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Autore: Draias    25/01/2010    11 recensioni
[Bastardi Senza Gloria] Il Sgt. Donnie Donowitz e la sua ultima f*****a notte prima di farsi saltare in aria.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: L’ultima (fottuta) notte.

 

R: Arancione (più che altro per il linguaggio colorito)

 

Personaggi: Sgt. Donnie Donowitz

 

Pairing: Sorpresona

 

Disclaimer: I Bastardi e Donnie Donowitz  (disgraziatamente) non mi appartengono, ma lo vorrei tanto, se Quentin Tarantino me li vuole cedere anche per qualche giorno sono pronta ad assicurare che ne farei buon uso. Non scrivo a scopo di lucro anche se mi piacerebbe tanto fare anche questo.

 

Riassunto della storia: Donnie Donowitz e la sua ultima fottuta notte prima di farsi saltare in aria dentro un cazzo di cinema francese.

 

 

 

 

 

L’ultima (fottuta) notte

 

 

Al sergente Donnie Donowitz non piaceva aspettare.

Ai più era cosa ormai nota e, ai meno, lo sarebbe stato presto: la pazienza, almeno nella sua accezione più comune, non faceva parte dell’infinito repertorio delle sue qualità.

Ma è bene non essere fraintesi: Donnie Donowitz non era un cattivo ragazzo, era solo, come tutti i giovanotti della sua età, pieno di energia. E tutta questa energia, quando non poteva essere canalizzata attraverso la sua mazza da baseball e rilasciata sul cranio di qualche dannato Nazista , lui proprio, non riusciva a gestirla.

La schiena percorsa da strani brividi, le mani che cominciano a prudere, la testa a pulsare e qualcosa gli si blocca all’altezza dello stomaco… anche se no, non ha mangiato proprio un cazzo di niente, non oggi almeno.

Sbuffa, Donnie Donowitz sbuffa, e si chiede quanto cazzo ancora ci vorrà perché arrivi il suo turno.

Non riusciva nemmeno a credere di trovarsi lì! Come diavolo aveva potuto prendere in considerazione quella possibilità con tutto il cazzo di casino che c’era stato?

Risposta: Avevano fatto saltare in aria il cervello a metà del suo gruppo poche ora prima, e il giorno dopo sarebbe saltato in aria anche lui.

Ecco perché cazzo stava lì.

Non era andato, come molti potrebbero erroneamente pensare, per distrarsi. L’ultima cosa che voleva era scaricare la tensione, ai fini della loro impresa la cazzo di tensione era fondamentale.

Ma quella notte non c’erano Nazi da pestare, e non c’erano altri piani da formulare. Quella notte non c’erano pub in cui andare a bere e far baccano, con belle cameriere da sculacciare.

No, quella cazzo di notte non c’era proprio un cazzo niente.

Ed era l’ultima, fottutissima, notte.

“E nell’ultima fottutissima notte” proferisce Donnie Donowitz a se stesso “..è giusto fottere!”

Il tizio seduto di fronte a lui lo fissa per un attimo interdetto, pensando parlasse con lui, ma scorgendo la mazza insanguinata  distoglie rapidamente lo sguardo.

Che si fotta, pure lui.

Donnie Donowitz lo squadra alla ricerca di segni sospetti, svastiche nascoste …santini del Porco-macellaio-di-ebrei .. ma un cazzo di niente! Meglio così pensa, il giorno dopo avrebbe avuto tutto il sangue che voleva. Rovinare un capolavoro di piano spaccando la testa ad una mezzatacca del cazzo come quella era come sputare sulla Gioconda.

Ma a Donnie Donowitz,  come ho già detto, non piace aspettare.

Così , prende la sua fedele mazza –fremito della mezzatacca- in mano, si alza in piedi e comincia a  percorrere a falcate su e giù l’angusto corridoio. Il suo passo è pesante e regolare, gli anfibi chiodati si incastrano tra le fessure del parquet già roso dai tarli, della latrina adiacente agli alloggi si diffondeva un olezzo nauseante, perfino per lui.

Quella cazzo di stasi era snervante. Non ricordava quando fosse l’ultima volta che aveva provato noia, da quando stava con i Bastardi –o con quello che ne era rimasto- la noia era uno stato di grazia che non si era più potuto permettere. E tutto considerato, per lui, era solo una cazzo di considerazione positiva: Odiava annoiarsi.

L’unica cosa che odiava di più erano i Nazisti.

Sai che bello se tutta l’attesa del caso gli stesse riservando un incontro alla fine poco gradito?

