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Autore: Iria    02/02/2010    12 recensioni
“Quello era il tempo in cui non esisteva la sincerità o la franchezza… Certo, nel nostro caso non vi fu spazio neanche per le favole o la fantasia, ma eravamo bambini… Ed i bambini cosa ne sanno della crudezza effettiva delle cose?”
A quale conclusione possono giungere due menti preda della pazzia?
Un nuovo esperimento! Spero possa essere di vostro gradimento, aspetto le vostre opinioni ^^!
Iria
[Quinta classificata al "FilosoFandom Contest" indetto da Pucchyko Girl e vincitrice del "Premio Fazzolettini" per la storia più Angst]
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Hiwatari, Yuri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Iria
Titolo: What about Madness? [Fuck U]

Fandom:  Beyblade
Personaggi: Kei Hiwatari, Yurij Ivanov (KeixYurij)

Genere: Introspettivo, Triste, Song-Fic.
Rating: Arancione
Avvertimenti:
Shonen-ai, What if?, One-shot.

Citazione: *Ciò che si semina con disamore, si miete con danno.* Gorgia.
Introduzione:
Quello era il tempo in cui non esisteva la sincerità o la franchezza… Certo, nel nostro caso non vi fu spazio neanche per le favole o la fantasia, ma eravamo bambini… Ed i bambini cosa ne sanno della crudezza effettiva delle cose?”
A quale conclusione possono giungere due menti preda della pazzia?

Note Dell’Autore: Questa one-shot è il mio ennesimo esperimento. Ho provato a sviluppare due punti di vista diversi, cercando di farli apparire più simili possibile, pur mantenendo, nella loro follia, tratti caratteristici.
Ho trattato la citazione di Gorgia, intrecciandola con una cover dei Placebo, Fuck U (Il testo è degli Archive), che mi è stata di grande aiuto nello scrivere questa storia.
Il disamore che ha portato al danno (ovvero la pazzia) questa coppia è stato il non rendersi effettivamente conto dei reali sentimenti che l’uno provava verso l’altro.
Non era odio, ma vero amore, che le circostanze hanno mascherato fino a devastare le menti degli stessi interessati.

La narrazione inizia dal punto di vista di Yurij Ivanov che si alterna con quello di Kei Hiwatari per tutto il corso della shot, fino al breve epilogo, raccontato da un occhio esterno che appartiene ad un personaggio accennato nella storia.   =).
Inoltre, per facilitare la lettura (grazie ad un’idea che mi ha dato Chyko), i POV di Yurij cominciano con la lettera rossa, quelli di Kei con quella blu!
Spero che la lettura sia di vostro gradimento ^^.

Iria.

 What about Madness? [Fuck U]

 *Ciò che si semina con disamore, si miete con danno.*
-Gorgia-

Mettiamoci comodi, amico mio, sarà lungo il nostro colloquio.
Sai, Boris non riesce comprendere come noi due riusciamo a comunicare anche solo stando così, seduti l’uno di fronte all’altro.
Ecco, inizi a guardarmi con quella fredda malizia che brucia il mio povero cuoricino!

Bastardo.

So che è lo stesso sguardo con cui mi spogliavi il culo durante gli incontri di quel vecchio e fottuto torneo di trottole.
So che è lo stesso sguardo con cui mi auguri i tormenti peggiori.
E, d’altronde, è anche lo stesso sguardo con cui ancora oggi mi scopi.
Dio mio, caro, la qualità espressiva del tuo viso è assurdamente molteplice!
Ma dimmi, piuttosto, dove hai appreso la fine e delicata arte che lo rende sdegnoso con una tale e odiosa indecenza?
Se solo potessi… Uhm…

Se solo potessi strapparti quella maschera che si finge volto umano… Sarei oltremodo appagato; sì, credo che a quel punto raggiungerei un orgasmo multiplo.
Cosa che, facendo sesso con te, non è mai accaduta… Vero?

