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Autore: johnlockhell    01/02/2010    2 recensioni
Un’avventura apocrifa del genio Sherlock Holmes. Riuscirà il famoso detective a sventare un crimine di cui è personalmente testimone?
Genere: Generale, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’avventura del gioco a tre

 
Come il lettore ben saprà dai miei numerosi resoconti precedenti, in cui ho cercato di portare a conoscenza le peculiarità dell’attività e della personalità del mio famoso amico, la congenita eccentricità di Sherlock Holmes gli conferiva una grande energia se era questione di camuffare la propria identità e gettarsi all’inseguimento o appostarsi nell’ombra, gli forniva sorprendenti abilità retoriche per intrattenere, convincere e talvolta ammaliare l’interlocutore dal quale sperava di estorcere informazioni, gli garantiva una forza che non ci si sarebbe mai aspettati scaturire dal corpo snello e longilineo per contrastare rivali ed avversità. Ma ogni volta era lieto di tornare al nostro appartamento di Baker Street, come la volpe torna alla tana e la rondine al nido, e, o che fosse il fulcro della sua attività investigativa, o che fosse il preferito dei suoi rifugi, controvoglia accettava di allontanarsene per lunghi periodi, prediligendo utilizzare i propri mezzi in Londra o inviare me a fare le sue veci sulla scena del delitto, se non era indispensabilmente richiesta la sua presenza, come in qualche caso all’estero. Immaginate quindi la mia sorpresa quando quella mattina fu Holmes con grande smania a prendere l’iniziativa di lasciare l’abitazione senza esserne tirato fuori a forza da un qualsivoglia cliente e le sue incombenze criminose.
Stavo già consumando la colazione da solo senza attendere il suo risveglio, perché, sapendo che non conosce vie di mezzo, se non era sveglio all’alba sarebbe rimasto a letto fino a tarda mattinata, e non volevo disturbare il suo riposo dopo lo spossante caso da sui era appena uscito, quando uscì dalla sua stanza vestito di tutto punto, pronto a partire. Stringeva un foglio tra l’indice e il pollice destro, che mi porse con un sorriso furbesco lungo il tavolo quasi urtando la caffettiera, mentre il suo sguardo era già teso alla mossa successiva. Con il boccone ancora in gola, non potevo tenere a freno la grande curiosità che nutrivo nei confronti dell’attività del signor Holmes, e mi accinsi a leggere quello che sembrava un breve telegramma.
 
Voglia presentarsi (diceva) a mezzogiorno alla mia abitazione in Private Lane per cerimonia che metterà alla prova le sue famose abilità. M.H. Chunnel.
 
Mi sembrava una cosa così lontana dal carattere di Holmes recarsi ad una celebrazione, per mettere in mostra le sue capacità, di cui sempre era andato fiero ma mai aveva ostentato come speciali, anzi in quel periodo cercava di attirare l’attenzione quanto meno possibile. Però conoscendo il suo orgoglio e la sua curiosità neanche paragonabile alla mia, non faticavo a comprendere la sua reazione. Mentre leggevo quelle righe, si era avvicinato al suo schedario, come sempre faceva prima di iniziare un indagine, e scartando la pesante cartella A e la B cominciò a sfogliare rapidamente i documenti contenuti nella cartella concernente i nomi con iniziale C.
<< Marcus Hector Chunnel: >> lesse, << matematico, fisico, filosofo, chimico, botanico – uhm! un vero uomo di scienza, come ricordavo! – celebre per il saggio “Sulla coltivazione e l’uso delle erbe medicinali della Gran Bretagna”, per il trattato  “Indagine sul legame tra concentrazione e colorazione di una soluzione insatura” – davvero interessante, per inciso - e per la traduzione di innumerevoli testi di geometria dal latino e dal greco. Abita nella settecentesca residenza della famiglia Chunnel nella Londra bassa, costruita dal trisnonno, il magnate Jonathan Chunnel, da cui deriva quasi la totalità del patrimonio familiare. Ha tre eredi: Elizabeth, Roman e Marcus Chunnel jr.>> Ripose i documenti al loro posto. << Profilo interessante, non trova, Watson? Bene, chiami una carrozza e si vesta a festa, stiamo per partire.>>
 
