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Autore: giallofluorescente    20/01/2010    5 recensioni
I pensieri di Roy Mustang: dubbi, desideri e la scoperta di una dolcezza imprevista.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN PO’ DI TENEREZZA
 
 
 
Sta succedendo di nuovo.
Chissà se ti accorgi che la mia attenzione alle tue parole cambia, nel mio distendermi contro lo schienale della poltrona?
Chissà se hai mai notato come i miei gomiti appoggiati sulla scrivania nella mia classica posa d’ascolto, si allunghino sui braccioli in cerca di abbandono?
Il fiato mi sfiora velocemente l’umido delle labbra socchiuse.
Un sospiro silenzioso mi gonfia il petto mentre chiudo gli occhi e appoggio la nuca sulla pelle scura della spalliera.
La tua voce mi circonda e il suo modularsi in toni vivaci e aspri mi riempie le orecchie, escludendo qualsiasi altro suono.
Nell’oscurità dei miei pensieri immagino i tuoi gesti irritati e la smania che ti fa tremare gli stivali nel voler uscire dal mio ufficio il prima possibile.
Ti ascolterei all’infinito...semplicemente così.
Lasciandomi avvertire il timbro della tua voce che ogni volta perde un po’ di più di quell’intonazione infantile che mi intenerisce.
Sei cresciuto in fretta nell’orrore della tua vita, nella disperazione che ti costringe allo scontro e alla ricerca di risposte che forse non avrai mai.
E io ho approfittato del tuo dolore, illudendoti di poterti offrire una soluzione alle tue lacrime, alla sofferenza del tuo cuore spezzato.
Ignobile: il mio metodo per legarti a me.
Crudele: il mio egoismo che ti incatena ad un soffio dalle mie dita.
Ma non riesco ad evitare di ferirti, di volerti per me.
Ti allontano per spedirti in missioni inutili e inconcludenti, sperando in un momento di pace nel mio animo tormentato, ma inevitabilmente il collare con cui ti stringo si accorcia, si tende e ti riporta indietro in una continua farsa che mi rende vivo.
E come ogni volta muoio un po’ di più: nei tuoi occhi, nei tuoi gesti, nella tua voce che continua a ronzarmi nelle orecchie.
Sospiro di nuovo, stremato da questo conflitto di ragione e cuore che mi logora lentamente e avverto le tue parole farsi basse, irritate, stentare nel racconto e poi ricominciare.
Non mi interessa ciò che stai dicendo: non voglio sapere di rapporti, di intrighi militari...
Voglio solo la tua voce.
Ascoltarti mentre, ignaro, accarezzi con il tuo calore la mia anima torbida.
Desidero solo questo: vivere per un istante credendo di essere il fulcro del tuo mondo e perdermi nell’illusione che i respiri della tua bocca mi appartengano.
L’ombra di un sorriso mi piega le labbra mentre inclino la testa e mi appoggio le mani in grembo.
Improvvisamente la danza della tua voce si interrompe e il fragore del tuo pugno d’acciaio sulla mia scrivania mi fa sobbalzare.
Socchiudo gli occhi sulle tue braccia tese sul pianale di legno e sul tuo viso rosso d’ira, mentre ti sento gridare: “ Non starà dormendo spero?!”
Adoro il contrasto che crea la tua pelle arrossata con la luminosità dei tuoi occhi, sei delizioso nella tua furia innocente da essere irresistibile.
Ho l’insano pensiero di accarezzarti le gote con la punta delle dita per sentire il calore e il sangue che ti infiamma l’anima e ancor prima di rendermene conto mi alzo dalla poltrona allungandomi per sfiorarti il viso.
Nel mio gesto i tuoi occhi si spalancano e ti ritrai spaventato alzando il braccio per proteggerti quasi nel timore che voglia picchiarti.
Questa realtà mi atterrisce e mi sveglia dalle mie illusioni.
Stringo il pugno a mezz’aria e mi lascio ricadere all’indietro chinando il viso e strofinandomi la fronte nel patetico tentativo di nascondermi al tuo sguardo.
Non ho il coraggio di guardarti, di vedere nelle tue iridi dorate il riflesso della mia follia.
“Scusami Acciaio, hai ragione. Stavo sognando”
Allungo la mano sulla scrivania tendendoti il palmo
“...il rapporto” dico semplicemente.
Ti prego vattene. Fai in fretta!
Vorrei gridartelo, sentire il tonfo della porta dell’ufficio sbriciolare questo silenzio fatto di imbarazzi, ma l’orgoglio e quel misero brandello di dignità che mi rimane me lo impedisce.
L’attesa è la mia sola via di fuga.
Sento l’urto della tua gamba metallica contro la scrivania e il fruscio leggero dei fogli che cerchi di impilare nella tua personale idea di “fare le cose con cura”.
Ancora un attimo e tutto finirà nuovamente: pensieri, illusioni coltivate...fino alla prossima missione e al prossimo incontro.