Fronteggiarti è eccitante.
Potrei star qui a masturbarmi osservando unicamente il tuo delizioso visino!
Oh Yurij, tu non puoi minimamente immaginare tutte le seghe mentali (e non) che giustificano il mio profondo attaccamento nei tuoi confronti.
Che sia per caso malato?
Bhé, non credo che a questo punto rappresenti un problema: siamo entrambi pazzi, o sbaglio?
I tuoi occhi riflettono il disgusto che celi da sempre nei miei confronti.
Pensi, forse, che in tutti questi anni io non abbia mai notato le smorfie che accompagnano ogni mia singola azione? Credimi, dannato diavolo, il tuo viso è un libro schifosamente aperto.
Oh, infatti!
Eccolo il mio sorriso preferito!
Non te ne rendi conto, delizioso bambino, ma il peccato che nasce nella tua espressione è la mia ambrosia… Ed io,  tua divinità, la gusto con calma.
Cosa vorresti fare?
Il sadismo che dipinge il ghigno delle tue labbra è una bestia conosciuta ai miei sensi: so domarla, so schernirla, so umiliarla.
Al primo attacco, ti ritroveresti a quattro zampe, supplicante e tu non desideri ricoprirti di tale vergogna, giusto?

Svenderei ogni singolo frammento della mia dignità per vederti soffrire.
Davvero, Kei.

Davvero.
Sai bene che, ormai, non sono più così possessivo nei riguardi di quest’antico e, ipoteticamente parlando, insindacabile diritto umano.
L’ho prestato la prima volta.
L’ho ricucito maldestramente la seconda.
L’ho lacerato la terza.
Sì, in fin dei conti ha perso del tutto il suo importante valore…
Dunque, se ne deduce che stavolta dovrei soffrire meno.
Ma tu sei un dannato stronzo e saresti in grado di far bestemmiare persino i Santi.
Sai, alle volte, osservando le crepe del soffitto che sovrasta la nostra camera da letto, mi chiedo come sia possibile la nostra muta convivenza.
Condividiamo qualcosa che i più, generalmente, considerano prezioso.
E da questa massa informe la suddetta esperienza viene vissuta con entusiasmo, partecipazione, calore
Noi, invece, possiamo restare mesi interi senza proferir parola, limitandoci a studiarci.
Appariamo come due sconosciuti i quali, nonostante non abbiano la minima possibilità d’incontrarsi, ricordano l’uno il nome dell’altro.
E quando dopo giorni e giorni di soffocante e lugubre silenzio ci parliamo, le nostre voci sembrano ridicole, le nostre parole quasi provengono da un’altra dimensione.

“Ti va di scopare?”
Ed è a questo punto che mi rendo conto che ci sei proprio tu ad occupare ancora l’altro lato del letto.
E’ squallido come ci limitiamo a vivere dei nostri semplici e violenti amplessi… Eppure, in quei momenti di pura estasi siamo…

Ma sì, non credo sia esagerato utilizzare la parola “felici”.
D’altronde, ce lo siamo sudato faticosamente questo ridicolo stato psicologico.

Sempre più spesso, in quest’ultimo periodo, mi ricapita di pensare alla nostra spensieratissima infanzia…
Bah, ritengo sia inutile soffermarsi più del dovuto sulle travianti, noiose e traumatizzanti esperienze che l’hanno caratterizzata…
Oh suvvia, a lungo andare quest’abusato argomento è diventato stancante anche per noi diretti interessati!
Il monastero, i monaci folli, quel maniaco di Vorcov (oh bhé, d’altra parte come biasimare quel pover uomo? Sembravi una bambina così tenera, Yurij!), gli esperimenti e bla bla bla

Ma cos’eravamo prima di tramutarci nei diavoli che tutti hanno imparato (ah, sarà davvero così?) a conoscere?
Lo sai bene, la memoria alle volte mi fa ancora brutti scherzi; è l’unica mia antica caratteristica rimasta immutata… E, quindi, mi sono costretto a chiedere al nostro caro amico Boris informazioni, visto che tu sei sempre stato così restio a fornire dettagli imbarazzanti sulla nostra comune fanciullezza.
Oh, è stato incredibile riportare alla luce l’immagine di due magri, stanchi ma spensierati bambini!
Dio, Yurij!
Siamo lo spettro di ciò che eravamo!

Impressionante.
Ma alquanto prevedibile.
Nel calore di ogni singolo abbraccio che ci scambiavamo, eravamo aggrappati alla misera speranza di non tradirci mai!
Eppure, oggi eccoci qui, a ferirci con quanta più crudeltà i nostri corpi  possano concederci!
Oh, ma non è affatto il caso di lamentarsi, vero?