In una ventina di minuti ci trovammo nel sud di Londra. Holmes era rimasto silenzioso per tutto il viaggio, liquidando le mie domande sul perché ci stessimo affrettando per raggiungere l’appuntamento con così largo anticipo con “si accorgerà da se a quale eminente personalità stiamo andando a far visita”. Gli chiesi se fosse un amico, un vecchio conoscente, ma sapevo che non aveva altri amici, e il suo sorriso, quasi lusingato, me ne diede conferma. Era immerso nei suoi pensieri, cosa non strana, ma ebbi l’impressione per tutto il viaggio che si stesse preparando i discorsi da fare in presenza di quel misterioso individuo che, nella mia ignoranza, non avevo mai sentito nominare. L’edificio dell’appuntamento era facilmente riconoscibile, perché la residenza spiccava tra le altre pur distinte villette a schiera che fiorivano nel quartiere per suntuosità ed imponenza: il breve viale che conduceva dal cancello al massiccio portone di mogano era alberato con sempreverdi in continuità con le stesse colonne ai lati del cancello, sormontati da scuri leoni ruggenti come una bassa torretta sormontava il lato est dell’abitazione.
Alla porta ci aprì una anziana signora bassa e minuta, col naso schiacciato su un abbronzato volto rugoso coperto da due folte sopracciglia scure che conferivano un’aria severa e scontrosa agli occhietti sottili. Una domestica, immaginai. Non facemmo in tempo a presentarci che apparve anche il padrone di casa, che si sostituì a lei con aria dura senza ne ringraziarla ne congedarla, ma subito aprendosi in un sorriso cordiale rivolto agli inattesi ospiti. Aveva la fronte alta di un uomo intelligente, era stempiato e i pochi corti capelli brizzolati erano lisciati all’indietro con la brillantina. Il naso adunco e la mascella prominente suggerivano la sua decisione. La piccola bocca sottile, sbarbata, era leggermente socchiusa per la sorpresa suscitata da quell’arrivo così repentino.
<< Ci scusi per esserle piombati in casa prima dell’appuntamento >> si giustificò Holmes, << ma il caso ha voluto che fossimo occupati in altre commissioni nelle strette vicinanze, ed eravamo così vicini alla sua dimora da non resistere più alla curiosità di incontrarla. >>
Un discorso che si era palesemente preparato in carrozza. Ci fece accomodare in soggiorno e ci offrì del tè caldo.
<< La ringrazio, ma ho già fatto colazione questa mattina >> declinai l’offerta.
Holmes invece accettò stranamente la tazza che gli veniva servita, ma non l’avvicino neanche alla bocca incominciando subito a tempestare il padrone di casa di domande. Iniziarono a disquisire di minerali, sostanze e reazioni chimiche, di piante velenose, di disfunzioni anatomiche. E come mi aveva detto, fu conoscendo il signore che capii il perché dell’eccitazione di Holmes: Chunnel aveva dedicato la sua vita alla scienza, vi riponeva ogni speranza e vi nutriva un’infinita fiducia. Proprio come Holmes. Ora che aveva avuto l’occasione di poter visitare tale luminare, non aveva voluto perdere tempo, anzi si era voluto anticipare evidentemente per carpire qualche conoscenza prima dello svolgimento della celebrazione per cui eravamo stati invitati.
Era un piacere ascoltarli disquisire di tali e tanti ambiti con così grande esperienza che non osai interromperli, anzi ne rimasi affascinato come un allievo di fronte alle sagge parole del maestro. Parlava con un linguaggio accurato e puntuale che riuscivo a seguire grazie alla mia formazione in medicina anche se le mie conoscenze non erano così approfondite al di fuori del necessario per svolgere la mia professione, snocciolando molte e precise informazioni che denotavano non soltanto una memoria ed un ingegno notevole, ma erano anche prova dei lunghi e numerosi studi che doveva aver intrapreso.
<< E’ raro trovare una persona non solo interessata ma così preparata in ambito chimico, signor Holmes. >> lo elogiò il signor Chunnel. Holmes non era solito compiacersi dei complimenti, ma dal luccichio del suo sguardo notai che questo riconoscimento gli faceva particolarmente piacere. << Ma noto che dovrebbe applicarsi di più in anatomia. >> Holmes incassò la critica ma non di buon grado come la lode.
<< Ritengo, signore, di possedere tutte le conoscenze in materia necessarie per svolgere la mia professione, e che altre occuperebbero solo spazio inutilmente. >> Questa era la sua teoria riguardo alle conoscenze. << Ma le sarei davvero grato se riuscisse a farmi cambiare idea in proposito. >>
<< Sarò lieto di provarci, allora. Potrei iniziare col mostrarvi gli studi e i laboratori della casa. >>
Ci fece strada fuori dalla stanza e lungo il corridoio che avevamo imboccato dall’ingresso, per raggiungere il piano superiore. Sembrava che la casa fosse deserta, perché non incontrammo nessuno lungo il cammino e le lampade soffuse lasciavano l’androne in penombra, anche se ci eravamo imbattuti prima in quella domestica. Immaginai che ai domestici fosse riservata un’altra ala dell’edificio.
Salendo la scala Holmes mi si accostò e mi sussurrò all’orecchio: << Questa visita è stata più fruttuosa di molte ore passate a vagliare enciclopedie. >> Ero contento che per una volta potesse svagarsi dedicandosi a qualcosa di altro rispetto a omicidi, rapimenti ed enigmi.
Sul corridoio del piano superiore si affacciavano cinque stanze, prima che la corsia svoltasse verso sinistra. Ci venne aperta la prima a destra, ed entrammo in una lussuosa biblioteca. Al centro una grande scrivania a zampa di leone e coperta di pelle rossa, la stessa con cui era foderata la sedia. Ai lati erano disposti due divanetti, anch’essi con le zampe di leone e la pelle porpora, e tutt’intorno le pareti della sala erano occupate da librerie colme di libri, alcuni dei quali sembravano molto antichi. Il signor Chunnel ci faceva da guida indicandoci le varie sezioni della collezione e gli ambiti sotto i quali erano raccolti i libri, citando molti titoli che avevo sentito e consigliandoci molte letture di autori stranieri relativamente sconosciuti. Potevo riconoscere alcuni dei testi di anatomia e biologia su cui avevo studiato all’università, che mi fecero riaffiorare molti cari ricordi e la voglia di tornare a sfogliarli. Poi venimmo condotti, attraverso la porta interna che univa le due stanze proprio accanto alla libreria all’estrema sinistra, al salone successivo, che era stato adibito a vero e proprio laboratorio di sperimentazione. Su un lato si trovava un ampio lavabo e un cassettone dove erano riposti dei guanti e degli occhiali; al centro della stanza era posato un ampio piano liscio coperto da provette, storte, alambicchi, recipienti, vetrini, due bunsen e vari contenitori di elementi chimici e soluzioni sparsi; nel lato opposto al lavabo, lo stesso muro dove era collocato l’accesso dal corridoio, era posizionata un’enorme vetrina contenente le cose più strabilianti che avessi mai visto: vasetti contenenti organi umani ed animali in perfetto stato di conservazione grazie alla salamoia, come cuore, reni e fegato, e parti anatomiche disidratate ed imbalsamate, tra cui un ala di uccello, e numerose ossa di varie forme e dimensioni, tra cui spiccava il cranio equino. Vi si trovavano anche molti minerali, polveri, radici, foglie e strumenti per saggi e tamponi, ma, sarà per la mia professione sarà per un certo gusto del macabro, furono i primi a catturare la mia attenzione e quella di Holmes, e mi ritrovai incantato ad osservare quel perfetto museo domestico.
<< Riconosco che forse non ho tutte le conoscenze e ci sarebbe qualcos’altro di interessante da esplorare...>> sussurrò Holmes, più a se stesso che a noi.
Avremmo continuato il sopralluogo spostandoci alla stanza successiva se non fossimo stati interrotti. Una sottile figura femminile si affacciò alla porta, vestita in una lunga veste chiara semplice ma non povera, con i lunghi capelli neri ricci che le ricadevano sulle spalle e le incorniciavano il viso. Questo doveva essere stato abbronzato, ma appariva innaturalmente pallido e solcato da due profonde occhiaie che la signora aveva invano tentato di coprire col trucco. I suoi movimenti erano delicati ed armoniosi, ma sembravano calcolati ed incerti. Tutto in lei dava idea di fragilità e timore. Temetti fosse stata la vista di due ospiti inaspettati a turbarla, e mi preparavo a dare spiegazione, ma fu lei la prima a presentarsi dando prova di essere a conoscenza dell’invito del marito.
<< Buongiorno, signori. Danielle Chunnel, signori. Lei deve essere il signor Holmes, ho sentito parlare di lei, molto piacere. >> Era di modi gentili, ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione, come se stesse cercando di trattenersi, come se non fosse felice della nostra visita.
<< Lui è il mio amico dottor Watson >> mi presentò Holmes.
La signora si inchinò in segno di saluto.
<< Sono venuta ad avvisarvi che il pranzo è pronto, vi pregherei di scendere in sala da pranzo prima che si raffreddi. >>
Lasciò la stanza e la seguimmo al piano di sotto. Erano tutti molto gentili, ma qualcosa non andava: perché erano tutti così rigidi? La signora Chunnel non si era vista per tutta la mattina, non ci era stata presentata al nostro arrivo, non aveva degnato di uno sguardo il marito ne gli aveva rivolto una parola per avvisarlo del pranzo. Probabilmente non erano soliti dimostrarsi molto affetto in pubblico, pensai, e non vi diedi peso. Ma le dinamiche mi furono molto più chiare dopo il pranzo.
<< Accomodatevi >> ci intimò il signor Chunnel, << adesso potrò illustrarvi il motivo per cui vi ho chiamati qui oggi, signori. >>
 
