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Autore: Dark Sider    22/01/2010    6 recensioni
«Non ci credo. Lo so che anche tu pensi che ci sia una vita dopo la morte».
«D’accordo» si arrese l’Uchiha, solo per non sentire più l’altro lamentarsi.
«Bene. Allora ripeti: io starò con te per l’eternità, Naruto»

[SasuNaru]
[VII classificata al contest "La legge di Murphy" indett da su_ni]
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ALL GOOD THINGS COME TO AN AND

 

 

 

 

Naruto non riusciva ancora a credere che il bel tenebroso ex Mukenin Sasuke Uchiha avesse risposto con un si alla sua dichiarazione come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.

In effetti, Naruto aveva sempre sospettato che Sasuke ricambiasse i suoi sentimenti e si era sempre detto che, se ancora non glieli aveva rivelati, era per il suo proverbiale orgoglio. 

Così il biondo aveva deciso di raccogliere tutto il suo coraggio e di dichiararsi.

Tutto si era aspettato, tranne quello che, effettivamente, era successo.

Ci aveva messo un bel po’ per metabolizzare la notizia e convincersi di non aver sognato. Non gli sembrava vero che l’Uchiha – colui che aveva sempre snobbato ogni ragazza che gli andava dietro – avesse deciso di mettersi proprio con lui.

Lui, quello che chiamava sempre dobe.

Lui, che non perdeva occasione per ridicolizzarlo.

Lui, a cui rinfacciava ogni giorno di aver avuto bisogno del suo aiuto per uccidere Madara.

Lui. Proprio lui.

 Mentre pensava distrattamente a quelle cose, con un sorriso ebete stampato in volto, Naruto scansò un piccolo sasso che si trovava sul suo cammino lungo l’ampia via principale di Konoha che l’avrebbe portato al palazzo dell’Hokage dove Danzo – l’attuale sesto capo del Villaggio della Foglia - stava aspettando lui, Sakura e Sasuke.

Sbadigliando, Naruto si domandò perché Danzo lo avesse mandato a chiamare così presto. Pensò che, molto probabilmente, doveva essere per l’assegnazione di una qualche missione.

Quasi gli mancava la voce scocciata di Sasuke che, a quella conclusione del biondo, avrebbe sicuramente esclamato: «ma davvero?! Molto perspicace, dobe!... Scendo te, per quale altro fottuto motivo ci avrebbe chiamato?! Tsk».

Ma quel giorno Sasuke non c’era.

 Naruto era passato a casa sua per svegliarlo ma l’aveva trovata già vuota.

Probabilmente il corvino si era avviato al palazzo dell’Hokage prima di lui.

A quel pensiero, il ragazzo sbuffò, offeso dal fatto che il corvino non avesse pensato di passare a chiamarlo ed andare insieme come invece aveva fatto lui. Ma tutta la sua rabbia svanì quando Naruto si ricordò con chi avesse a che fare.

Sasuke era un Uchiha, non un romantico qualunque.

A pensarci bene, di sentimentale l’Uchiha non aveva pressoché nulla.

Non c’era da stupirsi che il corvino non l’avesse aspettato.

Tornando a scansare i sassi che, di tanto in tanto, trovava abbandonati sulla strada polverosa, Naruto fece tacere i ridicoli pensieri rabbiosi che gli vorticavano in testa e continuò a procedere immerso in una leggera apatia.

 

 

«Temeeee!»

Sbuffando, Sasuke si guardò intorno in cerca del petulante proprietario di quella voce allegra.

«Che vuoi, dobe?» chiese, quando se lo ritrovò davanti sorridente.

«Vieni con me all’Ichiraku?» chiese Naruto, speranzoso.

«A fare cosa?» domandò a sua volta l’Uchiha, facendo finta di non capire.

Naruto si accigliò. «Ma come a fare cosa?! A mangiare del Ramen, ovviamente!»

«E perché dovrei venire?» proseguì l’Uchiha, assottigliando gli occhi d’onice.

Naruto si imbronciò.