Vero?
Quello era il tempo in cui non esisteva la sincerità o la franchezza… Certo, nel nostro caso non vi fu spazio neanche per le favole o la fantasia, ma eravamo bambini… Ed i bambini cosa ne sanno della crudezza effettiva delle cose?
Ammiravamo le stelle di nascosto, ricordi?
Ovvio che sì…
E, nelle nostre stupide menti, esse assumevano le sembianze dei tanti occhi di Dio, i quali osservavano con amore il mondo…

Come ti sei sentito quando hai scoperto che quelle belle luci non sono altro che un accumulo di gas e di energia?
Oh bhé, sicuramente avrai capito tante cose riguardo le nostre preghiere mai esaudite…

Ho smesso di avere incubi non appena mi si è presentata l’occasione di farne.
Lo sai fin troppo bene Kei: non sono il tipo che si dedica all’autocommiserazione… Non è nel mio stile.
Di ciò che è stato ne faccio a meno: scansandolo, lo osservo ritornare nell’antro più piccolo e più sporco della mia mente.
Ma non ho potuto fare lo stesso con te.
Come riporre qualcosa di fastidioso, urticante e allo stesso tempo… Agrodolce come il ricordo del tuo viso?
C’è una cruenta cornice ad abbellire il quadro che abbiamo dipinto nel nostro condiviso passato, ma è un particolare così futile!
A ripensarci oggi… Cosa può importarmene degli allenamenti sfiancanti al limite della morale, delle violenze, delle torture o delle sofferenze, se questi stenti sono stati condivisi nel silenzio della nostra incosciente crudeltà, mascherata d’affetto?
Sì, sì, Kei!

Affetto!
Proprio quell’inutile sentimento di cui ci siamo, volontariamente o involontariamente non importa, privati!
Se solo provassi a sforzarmi, ricorderei passo per passo ogni singola frase delle preghiere che rivolgevamo agli occhi di Dio.
Ti sembro ridicolo, non è così?
Ti faccio ridere, vero?

“Ti preghiamo di ricondurre i nostri genitori qui, al monastero, affinché ci portino via! Fa sempre più freddo, il sole è sempre più lontano… E noi desideriamo calore e luce.”

“Ti preghiamo che ci venga restituita, almeno, la nostra personalità… Siamo divenuti ciechi, sordi e muti. Il buio ci avvolge, non prestiamo più attenzione alle grida di chi ci circonda, non ci è più concesso piangere.”

“Ti preghiamo…Siamo pronti anche alla morte, per la libertà.”

Eppure a me non sembra ridicolo, a me non fa ridere.
Ironia della sorte, non ho perso il vizio di pregare.
Sì, forse sono davvero quel povero e misero essere privo di amor proprio che tu tanto decanti! Ma le mie preghiere, le mie inutili suppliche sono volte all’invocazione di quella tale pazienza che ogni giorno viene rosa dalla tua costante e immutabile presenza.

Così bello, così incantevole!
Te lo bisbigliano tutti alle spalle!
Possibile che io solo mi sia reso conto del disgustoso velo che deturpa la tua essenza?

Ahah! Giusto, no, non solo io!
Dimenticavo il grazioso gruppo di vecchietti bavosi che mi fa da concorrenza.
Ed è sorprendente, non trovi?
L’effetto del tuo sorriso, intendo.
La prima volta che mi concedesti tale rarità, mi sentii un privilegiato: tronfio e soddisfatto, possessivo come pochi, desiderai averti tutto per me.

“Giù gli occhi, questa meraviglia è solo mia!”
Quale delusione mi prese nel gustare l’amaro sapore del tuo corpo! Però, lo ammetto, subito quella sofferenza abbandonò il mio cuore e, no, non mi dispiacque.
Perché eri tu.
Ma guardando questi occhi azzurri, che qui davanti mi fissano luminosi, non posso non ignorare la vacuità mostruosa che li caratterizza.
L’espressione ferma delle iridi cristalline dona tutt’altro significato al sorriso tinto sulle tue labbra.
E’ sporco, è viscido.
E, sfigurandoti con la sua ambigua ombra, ti rende preda succosa e predatore affamato.