Intorno al tavolo si stava già riunendo la famiglia. Da un lato del grande tavolo erano seduti i tre figli accanto ad una sedia ancora vuota, dal lato opposto c’erano le due sedie riservate a Holmes e me, mentre il padrone di casa si stava accomodando a capotavola. Anche all’altro vertice del tavolo c’era una sedia, ma nessuno che la occupasse. Ci accomodammo ai nostri posti, Holmes mi fece sedere vicino al signor Chunnel indicandomi la sedia col braccio, forse voleva posizionarsi al centro per controllare meglio la situazione, forse aveva notato qualcosa, perché dall’entrata in scena della moglie del padrone la sua gaia aria spensierata si era spenta nella solita espressione pensosa e impenetrabile. L’anziana domestica entrò spingendo il carrello del pranzo, e la signora Chunnel prese i vassoi ed iniziò a disporli davanti ai convitati. Anche la domestica fece per prendere dei vassoi, ma la signora la fermò.
<< Accomodati pure, mamma, ci penso io >> le disse con affetto.
L’anziana signora si accomodò  così ad una estremità del tavolo, e scoprimmo i vassoi del pranzo quando anche la padrona si fu seduta accanto ai figli.
Tutti facevano finta di niente, ma mi sentivo estremamente a disagio. Ecco perché non avevamo notato domestici o camerieri nella casa, nonostante si preparasse un pasto per degli ospiti: perché non ce ne erano. La stessa signora e sua madre avevano preparato il tutto, e mi sembrava una cosa così inspiegabile che nella residenza così suntuosa di una ricca famiglia non ci fossero servitori ma fossero le stesse padrone di casa a svolgere i lavori domestici. Non perché credevo che le signore non dovessero sporcarsi le mani di tanto in tanto, ma perché non capivo come due signore potessero occuparsi di un tale grande maniero e perché, non avendo problemi finanziari apparentemente.
Nonostante la stranezza che avevo notato – e sentivo che anche Holmes stava all’erta – il pranzo iniziò tranquillamente. Il signor Chunnel ci presentò i suoi tre figli. Il maggiore, Marcus jr. era alto e robusto, aveva un volto spigolo e deciso, e in generale sembrava una foto del padre da giovane. Ci sorrise giovialmente e si definì onorato di ospitare sotto il suo tetto il più celebre detective europeo. Il secondogenito, Roman, aveva invece ereditato i lineamenti della madre, più tenui e longilinei, anche se il naso ricurvo era un pegno del padre, e le folte sopracciglia scure nella fronte aggrottata gettavano un’ombra scura sul suo volto. Le stoffe ricercate dei vestiti, gli abbinamenti nei colori delle sete, i merletti della camicia increspata, gli conferivano un’aria da dandy, ma apparve riservato, taciturno e schivo. La più giovane era la figlia, una splendida fanciulla che aveva preso in prestito dalla madre la bellezza e la leggidria, ma il volto determinato, le labbra accese, il trucco scuro, smorzavano la sua finezza e le davano una venatura spiacevolmente volgare. Si mostrò aperta e senza peli sulla lingua, ironizzando sui nostri orologi in anticipo che ci avevano fatto arrivare due ore prima dell’appuntamento prefissato. A quel punto il signor Chunnel ci illustrò il motivo per cui aveva richiesto l’attenzione del signor Holmes.
<< Sono in procinto di stabilire a chi affidare la mia eredità, i miei possedimenti e le mie ricchezze, dopo la mia morte. Non ritengo giusto dividere equamente i miei beni tra i miei tre figli, perché ritengo che solo i più meritevoli debbano avere la meglio. Come in natura gli animali più deboli sono sopraffatti dai più potenti, solo chi si dimostrerà degno tra i miei figli di ricevere la mia eredità potrà guadagnarla. Un metodo perfettamente scientifico e razionale, non le pare, signor Holmes? >>
Holmes accennò un sorriso, ma gli leggevo negli occhi che era contrariato. La signora Chunnel aveva gli occhi bassi fissi sul piatto.
<< Così ho indetto una prova, una gara, una sfida. Questa prevede tre domande, con le quali proverò la conoscenza della storia della nostra famiglia e le capacità di amministrazione finanziaria dei miei discendenti. L’ho invitato qui, signor Holmes, per supervisionare il gioco e conferirgli una validità scientifica, prima di rendere ufficiale la stesura del testamento presso chi ne compete. Vedrà che le domande non la lasceranno insoddisfatta, signore, e spero neanche le risposte, potrà pure cercare per se una risposta alle domande se vuole. >>
Holmes pareva incuriosito, ma sospettoso e cauto. E d’altronde c’era motivo per destare qualche dubbio: non solo il signore non aveva considerato l’anziana suocera, ma non aveva nemmeno citato la moglie, facendo intendere che non avrebbe avuto parte nell’eredità. Forse i beni erano già stati divisi al momento del matrimonio, ma lo stesso silenzio e l’aria affranta della signora, così come tutti i silenzi e i non detti, erano ambigui. Non avrei mai voluto impicciarmi in delicate decisioni e vicende familiari, ma eravamo stati invitati e non potevamo tirarci indietro.
Il tavolo fu sparecchiato alla fine del pasto dalle due signore così come avevano apparecchiato, e, accendendo un sigaro ed offrendone uno a Holmes e me, il signor Chunnel distribuì tre fogli e pennini, uno per ogni figlio. Poi stese un altro foglio scritto davanti a se.
<< Che il gioco abbia inizio! >> annunciò.
Il signor Chunnel fece le sue domande, che come comprenderete non posso qui riportare, perché riguardano nel dettaglio specifiche sui possedimenti e i tesori in possesso alla famiglia e intrighi dinastici temo poco legali, e, vedendo che prendevo appunti, mi è stato espressamente chiesto di non rendere pubblici simili dettagli scomodi. Ma posso dirvi che Sherlock Holmes, la qui riservatezza non era in discussione, parve particolarmente colpito dalla terza ed ultima domanda, che chiedeva quale fosse stato il motivo della tragica morte di un antenato, che non posso precisare, e da quali evidenze fisiologiche fu possibile risalire alla causa della morte e all’assassino, che non posso precisare. Mi prendo la libertà di raccontare, per soddisfare almeno in parte l’interesse del lettore, che la morte avvenne per soffocamento e il cadavere fu trovato impiccato, anche se fu provato che non si era suicidato bensì era stato strangolato dai segni di colluttazione quali della pelle strappata e del sangue dell’assassino sotto le unghie della vittima.
Le macabre e oscure domande non avevano fatto che appesantire l’atmosfera, ma avevano messo in luce ulteriori aspetti del carattere dei figli. Il maggiore sembrava più un tipo fisico che mentale, e ruggiva con rabbia ad ogni sua risposta errata, per risentimento ed umiliazione. Deve esser certo stato difficile accettare il risultato: essendo il primogenito si sentiva ancora più in diritto degli altri di pretendere l’eredità. Il secondo fratello rispose ad ogni domanda con distacco e tranquillità, aspetti che celavano in realtà un carattere emotivo e nervoso. Non mi sfuggirono infatti le gocce di sudore che incominciarono ad imperlargli la fronte, e la gamba destra che scattava ad ogni fallimento. La sorella minore invece rispondeva di getto e con grintosa fermezza, fin troppo superba e sicura, ma ebbe ragione e conquistò l’eredità, compiacendosene senza riserbo. Se il padre fosse o meno soddisfatto dell’esito non so dirlo, non aveva mostrato particolari gesti amorevoli nei confronti dei figli, ma mi parve che si aspettasse il fallimento dei figli maggiori perché lo colsi a oscillare la testa inavvertitamente, come rassegnato.
<< Abbiamo la nostra vincitrice! >>