Al corvino piaceva vederlo imbronciato: sembrava un dolcissimo bambino capriccioso e viziato, che non vuole sentirsi negare nulla.

«Noi stiamo insieme, gusto?» cominciò Naruto.

«Si» rispose Sasuke, cauto, per paura che Naruto lo facesse cadere in una delle sue trappole insidiose.

«E questo vuol dire che mi ami, vero?»

Il corvino sbuffò, piuttosto infastidito dalle domande idiote dell’altro.

«Bene. Allora, se mi ami, devi venire con me all’Ichiraku o ti farò sentire in colpa per tutta la vita».

«Non mi verranno i sensi di colpa solo perché non ti ho accompagnato all’Ichiraku. Anzi, immagino che i miei risparmi mi ringrazieranno, dato che va sempre a finire che devo pagare io anche le tue porzioni di Ramen» sibilò l’Uchiha.

«Allora andrò da solo!» concluse Naruto, voltando le spalle all’altro e cominciando a procedere verso il chiosco di Ramen.

Ma, dopo qualche passo, il biondo si sentì chiamare. Voltandosi, si ritrovò davanti un Sasuke piuttosto imbarazzato.

«Ti accompagno» borbottò il corvino.

Il viso del biondo si illuminò all’improvviso. «Lo sapevo» esultò. «Lo sapevo che ti avrei fatto venire i sensi di colpa, teme».

«Non mi hai fatto venire i sensi di colpa» sbottò l’altro, raggiungendolo.

Naruto rise sguaiatamente.

«Si, certo».

 

 

A quell’ora, le vie di Konoha era ancora quasi deserte.

Il sole che non era ancora sorto del tutto, tingeva ogni cosa di quella delicata punta di arancione che era il colore preferito di Naruto.

Quella calma apparente che invadeva il villaggio, di solito caotico e pieno di vita, pareva quasi surreale; pareva un’illusione un po’ troppo realistica, come quelle procurate dallo Sharingan.

 

 

«Sasuke, ho saputo che chi usa lo Sharingan Ipnotico, diventa cieco».

A quelle improvvise ed inaspettate parole di Naruto, l’Uchiha si voltò a guardare il compagno che, seduto accanto a lui, stringeva convulsamente le bacchette.

Nella ciotola, gli spaghetti galleggiavano lentamente.

«E allora?» sbottò il corvino, tornando a concentrarsi sulla sua porzione di Ramen per non incrociare il volto intristito di Naruto.

«Non voglio che diventi cieco».

Sul volto di Sasuke si dipinse un sorriso tirato.

«Non essere infantile» lo rimproverò, anche se aveva colto la nota preoccupata nella voce del biondo.

«Non voglio che tu non possa più vedermi» continuò Naruto, imperterrito.

«Non diventerò cieco, dobe» tagliò corto Sasuke, non sapendo cos’altro dire.

«Ma…»

«Mangia. E stai zitto».

 

 

Il palazzo dell’Hokage era ormai in vista. Svettava sopra le altre case come a sottolineare l’autorità dell’uomo che vi si trovava.

Autorità che Naruto non riusciva a vedere.

 

 

«Sasuke, promettimi che starai con me per sempre».

L’Uchiha sbuffò.

«Non posso farlo. Non posso prometterti che starò con te per sempre perché l’eternità non esiste.

«Non c’è niente dopo la morte; quella dell’aldilà è solo una stupida illusione che si fanno gli uomini perché li spaventa l’idea di perdere per sempre ciò che amano.

«Perciò, ti prometto che starò con te per tutta la vita. Questo posso farlo».

Naruto lo guardò, prima interrogativo, poi corrucciato.

«Invece c’è qualcosa dopo la morte» borbottò.

Sasuke alzò gli occhi al cielo.

«Sei proprio un idiota rompiscatole, dobe».

Naruto lo circondò in un caldo abbraccio posandogli un bacio sul collo.

«Non ci credo. Lo so che anche tu pensi che ci sia una vita dopo la morte».

«D’accordo» si arrese l’Uchiha, solo per non sentire più l’altro lamentarsi.