I fogli mi si appoggiano sulla mano e non posso impedire alla mie dita di tremare.
Sicuramente te ne sei accorto: sei giovane, non stupido...non lo sei mai stato.
Ho l’istinto di ritrarle ma non posso mostrarti questa ennesima debolezza.
Duro e inflessibile Colonnello Mustang.
Patetico e stupido Roy.
Stringo i denti attendendo la tua risata di scherno, la crudeltà che alimenterà la tua bocca stracciandomi l’anima, ma le tue dita si attardano sulle mie nocche.
I tuoi polpastrelli scivolano sulla mia pelle, mi accarezzano piano il dorso risalendo lentamente fino alle unghie.
Nella mia mente che decide le tue azioni, penso ad un contatto causale e distratto ma lo fai ancora, di nuovo, con dolcezza, e io non riesco a sottrarmi a questo tormento che mi delizia e mi condanna.
Il sospiro leggero che ti sfugge dal petto è l’unica cosa che mi costringe ad alzare lo sguardo sul tuo viso e sui tuoi occhi bassi, fissi sulle nostre mani unite.
Come vorrei che tutto fosse così semplice: tu ed io solamente.
Annullare le differenze caratteriali, l’ambizione di entrambi, l’età...ogni cosa per poterti tenere per mano fino alla fine dei tuoi respiri.
Le tue gote rosse, le labbra tremanti nella morsa lieve dei denti: sei bellissimo.
Ed è questa bellezza che io desidero solo per me.
L’oro dei tuoi occhi, innocenza del tuo cuore e la durezza del tuo acciaio.
Tutto, completamente, sempre.
Timidi i tuoi occhi si scontrano con i miei e mai il tuo sguardo mi è parso così smarrito e impaurito, eppure mi fissi senza cedere, nella caparbietà che tanto ammiro in te, rivelandomi sentimenti nascosti sotto infiniti strati di rancore e dolore.
Entrambe le nostre anime si sfiorano nei nostri sguardi sigillati, toccandosi con una tenerezza solo sognata, abbracciandosi nella convinzione che mai nulla sarà più bello del nostro guardarci senza riserve, senza difese.
Ti chini sulla scrivania e avvicini il tuo viso al mio, fino a solleticarmi la guancia con il fiato.
Non so cosa stai cercando di fare, non so se sai quanto possa essere pericoloso per la te avvicinarsi al mio fuoco, ma ugualmente lascio che il cuore mi salga sulla gola per fartene sentire i battiti attraverso le mie labbra.
Sei così vicino.
Oltre i nostri sguardi incatenati so che studi il mio viso come io sto facendo con te.
Le vedi le mie rughe? Il mio aspetto stanco segnato da anni di responsabilità troppo grandi?
Cosa pensi?
Io di te vedo solo la delicata peluria bionda che ti segue la mascella e che presto diventerà una barba adolescenziale.
Sei così piccolo e io così vecchio.
Entrambi troppo diversi, troppo lontani emotivamente e fisicamente per poter combaciare come vorrei.
Ma nei tuoi occhi che mi fissano con questa espressione che non riesco a decifrare, cullo le mie speranze, la mia voglia di essere per te qualcosa di diverso, che vada oltre la divisa e l’aspetto esteriore.
Ti muovi appena, allungandoti sulla scrivania e alzando timidamente il braccio sul mio viso.
Mi tocchi piano, come se bruciassi, come se fossi qualcosa di irreale che sai di dover rendere tangibile.
Il tuo indice segue il contorno delle mie labbra e oltre il guanto bianco avverto la durezza dell’automail socchiudermi la bocca mentre trattieni il respiro e tremi sulla mia pelle.
Cosa vuoi da me?
Cosa vogliamo entrambi l’uno dall’altro?
Io ho paura di chiedermelo e tu Edward?
L’ombra di un attimo ti oscura lo sguardo, come se avessi letto attraverso i miei occhi i timori che mi assillano e li avessi confrontati con i tuoi.
Ti allontani lentamente rimettendoti in piedi, trattenendo le mie dita finché, anche nel mio tenderti il braccio per seguirti, la distanza tra noi non ti permette più di toccarmi.
La tua bocca sussulta, in  cerca di respiro, di spiegazioni, ma l’unica cosa che riesci a fare è sviare lo sguardo sul pavimento e sfiorarti le labbra con le dita meccaniche in un gesto di timidezza così inusuale e dolce su di te, da farmi sognare di stringerti tra le braccia e dirti “ non temere ci sono io qui con te. Ci sarò sempre ”
Ma non ci sono altri sguardi, altre parole, oltre la tua schiena che si volta e si chiude rumorosamente la porta dell’ufficio dietro le spalle.
Respiro l’aria della stanza riempiendomi i polmoni della tua essenza che mi circonda, e mi appoggio una mano sul petto sentendo i battiti del mio cuore così accelerati da sembrare uno solo.
Una lenta agonia che mi da le vertigini.
Sono morto, nelle tue carezze e nei tuoi sguardi in cui mi perderò ancora.
  
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