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Autore: Rin Hisegawa    28/01/2010    4 recensioni
I pensieri di Tsu'Tey ad un passo dalla fine. Spoiler dei contenuti speciali del film. [TSU'TEY]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tsu-Tey
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota ~ Da quando ho visto Avatar, un film che mi ha veramente colpita, ho deciso che dovevo assolutamente essere la prima (almeno qui) a scrivere una fan-fiction su Tsu'Tey. Tsu'Tey è il mio personaggio preferito, nonostante ovviamente ami anche Jake e Neytiri. E' coraggioso e leale, ed è in grado di mettere da parte l'orgoglio quando necessario. Guardando in giro per internet in cerca di informazioni in più su questo personaggio fantastico, mi sono imbattuta nelle famose "scene tagliate" ed ho così scoperto che quella che vediamo durante il film non è la vera morte di Tsu'Tey. C'è una scena ulteriore, più avanti, ed io ho deciso di decscriverne una a modo mio prima di vederla realizzata (credo che la includeranno nel DVD, quindi probabilmente non sarà un mistero XD). Comunque, quello che racconto non è l'evento completo ma solo una parte. Non voglio dare per scontato che Tsu'Tey sia morto perché non sono ancora certa di voler interrompere qui la storia. Se mi dite che vi è piaciuta, la potrei anche continuare... ~ minaccia XD.
In ogni caso, le parole in corsivo sono in Na'vi (ve le traduco infondo, tranquilli XD) e le frasi tra  ‹ questi › sono anche quelle in Na'vi (ma non sapendo come tradurle dovrete immaginarlo XD). Adesso non mi resta che augurarvi buona lettura e... ah, il "marine" di cui parlo è  Lyle Waynfleet, quello pelato che si vede ogni tanto assieme a Quaritch. E' effettivamente lui a compiere le azioni che descrivo, quindi ho cercato di mantenermi il più "canon" possibile con la descrizone dei fatti reali.  ^^" Enjoy ~


Tsu'Tey osservava la foresta molti metri sotto di lui, ascoltando il clangore metallico delle macchine umane che avanzavano e distruggevano qualsiasi cosa si parasse sul loro cammino. Il vento scompigliava i suoi capelli raccolti in una miriade di piccole trecce secondo l'usanza dei Na'vi, emettendo un sibilo sordo ogni volta che sfiorava le ali dell'Ikran.
Era tardi: troppi guerrieri erano già caduti, i loro corpi abbandonati tra gli alberi e dilaniati dall'infuriare della battaglia. Le creature venute dal cielo possedevano armi potenti, capaci di spazzare via un esercito di cavalieri in un colpo solo; tuttavia, non avevano il favore di Eywa. Spronando il suo Ikran, Tsu'Tey socchiuse gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco quello che stava accadendo proprio di fronte a lui, molti metri più avanti.
Un gigantesco velivolo militare stazionava poco lontano da una delle montagne fluttuanti, apparentemente immobile ed in attesa. In realtà, attraverso il portellone spalancato si scorgevano i minuscoli esseri umani – dall'aspetto così fragile, a giudicarli con una prima occhiata – che si affrettavano ad ammassare una pila di oggetti indefiniti su quella che sembrava una pedana di lancio.
Senza pensarci due volte Tsu'Tey si lanciò verso il velivolo, flettendo i muscoli delle gambe mentre si chinava sul dorso dell'Ikran per acquistare velocità. Con la mano destra stringeva il suo arco; la sinistra si mosse verso la faretra che portava sulla schiena per afferrare una freccia: nel tempo che incoccava, poteva già scorgere la fisionomia dei volti umani sulla pedana.
"Morite, maledetti tawtute!"
L'Ikran planò di fronte al portellone del Valkyrie, chinando leggermente il muso in avanti per fendere l'aria. Tsu'Tey premette i piedi contro le staffe per darsi la spinta e si scagliò, rapido e letale, contro la squadra di alieni al lavoro. Questi di voltarono immediatamente, stupefatti, mentre un'ombra inaspettata si frapponeva fra loro ed il sole.
- Ma che diav...?
Tsu'Tey prese la mira e, ancora sospeso a mezz'aria, piantò la prima freccia dritto nel cuore dell'avversario più vicino; questi si accasciò a terra senza un gemito, troppo stupito per poter reagire in alcun modo. Il Na'vi balzò a terra, appoggiando appena i piedi per poi gettarsi di nuovo addosso ai nemici.