Il problema dei bordelli, soprattutto quando sovraffollati di clienti, è che non sai mai che puttana ti capita! E magari , diciamo “magari” ,  qualcuno di quei bei tipetti impomatati che stavano li seduti e lo fissavano con quei cazzo di occhi fuori dalle cazzo di orbite si riservavano a suon di franchi le tette migliori.

Era sempre così.

Donnie Donowitz si ferma, punta a terra la fedele amica leggermente scheggiata e ci si appoggia. Era da tempo che non pensava alle donne. Non in modo serio almeno.

Da quando si era unito ad Aldo con il preciso intento di ammazzare quanti più tedeschi possibili, nascosti e mimetizzati nella merda, nemmeno fossero Robin Hood e la sua cazzo di gang del bosco, le femmine erano diventate un fatto occasionale e soprattutto casuale.

A differenza di quello che si potrebbe pensare di lui , almeno a prima vista, Donnie Donowitz era un vero signore.

Almeno lo era con le donne.

Perfino con le tedesche non aveva mai alzato un dito –ci avevano pensato gli altri veramente- ma per quanto lo riguardava, di prendere a mazzate una donna in testa non se ne parlava proprio! E tanto meno, l’avrebbe costretta a fare altro contro la sua intenzione.

Sua madre gli aveva insegnato bene a portare rispetto: una donna quindi, secondo il galateo di Donnie Donowitz veniva ammazzata si, ma in modo rapido e indolore.

Vanno trattate con riguardo, le donne.

Quindi, per soddisfare certi “appetiti”quando se ne sentiva la necessita –e ultimamente era avvenuto meno del solito- ci si infilava in un qualche locale buio e poco noto, dove le cameriere erano generalmente bendisposte verso bei ragazzi prestanti, e le si metteva all’angolo con un paio di paroline gentili e molti drink. Era questione di pochi minuti e raramente ci si diceva il nome.

Ma quella sera voleva qualcosa più di due minuti: voleva una donna e la voleva bella.

Da qui l’idea del bordello. Parigi era la patria del sesso a pagamento, siano ringraziati i francesi!

C’erano più bordelli che banchi al mercato del pesce e tutti promettevano le stessa cosa: molte donne e pochi vestiti. Uno slogan destinato a fare successo.

Le puttane di quel bordello le aveva già viste qualche volta, in giro per i locali a cercare clienti, e un paio se le era pure fatte forse. Ma un letto comodo e le tende di pizzo sono un’altra cosa, che diamine.

Il cazzo di tempo passa e sembra che i bambocci quella sera ci mettano più del solito a farselo venir duro. Un altro minuto così e si sarebbe infilato in un camera e fatto un sega da solo, per la patria e per il re!

Niente scopata d’addio, Donnie Donowitz ormai era giunto a questa ferma conclusione.

Riafferrò saldamente la sua compagna d’azione e se la mise in spalla.

Fece per fare dietrofront e rimboccare il corridoio verso l’uscita quando sentì delle lamentale provenire da una delle camere.

Come abbiamo già detto: Donnie Donowitz era un vero signore, ma stava in un cazzo di bordello e le femmine, è noto, si lamentano sempre per ogni cazzo di cosa! Magari uno c’era andato un po’ pensate dopo un giornata di lavoro e quella subito si lamenta. Ma cazzo femmina è il tuo lavoro!

Quindi tira dritto , testa alta e mazza in vista, che nessuno gli si pari in fronte reclamando alcunché.. è arrivato alla fine del corridoio quando sente ancora un grido, questa volta, una vera e propria richiesta d’aiuto.

Eh no Donnie Donowitz, eh no, col cazzo! Tu non sei un cazzo di paladino! tu sfondi il cranio a uomini di ogni dimensione e grado ogni giorno, sacchi di escrementi certo, ma non sei il principe azzurro di nessuna cazzo di puttana.

“Aiuto! Vi prego ..aiuto…” gemiti, urla, chiasso, vetri che si rompono.

Se non sei il cazzo di principe azzurro della situazione Donnie Donowitz… perché cazzo stai camminando speditamente in direzione opposta all’uscita?

 

 

Donnie Donowitz, sei davanti alla porta, ora i rumori violenti si sentono distintamente. Ma ancora non ti muovi. Non sono fatti tuoi, non lo sono e vorresti che lo fossero.

Non puoi permetterti che la cazzo di Gioconda vada in merda solo per le lamentele di una cazzo di puttana delicata.

E non ti muovi. E non si muove nessuno. Perché non si muove nessuno?

A parte lui e gli altri Bastardi non gli risultava che altri persone si sarebbero immolate per alcunché la sera successiva. Potevano immolarsi ora, avevano la grande occasione.

