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Autore: nes95    16/01/2010    7 recensioni
Julie e Joe, migliori amici da una vita. Ispirato al video dell'omonima canzone di Taylor Swift, quando un'amicizia nasconde qualcosa di più.
Dedicata alla mia migliore amica Julie.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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YOU BELONG WITH ME

 

Era sempre la solita storia.

Primo flash, secondo, un terzo più lungo. Ci risiamo, pensai mentre correvo a prendere la torcia sotto il letto. Messaggi in codice.

“ci sei?”

“Si”

Un flash più lungo, un breve “puoi parlare al telefono?”

Daccapo stesso segnale, due fasci di luce brevi, dopo nemmeno quattro secondi il cellulare prese a squillare.

“Buonasera!” mi salutò Joe, facendo ciao ciao con la manina dalla sua finestra, facendomi ridere.

“Buonasera a lei, come va?” chiesi sedendomi sul letto della mia stanza, buttando da una parte il libro di storia.

“Molto bene grazie, a lei?” mi chiese. Strana mania la nostra, il parlare come sue perfetti sconosciuti.

“Oh, non c’è male signore, grazie per avermelo chiesto” risposi accompagnando il tutto con una mezza risata.

“Che hai fatto oggi di bello?” chiese passando finalmente ad un tono più amichevole.

“Il solito, mi sono preparata per la verifica di spagnolo di domani. Hai studiato vero?” chiesi, intuendo comunque la risposta.

“Mhm … cambiamo argomento?” chiese, sapevo che ora stava aprendo l’agendina e aveva letto della verifica, si sarebbe sbattuto la mano sulla fronte e avrebbe buttato la testa all’indietro.

“Lasciamo stare … tu che hai fatto oggi?” chiesi allora, prendendo a sfogliare una rivista posata sul piumone.

“Non saprei … ho suonato con un mio amico, ho fatto la spesa” sapevo che era estremamente orgoglioso quando riusciva a fare qualcosa di non propriamente da ragazzo “… e sono andato a fare un giro con Claire” finì poi. Ed eccola, eccola che arriva, solita pugnalata, solita mano che cerca di far finire il dolore. Solito falso sorriso, solita voglia di scoppiare a piangere. Perché? Non riuscite proprio ad arrivarci da soli?

“Julie … ci sei ancora vero?” chiese il mio migliore amico dall’altra parte della cornetta, mi diedi mentalmente dell’idiota e risposi di essere ancora viva. Brutta cosa l’amore, lo dice sempre anche mia nonna, saggia donna …

“Si si ci sono” risposi con una mezza smorfia, mentre lo vedevo togliersi le scarpe, lanciandole poi lontano.

“Bene … vorrei chiederti una cosa” chiese allora, tornando alla serietà di qualche minuto prima.

“Dimmi tutto” risposi capendo per una volta di dover rimanere in silenzio.

“Sabato ci sarà un ballo scolastico alla tua scuola, lo sai no?” chiese, bene! Ora mi invita ora mi invita ora mi invit… “e dato che Claire ed io vorremmo andarci …” continuò. Stronza, stronza stronza … ma non può morire uccisa sotto un tir in corsa? E che due palle di nuovo.

“Si bè?” chiese interrompendolo prima che si mettesse a raccontare – ancora – la romantica storia d’amore tra lui e la tro… pardon, Claire. Romantica poi …

“Ehm … ecco, mi servirebbe una consulenza sugli abiti, sai com’è, non vorrei sfigurare” rispose leggermente spazientito dal mio tono.

“Da me?” chiesi incerta. Ma piccolo idiota, on lo vedi che sei la reincarnazione della perfezione umana? Come potrei vederti cambiare mille vestiti senza avere voglia di saltarti addosso tipo stupratrice?!!?!

“Si da te … e su, sei la mia migliora amica, a chi potrei chiederlo se no?” chiese, se ora fosse stato davanti a me lo avrei visto fare lo sguardo da cucciolo, sporgere le labbra in fuori e farsi uscire due lucciconi degni del miglio poppante.

