguita di corsa, sfiorando con le mani le ampie anse della tua gonna rossa.

Ricordi ancora l’entusiasmo che vi ha rinfrancate quando, aprendo la porta, vi siete accorte di essere finalmente fuori.

In quel momento hai pensato che forse avresti potuto farcela; a Midgar il sussurro degli Antichi non riusciva a raggiungerti, ma se fossi riuscita a lasciare quella città maledetta, forse allora le loro voci ti avrebbero accolta di nuovo. Potevi farcela. Dovevi resistere solo qualche altro giorno.

La ShinRa non sapeva, non poteva capire.

La voce del Pianeta è l’anima stessa di un Cetra.

Senza quei sussurri, un Cetra non può continuare a vivere.

Quando il Pianeta ha smesso di parlarti, il giorno stesso in cui hai varcato le porte del palazzo ShinRa, hai urlato e pianto di disperazione fino a farti mancare il fiato nei polmoni. Ma da quando sei scappata, il Pianeta non ti ha ancora rivolto la parola.

Gli occhi hanno iniziato a lacrimarti incessantemente dalla notte che avete passato in quel vicolo freddo del Settore 8, abbracciate per riscaldarvi a vicenda. Dev’essere così… Devi esserti ammalata durante quella notte, poggiata al muro di cemento, quando ti sei accostata alle condotte del Mako nel tentativo di trarre conforto dai sussurri del Pianeta.

E da quella notte che hai iniziato a spegnerti.

Dei deboli zampilli verdi fuoriuscivano da una crepa nel tubo arrugginito, ogni tanto, evaporando senza un suono dopo meno di un istante. Hai osservato quelle gocce tristi per ore, con la tempia premuta sulla parete grigia, in un’attesa speranzosa ed instancabile; ma quando hai chiuso gli occhi ormai inumiditi dallo sconforto ed appesantiti dalla stanchezza, con Aerith che già dormiva aggrappata al tuo abbraccio, il Flusso Vitale non ti aveva ancora concesso una sola parola di incoraggiamento.

Mio adorato Pianeta, perché mi hai abbandonata?

Desidero solo poterti sentire ancora una volta.

Quando riprendi coscienza, ti accorgi di non essere più sul treno. La superficie sotto di te è spigolosa e ghiacciata, sembrano quasi dei gradini. Aerith è al tuo fianco e le rivolgi un sorriso stanco; all’inizio non comprendi il motivo per cui sia così agitata, o perché i suoi occhi siano colmi di lacrime.

« Piccola mia, non piangere…» cerchi di dirglielo. Aerith è così coraggiosa. Lei non piange neanche quando ha paura.

La sua bocca si muove disperatamente, ma non riesci a percepire alcun suono.

E poi di colpo accade, in maniera definitiva.

Senti qualcosa spezzarsi dentro di te, lentamente; con le labbra dischiuse, senza poter fare nulla, senti la conoscenza degli Antichi scivolare via fra le tue dita, disperdendosi. Di colpo la tua mente è vuota, la tua memoria sembra un rotolo di carta bianca inviolata. Ti senti afferrare da una nostalgia e da una tristezza feroce, ma non hai fiato per urlare.

Eri l’ultima su questa terra a conservare quel sapere, come un tesoro racchiuso in uno scrigno che solo tu potevi aprire, sepolto negli angoli più reconditi della tua mente. Ma come un cuore non può battere senza che venga irrorato dal sangue, la tua sapienza Cetra non può perdurare se il Pianeta smette di accompagnarti.

Guardi Aerith, che continua a piangere, in silenzio: ormai non ricordi più nulla dell’eredità degli Antichi. Non hai fatto in tempo a trasmettergliela.

Povera, piccola mia.

Mi dispiace così tanto.

Percepisci dei movimenti, Aerith che non riesce a stare ferma, la sua bocca spalancata in urla che non riesci a sentire; una donna dai lineamenti gentili ti si avvicina, una strana preoccupazione dipinta negli occhi incorniciati da fitte ragnatele di rughe.

« Ti prego…» bisbigli d’un tratto, volgendoti a lei «…porta Aerith al sicuro.»

Ogni suono diventa inconsistente. Anche il fischio del treno che parte alle tue spalle si smorza e ti lascia nel più assoluto silenzio. Neppure ti sei accorta della pioggia che picchietta e inzuppa il vestito porpora che ti ha regalato tuo marito, il giorno in cui nacque vostra figlia: anche il tamburellare delle gocce si è fatto lontano.

Ed è a quel punto che lo senti, mentre fissi la piastra grigia del Settore 7.

E’ un balbettio sofferente, una richiesta di aiuto, un pianto angoscioso e straziante che ti riempie di dolore. Riesci a percepire appena i lamenti disperati di una creatura che lentamente si arrende ad una morte pigra e amara. Le lacrime del Pianeta si confondono alle tue, e non sai dire se il tuo pianto sia di felicità o meno.

Prima di accoglierti nelle sue braccia di smeraldo, il Pianeta ha cercato di parlarti. Ma le sue parole erano solo i gemiti ossessivi che precedono una morte sofferta.

Gli uomini ti stanno uccidendo.

Questa città soffoca le tue grida e ti prosciuga fino a lasciarti agonizzante.

Cosa sta succedendo al mondo?

Di nuovo sola, continui a fissare il cielo fatto di metallo e cemento. Delle luminose lampadine di neon mandano i loro lampi intensi, sparse sulla superficie fredda della piastra come tanti astri scintillanti.

Eppure, Ifalna, quanto sembra triste questo cielo.

Le stelle non sono mai state così silenziose.

(xxx)

Nota dell'autrice:

 Assieme alla deathflash di Zack, questa è stata la morte che fino ad ora mi ha commossa di più, mentre scrivevo. In fin dei conti chi era Ifalna? Era l’ultima vera Cetra, l’unica donna sul Pianeta che ancora conservasse la tradizione di quel popolo antico e misterioso. Certa gente si sarebbe letteralmente ammazzata per poterle parlare, anche per il semplice fatto che potesse leggere la lingua Cetra. Era una fonte di conoscenza inesauribile, un patrimonio dell’umanità, potremmo dire.

Eppure, gli uomini l’hanno lasciata morire così, sui gradini squallidi di una stazione nei bassifondi, permettendo che gran parte delle sue conoscenze svanissero con lei. Non è tremendamente triste?

OST di questa flash è la track “The Flow of Life”. Un motivetto semplicissimo che si ripete all’infinito assieme a qualche percussione e un paio di tintinnii che ricordano molto il Flusso Vitale. E mi rattrista in maniera incredibile.

Scritta nel 2008, ad Agosto, fa parte di D.e.c.e.a.s.e, una raccolta di flash dedicate ai personaggi deceduti durante e prima Final Fantasy VII.

   
 
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