«Bene. Allora ripeti: io starò con te per l’eternità, Naruto».

«Io starò con te per l’eternità, dobe idiota ed infantile».

 

 

Il sole, ormai, era sorto del tutto e Konoha si stava lentamente risvegliando scaldata e abbracciata dai raggi di quell’astro così lontano eppure vicino.

 

 

«Teme, ti amo».

«È la millesima volta che me lo ripeti, dobe».

Naruto sorrise.

«Non mi stancherò mai di dirlo».

«Ma io mi sono stancato di sentirlo».

Il biondino aggrottò le sopracciglia.

«Sei proprio un maledettissimo teme» concluse, incrociando le braccia al petto.

Silenzio.

«Naruto.. ripetilo ancora».

«Cosa?»

«Ripetilo. Ripeti che mi ami».

Naruto sorrise. «Ma come? Non avevi detto che ti eri stancato di sentirtelo dire?»

Sasuke incenerì l’altro con lo sguardo freddo e tagliente ma Naruto, ormai abituato a quegli occhi, non si scompose.

«Ripetilo» insistette l’Uchiha.

Sotto il peso di quelle parole, Naruto cedette.

«Ti amo».

«Anche io». 

 

 

«Era ora, dobe» abbaiò Sasuke, quando vide Naruto arrivare all’ingresso del palazzo dell’Hokage dove lui e Sakura lo stavano aspettando.

«Ho come l’impressione che tu stia prendendo la cattiva abitudine del maestro Kakashi» gli fece presente la rosa.

Naruto li guardò entrambi stupito, come se non riuscisse a capire la gravità di ciò che aveva fatto.

«E tu avresti anche potuto venire a svegliarmi, teme» sbottò il biondo, ala fine.

«Non avevo voglia di farti da balia, oggi».

Naruto stava per replicare, ferito, ma Sakura lo interruppe.

«Su, andiamo».

Naruto lanciò un’ultima occhiataccia a Sasuke ma quando questo lo afferrò per una spalla, tirandolo a sé e baciandolo, tutta la sua rabbia sfumò all’improvviso.

«Vogliamo andare si o no?» urlò Sakura la quale ancora non riusciva ad accettare del tutto il fatto che il suo amatissimo Sasuke stesse insieme a quell’idiota di Naruto.

Disturbato da quell’interruzione, l’Uchiha borbottò qualcosa che Naruto non riuscì ad afferrare poi, i tre, si avviarono dall’Hokage.

A nessuno dei tre andava giù il fatto che fosse proprio Danzo il Sesto Hokage.

Soprattutto Sakura, che continuava a non vederlo di buon occhio.

Non si fidava di Danzo. Nessuno dei tre si fidava di lui.

Perciò era palese che la colpa di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, Naruto e Sakura l’avrebbero attribuita a lui e solo a lui. Non che fosse colpa di Danzo, ovviamente.

Ma quando succedono cose come quella che sarebbe accaduta, si sente il bisogno di incolpare qualcuno diverso da noi stessi. Perché il dolore è troppo grande da sopportare.

Distrugge. Uccide. Soffoca.

Ma, in quel momento, nessuno dei tre pensava a ciò che sarebbe potuto succedere. Lo ignoravano.

È questa la cosa peggiore di non conoscere il futuro: che, oltre ad avere gradite sorprese con le cose belle si rimane anche ignari delle disgrazie; non si ha mai la possibilità di impedirle, di fermarle.

Danzo sedeva dietro la sua scrivania, sembrando ancora più lontano e distante ai tre ragazzi.

«Ho una missione per voi» abbaiò il Sesto Hokage fissando tutti e tre con quella sua aria di feroce autorità. «Mi sono giunte delle voci sul fatto che dei ninja del Paese della Nebbia vogliono attaccare Konoha. Mi è stato detto che in questo momento si trovano al confine Est; voglio che andate e controlliate se è vero».

Il silenzio seguì le parole dell’Hokage; non sembrava una missione pericolosa quella che era stata affidata ai tre ninja eppure nessuno era tranquillo.