Hai spezzato tutto ciò che ti lega al mondo esterno, se non vado errando…
Quindi, sempre che il mio ragionamento fili, non c’è niente e nessuno che, in questo momento, avverte la tua mancanza.
E allora perché sei ancora qui ad esasperarmi?
Ieri, per la prima volta dopo mesi, mi hai fatto dono di un semplice e dolce (come stona questa parola su di te!) bacio.
Mi ha disorientato il tuo gesto e in un attimo le solide basi del mio odio hanno rischiato di crollare, demolite da quell’insulso tocco!

E mi sono reso conto che quella delicata carezza sulla bocca mi mancava.
Da quanto tempo non ti limitavi a posare le tue labbra sulle mie?

Oh…
Molto probabilmente non avevi mai osato tanta umanità.
Ed allora come dovrei spiegarmi tale sorprendente sfoggio di sentimentalismo?
Ho guardato nei tuoi occhi, appena il sapore aspro del tuo bacio mi ha abbandonato.
Ho guadato nei tuoi occhi ed ho incontrato lo sguardo di un ubriaco.
Annebbiato, privo di qualsivoglia intenzione!

“Questo è perché mi prepari sempre il pranzo…”
Lente e strascicate, quelle parole hanno ferito il mio udito.
Oh, Kei…
Non c’è poi tanta differenza fra il te lucido e il te affogato nell’alcool…
Stesso sguardo.
Stesso modo di ragionare e d’agire.

Quando eravamo bambini capitava spesso che dormissimo insieme (eccezione fatta per le serate durante le quali eri impegnato in altro) e di questo sono pienamente convinto: il profumo che avevi al tempo ha tormentato per anni i miei sogni, dopo che il tuo ricordo era sfumato.
E solo ora mi rendo perfettamente conto delle sciocchezze in cui credevo all’epoca.
Ho passato tante notti ascoltandoti respirare.
Ho passato tante notti cercando di sincronizzare il mio soffio col tuo, sicuro com’ero che quello significasse fare l’amore.
E, proprio di notte in notte, mi rendevo conto di quanto diventasse sempre più difficile starti dietro o rallentare il ritmo, di quanto l’odore della tua pelle, dei tuoi capelli e dei tuoi abiti, mutando, s’inacidisse e s’addolcisse ad intervalli.
Tu dormivi e non sognavi.
Tu dormivi e non avevi incubi.
L’orrore scivolava sulla tua squamosa pelle da serpe.
E così come sapevo d’amarti, mi rendevo anche conto che desideravo solo prendere a calci il tuo fragile corpo stretto contro il mio.
Desiderio che, in maniere perverse, oggi ho soddisfatto più volte.

Fremevo stupidamente, avvertendo la tua presenza nelle gelate notti del Monastero.
Sorridevo ingenuamente, sfiorando le tue mani fredde che stringevano la mia vita.
Capisco, adesso, che i brividi di quegli istanti erano semplicemente dovuti all'idiozia della mia mente di bambino, troppo provata per essere definita sana o innocente.
Già sapevo che la terribile colpa d’essere venuto al mondo pendesse sul mio capo come una condanna costante, ma credevo che la tua vicinanza sarebbe stata la mia redenzione.

Porca puttana…
Quanto mi sbagliavo!
Pensavo che sarebbe stato facile scappare, a quel punto.
Pensavo che sarebbe stato bello morire.
Ma mi ritrovai ricoperto di sangue e vergogna, quando provammo a strisciare via.
Mi ritrovai spaventato e preda, ancora per una schifosa volta, di deliranti preghiere, quando un proiettile sfiorò la mia pelle.
Avevo sempre ignorato la quantità di liquido ematico persa fino ad allora.

Sangue sporco, sangue colpevole, sangue di bambino.
Che importava, se versato solo per il semplice sfogo degli adulti?
Però, quando lo vidi scivolare via, rischiando che portasse con sé anche la mia vita, vacillai.
Perché tu non mi stringevi.
Perché tu ridevi.

Ho smesso di guardarti dormire.
Ormai ti rannicchi sempre più lontano da me di notte, privandomi del tuo calore e lasciandomi in balia delle fredde lenzuola.
Non mi concedi neanche più di ammirare il tuo volto di bambino addormentato succhiarsi il pollice (già Yurij, proprio così, conosco questo tuo segreto)!