Colletti inamidati del cazzo.

“Maledetto…… nazista maledetto!”

E’ un lampo.

La porta è spalancata. Le cervella dell’uomo sparpagliate per la moquette pulciosa, la femmina in piedi, con i vestiti in brandelli e gli occhi neri spalancati, ha smesso di urlare soffocando tutto con una mano stretta sulla gola.

Donnie Donowitz è in piedi sopra quel che resta del soldato nazista a cui ha appena sfondato il cranio e distrutto la fisionomia.

Come cazzo è arrivato fin li?

Sta ricordando: Era davanti alla porta, la femmina urla, urla contro i soprusi perpetrati da un cazzo di Nazista. Lui sfonda la porta con un calcio, come fosse fatta di cracker, non vede altro che la spilla a svastica appuntata sulla divisa dell’uomo che ora gli è di fronte.

E parte il massacro. Come un toro quando vede il rosso, Donnie Donowitz si è avventato sui simboli della sua sofferenza, della sofferenza sua e del suo popolo, e compie la missione che gli è stata affidata: Uccidere tutti i cazzo di Nazisti.

Nessuno ha mosso un dito, come se fosse stato possibile. Si volta e lancia una rapida occhiata fuori dal corridoio.

I cazzo di damerini trattengono il fiato. Donnie li fissa uno ad uno negli occhi, solo una cosa è leggibile: paura.

Tanta paura.

“Sparite” dice semplicemente Donnie Donowitz e quelli non se le fanno ripetere. Sgattaiolano via come topi quando il gatto sazio ha abbassato la guardia.

Uno scricchiolio, la mazza è già sollevata e l’Orso Ebreo è in posizione di difesa, l’attacco è appunto, la miglior difesa. La femmina lo guarda sconvolta, i denti non troppo candidi affondati sul labbro inferiore a bloccare un’altro cazzo di grido, aveva mosso un passo.

Ha paura, è normale. Donnie Donowitz si dice che è anche troppo brava per la situazione. Posa l’arma su un fianco e in un gesto assolutamente fuori dalla sua comprensione le allunga una mano per aiutarla a scavalcare l’intestino dell’ex patriota.

È stupito più di lei quando la vede afferrare la mano, anche se titubante, e assecondarlo.

“Vattene” le dice.

Ma lei non se ne va e continua a fissarlo. Che cazzo vuole?

Un brivido, non capisce se per la sorpresa o per cosa, sente la mano della donna sfiorargli il braccio e il suo sguardo scivolare dalla sua spalla lungo il gomito.. il polso, gli prende la mano. Ne percorre tutta la superficie con i polpastrelli, carezzandogli il dorso e le nocche gonfie.

Donnie Donowitz in quel momento non riusciva, stranamente, a non pensare.

La sensazione piacevole era contrastata dall’assurdità del contesto. Cazzo! Cosa stava facendo? Aveva appena massacrato a botte un uomo con una mazza da baseball e quella stava lì e trattava la sua mano destra come una santa reliquia del cazzo.

Donnie Donowitz ritrasse la mano in fretta, mentre lei lo fissava con gli occhi spalancati, senza capire.

“Vattene” ripete fissandola dritta negli occhi , e questa volta, seppur titubante la donna si allontana lentamente, lasciandogli la mano: prima da lui e poi dalla camera.

Se fosse rimasta altri due minuti, se la sarebbe scopata li sopra tutta quella merda e l’odore rivoltante che emanava. Ma non sarebbe stato il suo cazzo di principe azzurro dell’occasione , e i principi azzurri -lo sanno tutti- non scopano.

Cazzo però, Donnie Donowitz, quella aveva proprio un gran bel paio di tette!

 

Riattacca la porta della stanza ai cardini alla meno peggio, e si volta verso quel che resta di un uomo.

Come dicevamo fin dall’inizio a Donnie Donowitz non piace aspettare, ma l’attesa a volte, riserva piacevoli sorprese inaspettate.

Afferra di nuovo la sua arma, la sua compagna, l’amica fidata di lunghe notti di appostamento solitarie, si porta trascinando i piedi sopra la carcassa menomata. Lei non l’ha mai tradito, non l’ha mai fatto aspettare, prende bene la mira e la solleva, -quando ne ha bisogno è sempre li per lui, con lei ha provato sensazioni incredibili- l’ebbrezza, l’adrenalina …sul volto, un sorriso sadico.

Le tendine di pizzo diventavano di minuto in minuto più rosse.

L’ultima fottuta notte era giusto fottere e, Donnie Donowitz, stava fottendo alla grande.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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