«Quando dobbiamo partire?» riuscì a chiedere Sakura.

«Tra un’ora».

 

 

 

Naruto raggiunse il grande portone di Konoha e, lì, si mise ad aspettare Sasuke e Sakura.

Non aveva voglia di svolgere quella missione: gli sembrava troppo stupida e semplice per spenderci delle energie. Sicuramente le voci che erano giunte a Danzo erano false e tutto sarebbe stato una tremenda perdita di tempo; tempo che Naruto avrebbe potuto – e voluto – spendere meglio allenandosi o uscendo con Sasuke.

Il biondo si appoggiò ad una colonna e, sbuffando, si chiese quanto tempo ci avrebbero messo Sasuke e Sakura ad arrivare. Poi dicevano che era lui quello che portava ritardo!

«Dobe, sei già qui» esclamò Sasuke, comparendo all’improvviso di fronte al biondo.

«Si» rispose Naruto, offeso dallo stupore che ostentava l’Uchiha.

Qualche minuto dopo arrivò anche Sakura ed i tre ninja si misero in cammino per nulla impazienti di arrivare.

Naruto si lamentava ad ogni passo e, ormai, sia Sakura che Sasuke avevano smesso di prestargli la loro attenzione.

Non mancava molto all’arrivo nel presunto luogo dell’imboscata. Così, benché nessuno dei tre pensava di trovare niente, a Sasuke parve doveroso sbottare: «dobe, ora piantala o ci farai scoprire».

Subito, le lamentele di Naruto scomparvero sostituite da uno strano silenzio.

«Sei nervosetto oggi, teme?»

«Non sono io che sono nervoso, sei tu che sei irritante ed idiota».

Naruto fissò l’altro per un lungo istante, con gli occhi leggermente sgranati come se fosse stato colpito da un’improvvisa rivelazione. «Ok, oggi sei nervoso» concluse, infine.

Sasuke gli rispose con uno sbuffo e alzando gli occhi al cielo. Lo trovò limpido e sgombro da qualunque nuvola, come gli occhi di Naruto. Quel colore luminoso e puro glieli ricordò così tanto che gli parve, per un attimo, di essere osservato da un suo grande occhio e dovette abbassare lo sguardo per non soffocare in tanta immensa bellezza.

«Dovrebbe essere qui, secondo le indicazioni, che quei ninja della Nebbia stanno facendo un’imboscata» sussurrò Sakura, attirando l’attenzione del corvino.

«Non c’è nessuno, qui» sbottò Naruto, impaziente di tornarsene a casa.

«Zitto, Naruto».

«Ancora, Sasuke? Possibile che tutte le volte che apro bocca tu…»

«Zitto, dobe! Mi sembra di aver sentito un rumore».

Il biondo tacque e, insieme a Sakura, si mise in ascolto anche lui. Ma all’orecchio non gli arrivò nessun rumore sospetto.

«Sei sicuro?» gli domandò Sakura. «Magari era un animale» ipotizzò la rosa, rilassandosi un po’.

Anche Naruto si rilassò mentre Sasuke rimase ancora teso ed in ascolto.

I tre ninja si trovavano in mezzo alla strada, circondati da una fitta boscaglia.

Vulnerabili.

«Cosa dobbiamo fare, adesso? Tanto qui non c’è nessuno» chiese Naruto, guardandosi intorno.

«Perlustriamo la zona e, se non troviamo niente, ce ne torniamo a Konoha» propose Sakura e Naruto annuì, convinto.

«No» la fermò Sasuke. «Se c’è davvero qualcuno, vorrà che ci dividiamo per isolarci ed attaccarci. Da soli siamo più vulnerabili che insieme».

Sia Naruto che Sakura rifletterono qualche secondo sulle parole del corvino e, alla fine, decisero che aveva ragione. Così continuarono a proseguire insieme.

Se fossero stati più attenti, se non avessero sottovalutato in quel modo quella missione, forse non sarebbe successo nulla di quello che, effettivamente, accadde.