Non c'era tempo per pensare, soltanto per combattere. Inebriato dall'infuriare della lotta, Tsu'Tey si rese conto a mala pena del primo proiettile che trapassava la sua carne. Il contraccolpo lo sbilanciò leggermente all'indietro, costringendolo ad interrompere la sua avanzata. Cercando di mantenere l'equilibrio mosse qualche rapido passo senza smettere di attaccare.
La seconda e la terza pallottola lo colpirono più da vicino, tracciando un percorso infuocato nella pelle nuda. Il Na'vi oscillò per un istante, respinto verso il bordo della pedana, cercando di non scivolare. Il bosco, così lontano sotto il Valkyre, adesso sembrava soltanto una macchia verde e confusa. Indietreggiò arrancando, mentre tentava di curvare la schiena in avanti per recuperare l'equilibrio perduto.
I piccoli fori rossi che si aprivano sul suo petto irradiavano un dolore lancinante attraverso ogni singolo nervo del corpo. Tsu'Tey non riusciva a credere che delle ferite dall'apparenza tanto innocua potessero provocare una sensazione così sgradevole, tanto intensa da fargli quasi perdere la concentrazione.
Senza riflettere indietreggiò di qualche passo appena, brandendo di fronte a sé il proprio arco nel tentativo di continuare a lottare. La sua vista si faceva annebbiata, la testa aveva preso a girare. Niente di tutto questo aveva senso: un guerriero Omaticaya non poteva mollare la battaglia a causa di qualche stupida pallottola, non ad un passo dalla fine. Un unico momento di distrazione ed i suoi piedi toccarono il vuoto.
Nessun suono uscì dalle sue labbra mentre precipitava; Tsu'Tey percepì chiaramente il proprio corpo che scivolava all'indietro, l'aria gelida che gli graffiava il volto, la sensazione della velocità che gli faceva sentire il cuore in gola. Per un breve istante si domandò come sarebbe stato l'impatto, e capì che forse avrebbe dovuto provare paura; tuttavia la paura non venne, sostituita da una sensazione di calmo torpore. La caduta sembrava infinita, lunga quanto la sua stessa esistenza. E presto sarebbe tornato alle braccia accoglienti di Eywa.
I ricordi presero a fluire davanti ai suoi occhi, in un susseguirsi di immagini nitide ma troppo rapide per poter essere apprezzate appieno. Il Na'vi si coprì a pensare che davvero era giunta la fine, il momento che conclude e completa la vita di qualunque creatura. Si sentiva in pace come se stesso: se non altro sarebbe morto da guerriero; era un modo molto onorevole per lasciare la scena.

Era un bambino. Suo padre sembrava altissimo di fronte a lui, l'arco stretto in pugno ed un sorriso orgoglioso sulle labbra. Tsu'Tey lo aveva atteso a lungo sbirciando il bosco attraverso le fronde dell'Albero Casa, domandandosi quanto tempo avrebbero impiegato i guerrieri a fare ritorno e, quando finalmente li aveva visti comparire, si era precipitato incontro ad Ateyo pregandolo di raccontargli ogni cosa.
Il Na'vi gli aveva sfiorato il capo con una mano, scompigliandogli i capelli raccolti in una cascata di sottilissime treccine.
‹ Devo parlare con l'Olo'eyctan, adesso. ›
Tsu'Tey annuì, serio. Fin da piccolo gli era stato insegnato a rispettare l'autorità dei suoi superiori. Tuttavia era soltanto un bambino, e non poté impedirsi di lanciare al padre un'occhiata colma d'inquietudine.
‹ Quando potrò venire a cacciare con voi? › domandò a bassa voce, rendendosi conto di quanto dovessero suonare infantili le sue parole. Ateyo tuttavia non se ne accorse, oppure finse di non averlo notato. Si voltò verso il bambino, e sul suo viso apparve un'espressione gentile che raramente mostrava alle altre persone.
