Storie originali > Nonsense
Ricorda la storia  |      
Autore: _Ellie_    22/01/2010    1 recensioni
Sono una principessa sperduta nel mondo delle acque scroscianti, ora come ora. Principessa di ’sti cazzi, come direbbe il mio macchinista preferito, masticando insulti e imprecazioni dopo aver ricevuto l’ennesima protesta per non aver rispettato i tempi della principessa.
Dormire, forse sognare, e poi morire.
Principessa delle pozzanghere e dei vicoli bui, nei quali metto piede portandomi le mani al seno, stringendo spasmodicamente il cotone della maglietta, quasi cercando una luce che non sembra essere al finale dell’ennesimo vicolo, in cui l’unica cosa che si riesce a vedere è il profilo del muro e i lattiginosi globi dei lampioni.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hey all of you, I'll take you along.
To worlds never seen by anyone before.
Along with our dreams we're wide awake,
But the night's still still still not spoiled yet,
The world's not awake.
(Miyavi - Selfish Love)





Presumibilmente non si sarebbe dovuto presumere un bel nulla, non da quella situazione al limite dello schizofrenico in cui tutto quello che era stato presunto si era rivelato poco presumibilmente ovvio, sbaragliando così le deboli speranze del parentado di una rapida soluzione del problema.
In fondo quando tutto quello che doveva essere non è diventato, non è che ci si possa mettere in un angolino remoto a pregare che una qualche entità, Dio o chi per lui, scenda dal Regno dei Cieli e ci pari il cosiddetto.
Che poi non è che non si possa fare, non dico di no, si può stare tutta una vita parcheggiati in un’area di ristoro abbandonata pregando per una possibilità, ma non mi sembra il caso, ecco, io…
Io divago troppo, ecco cosa faccio.

Dicevamo.
Dicevamo qualcosa di coerente? Sinceramente non lo so e non lo voglio sapere, molto meglio fare stop, rewind, play.

In questo momento sono completamente zuppa di pioggia. Che, guarda un po’, è fredda. E una maglietta di cotone e una gonna di tulle blu oltreoceano non sono esattamente gli indumenti più adatti a ripararti dal classico acquazzone parigino di gennaio.

Ma tant’è, scappando da teatro appena finito lo spettacolo non potevo certo indossare il mio caldissimo cappotto rosso foderato di vellutino nero, con alamari dorati e un collo alla coreana, no, dovevo infilare le scarpe e correre, correre con tracce evidenti di cerone sul viso, correre sotto la pioggia, correre via e pregare di divenire parte integrante di quel fiume celeste, che stava scaricando senza troppi perché tutta la sua furia sul mio capino.

Correre, correre, correre. I piedi, a diretto contatto con un paio di All Star più stinte che distrutte, mi dolevano ad ogni passo, ma per ogni passo in più che riuscivo a fare un fiotto di adrenalina mi aiutava a dimenticare il dolore che mi avrebbe procurato compiere il successivo.

Le pozzanghere riflettevano la mia grottesca immagine, una regina pagliaccia in fuga da una carriera maledetta, che dopo aver dato un senso alla sua vita vuota si trova sbigottita a fare i conti con una mancanza di sensazioni che proprio non si aspettava.

Hai iniziato a recitare nello stesso momento in cui hai visto tua madre farlo. All’inizio era semplice: “girati, piccola, ma fallo lentamente, e guarda su con la coda dell’occhio, come se ti aspettassi di trovarti tutti meno me alle spalle”. i bambini, per natura, sono cattivi e bugiardi, e se nella prima scarseggiavi, nulla di troppo grave però, riuscivi comunque a tenere a bada gli altri, nella seconda eccellevi.
“Non ti fermare, vai, lo afferri, lo stringi, lo guardi con aria supplice, demente, sorridi mestamente, lo spingi via”.
Trovati una faccia, sotto le mille maschere che ti hanno insegnato ad usare. “Rendici fieri di te!” Ma non incolpare nessuno della tua fine, vagabonda improvvisata sotto i cieli di una piovosa Parigi, perché ogni singola parola che hai recitato, ti è piaciuta. E più trovavi nuove espressioni e diventavi una grande attrice, sentivi di perdere presa sulla capacità di parlare chiaro e scandire le parole, mentre tu per prima, consapevole di essere un ostacolo per te stessa, ti sei lasciata togliere via, come uno strato di trucco secco dal viso, dopo uno spettacolo.

Sono una principessa sperduta nel mondo delle acque scroscianti, ora come ora. Principessa di ’sti cazzi, come direbbe il mio macchinista preferito, masticando insulti e imprecazioni dopo aver ricevuto l’ennesima protesta per non aver rispettato i tempi della principessa.

Principessa delle pozzanghere e dei vicoli bui, nei quali metto piede portandomi le mani al seno, stringendo spasmodicamente il cotone della maglietta, quasi cercando una luce che non sembra essere al finale dell’ennesimo vicolo, in cui l’unica cosa che si riesce a vedere è il profilo del muro e i lattiginosi globi dei lampioni.

Incoronata da uno chignon sfatto di capelli umidi e crespi, il trucco colante e le labbra rosso palcoscenico, un braccialetto di campanellini di latta, una regale maglietta strappata all’altezza del fianco e lo strascico di una gonna di tulle blu i cui bordi sono talmente sudici da non distinguerli dall’asfalto.
Non so neppure se sono la legittima padrona della mia testa, ora come ora.