Sia Naruto che Sakura, in seguito, avrebbero avuto modo di riflettere sul fatto che le parole di Sasuke erano vere. C’era davvero qualcuno…

E quel qualcuno stava aspettando pazientemente il momento propizio per attaccare. Lui e i suoi compagni avrebbero portato a termine la missione già da molto tempo se quel ninja dai capelli corvini non fosse stato così all’erta. Apparentemente sembrava che non porgesse attenzione a ciò che lo circondava ma, a un’analisi più attenta, si poteva notare che non era così. Ogni tanto, infatti, sfiorava l’elsa della sua katana come per assicurarsi che fosse sempre lì, pronta per essere usata.

«Te l’ho mai detto che il tuo kimono mi fa schifo?»

Il ninja della nebbia più vicino al biondo, che aveva parlato, inarcò un sopracciglio: quel ragazzo doveva essere davvero molto idiota; non sarebbe stato difficile farlo fuori.

«Me lo dici tutti i giorni» sbottò il ninja coi capelli corvini, quello che non abbassava la guardia.

«Continui a portarlo, però!»

«Mi piace. Ed è comodo» si limitò a rispondergli l’altro, infastidito.

«Posso dirti quello che mi sembri con quel kimono?» domandò il biondino, illuminandosi al’improvviso come se fosse certo di aver trovato il modo per farglielo togliere.

«No».

«E dai, teme, non frustrare la mia creatività!»

Il corvino si voltò verso il biondo, con un’aria per nulla rassicurante e gli occhi d’onice che fissavano l’altro come se volessero squartarlo.

Il biondino non sembrava affatto impaurito da quello sguardo tagliente infatti continuò a fissare l’altro allegramente, con un sorrisetto ebete stampato in faccia.

«Senti, dobe…»

Quelle furono le ultime parole che Naruto sentì uscire dalla bocca di Sasuke.

Gli sarebbe piaciuto sentirgli sussurrare un “ti amo” ma, dopo, quelle due parole pronunciate con grande astio sarebbero state, per lui, più preziose di qualunque altra frase sdolcinata l’Uchiha avrebbe potuto dirgli.

Nessuno seppe mai cosa Sasuke aveva da dire a Naruto; poterono solo immaginare che non fosse niente di carino.

Il corvino smise di parlare e sfoderò la sua katana. Naruto fece un passo indietro, spaventato dalla reazione dell’altro.

Un attimo dopo, qualcuno gli saltò addosso.

Il biondo ci mise qualche secondo per realizzare che si trattava di un nemico e iniziare a divincolarsi per liberarsi dalla presa.

Intanto, dalla fitto boscaglia erano usciti altri quattro ninja: due andarono a fronteggiare Sasuke e gli altri due Sakura. La prima cosa che il biondo disse, quando riuscì a liberarsi fu rivolta a Sasuke e fu una lamentela alquanto bizzarra e fuori luogo: «perché tu due e io uno?»

Il suo nemico rimase per un attimo immobile a fissare l’altro interdetto e a chiedersi che razza di avversario gli fosse capitato poi decise che non gli importava ed attaccò.

Man a mano che lo scontro andava avanti, il ninja del Pese della Nebbia ebbe modo di constatare che Naruto non era poi così idiota come sembrava.

Guardandosi intorno, il ninja vide che due dei suoi compagni erano stati uccisi, entrambi dal ragazzo con la katana.

«Serve aiuto, dobe?» gli chiese, beffardo, mente Naruto evitava un ennesimo kunai lanciatogli dall’avversario.

«Ce la faccio benissimo da solo. È Sakura che ha bisogno di aiuto» gli urlò in risposta, con un che di isterico nella voce. L’Uchiha si strinse nelle spalle ed andò ad aiutare Sakura.

Ogni tanto, Naruto si voltava verso Sasuke e Sakura, per vedere come se la stavano cavando: sembrava che uccidere i due ninja che li stavano fronteggiando fosse più complicato del previsto.

E, in una di queste volte che Naruto si era voltato ansiosamente indietro, il suo nemico riuscì a coglierlo di sorpresa e ad intrappolarlo. Naruto iniziò a divincolarsi, a tirare calci per tentare di liberarsi dalla presa ma questa volta il ninja del Pese della Nebbia non si lasciò cogliere di sorpresa.