‹ E' ancora presto, Tsu'Tey, lo sai bene, › rispose pacato riprendendo a camminare. Poi sorrise fra sé, come immerso nei propri pensieri. ‹ Ma quando il tuo momento verrà, sono convinto che sarai un grande guerriero. ›

Tsu'Tey chiuse gli occhi, abbandonandosi alla tempesta di memorie in attesa dell'impatto col suolo. Non c'era più nulla da fare. L'Ikran era lontano chissà dove, in volo, e anche se lo avesse notato difficilmente avrebbe fatto in tempo a fermare la sua caduta. E poi c'erano quei proiettili piantati fra le sue costole, poteva sentirli uno per uno. Sarebbe sopravvissuto fino al termine della battaglia? E, in tal caso, sarebbe riuscito a sopportare l'idea di attendere in un angolo la fine, senza poter lottare?
Il colpo lo raggiunse inaspettatamente, lasciandolo per un attimo stordito. Il guerriero sentì la propria schiena collidere con una superficie solida, ed il suo campo visivo si fece improvvisamente buio. Il dolore arrivò solo qualche istante dopo: una sensazione lancinante alla colonna vertebrale, come se ogni singolo osso gli fosse stato strappato. Tuttavia non aveva perso conoscenza: le grandi foglie degli alberi avevano attutito la caduta, rallentando la velocità con cui aveva raggiunto il manto erboso.
"Sono ancora vivo," considerò Tsu'Tey appena la sua mente si fu schiarita, osservando la chiazza azzurra di cielo molti metri più in alto. Tutto il suo corpo gli faceva un male terribile; questo significava se non altro che non aveva subito danni alla spina dorsale.
Rimase sdraiato per un po', respirando a fatica, in cerca di un modo per dimenticarsi dei proiettili che si conficcavano un po' più in profondità ad ogni respiro. A braccia aperte, distese le dita e strinse i pugni costringendo i muscoli doloranti a funzionare. Era impaziente di alzarsi, cercare il proprio Ikran e tornare in battaglia, a morire con onore.
Il suo ruolo di Olo'eyctan gli era stato strappato dal nuovo Toruk'Makto, il ragazzo del cielo che aveva conquistato l'amore della futura Tsahik. Adesso che non aveva più un posto dove stare all'interno del clan, un posto che valesse la pena difendere, la cosa più giusta da fare sarebbe stata abbandonare quel mondo combattendo per la propria gente e per il proprio onore.
Socchiudendo gli occhi nella luce che si faceva sempre più fastidiosa Tsu'Tey piegò la testa da un lato: lontani, i rumori dello scontro squarciavano la quiete naturale di quella foresta meravigliosa. Portate dal vento, le ceneri della Casa Albero vorticavano ancora, leggere, sopra di lui. L'universo avrebbe continuato ad esistere, e Pandora sarebbe sopravvissuta. Trovando di nuovo la forza in quell'unico, fragile pensiero il Na'vi premette i palmi a terra e si alzò a sedere, seppure a fatica.
Il sangue macchiava di rosso l'erba sotto di lui; i muscoli erano deboli, come se non riuscissero a reggere il peso delle ossa e fossero sul punto di cedere. Un'ondata di nausea lo assalì, costringendolo a soffermarsi per un attimo: la radura in cui si trovava prese a vorticare confusamente di fronte a lui, lanciando sinistri bagliori laddove il sole colpiva la superficie liscia e lucida delle foglie.
- Che cosa...?
Tsu'Tey sollevò lo sguardo, stringendo i denti ed aggrottando la fronte nel tentativo di mettere a fuoco. Di fronte a lui una macchia scura stagliata contro il vivace sottobosco si avvicinava a rapidi passi.
- Guarda guarda cosa abbiamo qui!
L'umano si soffermò a pochi passi da lui, le mani sui fianchi ed un ghigno crudele dipinto sul volto pallido. Tsu'Tey ricambiò l'occhiata con astio, premendo i palmi sulla fredda terra nell'ennesimo tentativo di alzarsi in piedi.
‹ Maledetto faketuan! › ringhiò il Na'vi, tentando di afferrare il coltello che teneva legato alla cintura. Il marine scosse la testa, guardandolo con espressione canzonatoria. Con la canna del mitra colpì svogliatamente il polso del guerriero: le dita di Tsu'Tey cedettero immediatamente contro la sua volontà.