Così pose termine alla bizzarra gara, ma il suo sorriso aveva un sapore agrodolce. Ovviamente Sherlock Holmes aveva idee molto più chiare di me e opinioni molto più fondate, e sapevo che quando rimaneva in silenzio a riflettere c’era qualcosa da aspettarsi. L’esodo può sembrare banale e scontato, ma non riuscimmo comunque a impedirlo, ne, da parte mia, a prevederlo, perché non ci si aspettano mai tali gesti scellerati da parte di individui civili. Ma ogni cosa a suo tempo.
Per festeggiare la giovane, venne aperta una bottiglia di vino d’annata, e venne servito ai presenti. Ognuno raccolse il proprio calice dal tavolo, mentre la signora Chunnel passava a riempire i bicchieri. E successe ancora qualcosa di strano. I fratelli sconfitti sembravano almeno esteriormente accettare di buon grado la cosa e congratularsi con la sorella, che mal conteneva risate sguaiate.
<< Brindiamo >> intonò il padrone di casa, << al successo di questa discendenza. >>
<< E alla memoria dei suoi capostipiti >> gli fece eco Holmes.
La signora Chunnel stava per versare il vino nel calice della vecchia madre, quando lo stretto sorriso nel volto del signore si spense e si strinse in un ghigno.
<< No, non a lei... >>
Ancora una volta, non capivo cosa stesse succedendo, ma l’atmosfera era cambiata. Il braccio della donna si era fermato, congelato dall’indecisione di cosa fare, e dallo sguardo si vedeva che stava bruciando dentro.
<< Versa pure, madre, riempilo fino all’orlo! >> esortò la figlia, frapponendosi tra i genitori con risoluzione e aria di sfida, << Questa è la mia festa, e le cose stanno per cambiare. Per sempre. >>
La signora procedette, e bevemmo tutti, ma credo che nessuno gustò quel dolce nettare, perché l’atmosfera era diventata così tesa da sentirmi a disagio.
<< Con permesso...>> la signora e sua madre portarono fuori i bicchieri usati e il carrello, e anche i figli si ritirarono velocemente nelle loro stanze tornando alle loro occupazioni. Rimanemmo col solo scienziato, che non sembrava molto dell’umore adatto per riprendere gli ammalianti racconti e le affascinanti lezioni della mattina.
<< E’ pomeriggio inoltrato, e anche noi dobbiamo rientrare se vogliamo sperare che la signora Hudson non ci lasci andare a letto senza cena. >> disse Sherlock Holmes, << La ringrazio per la splendida visita, l’ottimo pranzo e l’interessante spettacolo che ci avete offerto, signore, ma non possiamo disturbarla più a lungo. >>
Con una stretta di mano ci apprestavamo a lasciare la stanza, ma un tragico evento inatteso ci bloccò. Un rapido fruscio aveva allertato i miei sensi, quando con un sonoro botto la finestra dietro le spalle del signor Chunnel andò in frantumi. Riuscii solo ad intravedere una lieve figura nera svanire nell’oscurità del crepuscolo, quando la mia attenzione fu riportata all’interno della casa. Il signor Chunnel non si era neppure voltato verso la vetrata, era sbiancato di colpo e, nonostante cercasse con estrema forza e contegno di tenersi in piedi, le gambe non lo ressero e cadde a terra.
Ero paralizzato dalla rapida successione, ma Holmes era subito scattato in avanti per sorreggere il nostro amico, alternando lo sguardo dal suo volto cereo al paesaggio al di fuori del vetro. Raccogliendo tutta la forza dei miei nervi, raggiunsi Chunnel, e lo trovai con gli occhi sbarrati, rantolante con la bocca spalancata che cercava inutilmente di inspirare ossigeno. Holmes gli sorreggeva la testa, ed estrasse subito dalla tasca del cappotto la fiaschetta di brandy. Provai ad ascoltare il battito del nostro ospite, ma a stento riuscii ad avvertire quella debole ed irregolare pulsione. Inutilmente Holmes tentava di versargli l’alcolico in bocca: aveva la gola serrata e il liquido ricadeva fuori peggiorando il rantolo. Non avvertivo più il polso, così inizia a praticare il massaggio cardiaco spingendo con tutte le mie forze verso lo sterno, ma quando stavo per appoggiare le mie labbra sulla bocca aperta per effettuare la respirazione artificiale Holmes mi fermò.
<< Non ci pensi neanche, dottore, se non vuole fare la stessa fine. >>
Se avessi avuto i miei strumenti a portata di mano avrei potuto applicare una piccola incisione sulla gola, ma prima che riuscissi a pensare anche l’affanno era cessato, e la testa si era rivoltata all’indietro esangue. Il robusto corpo del signor Chunnel giaceva al suolo senza vita.
<< Mai vista una morte più veloce e penosa... >>
Dovevo convenire con Holmes nonostante la mia lunga esperienza di medico, la morte era giunta così repentina che non avevamo potuto fare nulla. Ma cosa aveva potuto provocarla? Un malore, una piccola arma che si era insinuata in qualche anfratto...
Holmes era subito partito all’indagine, profondamente turbato. Aveva un viso pallido come poche volte l’avevo visto, gli occhi stretti in fiamme, temetti che stesse per svenire anche lui.
<< Holmes...>>
<< Eravamo qui! >> sbottò sbattendo un pugno contro il camino, << Eravamo qui e non siamo stati in grado di far niente per fermare questo scempio! Ero qui e non ho capito cosa stava per succedere! >>
Non lo avevo visto mai così sconvolto, tutto il suo corpo era scosso da tremori, ma non si fermò un secondo. Accorse subito alla finestra per controllare fuori aprendo l’anta col vetro rotto e sporgendosi fuori fino a toccare il terreno morbido per l’umidità con le lunghe braccia, e verificando tracce davanti, dai lati e addirittura verso l’alto. Poi, appurato che non era rimasto nessuno, ispezionò accuratamente l’intelaiatura della finestra e il vetro infranto, ricorrendo anche alla sua lente per osservare meglio le schegge cadute all’interno.
<< Chiami la polizia, svelto, chiami Scotland Yard! >>
Stavo stringendo ancora quel corpo, quell’uomo che fino a pochi istanti prima era così vigoroso e in salute, ma fui costretto a riscuotermi e ad uscire dalla stanza.
L’androne era sempre buio, così a tentoni cercai di raggiungere le maniglie delle porte che vi si affacciavano, ma le trovai tutte chiuse a chiave. Solo alla fine del corridoio intravidi il cordone di un campanello, e lo suonai anche con troppo vigore, ma tardava ad arrivare risposta. Era certo una grande abitazione, ma non pensavo che le stanze dei suoi abitanti fossero così lontane. Solo dopo qualche minuto apparve la figura della signora Chunnel in cima alle scale.
<< Suo marito... venga...>>
La presi sotto braccio e tentai di sorreggerla tornando nella sala da pranzo, probabilmente si era già prefigurata il peggio, e non so se il suo viso pallido perse ancora colore, ma dovetti stringerla con forza per non farla vacillare. In pochi minuti accorsero anche gli altri familiari, e allora chiesi dove potevo telegrafare urgentemente alla polizia. Spero di aver composto un richiamo sensato, ma ero così sbattuto che a stento mi rendevo conto di cosa stavo facendo. Comunque a breve venimmo raggiunti da un affannato Lestrade e da un paio di guardie. Questo rimase sorpreso nel trovare già Sherlock Holmes nella scena del delitto, adducendo poteri di ubiquità alle sue altre notevoli capacità. Holmes lasciò a me il compito di raccontare quello che avevamo visto, essendo per la prima volto gli unici testimoni, mentre continuava ad ispezionare il corpo, muovendolo il meno possibile.
<< Stavamo congedando il signor Chunnel >> spiegai, << quando d’improvviso la finestra si è infranta. >>
<< Un colpo dall’esterno? >> mi chiese l’ispettore.
<< Sì, immagino, ho potuto scorgere il contorno di una figura al di fuori della finestra. >>
<< Un uomo o una donna? >>
<< Difficile dirlo, sta scendendo la notte e il fuoco del camino gettava un fastidio riflesso sul vetro, ma posso affermare con sicurezza che era sottile e veloce, anche se di consistente statura. >>

