Ateneo, luogo di scienza e conoscenza
mentre altri vi fanno nido e seconda casa
noi ci entriamo come volpi nel pollaio
e aggiriamo come lupi tra le pecore
ne usciamo con più pensieri su ciò che si rischia che su
ciò che si acquista
(acquista, acquista, acquista, le importanze hanno parole,
no forse il contrario, non di questi tempi però per la maggiore)
e sulle soglie delle nostre tane defechiamo bile,
ingiustizia e influenze
ci andiamo a fare una nuotata rinfrescante nelle nostre paturnie
quotidiane
riemergendo a riprender aria dopo abluzioni che ci
rammentino chi siamo
ripuliti dalle finzioni, sceneggiate, facciate, teatrini
di ipocrisia che ci folleggiano intorno
rinfrancati, paradossalmente eccome, nel tornare a
rotolarci beati
nelle storture quotidiane nostre e altrui
giorno per giorno allontanandoci dalla pancia vuota il
desco della facile goduria auto- reclusa
per scappare lontani, sulle asprezze e meraviglie di una
libertà
libertà che è di nuovo finzione di sè stessa medesima in
persona
finchè non si dilava e si scrolla di ogni illusione che
più gentile e più bella e più buona la pinge
finchè, lasciati alle spalle tutti quelli che non la
reggono
e tutto ciò che in essa difficilmente si può far entrare
(provateci pure a spingere un divano di tre metri e una
televisione con megaschermo ultrapiatto in una bettola ricoperta di lamiera con
la porta poco più piccola dell'orecchio destrimancino di un elefante indiano)
torna a inerpicarsi sulle vette scoscese di spietate
nudità grezze
ritrovandosi altera regina a guardare i suoi bastardi
accoliti
che lei cercano e lei temono
lei amano e lei talvolta rinnegano
lei chiamano e lei rifuggono
lei costruiscono e distruggono
E su questi cicli senza fine gli animali più savi
sghignazzavano
adocchiando le innumerevoli brutture dell'uomo che scappò
la foresta
e poi pentito tornò a implorare asilo strisciando sulle
ginocchia grasse e rotte