Autore: Iria
Titolo: What about Madness? [Fuck U]
Fandom: Beyblade
Personaggi: Kei Hiwatari, Yurij
Ivanov (KeixYurij)
Genere: Introspettivo, Triste, Song-Fic.
Rating:
Arancione
Avvertimenti: Shonen-ai, What if?, One-shot.
Citazione: *Ciò che si semina con disamore, si miete
con danno.* Gorgia.
Introduzione: “Quello era il
tempo in cui non esisteva la sincerità o la franchezza… Certo, nel
nostro caso
non vi fu spazio neanche per le favole o la fantasia, ma eravamo
bambini… Ed i
bambini cosa ne sanno della crudezza effettiva delle cose?”
A quale conclusione possono giungere due menti preda della pazzia?
Note Dell’Autore: Questa one-shot è il mio ennesimo
esperimento. Ho
provato a sviluppare due punti di vista diversi,
cercando di farli apparire più simili possibile, pur mantenendo,
nella loro
follia, tratti caratteristici.
Ho trattato la citazione di Gorgia, intrecciandola con una cover dei
Placebo, Fuck U (Il testo è degli Archive),
che mi è stata di grande aiuto nello scrivere questa storia.
Il disamore che ha portato al danno (ovvero la pazzia) questa coppia è
stato il non rendersi effettivamente conto dei reali sentimenti che
l’uno
provava verso l’altro.
Non era odio, ma vero amore, che le circostanze hanno mascherato fino a
devastare le menti degli stessi interessati.
La narrazione inizia dal
punto di vista
di Yurij Ivanov che si alterna con quello di Kei Hiwatari per tutto il
corso
della shot, fino al breve epilogo, raccontato da un occhio esterno che
appartiene ad un personaggio accennato nella storia.
=).
Inoltre, per facilitare la lettura (grazie
ad un’idea che mi ha dato Chyko), i POV di Yurij cominciano con la
lettera rossa, quelli di Kei con
quella blu!
Spero che la lettura sia di vostro gradimento ^^.
Iria.
-Gorgia-
Mettiamoci comodi, amico mio,
sarà lungo il nostro colloquio.
Sai, Boris non riesce comprendere come noi due riusciamo a comunicare
anche solo stando così, seduti l’uno di fronte all’altro.
Ecco, inizi a guardarmi con quella fredda malizia che brucia il mio povero cuoricino!
…
Bastardo.
So che è lo stesso sguardo con cui mi
spogliavi il culo durante gli
incontri di quel vecchio e fottuto torneo di trottole.
So che è lo stesso sguardo con cui mi auguri i
tormenti peggiori.
E, d’altronde, è anche lo stesso sguardo con cui ancora oggi mi
scopi.
Dio mio, caro, la qualità
espressiva del tuo viso è assurdamente molteplice!
Ma dimmi, piuttosto, dove hai appreso la fine e delicata arte che lo
rende sdegnoso con una tale e odiosa indecenza?
Se solo potessi… Uhm…
Se solo potessi strapparti
quella
maschera che si finge volto umano… Sarei
oltremodo appagato; sì, credo che a quel punto raggiungerei un orgasmo multiplo.
Cosa che, facendo sesso con te, non è mai accaduta… Vero?
Potrei star qui a masturbarmi osservando unicamente il tuo delizioso
visino!
Oh Yurij, tu non puoi minimamente
immaginare tutte le seghe mentali (e non) che giustificano il mio profondo attaccamento nei tuoi
confronti.
Che sia per caso malato?
Bhé, non credo che a questo punto rappresenti un problema: siamo
entrambi pazzi, o sbaglio?
I tuoi occhi riflettono il disgusto che celi da sempre nei miei
confronti.
Pensi, forse, che in tutti questi anni io non abbia mai notato le
smorfie che accompagnano ogni mia singola azione? Credimi, dannato
diavolo, il
tuo viso è un libro schifosamente aperto.
Oh, infatti!
Eccolo il mio sorriso preferito!
Non te ne rendi conto, delizioso
bambino, ma il peccato che nasce
nella tua espressione è la mia ambrosia… Ed io,
tua divinità, la gusto con
calma.