<< E i frammenti di vetro hanno colpito il signor Chunnel, ferendolo? >>
<< Non posso dirlo, era certamente più vicino alla finestra di noi, ma io non sono stato raggiunto da nulla. >>
<< Ci sono dei resti di vetro sui vestiti, >> intervenne Holmes, << ma nessuno ha potuto lacerare la stoffa, quindi dubito possano aver inferto un colpo tanto letale. >>
<< Nient’altro? >>
<< Credo di aver avvertito un fruscio, prima che la finestra si rompesse, come di sfregamento, ma non sono sicuro, poteva benissimo venire da stoffe all’interno della stanza. >>
<< C’è stato, questo è sicuro. >> Holmes convalidò la mia testimonianza senza distogliersi dalla sua analisi.
<< Bene, potrebbe essere un particolare rilevanti quando irrisorio. Prego, continui. >>
<< Il signor Chunnel ha perso le forze, cadendo al suolo, non poteva respirare e i tentativi di me e il mio amico di rianimarlo sono stati vani. >>
L’ispettore Lestrade fece cenno ai suoi uomini di ispezionare il corpo, da cui Holmes si era appena allontanato.
<< L’aggressore potrebbe aver lanciato qualcosa che ha fatto infrangere il vetro e ha colpito a morte la povera vittima. >>
<< Non c’è traccia di ferita. >> rispose Holmes prima che gli agenti potessero intervenire.
<< Non c’è traccia di ferita evidente, potrebbe essere stata lanciata una piccola scheggia che ha iniettato del veleno nel corpo della vittima. E’ già successo, ricorda...>>
<< Sì, sì, il segno dei quattro, ricordo. >> lo interruppe Holmes, << Credo in effetti che il veleno sia la causa più probabile. >>
<< Bene, allora, signor Holmes, se vuole accompagnarmi nelle indagini possiamo perlustrare il terreno fuori in cerca di impronte, come è solito fare. >>
<< Lascio campo libero alla polizia ufficiale questa volta, sono troppo coinvolto questa volta. >>
<< Se ne va già? >>
<< Ho visto più del necessario. Arrivederci, signori, condoglianze per il vostro lutto. >>
Lasciammo la casa, salimmo nella carrozza che era stata fatta chiamare e demmo istruzioni al vetturino. Al sicuro nella carrozza volevo esternare le mie perplessità con Sherlock Holmes, ma non me ne diede modo, infatti dopo poche centinaia di metri fece fermare la carrozza, con mia grande sorpresa. Aprì lo sportello e vidi che ci trovavamo davanti ad una squallida osteria.
<< La mia attività fuori casa non si è ancora conclusa per oggi, caro Watson, >> mi disse scendendo, << ma non posso rubarle altro tempo ed energie, e d’altronde due sconosciuti gentiluomini ficcanaso sarebbero troppo sospetti per una sola locanda. >>
Tornato a Baker Street con queste premesse è facile comprendere come non riuscì per un secondo a concentrarmi sul mio trattato di chirurgia ne sulla stesura dei vecchi exploit del mio amico. Il mio pensiero tornava a quella gradevole mattina culminata in quell’orribile tragedia, tutta puntellata di strani segnali e indizi che dovevano aver acceso il fiuto del mio amico, ma, per quanto mi spremessi le meningi, non riuscivo a cavare un ragno da un buco. L’unica cosa che riuscii bene a fare fu percorrere avanti e indietro con agitazione il tappeto davanti al camino scoppiettante.
Fu poco prima di mezzanotte che, sentendo un sonoro scalpitio proveniente dalla strada, mi ridestai dal torpore che mi aveva colpito sulla poltrona, dove avevo deciso di attendere sveglio il ritorno di Sherlock Holmes. Dalla finestra lo vidi chiudere lentamente lo sportello della carrozza. Si avvicinò alla porta con l’aria afflitta di un uomo sconfitto, che si portò dietro entrando nel nostro soggiorno. Si gettò sulla sua poltrona, stremato e bianco come uno spettro. Socchiuse gli occhi ed emise un lungo sospiro.
<< Potrà ben ricordare questo evento nei suoi racconti, amico Watson, come il peggior fallimento di questo non poi così grande detective. >>
<< Ma Holmes! Non dica così! >>
<< E’ vero, caro amico. Il mio talento nel riconoscere gli indizi più nascosti è proporzionale alla mia incapacità di accorgermi di quello che mi sta accadendo sotto gli occhi. >>
Non lo avevo mai visto così abbattuto, una tristezza che andava oltre quella per un fallimento. I casi che aveva risolto con successo, le vite che aveva salvato erano notevolmente superiori ai suoi insuccessi, ma questi pesavano più di ogni riconoscimento sulla sua coscienza. E’ nella natura umana confidare sempre nel buon senso degli altri individui. Avrei voluto confortarlo, appoggiargli una mano sulla spalla, ma preferii lasciargli il suo spazio per riprendersi.