“Stai facendo la faccia da cucciolo vero?” chiesi annoiata.

“Si” rispose ì, nascondendo un mezzo sorriso.

“Ti odio lo sai?” chiesi con una smorfia, lui rise e mi diede la buonanotte, non prima di avermi costretta ad accettare il “lavoro”, ma per lui … avrei fatto questo ed altro.

Giovedì mattina. Seconda ora di lezione.

“Terra chiama Julie, terra chiama Julie” mormorò il mio compagno di banco ridendo, io mi ripresi all’istante e continuai a seguire la lezione, mentre già pensavo al pomeriggio che avrei dovuto passare con Lui. Finalmente la campana suonò, mi aspettava il pranzo e le ultime due ore del pomeriggio, invece fregandomene presi la borsa e ci infilai dentro soldi, una sciarpa, i de libri avevo saggiamente decisone di portarmi e le chiavi di casa, senza le quali sarei rimasta sulla verandina a vita.

“Buon giorno My Lady!” salute Joe con sorrisone che gli partiva da un orecchio e gli arrivava all’altro, con una smorfia divertita indossai gli occhiali da sole per proteggermi dal sole cocente e mi sedetti accanto a lui in auto. Joe si sporse e mi diede un bacio sulla guancia, ringraziandomi ancora per aver accettato di stare con lui. Come se potevo mai perdermela … la mia anima da mezza pervertita non me lo avrebbe mai permesso! Ma questo non glielo dico, sento che potrebbe … spaventarsi.

Mise la prima e partì dolcemente, lasciando che la scuola divenisse solo una macchia scura.

“Dove andiamo?” chiesi guardandolo.

“Eh … sorpresa” rispose lui, mettendo in mostra uno dei suoi sorrisi più sexy e guardandomi da dietro gli occhiali da sole.

Ok, lui non mi piace, non mi piace. Accanto a me non c’è Joe, no … c’è … Ugo Foscolo. Ugo Foscolo è vecchio, vecchio e gli puzza l’alito, lui non è Joe, non lo voglio stuprare … lui non mi piace, non mi piace …

“Ehy tutto bene” chiese accarezzandomi la guancia. E ma vaffanculo!

“Mhm? Si si tutto bene, magnificamente” risposi stringendo i denti e guardando avanti, mentre la macchina finalmente si fermava nel parcheggio di un centro commerciale. Seguì un pomeriggio di shopping serrato, con tanto di Joe che usciva dai camerini a petto nudo e … bè, Ugo Foscolo è diventato il mio migliore amico nel frattempo, si capisce no?

“Grazie ancora per quello che hai fatto per me, so che ti è costato del sacrificio …” non sai nemmeno quanto, volevo rispondergli, limitandomi però invece a diventare rossa.

“Bè, capisco che avresti dovuto studiare ma ….” È a quello che si riferiva? Si ciao!!

Scossi la testa e senza guardarlo negli occhi aprii la portiera, ora tutta la mia voglia di fare sarcasmo era magicamente svanita.

“Ehy cosa c’è?” chiese invece lui fermandomi con una mano. ora, o gli salto addosso o lo mando a quel paese.

“Cosa?” chiesi a mia volta, facendo finta di non capire.

“Mi spieghi perché sei strana?” chiese guardandomi negli occhi. Perché sono innamorata di te forse, o mio caro cretino? Ma nemmeno questo pensiero voleva uscire dalle mie labbra.

“Nulla” risposi quindi, sempre senza guardarlo.

“E dai Julie, siamo amici da quando la nostra altezza era misurabile in centimetri … credi davvero che non mi sia accorta che stai diventando mezza depressa?” chiese come se fosse ovvio.

“No davvero Joe …” provai a rispondere, però la consapevolezza dei miei sentimenti mi portò a non finire la frase. Vuole sapere perché sto così? Bene, avrai la tua risposta.