Cosa vorresti fare?
Il sadismo che dipinge il ghigno delle tue labbra è una bestia
conosciuta ai miei sensi: so domarla, so
schernirla, so
umiliarla.
Al primo attacco, ti ritroveresti a quattro zampe, supplicante
e tu non desideri ricoprirti di tale vergogna, giusto?
Davvero, Kei.
Davvero.
Sai bene che, ormai, non sono più così
possessivo nei riguardi di
quest’antico e, ipoteticamente parlando,
insindacabile diritto umano.
L’ho prestato la prima volta.
L’ho ricucito maldestramente la seconda.
L’ho lacerato la terza.
Sì, in fin dei conti ha perso del tutto il suo importante valore…
Dunque, se ne deduce che stavolta dovrei
soffrire meno.
Ma tu sei un dannato stronzo e saresti in grado di far bestemmiare
persino i Santi.
Sai, alle volte, osservando le crepe del soffitto che sovrasta la nostra camera da letto, mi chiedo come
sia possibile la nostra muta convivenza.
Condividiamo qualcosa che i più, generalmente, considerano prezioso.
E da questa massa informe la suddetta esperienza viene vissuta con
entusiasmo, partecipazione, calore…
Noi, invece, possiamo restare mesi
interi senza proferir parola, limitandoci a studiarci.
Appariamo come due sconosciuti i quali, nonostante non abbiano la
minima possibilità d’incontrarsi, ricordano l’uno il nome dell’altro.
E quando dopo giorni e giorni di soffocante e lugubre silenzio ci
parliamo, le nostre voci sembrano ridicole, le nostre parole quasi
provengono da
un’altra dimensione.
“Ti va di scopare?”
Ed è a questo punto che mi rendo conto
che ci sei proprio tu ad occupare ancora l’altro lato del
letto.
E’ squallido come ci limitiamo a vivere dei nostri semplici e violenti amplessi… Eppure, in quei momenti
di pura estasi siamo…
…
Ma sì, non credo sia esagerato utilizzare la parola “felici”.
D’altronde, ce lo siamo sudato faticosamente questo ridicolo
stato psicologico.
Bah, ritengo sia inutile soffermarsi più del dovuto sulle travianti, noiose e traumatizzanti esperienze che
l’hanno caratterizzata…
Oh suvvia, a lungo andare quest’abusato
argomento è diventato stancante anche per noi diretti interessati!
Il monastero, i monaci folli, quel maniaco di Vorcov (oh bhé, d’altra
parte come biasimare quel pover uomo? Sembravi una bambina
così tenera, Yurij!), gli esperimenti e bla bla bla…
Ma cos’eravamo prima di tramutarci nei
diavoli che tutti hanno imparato (ah, sarà davvero
così?) a
conoscere?
Lo sai bene, la memoria alle volte mi fa ancora brutti scherzi; è
l’unica mia antica caratteristica rimasta immutata… E, quindi, mi sono
costretto a chiedere al nostro caro amico Boris informazioni, visto che
tu sei
sempre stato così restio a fornire dettagli imbarazzanti sulla nostra
comune
fanciullezza.
Oh, è stato incredibile riportare alla luce l’immagine di due magri,
stanchi ma spensierati bambini!
Dio, Yurij!
Siamo lo spettro di ciò che eravamo!
Impressionante.
Ma alquanto prevedibile.
Nel calore di ogni singolo abbraccio che ci scambiavamo, eravamo
aggrappati alla misera speranza di non tradirci mai!
Eppure, oggi eccoci qui, a ferirci con quanta più crudeltà i nostri
corpi possano concederci!
Oh, ma non è affatto il caso di lamentarsi, vero?
Vero?
Quello era il tempo in cui non
esisteva la sincerità o la franchezza…
Certo, nel nostro caso non vi fu spazio neanche per le favole o la
fantasia, ma
eravamo bambini… Ed i bambini cosa ne sanno della crudezza effettiva
delle
cose?
Ammiravamo le stelle di nascosto, ricordi?