Stretto in quella morsa e disarmato, il biondo non poteva fare granché.

Il ragazzo provò a farsi venire una qualche idea ma non gli venne in mente niente: sembrava aver perso la capacità di pensare. Allora tentò di attirare l’attenzione di Sasuke o di Sakura ma il suo avversario, intuendo ciò che voleva fare, lo fermò tappandogli la bocca.

Naruto portò di nuovo lo sguardo verso Sasuke, disperato, mentre sentiva che il ninja che lo intrappolava estraeva qualcosa, probabilmente un kunai.

Non sembrava che l’Uchiha fosse interessato a guardare come se la stava cavando Naruto: l’unica cosa che gli interessava, in quel momento, era concentrarsi sulla battaglia per porvi fine il più presto possibile.

L’ultima cosa che Naruto vide fu la figura elegante dell’Uchiha oscurata dalla punta di un kunai che si abbatteva con forza sul suo viso.

Il ninja biondo non ebbe tempo di fare niente: avvertì la punta fredda ed affilata dell’arma penetrargli nell’occhio destro, accecandolo.

Un attimo dopo, la stessa sorte toccò all’occhio sinistro. E, finalmente, il suo avversario lo lasciò andare per correre ad aiutare gli altri.

Sasuke e Sakura avevano ucciso anche gli altri due ninja: rimaneva solo quello che correva contro di loro con un kunai insanguinato.

Sasuke ci mise un po’ per realizzare che quello era il ninja contro cui stava combattendo Naruto e che, quello straziante grido di dolore che gli riempì le orecchie era del dobe.

L’Uchiha si guardò intorno velocemente, cercandolo. E lo vide che cadeva in ginocchio con le mani strette sulla faccia imbrattata di sangue fresco; sangue che continuava a sgorgare dagli occhi. Sasuke guardò meglio e, quando si rese conto che effettivamente gli occhi di Naruto non c’erano più, raggelò. Si voltò a fissare il ninja che stava combattendo contro Sakura mentre la rabbia montava sempre di più dentro di lui, colmandolo completamente, soffocandolo quasi.

Sentì Naruto urlare ancora, sopraffatto da un dolore talmente grande da togliergli il respiro. Provava ad aprire gli occhi ma non cambiava nulla perché tutto rimaneva comunque immerso in una soffocante oscurità.

Naruto non si era ancora pienamente reso conto di quello che era successo: il dolore che lo colpiva come una coltellata lo confondeva, impedendogli di pensare lucidamente.

Solo una parola gli salì spontanea alle labbra, gridata come un’urgente richiesta d’aiuto: «SASUKE!»

Il biondo non seppe se quell’urlo fosse giunto al suo destinatario perché la sua voce gli giungeva alle orecchie come se fosse stata lontana chilometri. Provò ad urlare di nuovo quel nome, sperando che Sasuke gli comparisse di fianco dicendogli che sarebbe andato tutto bene ma il dolore era troppo grande e Naruto si lasciò sopraffare, svenendo.

Si, lo aveva sentito Sasuke; aveva sentito che il dobe lo aveva chiamato con la voce colma di dolore e frustrazione. E si era girato per correre da lui.

Ma, prima che potesse muovere un muscolo, la sua attenzione fu richiamata da Sakura. Anche lei urlò il suo nome ma la sua voce risuonò allarmata.

Il corvino si girò appena in tempo per vedere il ninja della Nebbia piombargli addosso e trapassargli lo stomaco con lo stesso kunai con cui aveva accecato Naruto.

Per un attimo, sia Sakura che Sasuke rimasero immobili, sorpresi. Poi l’Uchiha strinse più forte la katana che gli stava scivolando di mano e, con le ultime forze, recise la testa al ninja che gli stava di fronte. Vide il sangue schizzare dalla ferita ed il corpo accasciarsi a terra, trascinandoci anche lui.