Bussarono alla porta.
<< E’ l’ultimo giornale della sera. >> spiegò Holmes, << Grazie, signora Hudson. Ecco il breve trafiletto che hanno dedicato alla vicenda, senza tralasciare di mettere in risalto i particolari importanti, ovviamente. >>
Mi passò il giornale indicandomi le poche righe che dovevano essere state aggiunte già in fase di stampa.
 
Delitto in casa Chunnel (diceva). Il rinomato e pluripremiato luminare dottor Marcus Chunnel è deceduto questa sera in seguito ad una aggressione nella sua villa, quando sfondando una finestra l’assassino ha colpito a morte il padrone di casa, usando del veleno secondo l’affidabile opinione dell’ispettore Lestrade di Scotland Yard. Nonostante il famoso detective privato si trovasse nella scena del delitto al momento del crimine non è riuscito ne a impedirlo ne ad identificare il colpevole.

 
Sherlock Holmes aveva acceso la sua pipa e piano piano si stava riprendendo.
<< Crede davvero che sia andata come riporta il giornale? >> cercai di distoglierlo dai proprio pensieri.
<< E’ tutto giusto. La finestra è stata sfondata. Qualcuno era fuori dall’abitazione. La causa del decesso è stata certamente avvelenamento. Ma allo stesso modo è tutto sbagliato. E’ assurda l’idea che qualcuno di estraneo alla casa venga a compiere un atto così scellerato proprio quando sono presenti degli ospiti, potenziali testimoni e ostacoli aggiuntivi, soprattutto quando ci sono già così numerosi possibili colpevoli tra le mura domestiche. >>
Fece una pausa, poi riprese a parlare senza che dovessi incalzarlo. Evidentemente aveva bisogno di sfogarsi.
<< Sono stato in quell’osteria, conosce bene i miei metodi, per apprendere delle informazioni. Ma ne ho ricavate fin troppe. Ho scoperto dal locandiere che la residenza non è stata realizzata dalla famiglia Chunnel, bensì dalla famiglia Cheatish, proprio il cognome da nubile della signora Mary Chunnel. Sa quanto un uomo può diventare loquace sotto l’effetto dell’alcol, e proprio in virtù di ciò ho scoperto che lo stesso Marcus Chunnel soleva andare in quella stessa locanda, l’unica entro tre isolati, a svuotarsi la coscienza e a lavare i panni sporchi della propria famiglia in pubblico. Sembra che la dinastia Chunnel, la  cui memoria lo stesso signor Chunnel cerca così arditamente di celebrare, lo avesse disconosciuto quando si innamorò della graziosa Danielle Cheatish, ultima discendente della famiglia Cheatish, rivale in affari. E’ ovvio che non abbia mai sentito questo nome tra i più grandi finanzieri, perché la fortuna gli si riversò presto contro. La allora giovane Danielle Cheatish era totalmente succube degli intrighi di potere, e benché forse avesse sviluppato un certo affetto nei confronti dello sfortunato compagno, cercò di sedurlo e sposarlo solo per ragioni economiche, quali privare la più potente famiglia locale del più giovane e intraprendente erede ribelle. Speravano che venisse diseredato, così alla morte dell’anziano padre le ricchezze sarebbero passati in mano a qualche lontano parente o allo stato, togliendo di mezzo un fastidioso rivale in affari. Ma la morte raggiunse prima il capostipite dei Cheatish, e l’inesperta figlia e l’arrogante madre si imbarcarono in una serie di inavvedute e frettolose speculazioni, per non mostrare segni di cedimento, che le portarono presto alla rovina. La situazione venne allora presa in mano dal signor Chunnel che, venuto a conoscenza dell’intrigo che era stato ordito ai suoi danni, facilmente riuscì a riappacificarsi con la famiglia e a prendere possesso degli esigui fondi rimasti alla moglie, rinominando la residenza a suo nome e riducendo la donna e l’anziana madre quasi in uno stato di schiavitù. Era divenuto un tiranno, e i domestici che già mal sopportavano l’arroganza del padrone vennero totalmente sostituiti dalle due donne, a cui erano affidati tutti i lavori di casa. Anche per i figli la situazione non era facile: mai un gesto d’amore nei loro confronti, trattati sempre con freddezza e rigidità, non potevano permettersi un errore, perché erano già troppo colpevoli di avere nelle vene il sangue nemico. Come ho appurato mentre ci allontanavamo dalla casa, le luci rimaste accese nella casa erano tutte localizzate nell’ala della casa più lontana dalle stanze del signor Chunnel, perché i suoi stessi familiari volevano tenere quanto più possibile le distanze. Essendo così complessa la situazione familiare, come mi si era già palesato questa mattina quando ho notato la freddezza e l’aggressività che intercorreva tra marito, moglie e figli, non è difficile immaginarsi un motivo per eliminare un tale fardello. Il problema è proprio questo, ho troppi moventi, ma nessuna idea riguardo a come possa essersi svolto il delitto. La signora Chunnel e madre avrebbero avuto modo di riscattarsi dalle angherie subite e riscattare la propria condizione, i figli non ereditanti oltre all’odio verso il padre avevano questo ulteriore torto di cui vendicarsi, mentre la figlia è quella con motivazioni ancora più concrete, visto che avrebbe così ereditato tutto il denaro del padre. Quando è uscito a telegrafare al commissariato, ho subito chiesto ai presenti se avessero visto o sentito qualcosa, sperando di prendere in fallo l’eventuale colpevole in un momento così concitato, ma, se pur nel cordoglio, sono stati subito tutti chiari nel non aver sentito nulla, e di essersi allontanati tutti insieme nell’ala del palazzo con le loro stanze, senza aver avvertito nulla prima del suo segnale, Watson. In ogni caso, il delitto non può essere stato improvviso come lascerebbe intendere la vicenda della finestra infranta, no, è stato certamente premeditato. E quelle strane impronte...>>