Ovvio che sì…
E, nelle nostre stupide menti, esse assumevano le sembianze dei tanti
occhi di Dio, i quali osservavano con amore il mondo…
…
Come ti sei sentito quando hai scoperto che quelle belle luci non sono
altro che un accumulo di gas e di energia?
Oh bhé, sicuramente avrai capito tante cose riguardo le nostre
preghiere mai esaudite…
Lo sai fin troppo bene Kei: non sono il tipo che si dedica
all’autocommiserazione… Non è nel mio
stile.
Di ciò che è stato ne faccio a meno: scansandolo, lo osservo ritornare
nell’antro più piccolo e più sporco della mia mente.
Ma non ho potuto fare lo stesso con te.
Come riporre qualcosa di fastidioso, urticante e allo stesso tempo… Agrodolce come il ricordo del tuo viso?
C’è una cruenta cornice ad abbellire
il quadro che abbiamo dipinto nel nostro condiviso passato, ma è un
particolare così futile!
A ripensarci oggi… Cosa può importarmene degli allenamenti sfiancanti al limite della morale, delle violenze,
delle torture o delle sofferenze, se questi stenti sono stati condivisi
nel
silenzio della nostra incosciente crudeltà, mascherata d’affetto?
Sì, sì, Kei!
Affetto!
Proprio quell’inutile
sentimento di cui ci siamo, volontariamente
o involontariamente non importa, privati!
Se solo provassi a sforzarmi, ricorderei passo per passo ogni singola
frase delle preghiere che rivolgevamo agli occhi
di Dio.
Ti sembro ridicolo, non è così?
Ti faccio ridere, vero?
Ironia della sorte, non ho perso il vizio
di pregare.
Sì, forse sono davvero quel povero e misero essere privo di amor
proprio che tu tanto decanti! Ma le mie preghiere, le mie
inutili suppliche sono volte all’invocazione di quella tale
pazienza che ogni giorno viene rosa dalla tua costante e immutabile
presenza.
Te lo bisbigliano tutti alle spalle!
Possibile che io solo mi sia reso conto del disgustoso velo che deturpa
la tua essenza?
Ahah! Giusto, no, non solo io!
Dimenticavo il grazioso
gruppo di vecchietti bavosi che mi fa da concorrenza.
Ed è sorprendente, non trovi?
L’effetto del tuo sorriso,
intendo.
La prima volta che mi
concedesti tale rarità, mi sentii un privilegiato: tronfio e
soddisfatto,
possessivo come pochi, desiderai averti tutto
per me.
“Giù gli occhi, questa
meraviglia è solo mia!”
Quale delusione mi prese nel
gustare l’amaro sapore del tuo corpo! Però, lo ammetto, subito quella sofferenza abbandonò il mio cuore e, no,
non mi dispiacque.
Perché eri tu.
Ma guardando questi occhi
azzurri, che qui davanti mi fissano luminosi, non posso non ignorare la
vacuità
mostruosa che li caratterizza.
L’espressione ferma delle
iridi cristalline dona tutt’altro significato al sorriso tinto
sulle tue labbra.
E’ sporco, è viscido.
E, sfigurandoti con la sua
ambigua ombra, ti rende preda succosa e predatore affamato.
Quindi, sempre che il mio
ragionamento fili, non c’è niente e nessuno che, in questo momento,
avverte la
tua mancanza.
E allora perché sei ancora
qui ad esasperarmi?
Ieri, per la prima volta dopo
mesi, mi hai fatto dono di un semplice e dolce
(come stona questa parola su di te!) bacio.
Mi ha disorientato il tuo
gesto e in un attimo le solide basi del mio odio hanno rischiato di
crollare,
demolite da quell’insulso tocco!
…
E mi sono reso conto che
quella delicata carezza sulla bocca mi mancava.
Da quanto tempo non ti
limitavi a posare le tue labbra sulle mie?
Oh…
Molto probabilmente non avevi
mai osato tanta umanità.
Ed allora come dovrei
spiegarmi tale sorprendente sfoggio
di sentimentalismo?
Ho guardato nei tuoi occhi,
appena il sapore aspro del tuo bacio mi ha abbandonato.