Il solito egoista.
Oh certo, so che a questa affermazione avresti parecchio da ridire:
“Quello che lavora per entrambi sono io, quello che ti esonera dall’accettare esibizioni di bey per beneficenza sono io, quello che ti sfama sono io…”
Io, io, io…
Ed allora lo vedi che ho ragione?
Quando le tue labbra iniziano ad articolare quella maledettissima parola, il desiderio di ficcarti su per la gola una pistola si fa irrefrenabile…
Vorrei davvero provarla, la sensazione di battere col metallo di un’arma contro il tuo palato.
Vorrei davvero ammirarlo, lo spettacolo dei tuoi occhi in preda al terrore.
Vorrei davvero sentirlo, il tuo corpo tremare indecentemente e piegarsi alla mia autorità.
E tutto questo solo per potermi dimostrare, subito dopo, caritatevole e concedere a quella boccuccia  un ospite ben più gradito!
Oh, pardon.
Una delle mie solite fantasie inopportune.

I tuoi sussurri, durante le rade volte in cui ci parliamo, sono spesso cattiverie.
Si diffondono nell’aria e, imprimendosi in ciò che li circonda, perforano anche la mia pelle…
La consumano, mangiucchiandola piano.
E fanno male.

Tremendamente male.
Soprattutto quando, soddisfatti, quei maledetti bisbigli preferiscono divorare il mio spirito che sembra essere ritenuto un piatto molto più pregiato!
Le poche parole che mi rivolgi, quindi, vengono limitate ai monotoni “Ho fame.” e “Vieni a letto.”,  agli offensivi “Puttana.”, “Cavallina” , “Incapace.” ed al falsissimo“Scusami.”
E se sono fortunato magari posso sentirle tutte in una sola giornata.
Il tuo vocabolario mi ha sempre colpito per la sua finezza, per la sua ricchezza di contenuti e sentirmeli rivolgere contro è un così grande onore!

Mentre mi sbatti, mentre ci picchiamo, mentre mangiamo…
Che importa in che situazione capiti?
L’importante, per te, è che la tua velenosa parola ci sia sempre.
E se la nausea mi coglie, quando parli, spero mi perdonerai.
Ma le schifezze che dici sono troppo anche per un’anima paziente come la mia.
Oh, lo so, caro, lo so.
Dopotutto non è colpa tua, se nell’arco di un’intera giornata non sei in grado di spezzare la monotonia di tutta una vita.

T
i spaventa la morte?
Bhé, dovrebbe: sbaglio, o tu credi nell’Inferno e nel Paradiso?
Perché, in questo caso, quelli come te sono destinati alla prima tappa da me sopraccitata.
Oh! Sarebbe davvero soddisfacente godere della tua immagine ustionata da un fuoco eterno, però… Uhm però questa visione è davvero troppo banale per uno come me!
L’ideale sarebbe prenotarti un posto in prima fila per il cruento spettacolo infernale… E, giusto per rendere la cosa un po’ più adatta a te, lasciare che un chiodo sporga dal centro del sedile dove verrai accomodato.
Chissà, magari ti ritroveresti incredibilmente a godere (in tutti sensi) di questo macabro privilegio!
La tua vena masochistica mi è parecchio nota e, come ovvio che sia, tu stesso ti sei trascinato dietro la catena del triste e probabile epilogo che ti sto augurando.
E, comunque, non credo che ti lamenteresti più di tanto: d’altra parte, ti sei ritrovato in posizioni ben più scomode.
Sì, in effetti il mio sarebbe davvero un dono.
Il primo che ti faccio, certo…
Ma di sicuro può definirsi il più spettacolare tra quelli che avresti potuto ricevere da altri amanti.
Quindi, perché dovrei rinunciare ad augurarti una misera morte?
Sono convinto che, conoscendo la situazione, tu stesso non vedresti l’ora di lanciarti giù da un ponte per raggiungere l’Inferno il più velocemente possibile.