“La padrona della mimica, del palcoscenico, del teatro, del mondo!”

Cosa mi era saltato in mente di fuggire da un mondo sicuro e dorato come il palcoscenico, per rifugiarmi qui, in una città con un tasso di stupri decisamente poco confortante?
Eppure, non ho ancora incontrato anima viva.  Non in questa Parigi, non nelle sue strade dai nomi dimenticati, costellate di piazzette dominate da chiese ormai dissacrate e chiuse, amorevoli nidi di cicogne e pipistrelli.

Muri vecchi e scrostati, cancelli nuovi di zecca, macchine rubate si succedevano sotto i miei occhi spalancati sul nulla, scorrendo via come l’acqua sulla mia pelle.
Veleggiavo per i lidi della mia mente pazza, aspettando di essere presa e scossa, e tenuta ferma, e venire ancorata a qualcosa, qualsiasi cosa, mi potesse dare un senso.
La sabbia dei miei pensieri, minuscoli cristalli di disperazione e nebbia, mi scorreva tra le dita della memoria, ferendole con i loro bordi appuntiti.

Non stavo fuggendo dalla mia ultima rappresentazione, stavo fuggendo dalla mia vita, il mio futuro, così certo, che sentivo inesorabile scandire i secondi della mia vita.

Ancora un po’ di gavetta, i primi ruoli importanti, ancora più lezioni di canto e recitazione, ancora studio delle lingue, leggi, leggi, leggi, tu sei il capitale, noi invertiamo su di te, ruoli importanti, buone recensioni della critica, piccoli flop che renderanno la rivincita sui palchi ancora più eclatante, marito, figlio, Amen.
Oh dio, tu che stai nei cieli a perfezionare il tuo operato senza peraltro avere risultati degni di nota, potresti gentilmente salvarmi da me stessa, grazie?

E allora via, forza, incontro a non si sa quale tragica fine nelle strade di un centro storico dimenticato o mai esistito, giovane promessa del teatro nazionale scompare, A.A.A. psicopatico omicida cercasi, oh che peccato guarda cosa sarebbe potuta diventare.

I gas fumogeni del palco e la canna che mi ha passato sottobanco Juan prima di spedirmi a calci sul palco, combinati, hanno avuto questo effetto.

Annaspo, un po’ corro, un po’ cammino, senza emettere un rumore, le guance rigate dalle lacrime.
Mi appoggio a una macchina, parte l’allarme, possibile che macchine tanto vecchie abbiano questo tipo di allarme? Un ruggito, come ti aspetteresti da una BMW, non da un camioncino Volkswagen, che ruggisce, Dio, come ruggire.
Scappa, o ti prendono. E se ti prendono ti portano a casa!

Datemi aria, i miei polmoni ne stanno consumando talmente tanta che immagino qualche parigino stia già morendo soffocato, vittima della mia ingordigia. C’è un tempo per tutto e io l’ho perso, mi ripeto, non sono riuscita a dare di me stessa che il mio trucco al mondo che mi guarda negli occhi e li trova vitrei, cordialmente inespressivi, prima lezione di maschera neutra a teatro.

Il camioncino è ormai lontano?
Non lo so.

Ma so che, come una visione celestiale, uno tra i portoncini dei palazzi che si affacciano in questa piazzetta è socchiuso, è una bocca buia, umida ed invitante, lontana dal cono di luce del solitario lampione che, soldato in pensione, protegge il poco asfalto che il suo cono di luce illumina.
Un passo dopo l’altro, un pensiero delirante dietro l’altro, mentre i sassolini dell’asfalto mi entrano nel piede grazie alla suola sottilissima delle scarpe, mentre prego che qualcuno mi prenda e mi porti via, via da qualsiasi posto, via da me stessa e ciò che di me non capisco e non voglio accettare.

Il legno del portone è vecchio, rovinato e la tintura è stinta, e sembra proprio che a nessuno sia venuto in mente di ridipingerlo da un secolo a questa parte. Quando lo afferro per oltrepassare la soglia, piccole e dolorose schegge mi feriscono i polpastrelli, momentaneamente insensibili per il freddo della poggia, che sembra avermi congelato l’anima, non solo le ossa. Eppure quello che mi accoglie, in quell’andito scuro, sono pareti tappezzate con un motivo a fiori ormai stinto, una cappelliera piena di tube e bombette dalle strane protuberanze, e una grande, soffice, calda poltrona di cinz.
Cinz viola e giallo, decorazioni in ottone, il buon gusto è morto, signore e signori, ma a noi ci va bene così, perché tutto il sonno del mondo mi è crollato tra capo e collo, e solo accoccolandomi tra quei cuscini stinti e chiudendo gli occhi per un attimo, potrò tornare a vivere. Solo per un attimo, non vogliamo certo disturbare il padrone della poltrona. Voglio solo dormire, forse sognare, e poi morire.

Come l’abbraccio di una vecchia zia dalla borsa Chanel rappezzata, dai boccoli tenuti su con i bigodini, mi sento inondare da un fiotto di calore che non sono del tutto sicura di poter attribuire alla sola canna. E, chiudendo gli occhi sul mio triste, nuovo, bagnato mondo, mi addormento di colpo.

Dormire, forse sognare, e poi morire.



N.A: Niente di particolare, altro incipit più per testare le mie reali possibilità che per altro. Commenti/criticheferoci/qualsiasi cosa sono graditissimi. ;D

Suerte. <3
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: _Ellie_