Ho guadato nei tuoi occhi ed ho
incontrato lo sguardo di un ubriaco.
Annebbiato, privo di
qualsivoglia intenzione!
“Questo è perché mi
prepari sempre il pranzo…”
Lente e strascicate, quelle
parole hanno ferito il mio udito.
Oh, Kei…
Non c’è poi tanta differenza
fra il te lucido e il te affogato nell’alcool…
Stesso sguardo.
Stesso modo di ragionare e
d’agire.
E solo ora mi rendo
perfettamente conto delle sciocchezze in cui credevo all’epoca.
Ho passato tante notti ascoltandoti
respirare.
Ho passato tante notti
cercando di sincronizzare il mio soffio col tuo, sicuro com’ero che quello significasse fare l’amore.
E, proprio di notte in notte,
mi rendevo conto di quanto diventasse sempre più difficile starti
dietro o
rallentare il ritmo, di quanto l’odore della tua pelle, dei tuoi
capelli e dei
tuoi abiti, mutando, s’inacidisse e s’addolcisse ad intervalli.
Tu dormivi e non sognavi.
Tu dormivi e non avevi
incubi.
L’orrore scivolava sulla tua
squamosa pelle da serpe.
E così come sapevo d’amarti,
mi rendevo anche conto che desideravo solo prendere a calci il tuo
fragile corpo stretto contro il mio.
Desiderio che, in maniere
perverse, oggi ho soddisfatto più volte.
Sorridevo ingenuamente,
sfiorando le tue mani fredde che stringevano la mia vita.
Capisco, adesso, che i
brividi di quegli istanti erano semplicemente dovuti all'idiozia della mia
mente di bambino, troppo provata per essere definita sana
o innocente.
Già sapevo che la terribile
colpa d’essere venuto al mondo pendesse sul mio capo come una condanna
costante, ma credevo che la tua vicinanza sarebbe stata la mia
redenzione.
Porca puttana…
Quanto mi sbagliavo!
Pensavo che sarebbe stato
facile scappare, a quel punto.
Pensavo che sarebbe stato
bello morire.
Ma mi ritrovai ricoperto di
sangue e vergogna, quando provammo a strisciare via.
Mi ritrovai spaventato e
preda, ancora per una schifosa volta,
di deliranti preghiere, quando un proiettile sfiorò la mia pelle.
Avevo sempre ignorato la
quantità di liquido ematico persa fino ad allora.
Sangue sporco, sangue
colpevole, sangue di bambino.
Che importava, se versato
solo per il semplice sfogo degli adulti?
Però, quando lo vidi
scivolare via, rischiando che portasse con sé anche la mia vita,
vacillai.
Perché tu non mi stringevi.
Perché tu ridevi.
Ormai ti rannicchi sempre più
lontano da me di notte, privandomi del tuo calore e lasciandomi in
balia delle
fredde lenzuola.
Non mi concedi neanche più di
ammirare il tuo volto di bambino addormentato succhiarsi il pollice
(già Yurij,
proprio così, conosco questo tuo segreto)!
Il solito egoista.
Oh certo, so che a questa
affermazione avresti parecchio da ridire:
“Quello che lavora per
entrambi sono io, quello che ti
esonera dall’accettare esibizioni di bey per beneficenza sono io,
quello che
ti sfama sono io…”
Io, io, io…
Ed allora lo vedi che ho
ragione?
Quando le tue labbra iniziano
ad articolare quella maledettissima parola, il desiderio di ficcarti su
per la
gola una pistola si fa irrefrenabile…
Vorrei davvero provarla, la
sensazione di battere col metallo di un’arma contro il tuo palato.
Vorrei davvero ammirarlo, lo
spettacolo dei tuoi occhi in preda al terrore.
Vorrei davvero sentirlo, il
tuo corpo tremare indecentemente e piegarsi alla mia autorità.
E tutto questo solo per
potermi dimostrare, subito dopo, caritatevole e concedere a quella boccuccia un ospite
ben più gradito!
Oh, pardon.
Una delle mie solite fantasie
inopportune.