Era troppo debole per lottare: l'umano sembrava praticamente indenne, come se fosse appena sceso in battaglia. La sua testa completamente glabra – eccezion fatta per le sopracciglia chiare sollevate in uno sguardo di scherno – ondeggiava di fronte a lui come un fantasma assetato di sangue. Il mitra ondeggiava pigramente nella sua mano, quasi fosse troppo pesante per lui: in un rapido, terribile istante il Na'vi si rese conto che non gli avrebbe sparato.
Il suo ghigno si era fatto più largo, mentre si chinava a raccogliere il pugnale da terra senza staccare gli occhi da lui. Tsu'Tey si scagliò in avanti, costringendo i muscoli delle braccia ad obbedire; era come tentare di smuovere una montagna, ma non sarebbe mai morto senza prima lottare. Infondo, quello che aveva davanti era soltanto uno stupido umano: se quella era davvero la fine, allora lo avrebbe portato con sé.
Il marine si scansò con facilità dal debole attacco del guerriero; mosse qualche passo indietro perfettamente tranquillo, poi voltò la testa da un lato.
- Alla buon'ora! - esclamò sguaiato in direzione degli alberi alla propria sinistra. Dal folto del bosco apparve un manipolo di soldati.
Tsu'Tey scorse con la coda dell'occhio quattro uomini armati che si avvicinavano. La rabbia prese a ribollire nelle sue vene, folle e letale. Potevano essere così vigliacchi da voler attaccare in cinque un unico avversario ferito? I Na'vi, una cosa del genere, non l'avrebbero neppure potuta pensare. Con la forza della disperazione, si lanciò contro il gruppo di umani completamente disarmato. Dalle sue labbra sfuggì un grido animalesco mentre, le dita arcuate come artigli, graffiava e mordeva qualunque cosa gli capitasse a tiro.
Non fu troppo difficile per i militari afferrarlo e bloccargli le braccia, inchiodandolo a terra con la schiena premuta sull'erba bagnata. Tsu'Tey sollevò lo sguardo verso di loro, sibilando insulti in una lingua che non potevano capire. Era spacciato, ma – notò con soddisfazione – almeno era riuscito a lasciare qualche segno sulla pelle di quei maledetti alieni.
- Non sparategli! - ordinò il primo marine ai soldati che avevano già sollevato i mitra. - Ho in mente qualcosa di meglio per lui.
Si avvicinò lentamente, facendo cenno agli altri di sollevarlo per poterlo guardare. Gli umani lo costrinsero a raddrizzare la schiena, spingendolo in ginocchio finché non si trovò faccia a faccia con il suo avversario. Non potendo liberare le braccia dalla stretta dei quattro soldati – era ancora troppo debole persino per stare in piedi da solo – si limitò a fissare il marine infondendo nel proprio sguardo tutto l'odio che poteva mostrare.
‹ Puoi uccidere me, Tawtute, ma il mio popolo continuerà a vivere e vi sconfiggerà, › sibilò tra i denti, lottando contro il senso di vertigine che non lo abbandonava. Il marine rise forte, facendo oscillare davanti agli occhi la lama del coltello che gli aveva sottratto.
- Questo lo vedremo, - commentò allegramente prendendo a camminare. Percorse un semicerchio attorno a Tsu'Tey, fermandosi alle sue spalle dove lui non lo poteva vedere. Nell'attimo di quiete che precede la tempesta, il Na'vi si domandò se il marine non avesse deciso di finirla lì e tagliargli la gola; tuttavia scacciò immediatamente quel pensiero: sarebbe stato troppo semplice, quel sadico umano non si sarebbe accontentato.
Un brivido gelido attraversò la sua schiena quando si sentì afferrare per la lunga treccia scura che, dalla sua nuca, arrivava quasi alle ginocchia. Il guerriero rimase immobile per un istante, come congelato, in attesa di capire che cosa il marine intendesse fare.
- E questa a cosa serve? - domandò l'uomo, la malvagia curiosità che trapelava attraverso le sue parole. - E' molto importante per voi Na'vi, non è vero?
Tsu'Tey restò in silenzio, senza muovere un muscolo né dire una parola, ma il leggero tremito che percorse le sue membra non sfuggì all'occhio attento del soldato.