Sì era già confidato fin troppo, segno che non riusciva più a contenere dentro di se quei pensieri pungenti.
<< Il giornale ha ragione. Questa volta il grande Sherlock Holmes non riuscirà a risolvere il mistero. >>
<< Non deve dare troppo credito alla stampa, come ben sa è un ottimo per veicolare qualsiasi informazione faccia comodo. >>
Holmes aprì gli occhi, che aveva tenuto socchiusi per tutto quel tempo, e li vidi brillare di quella scintilla che anticipava tutti i suoi exploit più ispirati.
<< Ha proprio ragione, sa, e mi ha suggerito un’idea suggestiva... Ma faremo meglio a dormirci su almeno qualche ora, se domattina vogliamo essere freschi per quando torneremo a far visita alla residenza Chunnel.>>
Sapevo perfettamente che, a dispetto delle sue parole, non avrebbe chiuso occhio quella notte. Lo avvertivo pensare, sentivo i suoi passi ritmati lungo il pavimento, e lo sentivo battere a macchina, probabilmente il telegramma che avrebbe avvertito del nostro ritorno l’indomani. Neanche io dormii bene quella notte, ma ero fiducioso che mi sarei sentito meglio alla risoluzione del caso.
Mi svegliai di buon ora, ma comunque trovai Sherlock Holmes già sveglio e pronto, senza aver toccato la sua colazione. Non sia mai che sprechi energia in processi digestivi. Non volendo farlo aspettare, trangugiai in fretta le mie uova con pancetta, e bevvi il caffè d’un fiato, sapendo che mi sarebbe rimasto tutto sullo stomaco, e in dieci minuti eravamo in carrozza, spediti verso Private Lane. Holmes era tornato attivo come al solito, anche se riuscivo ancora a cogliere una vena malinconica in quei suoi occhi scuri. Calcolatore, rimase concentrato per tutto il viaggio.
<< Prima di entrare ufficialmente, >> mi disse mentre imboccavamo il vialetto, << vorrei dare un’ultima occhiata al giardino, senza insospettire occhi indiscreti. >>
Deviammo così verso il lato destro della casa, dove si affacciava il soggiorno. Avevo visto Holmes gattonare, anche sdraiarsi a terra per analizzare tracce e impronte, invece questa volta teneva il viso rivolto verso l’alto, come scrutasse il cielo. Neanche feci in tempo a svoltare l’angolo che tornò indietro.
<< Perfetto, apposto. >>
Bussammo al portone e ad aprirci fu di nuovo l’anziana signora Cheapish, che questa volta ci accolse più cordialmente in casa, ma non potevo fare a meno di guardare tutti con occhi differenti questa volta.
<< Sono tornato a disturbarvi, >> disse Holmes alla signora Chunnel, << perché per prima cosa dovrei analizzare le stanze al piano superiore, così da non tralasciare eventuali indizi significativi. >>
La signora sembrò sospettosa, ma ci fece salire senza problemi al secondo piano. Tornammo così nelle stanze che ci erano state fatte visitare il giorno precedente. Entrammo quindi per prima nella biblioteca. Mi sembrava tutto come lo avevamo lasciato il giorno precedente, e mi sembrò logico che nessuno fosse tornato nello studio privato del defunto, ma Holmes sembrava di altro avviso. Andò diretto alla scrivania ricoperta di pelle amaranto e si inginocchiò per osservarne le gambe leonine. Non contento, si sdraiò completamente al suolo, allungando il braccio sinistro e assumendo una posizione perfettamente rettilinea. La famiglia Chunnel dovette rimanere basita da un comportamento così bizzarro, ma io invece mi sentivo sollevato ora che aveva ripreso con le sue solite stranezze. Con un balzò fu subito in piedi, e si spostò verso la finestra. Girò il pomello guardandone il bordo, ma non ebbe bisogno neanche di aprirla completamente per ritenersi soddisfatto.
<< Eccellente, procediamo. >>
Per primo entrò nel laboratorio adiacente, e si fiondò alla vetrina e ispezionò gli scaffali scorrendoli col dito indice. Poi con la lente diede una rapida occhiata alla serratura.
<< Ottimo, ho finito qui, possiamo tornare al piano di sotto. Anche i suoi figli sono in casa? Bene, la prego di chiamare tutti a raccolta in soggiorno, Lestrade sarà già in viaggio. >>
Ci riunimmo tutti come ci era stato indicato, pochi minuti dopo il campanello della porta ci avvisò dell’arrivo dell’ispettore, che ci raggiunse in salotto.
<< Ah, bene, vedo che ha portato più agenti della scorsa volta, come le avevo suggerito. >>
Questa volta era infatti accompagnato da cinque poliziotti ben piazzati. Forse Holmes vedeva un qualche pericolo, ma non mi aveva chiesto di portare la mia postola, quindi mi tranquillizzai.
<< Siamo qui riuniti >> intonò il mio amico, << per far luce sulle misteriose circostanze che hanno portato alla morte del signor Chunnel. E’ stato un compito arduo ed inatteso, e mi assumo le mie colpe per non aver dato il giusto peso ai numerosi indizi che mi si ponevano di fronte, ma spero di riuscire a recuperare adesso in parte. Prima di tutto, vorrei sentire le conclusioni alle quali è arrivato, ispettore. >>
<< Abbiamo accuratamente ispezionato l’area circostante. I vicini non hanno notato nessun passante sospetto, ma nonostante questa sia una zona tranquilla a quell’ora è normale che qualche operaio o impiegato stia rincasando dal lavoro e quindi si trovi per strada. Strani soggetti abbiamo invece avvistato nell’osteria qui vicino, e crediamo che qualche invidia per il successo del defunto o qualche torto subito in passato possa aver alimentato un odio sfociato grazie al bere e finito in tragedia. >>