Si diffondono nell’aria e, imprimendosi
in ciò che li circonda, perforano anche la mia pelle…
La consumano,
mangiucchiandola piano.
E fanno male.
Tremendamente male.
Soprattutto quando,
soddisfatti, quei maledetti bisbigli preferiscono divorare il mio
spirito che
sembra essere ritenuto un piatto molto più pregiato!
Le poche parole che mi
rivolgi, quindi, vengono limitate ai monotoni “Ho fame.”
e “Vieni a letto.”, agli
offensivi “Puttana.”, “Cavallina” ,
“Incapace.” ed al falsissimo“Scusami.”
E se sono fortunato magari posso sentirle tutte
in una sola giornata.
Il tuo vocabolario mi ha sempre
colpito per la sua finezza, per la sua ricchezza di contenuti e
sentirmeli
rivolgere contro è un così grande onore!
Mentre mi sbatti, mentre
ci picchiamo, mentre
mangiamo…
Che importa in che situazione
capiti?
L’importante, per te, è che
la tua velenosa parola ci sia sempre.
E se la nausea mi coglie, quando
parli, spero mi perdonerai.
Ma le schifezze che dici sono troppo anche per
un’anima paziente come la
mia.
Oh,
lo so, caro, lo so.
Dopotutto non è colpa tua, se
nell’arco di un’intera giornata non sei in grado di spezzare la
monotonia di
tutta una vita.
Ti spaventa la morte?
Bhé,
dovrebbe: sbaglio, o tu credi nell’Inferno e nel Paradiso?
Perché,
in questo caso, quelli come te sono destinati alla prima tappa
da me
sopraccitata.
Oh!
Sarebbe davvero soddisfacente godere della tua immagine ustionata da un
fuoco
eterno, però… Uhm però questa visione è davvero troppo banale
per uno come me!
L’ideale
sarebbe prenotarti un posto in prima fila per il cruento spettacolo
infernale… E, giusto per rendere la cosa un po’ più adatta a te,
lasciare che un chiodo sporga dal centro del sedile dove verrai
accomodato.
Chissà,
magari ti ritroveresti incredibilmente a godere (in tutti sensi)
di
questo macabro privilegio!
La
tua vena masochistica mi è parecchio nota e, come ovvio che sia, tu
stesso ti
sei trascinato dietro la catena del triste e probabile epilogo che ti
sto
augurando.
E,
comunque, non credo che ti lamenteresti più di tanto: d’altra parte, ti
sei
ritrovato in posizioni ben più scomode.
Sì,
in effetti il mio sarebbe davvero un dono.
Il
primo che ti faccio, certo…
Ma
di sicuro può definirsi il più spettacolare tra quelli che avresti
potuto ricevere da altri amanti.
Quindi,
perché dovrei rinunciare ad augurarti una misera morte?
Sono
convinto che, conoscendo la situazione, tu stesso non vedresti l’ora di
lanciarti giù da un ponte per raggiungere l’Inferno il più velocemente
possibile.
Faceva
freddo, quella notte e, se la vodka non mi ha ingannato, nevicava.
Dalla grande
finestra della nostra camera, potevo vedere i profili scuri degli
edifici
venire spezzati dal candore immacolato dei fiocchi che cadevano
lentamente...
Eri
sopra di me: mi baciavi, mi toccavi, mi leccavi… Ma io fissavo la neve
cadere.
E
continuai a guadarla, forse gemendo, anche quando prendesti ciò
che
desideravi.
Con
molta probabilità, sarei rimasto a fissarla per tutta la notte, se tu
non ti
fossi accasciato al mio fianco, oscurandomi la visuale.
Allora,
annoiato, ti voltai le spalle, ricercando nell’improvvisa stanchezza
che mi
colse il modo migliore per assopirmi… Eppure, non riuscii a chiudere
occhio.
Sentivo
il tuo respiro pesante regolarizzarsi al ritmo del vento che sferzava
la neve
sui vetri, sentivo i tuoi mugugni dovuti forse ai sogni, forse agli
incubi,
sentivo, di tanto in tanto, qualche macchina scricchiolare sull’asfalto
ormai
bianco…
Ma
non sentivo il mio cuore.