L’ultima volta che abbiamo fatto l’amor-… Voglio dire, sesso è stata circa tre settimane fa.
Faceva freddo, quella notte e, se la vodka non mi ha ingannato, nevicava.
Dalla grande finestra della nostra camera, potevo vedere i profili scuri degli edifici venire spezzati dal candore immacolato dei fiocchi che cadevano lentamente...
Eri sopra di me: mi baciavi, mi toccavi, mi leccavi… Ma io fissavo la neve cadere.
E continuai a guadarla, forse gemendo, anche quando prendesti ciò che desideravi.
Con molta probabilità, sarei rimasto a fissarla per tutta la notte, se tu non ti fossi accasciato al mio fianco, oscurandomi la visuale.
Allora, annoiato, ti voltai le spalle, ricercando nell’improvvisa stanchezza che mi colse il modo migliore per assopirmi… Eppure, non riuscii a chiudere occhio.
Sentivo il tuo respiro pesante regolarizzarsi al ritmo del vento che sferzava la neve sui vetri, sentivo i tuoi mugugni dovuti forse ai sogni, forse agli incubi, sentivo, di tanto in tanto, qualche macchina scricchiolare sull’asfalto ormai bianco…
Ma non sentivo il mio cuore.
Sobbalzai spaventato quando, in quell’opprimente calma, avvertii il tuo corpo avvicinarsi al mio e le tue braccia stringermi.
Sì, proprio così, stringermi.
Senza farmi alcuna illusione sulle motivazioni di quel gesto (magari pretendevi solo un secondo round), girai appena il viso per osservarti…

Dormivi.
Ed anche beatamente, visto le labbra semiaperte in segno di completo abbandono a Morfeo.
Forse sorrisi nel guardarti, forse mi intristii…
Ma c’è una cosa che da allora non faccio altro che chiedermi: quando ti guardi, vedi ciò che vedo io? Puoi ammirarlo, il bastardo che consuma la mia vita?
Se così fosse Kei, allora perché sei ancora qui a guardami, ghignando?

La mia vita è stata un susseguirsi di persone senza volto e, lo ammetto, fino ad ora tu sei stato la più importante.
Ho avuto modo di conoscere ogni singola parte del tuo corpo, di studiare ogni minima reazione del tuo viso e di comprendere il linguaggio dei tuoi movimenti.
Ad esempio, un sopracciglio inarcato nella tua mimica facciale non mostra perplessità o alterigia, bensì disprezzo.
Le braccia incrociate non simboleggiano impazienza o timidezza, bensì rabbia.
Le gambe accavallate non rappresentano noia o svogliatezza, bensì bisogno d’attenzioni.

Sai, potrei continuare all’infinito, fino a stancarti…
Ma non credo ne valga la pena.
E ti ho osservato talmente a lungo, che ad un certo punto mi sono ritrovato a disgustare ciò che realmente sei.
Quando ti guardo non c’è più disprezzo nelle tue sopracciglia sollevate, ma volgare libidine.
Tra le tue braccia incrociate non si nasconde più la rabbia, ma semplice cattiveria gratuita.
Con le tue gambe accavallate non cerchi più attenzioni, ma solo vuoto piacere.
Eccola, l’indecenza umana che studio da anni.
L’ho avuta sempre davanti agli occhi, e non l’ho capito…
Bhé, allora arrivati a questo punto…
Quando ti decidi a sparire?

Dove vogliamo arrivare, Kei?
Sono stanco di avvertire i tuoi occhi analizzarmi.
Sono stanco di rabbrividire sotto gli sguardi truci del tuo dissenso, o di tacere alle scintille vittoriose delle tue iridi al mio forzato assenso.

E’ così fastidioso…
E mi fa impazzire.
Credo di essere divenuto paranoico: persino quando sono solo (oh, che cosa buffa!) sono convinto di poter incrociare, da un momento all’altro, il tuo sguardo scrutatore.

Sei ovunque.
In me, con me, attraverso di me.
Sei dannoso.
Perché le tue radici proliferano come parassiti grazie al mio organismo.
Sei uno stronzo.
Poiché ad ogni nuova alba ti ritrovo ancora vivo a dormire al mio fianco… Ed io sono troppo vigliacco e debole (Dio, ti do anche ragione, ora!) per stroncare il tuo respiro.
Quindi sono qui ad aspettare, mio adorato cavaliere, augurandomi che, per una volta, la strega cattiva preferisca prendere di mira il bel principe nero, piuttosto che aggredire l’indifesa principessa!
Sì, sarebbe un gran bel colpo di scena.
Ed il sipario potrebbe chiudersi con la cruenta scena del tuo seppellimento.
Posso vederlo, il volto del grande Kei Hiwatari contorto dall’orrore scomparire sotto un cumulo di terra…
Oh sì, posso vederlo.
Ci sono anche i vermi, lì da qualche parte, pronti a bucare la tua pelle e a nutrirsi di te.