“Io … ascolta devo dirti una cosa” dissi fermandomi e guardandolo per la prima volta negli occhi, stavolta trovandoci sono dolcezza e preoccupazione.

“Si? Cosa?” chiese lui.

“Ecco … io è da un po’ che ….”

“Joooooooooooooooe!!” No. Non è valido, è mai possibile che quella stronza deve uscirsene proprio adesso? Ma perché non passa un cazzo di tram a metterla sotto? O non prende la corrente? Stupida stupida oca …

“Amore…” rispose lui con un mezzo sorriso.

“Ho trovato a casa tua madre e mi ha detto che eri a fare shopping! Uh ma amore non ce n’è bisogno … ho pensato io a te! Indosserai u bellissimo abito bianco, non ami il bianco amore?” ma lui odia con tutto se stesso il bianco, brutta gallina “e poi sarà coordinato al mio …. Non è fantastico amore?” fantastico un corno stupida rimbambita, giù le zampe.

“Oh si amore, fantastico” rispose il mo migliore amico in versione marionetta, lo guardai stranita e mi rispose con uno sguardo annoiato.

“Io vado via, ciao” dissi allora, presi la borsa e la giacca e aprii la portiera, stavolta senza che nessuna mano mi fermasse. Una volta in camera mi cambiai velocemente e mi misi sotto le coperte, con un libro in mano e poca voglia di dormire. La torcia dall’altra parte di accese, un flash breve, un altro.

Ci sei?

Non risposi, mi girai dall’altro lato e calai le coperte fin sopra la testa, e senza pensare a nulla mi addormentai.

 

“Sveglia!” trillò mia madre, passando come sempre l’aspirapolvere sotto il mio letto. Venerdì, giorno del ballo.

“Ma vai via” mormorai buttandole un cuscino dietro.

“Muoviti!” urlò invece mia madre, prima di passare ancora l’aspirapolvere, con mia grande irritazione, e andare finalmente al piano di sotto. Scesi le scale infilandomi una scarpa, feci colazione, mi lavai i denti e corsi a scuola, quando ci feci caso notai che mancava ancora molto al suono della campanella. Pur di non incontrarlo, o meglio incontrarli, mi chiusi in biblioteca, sperando che il tempo passasse velocemente.

Ore diciannove e ventotto, camera mia.

Presi una manciata di pop corn dal barattolo e me la lanciai in bocca, sbagliando per lo più il bersaglio.

Un flash, un altro. Ci sei?

Stavolta decidi di rispondere.

Si.

La porta finestra della sua stanza si aprì, e lui uscì con l’orribile completo bianco che l’oca l’aveva costretto ad indossare, lo imitai ed uscii al balcone, per poter parlare più facilmente.

“Come sto?” chiese facendo un giro su se stesso e alzandosi il colletto della camicia, per sembrare più figo. E me lo chiedi, anche?

“Molto bene … sembri proprio un damerino!” lo schernii allora con una risata, lui fece la faccia da finto offeso, prima di mandarmi un bacio volante.

“Vado a prendere Claire” mi annunciò, poi tutto felice fece per andare via.

“Ma t non ti sei ancora preparata?” chiese.

“Io? Da quando in qua frequento i balli scolastici?” chiesi come se mi avesse offesa mortalmente.

“Maddai! Sarà divertente!” rispose lui con una risata, in cui mi persi. E che novità!

“Si certo … sarà, ma ho da fare stasera” comunicai, non era vero, ma non volevo sapesse che avevo rinunciato solo per non vederli insieme a ballare e fare cose simili. Ci volevo essere io al posto della sgallettata … bof! Gelosa, direte? Forse, ma capitemi …

“Ah si?” e cosa?” chiese come un finto tonto.

“Devo … lavare il gatto” risposi, stranamente sicura. Lo vidi fare una buffa espressione, a cui risposi con un’alzata di spalle.