Sobbalzai
spaventato quando, in quell’opprimente calma, avvertii il tuo corpo
avvicinarsi
al mio e le tue braccia stringermi.
Sì,
proprio così, stringermi.
Senza
farmi alcuna illusione sulle motivazioni di quel gesto (magari
pretendevi solo
un secondo round), girai appena il viso per osservarti…
…
Dormivi.
Ed
anche beatamente, visto le labbra semiaperte in segno di completo
abbandono a
Morfeo.
Forse
sorrisi nel guardarti, forse mi intristii…
Ma
c’è una cosa che da allora non faccio altro che chiedermi: quando ti
guardi,
vedi ciò che vedo io? Puoi ammirarlo, il bastardo che consuma
la mia
vita?
Se
così fosse Kei, allora perché sei ancora qui a guardami, ghignando?
Ho
avuto modo di conoscere ogni singola parte del tuo corpo, di studiare
ogni minima
reazione del tuo viso e di comprendere il linguaggio dei tuoi movimenti.
Ad
esempio, un sopracciglio inarcato nella tua mimica facciale non mostra
perplessità
o alterigia, bensì disprezzo.
Le
braccia incrociate non simboleggiano impazienza o timidezza, bensì
rabbia.
Le
gambe accavallate non rappresentano noia o svogliatezza, bensì bisogno
d’attenzioni.
…
Sai,
potrei continuare all’infinito, fino a stancarti…
Ma
non credo ne valga la pena.
E
ti ho osservato talmente a lungo, che ad un certo punto mi sono
ritrovato a
disgustare ciò che realmente sei.
Quando
ti guardo non c’è più disprezzo nelle tue sopracciglia sollevate, ma
volgare
libidine.
Tra
le tue braccia incrociate non si nasconde più la rabbia, ma semplice
cattiveria
gratuita.
Con
le tue gambe accavallate non cerchi più attenzioni, ma solo vuoto
piacere.
Eccola,
l’indecenza umana che studio da anni.
L’ho
avuta sempre davanti agli occhi, e non l’ho capito…
Bhé,
allora arrivati a questo punto…
Quando
ti decidi a sparire?
Sono
stanco di avvertire i tuoi occhi analizzarmi.
Sono
stanco di rabbrividire sotto gli sguardi truci del tuo dissenso, o di
tacere
alle scintille vittoriose delle tue iridi al mio forzato assenso.
E’ così fastidioso…
E
mi fa impazzire.
Credo
di essere divenuto paranoico: persino quando sono solo (oh, che cosa
buffa!)
sono convinto di poter incrociare, da un momento all’altro, il tuo
sguardo scrutatore.
Sei ovunque.
In
me, con me, attraverso di me.
Sei dannoso.
Perché
le tue radici proliferano come parassiti grazie al mio organismo.
Sei uno stronzo.
Poiché
ad ogni nuova alba ti ritrovo ancora vivo a dormire al mio fianco… Ed
io sono
troppo vigliacco e debole (Dio, ti do anche ragione, ora!) per
stroncare il tuo
respiro.
Quindi
sono qui ad aspettare, mio adorato cavaliere, augurandomi che,
per una
volta, la strega cattiva preferisca prendere di mira il bel principe nero,
piuttosto che aggredire l’indifesa principessa!
Sì,
sarebbe un gran bel colpo di scena.
Ed
il sipario potrebbe chiudersi con la cruenta scena del tuo
seppellimento.
Posso
vederlo, il volto del grande Kei Hiwatari contorto dall’orrore
scomparire sotto
un cumulo di terra…
Oh
sì, posso vederlo.
Ci
sono anche i vermi, lì da qualche parte, pronti a bucare la tua pelle e
a
nutrirsi di te.
Sono
al tuo fianco, tu mi sei vicino…
E
non ci tocchiamo.
Come
in questo istante.
Nonostante
ciò, ancora oggi riesco a sprofondare nei tuoi occhi e ti confesso che un
po’ me
ne sorprendo… Ma, dopotutto, sono sempre gli stessi specchi nei quali
mi
perdevo da bambino.