<< Sì, anche io ho trovato molto interessante quell’osteria. Ovviamente lei trova probabile che un uomo sbronzo riesca a scagliare la sua ipotetica freccia con precisione attraverso una finestra. >>
L’aria pomposa di Lestrade si smontò a quelle parole.
<< Ma non si preoccupi, anche io ho trovato difficoltà con questo caso. Avevo per le mani troppi elementi, troppi fattori, e non sapevo quali scartare. Solo adesso ho capito che non dovevo scartarne alcuno. Sapevo di certo che l’assassino risiedesse fra queste mura, ma non riuscivo ad identificarlo. Questo perchè, signori miei, siete tutti assassini. >>
A quelle parole la famiglia sussultò.
<< Quale assurda infamia! >> inveì il figlio maggiore.
<< Non crede che siamo già stati vittime di troppi misfatti, senza che lei si metta ad inventare teorie infondate? >> gli fece eco il fratello minore, truce.
<< Sfortunatamente non siete riusciti a cancellare tutte le vostre tracce, e allo stesso tempo non ne avete lasciate a sufficienza. Procediamo con ordine. Tutti voi avevate motivo di provare risentimento nei confronti del signor Chunnel, e avete approfittato della situazione per toglierlo di mezzo. La finestra rotta e l’aggressione dall’esterno, solo una messa in scena. Sul terreno o trovato numerose impronte davanti al vetro, ma sembravano provenire da nessun luogo, essendo concentrate solo in quel punto. L’intruso non poteva di certo esser sceso dal cielo. E invece sì. Sì, perché solo oggi sono riuscito a notare un’infima traccia di terriccio sul muro sotto la finestra del piano superiore, che mi era sfuggita la sera precedente per l’oscurità, occultato com’è dall’intonaco sgretolato. Ma la stavo cercando, come stavo cercando un segno di corda sulla balza della finestra superiore in questione, quella della biblioteca. Ho subito notato che la scrivania si era spostata dalla nostra visita precedente. Impercettibilmente, deve aver ruotato solo di qualche grado sul lato destro, ma quanto basta per farmene accorgere. Era quindi chiaro che, mentre la corda era fissata per precauzione ad una gamba della scrivania, qualcuno di fosse calato dalla finestra, sorretto dai complici all’interno della biblioteca che davano corda. Essendo la figura intravista dal mio amico Watson snella e leggera immagino fosse la signora Chunnel o sua figlia a calarsi. >>
<< Ero io. >> disse la giovane.

<< Ah, bene, quindi lo ammette. >>
<< Ormai che siamo stati scoperti è inutile fingere, ma non me ne pento. Quel tiranno... dietro le sbarre o col cappio al collo saremo comunque più liberi! >>

<< Eccellente, quindi immagino che mentre i suoi fratelli avevano il compito di sorreggerla da sopra, sua madre e sua nonna avessero proceduto al vero omicidio. >>
<< Come? >> fece Lestrade.

<< Sì, perché come ho detto la finestra infranta era solo una messa in scena per distogliere l’attenzione dalla vera causa del decesso. Il veleno. Ma non quello fantomatico contenuto in una punta o in una scheggia. Quello che il signor Chunnel aveva spontaneamente bevuto dal suo calice. Soltanto le due signore, approfittando della loro condizione servile, si trovavano in quella posizione. Nella sua crudeltà, il signor Chunnel ha commesso l’errore di continuare a nutrire qualche fiducia nei vostri confronti. Potendo uscire dalla stanza tra una portata e l’altra del pasto e prima del brindisi senza dare sospetti ulteriori alla strana mancanza di domestici, la signora Cheapish ha potuto raggiungere la vetrina del laboratorio, sottrarre qualche pizzico di polvere venefica dal barattolo che ho trovato girato rispetto a ieri, e metterla nel calice. La signora Chunnel avrebbe completato il lavoro versando il vino per primo nel bicchiere del marito celando il veleno insapore che sarebbe subito entrato in soluzione. Un piano ben congegnato, considerando l’estrema precisione con cui avete calcolato il tempo che avrebbe impiegato il veleno a fare effetto e il perfetto tempismo con cui avete finto un aggressore esterno. >>
<< Avevo studiato i suoi sporchi libri. >> Quella era la prima volta che l’anziana signora parlava, con la sua voce bassa e rauca, colma di odio e disprezzo. << Li conoscevo meglio di quel pezzo di sterco che li aveva scritti. E lo punito con i suoi stessi metodi, con quello che amava. >>

<< Potete continuare ad inveire l’un altro e ad addurre colpe e colpevoli, cari signori, >> disse Holmes, << ma non otterrete altro che rendere la vostra esistenza, che avete già rovinato con le vostre stesse mani, ancora più misera. >>
 
I criminali vennero portati a Scotland Yard, ognuno scortato da una guardia, mentre noi potevamo fare ritorno alla nostra abitazione questa volta finalmente con calma. Holmes sembrava più sereno, ma il ricordo dell’accaduto gli sarebbe rimasto impresso per molto.
<< Non riesco ancora a capire, caro Holmes, >> gli chiesi durante il viaggio, << in quale modo le mie parole possono averle ispirato questa brillante deduzione. >>
<< Elementare. Mi ha fatto ricordare che gli elementi e le informazioni che abbiamo in mano possono essere modificati e usati in modo da trasmettere ciò che ci è più comodo. E cosa può essere di più comodo di un celebre detective e il suo compare che fanno da diretti testimoni ad una aggressione totalmente fasulla? >>
Adesso mi spiegavo perché avessero agito proprio quel giorno, con gli ospiti in casa.
<< La scienza e il ragionamento sono una gran cosa, Watson. Ma questa volta mi hanno deluso. Forse meglio passare più tempo ad osservare un’effimera rosa che avvizzirsi e inasprirsi tra le fredde pagine di un trattato. >>



  
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