- Chissà cosa succederebbe se adesso la tagliassi...? - premette la lama fredda del coltello alla base della treccia scura, scoprendo i denti in un ghigno di puro divertimento. Il Na'vi prese a divincolarsi disperatamente, senza tuttavia riuscire a liberarsi dalla salda stretta dei soldati.
Vrrtep! Vi faranno a pezzi, morirete tutti in ogni caso! › ringhiò Tsu'Tey senza smettere di lottare. Il marine scosse la testa perfettamente tranquillo: cosa poteva mai fare adesso quel singolo alieno contro tutti loro? I Na'vi avevano perso la battaglia, gli umani avevano armi più potenti. Avrebbero eliminato tutti quegli indigeni uno per uno, e finalmente avrebbero potuto estrarre l'unobtanium dal suolo di Pandora.
- Non hai ancora capito? - domandò con voce melliflua, aggiustando la presa sull'elsa del pugnale. - Avete già perso da un pezzo, inutili alieni.
Con un movimento secco del polso, spinse la lama verso l'alto tranciando di netto la spessa ciocca di capelli scuri. Tsu'Tey gridò con tutto il fiato che gli era rimasto, un lamento straziante che si innalzò fra le fronde degli alberi mescolandosi al rumori della battaglia lontana.
Il marine lasciò cadere a terra la lunga treccia, poi fece segno ai soldati di allontanarsi. Gli umani obbedirono lasciando la presa sulle braccia del guerriero, che cadde riverso a terra respirando a fatica. Stavolta non c'era davvero più niente da fare.
Tsu'Tey udì gli alieni allontanarsi attraverso il sottobosco, ridendo e vociando fra loro. Il suo petto si alzava e si abbassava appena, impercettibilmente, spingendo nei suoi polmoni un'aria che bruciava come il fuoco. Tentò di aprire gli occhi, ma vide soltanto un intrico di chiazze sfocate, verdi e marroni. Eywa era lontana, e lui non riusciva più a percepire la sua voce.
Aveva perduto tutto ciò per cui valesse la pena lottare – l'onore, il suo posto fra gli Omaticaya, il legame col suo dio – e adesso non era altro che un guscio vuoto abbandonato sul suolo di Pandora. Mentre le forze lentamente lo abbandonavano, lasciando il posto ad un senso di quieta incoscienza, Tsu'Tey ripensò con un vago rimpianto a tutto quello che avrebbe perduto.
Lontano, il fragore della battaglia sembrava in qualche modo attutito. Il sole prese a tramontare placidamente al di là delle Montagne Halleluia, stendendo un sipario stellato sui resti dello scontro appena concluso. Domani la vita avrebbe ripreso a scorrere, dapprima lenta e stentata e poi sempre più forte, per ricostruire sulle proprie macerie. Forse il guerriero non avrebbe visto tutto questo, ma il mondo avrebbe continuato a girare anche senza di lui.
Cercando in quel pensiero un conforto che non riuscì a trovare, Tsu'Tey chiuse gli occhi sul bosco dov'era nato e cresciuto. Adesso che la gente del cielo gli aveva sottratto tutto ciò che possedeva, non c'era più niente di cui preoccuparsi davvero. Con un sorriso amaro, ripensò alla malvagia ironia della sua attuale condizione: non aveva alcun senso, a pensarci bene.
Con le ultime forze, allungò un braccio e sfiorò la propria treccia recisa con la punta delle dita. Era immobile, morta come lo sarebbe stato lui tra poco. Le sue labbra si dischiusero appena, emettendo un debole suono.
 ‹ Ripongo il mio destino nelle mani di Eywa. ›

Na'vi ~ il popolo di alieni che abita su Pandora.
Ikran ~ l'animale alato che tutti i guerrieri Na'vi cavalcano.
Eywa ~ Il dio dei Na'vi, che è connesso alla natura, una specie di "Madre Terra".
Tawtute ~ persone del cielo, ovvero gli umani.
Ateyo ~ il padre di Tsu'Tey.
Olo'eyctan ~ il capo del villaggio.
Toruk Makto ~ colui che è in grado di domare il Toruk, il grande Ikran rosso.
Tsahik ~ la "sciamana" del villaggio.
Faketuan ~ alieno. Mi piaceva l'idea che gli umani potessero essere definiti "alieni".
Vrrtep ~ demone.
Omaticaya ~ è il nome della tribù di Tsu'Tey.

  
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