Forse
un po’ più sottili, forse un po’ meno ingenui, eppure in ugual modo
profondi.
Se
raschiassi il fondo di questi due bei pozzi, probabilmente potrei
ricredermi su
parecchie cose o confermarne tante altre.
Però
mi rendo anche conto che, giunti su questa linea di confine, non mi
resta altro
che darti un consiglio che mai, finora, mi sono scomodato a
suggerirti…
In ginocchio…
Mi
sono sempre ridotto in questo stato per te.
Ah!
In tanti direbbero che i miei sacrifici sono semplicemente una
meravigliosa
prova d’amore!
Col cazzo.
I
miei sacrifici sono semplicemente un modo per sopportarti
meglio ed il
più a lungo possibile.
Ed
allora perché non abbiamo tagliato il nostro rapporto, non appena ci
siamo resi
conto di quanto fosse distruttivo?
E’
un’altra domanda che mi pongo spesso.
E tutte
le volte vi ho dato una risposta così banale e, allo stesso tempo, tanto
complessa che mi spaventa porti questo quesito.
Abbiamo bisogno l’uno
dell’altro.
Di
odiarci, sì, e insieme di sfiorare una forma molto perversa d’amore.
Dio mio, perché?
E
mentre sono qui a tremare, permettimi, almeno, di sussurrati qualcosa
che non
sia una richiesta lasciva o noncurante…
Li osservavo tristemente
attraverso il vetro della sterile porta bianca.
Sospirai, notando che,
effettivamente, erano ancora lì silenziosi ed immobili, seduti l’uno
di fronte
all’altro e stretti nelle camicie di forza.
Quel modo unico e meraviglioso di
dialogare li aveva portati
alla pazzia…
Persino il beyblade era
passato in secondo piano, di fronte alla costante ricerca di risposte che
si
ponevano in silenzio.
E tutto solo per il
loro dannato
amore.
Voltai le spalle a quel
triste quadro, sospirando.
Avrebbero parlato
ancora a lungo
tra di loro, i miei cari amici…
Sarei passato a trovarli
più tardi.
Okay, è strana XD…
Il solito risultato dei miei
soliti esperimenti =S…
Bhé, spero possa esservi piaciuta! Aspetto
i
vostri commenti/ critiche/ consigli.
Grazie per aver letto,
Iria.
5° classificata: What about madness (Iria)
Innanzitutto, complimenti. Complimenti per il lessico che utilizzi e
complimenti anche per l’uso dell’italiano: ho trovato giusto un errore
di
un’importanza rilevante in nove pagine e sinceramente, ho preferito
soprassedere senza darvi troppa importanza, poiché suddetto
strafalcione è
stato commesso solo una volta e gli ho attribuito come causa la
distrazione –
anche se per un secondo mi sono cappottata dalla sedia nel vedere la
virgola
tra soggetto e verbo… -, vi sono però alcuni errori di battitura qua e
là e, a
mio avviso, un utilizzo eccessivo dei punti di sospensione, ma per
parlare di
questo, mi soffermerò più avanti su un altro punto che esula dalla
grammatica
fine a se stessa.
No, errori gravi non ce ne sono, giusto una – forse due – parole
mancate,
qualche virgola in eccesso – ma penso di non averne contate più di tre
– e uno
spazio di troppo in due casi, nulla di cui preoccuparsi, comunque;
tutte cose
che puoi risistemare ad una semplice rilettura.
Ritornando alla questione ‘puntini’ – tasto dolente -, ti dirò che ho
trovato
la storia poco scorrevole in alcuni punti proprio a causa di un abuso
della
punteggiatura e questo non mi ha permesso di goderla appieno, poiché ho
dovuto
cambiare intonazione più di una volta per capire come dovessi
effettivamente
leggere il periodo su cui mi ero soffermata.