In alcuni momenti non so darmi pace.
Sono al tuo fianco, tu mi sei vicino…
E non ci tocchiamo.
Come in questo istante.
Nonostante ciò, ancora oggi riesco a sprofondare nei tuoi occhi e ti confesso che un po’ me ne sorprendo… Ma, dopotutto, sono sempre gli stessi specchi nei quali mi perdevo da bambino.
Forse un po’ più sottili, forse un po’ meno ingenui, eppure in ugual modo profondi.
Se raschiassi il fondo di questi due bei pozzi, probabilmente potrei ricredermi su parecchie cose o confermarne tante altre.
Però mi rendo anche conto che, giunti su questa linea di confine, non mi resta altro che darti un consiglio che mai, finora, mi sono scomodato a suggerirti…

I
n ginocchio…
Mi sono sempre ridotto in questo stato per te.
Ah! In tanti direbbero che i miei sacrifici sono semplicemente una meravigliosa prova d’amore!

Col cazzo.
I miei sacrifici sono semplicemente un modo per sopportarti meglio ed il più a lungo possibile.
Ed allora perché non abbiamo tagliato il nostro rapporto, non appena ci siamo resi conto di quanto fosse distruttivo?
E’ un’altra domanda che mi pongo spesso.
E tutte le volte vi ho dato una risposta così banale e, allo stesso tempo, tanto complessa che mi spaventa porti questo quesito.

Abbiamo bisogno l’uno dell’altro.
Di odiarci, sì, e insieme di sfiorare una forma molto perversa d’amore.
Dio mio, perché?
E mentre sono qui a tremare, permettimi, almeno, di sussurrati qualcosa che non sia una richiesta lasciva o noncurante…

“Vaffanculo.”


Li osservavo tristemente attraverso il vetro della sterile porta bianca.
Sospirai, notando che, effettivamente, erano ancora lì silenziosi ed immobili, seduti l’uno di fronte all’altro e stretti nelle camicie di forza.
Quel modo unico e  meraviglioso di dialogare li aveva portati alla pazzia…
Persino il beyblade era passato in secondo piano, di fronte alla costante ricerca di risposte che si ponevano in silenzio.
E tutto
solo per il loro dannato amore.
Voltai le spalle a quel triste quadro, sospirando.
Avrebbero
parlato ancora a lungo tra di loro, i miei cari amici…
Sarei passato a trovarli più tardi.

*Owari*

 
Okay, è strana XD…
Il solito risultato dei miei soliti esperimenti =S…
Bhé,  spero possa esservi piaciuta! Aspetto i vostri commenti/ critiche/ consigli.
Grazie per aver letto,

Iria.

Questa fanfiction si è classificata quinta al “FilosoFandom Contest” indetto da PucchykoGirl ed è stata vincitrice, inoltre, del premio Angst.



5° classificata: What about madness (Iria)