Un attimo dopo, Sakura raggiunse Sasuke e, con mani tremanti, scansò il corpo senza testa del ninja del Pese della Nebbia e strappò via il kunai dallo stomaco di Sasuke che sussultò per il dolore improvviso.

Lo sapevano, lo sapevano entrambi che la ferita di Sasuke era troppo grave per essere curata. Eppure Sakura, ostinata e con gli occhi umidi, provò lo stesso a curare Sasuke con quel poco chakra che le era rimasto.

Ma il corvino le afferrò debolmente un polso, fermandola.

«Sakura, smettila» sussurrò cercando, però, di imprimere alla sua voce quel’autorità che gli serviva per convincerla. «Non sprecare le tue energie tentando di curarmi: lo sappiamo entrambi che è inutile… Adesso devi fare una cosa per me».

Sakura fermò, seppur riluttante, il suo flusso di chakra ed il sangue di Sasuke le inondò viscidamente le mani facendola rabbrividire.

«Hai visto che hanno accecato Naruto» proseguì l’Uchiha, cercando di ignorare il dolore. Non sapeva perché stava dicendo quelle cose: forse perché amava davvero il suo dobe, forse più di quanto tutti potevano immaginare.

Eppure dire quelle parole era stata, per lui, la cosa più naturale del mondo: era il minimo che potesse fare per Naruto; lui, che per quel biondino esuberante aveva sempre fatto così poco.

«Sakura, devi trapiantare a Naruto i miei occhi. Hai capito?»

A quelle parole, Sasuke sentì Sakura irrigidirsi. La rosa non rispose e, anche se aveva gli occhi chiusi, Sasuke immaginò che stesse piangendo.

«Ma Sa-Sasuke…» cominciò la ragazza, ma il corvino la interruppe.

«Non mi pare il momento di fare la bambina piagnucolona. Fai il medico. Trapianta questi fottutissimi occhi a Naruto e…» Sasuke fece una pausa, pensando se fosse il caso di aggiungere quelle parole al suo discorso e dare, in quel modo, ragione al dobe. «E digli che lo aspetto… Di là…»

Alla fine, aveva deciso che più che dare ragione a Naruto quello era un modo per dare speranza. Ad entrambi.

 

 

 

Naruto aprì gli occhi. Una fitta di dolore li attraversò costringendolo a richiuderli.

Poco a poco, il dolore scemò finché non divenne un fastidio remoto che, ben presto, si spense.

Il biondo provò ad aprire di nuovo gli occhi: vide che si trovava all’ospedale; non riusciva a percepire chiaramente tutti gli oggetti, la sua vista era stranamente sfocata.

«Naruto…»

Naruto voltò la testa e vide che, seduta accanto al suo letto, c’era Sakura.

Perché c’era solo Sakura? Sasuke dov’era?

«Non preoccuparti se non vedi ancora bene» sussurrò la rosa, con un sorriso tirato. «Il tuo cervello e gli occhi devono ancora abituarsi a collaborare. Tra qualche giorno ci vedrai di nuovo benissimo».

Naruto lasciò scivolare una mano sugli occhi e trovò le palpebre segnate da profonde cicatrici. Il biondo era confuso: gli sembrava di ricordare che il suo avversario lo avesse accecato ed invece ci vedeva ancora. Forse Sakura era riuscita a salvare i suoi occhi.

«Che è successo?» chiese il biondo, lasciando ricadere la mano lungo il fianco.

Stranamente, Sakura non rispose.

Naruto si voltò a guardarla e gli parve di vedere gli occhi color speranza di lei inumidirsi.

«Sakura, che è successo? Dov’è Sasuke?» chiese Naruto, allarmato.

Al nome dell’Uchiha, Sakura parve rabbrividire. Allungò una mano verso il comodino ed afferrò uno specchio che, incerta, porse al biondo.

Naruto la fissò stupito per un attimo, poi prese lo specchio e vi si guardò dentro.