Sempre riallacciandomi alla scorrevolezza del testo: alcuni periodi
erano, a
mio avviso, troppo ridondanti – per quanto io adori con ogni fibra del
mio
essere gli scritti ‘barocchi’ – e mi sono vista costretta a rileggerli
più di
una volta per poterci saltare fuori; in genere apprezzo i periodi
lunghi, ma in
questo caso, credo stonassero con il ritmo con cui la storia sembrava
presentarsi… Per dirti, all’inizio mi dava l’idea di essere più veloce
e
incalzante in quel susseguirsi di pensieri e di cambi di point of view
– e ti
dirò anche che quel ritmo calzava a pennello con il genere di struttura
che
avevi scelti per la storia -, ma presto mi sono ritrovata a dover
frenare bruscamente
e questo mi ha dato piuttosto fastidio, perché alla lunga ho trovato il
ritmo –
ora divenuto più lento – poco adatto al genere di storia.
Invece, per passare agli aspetti positivi – perché la fic ne ha e non
pochi –
ho apprezzato questo tuo ‘osare’, proponendomi un esperimento, l’unica
pecca è
che la lunghezza della storia non mi abbia permesso di godere appieno
del
cambio continuo di punto di vista (in alcuni momenti non capivo più se
fosse
Kai o se fosse Yurij a parlare…), ma complimenti – e sono davvero
sinceri – per
l’idea, perché l’ho trovata innovativa e originale, soprattutto nel
contesto in
cui era posta, ovvero uno scambio di sguardi intenso, la cui
‘motivazione’
viene svelata solo alla fine!
E a proposito di finali… La conclusione della storia mi ha lasciato un
attimo
perplessa.
Senz’ombra di dubbio esplica e rende – davvero bene, per giunta, quindi
“brava!”- la citazione da te scelta, ma l’ho trovata nel contempo un
po’
ostentata, forse esagerata, per quanto io questi due in pairing li veda
solo
preda di un amore malato; di troppo, ecco, forse questo è il termine
giusto!
Credo che tu avessi già sufficientemente spiegato il livello di follia,
raggiunto dai loro trip mentali nel descrivere il loro flusso di
pensieri –
spesso contraddittori e totalmente slegati, ma (pensa…) questo l’ho
solo amato,
all’interno della storia! -, ma d’altro canto, penso che senza quel
finale, non
mi sarebbe stato davvero chiaro l’utilizzo della citazione… (Benché tu
l’avessi
scritto nelle note, tendo a non considerare eventuali spiegazioni
sull’utilizzo
di citazioni e/o prompt, qualora questa non sia chiara nella storia,
perché –
in quel caso – sarebbe un errore dell’autore il non essere riuscito ad
esplicarla meglio all’interno del racconto.)
I personaggi, invece, li ho trovati semplicemente perfetti! Li ho
sempre
immaginati così, in una sorta di ‘guerra continua’, che seguitano a
scambiarsi
sguardi che dicono tutto e niente, in continuo conflitto e a metà, “in
bilico”
oserei dire, di un sottile confine tra odio e amore.
In compenso ho trovato il registro linguistico – per quanto splendido,
come ho
già sottolineato all’inizio – poco adatto ai loro caratteri…
Essenzialmente
perché non credo che né Yurij, né Kai siano personaggi in grado
d’esprimersi in
maniera così aulica. (Ma non sono nemmeno due soggetti di una grettezza
unica,
sia chiaro questo…)
Che dire in un sunto? In generale la storia mi ha trasmesso molto, te
lo devo
dire, perché la tua capacità espressiva è molto forte – soprattutto per
quanto
concerne alcune metafore da te utilizzate che (veramente!) ho
apprezzato e ho
amato con ogni parte di me, perché davvero magnifiche -, ma per diversi
punti –
che ho già illustrato sopra – l’ho trovata carente in alcuni aspetti.
Rimane una fanfiction godibile e sicuramente ad un livello leggermente
più alto
della media che, con qualche aggiustatina, potrebbe veramente diventare
perfetta e lo dico sinceramente, perché tutta la storia ha un
potenziale
immenso!
Ho provveduto a segnalarti eventuali errori o parti che mi convincevano
poco
all’interno del documento, quindi, qualora volessi discuterne con me,
non
esitare a contattarmi.