“Ma se nemmeno ce l’hai un gatto …” rispose on un’altra risata.

“Vedi … allora stasera ho ben due compiti! Devo trovare un gatto da lavare!” risposi come se fosse ovvio, lui scosse la testa esasperato e mi mandò un altro bacio volante.

“Vai Romeo … “ dissi melodrammatica, poi con un sasso sul cuore rientrai in camera, buttandomi a peso morto sul letto.

 

Ore undici e diciassette.

Sveglia nel mio letto gufavo quella mezza oca che era Claire, per fare in modo che cadesse, si facesse molto ma molto male, andasse in ospedale e … uh ma lasciamo perdere, quelli ora saranno appiccicati come col velcro a ballare balli ossessivamente smielati e a dirsi paroline che persino Via Col Vento reputerebbe eccessivamente dolci.

Mi strinsi ancora nel pigiama leggero, facendo pressione sulla bottiglia di coca cola perché si aprisse, presi poi un cioccolatino e lo infiali senza garbo in bocca, continuando a fare zapping con il telecomando. Troppo smielato, troppo horror, troppo thriller, troppo noioso, troppo visto, troppo poco visto, troppo lungo, telefilm, telefilm, gioco a premi dove alla fine nessuno vince mai un cazzo, cartone animato, cartone animato, perfetto! Sintonizzai su Fox e mi concentrai sull’episodio dei Simpson, prima che un miagolio mi togliesse la concentrazione.

“Ehy piccolo …” mormorai prendendo il cucciolo di gatto che miagolai sulla mia finestra, leccandosi una zampina, quello mi mise comodi sul mio grembo e cominciò a fare le fusa. Ma da dove se ne usciva? Boh … continuai a vedere il cartone, con sempre fisso il pensiero di quella sanguisuga attaccata al mio Joe. Che rabbia.

Dopo nemmeno dieci minuti cominciarono i primi sbadigli, spensi il televisore e decisi di andare a dormire, mentre sentivo dei passi, sicuramente di mia madre, per il corridoio.

Con un sospiro triste accarezzai ancora il gattino, pensando che forse un bel bagnetto gli poteva anche servire, ma non feci in tempo a finire di formulare il pensiero stupido che la porta si apriva.

“Julie” disse la voce affannata del mio migliore amico reggendosi alla porta e cercando si riprendere fiato. Rimasi ferma sul posto, senza alzarmi e senza muovere un muscolo, completamente spiazzata.

“Joe cosa …” cominciai, ma la sua risata mi fece fermare.

“Hai davvero trovato il gatto” disse come un’affermazione, come se se l’aspettasse.

“Certo” risposi come se fossi ovvio, che poi era stato lui a trovare me, ma era un futile dettaglio.

“Mi dici che ci fai qui?” chiesi poi riprendendomi, Joe parve risvegliarsi e fece tre passi, fino a raggiungermi.

“Stavamo ballando, uno di quei lenti smielosi e senza senso. E ho capito che non era lei la persone con cui volevo stare stasera” mi disse, ok, e ci teneva tanto a dirmelo? Proprio per farmi stare sempre peggio?

“Ok … e quindi …?” risposi stranita, ma non feci in tempo a dire altro perché le sue grosse mani mi presero il viso.

“Era con te che volevo stare stasera” rispose risoluto, guardandomi con dolcezza negli occhi. Vi prego, ditemi che non sto sognando. Ditemi che tra poco non aprirò gli occhi trovandomi il rumore fastidioso si mia madre che passa l’aspirapolvere.

Comunque non mi sarei mai persa una occasione simile, sogno o realtà che fosse. Lo avventai sulle lue labbra, come da tanto sognavo di fare, sorprederndomi di trovarle soffici e incredibilemte calde.

“Ti amo” dissi, togliendomi finalmente il peso dal cuore.

“Anch’io” rispose lui, prima di baciarmi nuovamente, continuando ad accarezzarmi la guancia.

  
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