Gli occhi di Sasuke Uchiha gli restituirono una sguardo stupito e confuso che non gli era mai appartenuto. Nel vedersi riflessi, poi, si sgranarono ancora di più. Naruto si passò una mano tremante su un occhio solcato da una cicatrice simile a quella del maestro Kakashi; aveva quasi paura a toccare quegli occhi, come se fossero stati pericolosi.

«No!» gridò il biondo, mollando lo specchio come se l’avesse ustionato; questo cadde a terra e il vetro si spaccò.

«Sakura, che significa? Dov’è Sasuke?» ripeté il biondo, quasi urlando, mentre premeva le mani sugli occhi come per non vedere ciò che lo circondava.

Sentiva Sakura che, accanto a lui, singhiozzava e, all’improvviso, anche lui iniziò a piangere silenziosamente consapevole di ciò che era accaduto.

«Sasuke è… morto» riuscì ad esalare, infine, Sakura. «P-prima di morire… mi ha chiesto di trapiantarti i suoi occhi così a-avresti potuto vedere di nuovo» spiegò, tra i singhiozzi incontrollati. «E poi mi ha detto di dirti che… ti aspetta di là».

Naruto rimase immobile a lungo, assorbendo il peso di quelle parole dolorose. Poi le sue dita si contrassero sulle palpebre abbassate.

«Non li voglio questi occhi» gridò, cercando di strapparseli via con le dita tremanti.

«Naruto, fermati!» gli ordinò Sakura, scattando in avanti e afferrandogli i polsi. I due lottarono per un po’ e, alla fine, Naruto si arrese sciogliendosi in un pianto pieno di dolore.

Sakura lo strinse a sé, tentando di trattenere le lacrime. «Mi dispiace, Naruto. Mi dispiace tanto. Lo so che è difficile da accettare; lo so che è difficile portarsi sempre dietro qualcosa che te lo ricorderà costantemente. Ma lui ha fatto questo sacrificio per te: non renderlo vano» sussurrò, stringendolo un po’ più forte.

I due rimasero così per un po’ poi, alla fine, Naruto annuì e promise a Sakura che non avrebbe più tentato di cavarsi gli occhi.

«Voglio rimanere solo» le disse, infine, e la rosa si affrettò a lasciare la stanza.

Naruto si distese sul cuscino e chiuse gli occhi.

Molti pensieri gli si affollarono in testa: Sasuke era morto e lui aveva i suoi occhi; si sarebbe sempre portato dentro un po’ di lui, era inevitabile; l’Uchiha lo amava o non avrebbe fatto quel sacrificio per lui…

Ci sarebbe voluto molto tempo per accettare tutto quello, lo sapevano benissimo sia Naruto che Sakura. Ma il biondo era forte, ce l’avrebbe fatta.

E sapeva che Sasuke non sarebbe mai morto davvero, non finché avesse continuato a vivere dentro di lui attraverso i suoi occhi.

Eppure, in quel momento, pensare che l’aveva perso per sempre faceva male. Troppo male.

Così male che anche nel sonno Naruto continuò a piangere e a lasciare che quel nome gli scivolasse dalle labbra in un sussurro cadenzato: «Sasuke.. Sasuke… Sasuke…»

Sarebbe potuto andare tutto bene.

Ed invece, per una stupida missione, era crollato tutto come un castello di sabbia sotto una violenta ondata.

Non restava niente. Niente.

Solo dei brandelli di ricordi a cui aggrapparsi disperatamente.

Sarebbe potuto andare tutto bene.

Ed invece, per una stupida missione, tutto era finito.

 

 

Quando tutto va bene, qualcosa andrà male.

 

 

 

 

 

***

*Riemerge dai vocabolari di greco e latino*

 

Bene. Benché io a questo contest sia arrivata ultima (e con questa ff ovviamente non potevo aspettarmi altro XD) tengo moltissimo a questa ff, soprattutto perché è stata concepita in un periodo in cui era meglio che non scrivessi XD

Però la trama mi piaceva ed era un peccato non buttarla giù U_U

Perciò, questa storia mi piace, anche se non dovrebbe essere così.

 

*Scompare  sommersa dai vocabolari*

 

Bannerino e commento arriveranno al più presto ^.^

  
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