Premetto: la storia in sé l’ho trovata veramente affascinante ed ammetto che abbia avuto un certo effetto magnetico nei miei confronti – di norma, amo veramente questo genere di storia, ma ci sono stati diversi particolari che non mi hanno permesso di apprezzarla appieno…
Innanzitutto, complimenti. Complimenti per il lessico che utilizzi e complimenti anche per l’uso dell’italiano: ho trovato giusto un errore di un’importanza rilevante in nove pagine e sinceramente, ho preferito soprassedere senza darvi troppa importanza, poiché suddetto strafalcione è stato commesso solo una volta e gli ho attribuito come causa la distrazione – anche se per un secondo mi sono cappottata dalla sedia nel vedere la virgola tra soggetto e verbo… -, vi sono però alcuni errori di battitura qua e là e, a mio avviso, un utilizzo eccessivo dei punti di sospensione, ma per parlare di questo, mi soffermerò più avanti su un altro punto che esula dalla grammatica fine a se stessa.
No, errori gravi non ce ne sono, giusto una – forse due – parole mancate, qualche virgola in eccesso – ma penso di non averne contate più di tre – e uno spazio di troppo in due casi, nulla di cui preoccuparsi, comunque; tutte cose che puoi risistemare ad una semplice rilettura.
Ritornando alla questione ‘puntini’ – tasto dolente -, ti dirò che ho trovato la storia poco scorrevole in alcuni punti proprio a causa di un abuso della punteggiatura e questo non mi ha permesso di goderla appieno, poiché ho dovuto cambiare intonazione più di una volta per capire come dovessi effettivamente leggere il periodo su cui mi ero soffermata.
Sempre riallacciandomi alla scorrevolezza del testo: alcuni periodi erano, a mio avviso, troppo ridondanti – per quanto io adori con ogni fibra del mio essere gli scritti ‘barocchi’ – e mi sono vista costretta a rileggerli più di una volta per poterci saltare fuori; in genere apprezzo i periodi lunghi, ma in questo caso, credo stonassero con il ritmo con cui la storia sembrava presentarsi… Per dirti, all’inizio mi dava l’idea di essere più veloce e incalzante in quel susseguirsi di pensieri e di cambi di point of view – e ti dirò anche che quel ritmo calzava a pennello con il genere di struttura che avevi scelti per la storia -, ma presto mi sono ritrovata a dover frenare bruscamente e questo mi ha dato piuttosto fastidio, perché alla lunga ho trovato il ritmo – ora divenuto più lento – poco adatto al genere di storia.
Invece, per passare agli aspetti positivi – perché la fic ne ha e non pochi – ho apprezzato questo tuo ‘osare’, proponendomi un esperimento, l’unica pecca è che la lunghezza della storia non mi abbia permesso di godere appieno del cambio continuo di punto di vista (in alcuni momenti non capivo più se fosse Kai o se fosse Yurij a parlare…), ma complimenti – e sono davvero sinceri – per l’idea, perché l’ho trovata innovativa e originale, soprattutto nel contesto in cui era posta, ovvero uno scambio di sguardi intenso, la cui ‘motivazione’ viene svelata solo alla fine!
E a proposito di finali… La conclusione della storia mi ha lasciato un attimo perplessa.
Senz’ombra di dubbio esplica e rende – davvero bene, per giunta, quindi “brava!”- la citazione da te scelta, ma l’ho trovata nel contempo un po’ ostentata, forse esagerata, per quanto io questi due in pairing li veda solo preda di un amore malato; di troppo, ecco, forse questo è il termine giusto!
Credo che tu avessi già sufficientemente spiegato il livello di follia, raggiunto dai loro trip mentali nel descrivere il loro flusso di pensieri – spesso contraddittori e totalmente slegati, ma (pensa…) questo l’ho solo amato, all’interno della storia! -, ma d’altro canto, penso che senza quel finale, non mi sarebbe stato davvero chiaro l’utilizzo della citazione… (Benché tu l’avessi scritto nelle note, tendo a non considerare eventuali spiegazioni sull’utilizzo di citazioni e/o prompt, qualora questa non sia chiara nella storia, perché – in quel caso – sarebbe un errore dell’autore il non essere riuscito ad esplicarla meglio all’interno del racconto.)
I personaggi, invece, li ho trovati semplicemente perfetti! Li ho sempre immaginati così, in una sorta di ‘guerra continua’, che seguitano a scambiarsi sguardi che dicono tutto e niente, in continuo conflitto e a metà, “in bilico” oserei dire, di un sottile confine tra odio e amore.
In compenso ho trovato il registro linguistico – per quanto splendido, come ho già sottolineato all’inizio – poco adatto ai loro caratteri… Essenzialmente perché non credo che né Yurij, né Kai siano personaggi in grado d’esprimersi in maniera così aulica. (Ma non sono nemmeno due soggetti di una grettezza unica, sia chiaro questo…)
Che dire in un sunto? In generale la storia mi ha trasmesso molto, te lo devo dire, perché la tua capacità espressiva è molto forte – soprattutto per quanto concerne alcune metafore da te utilizzate che (veramente!) ho apprezzato e ho amato con ogni parte di me, perché davvero magnifiche -, ma per diversi punti – che ho già illustrato sopra – l’ho trovata carente in alcuni aspetti.
Rimane una fanfiction godibile e sicuramente ad un livello leggermente più alto della media che, con qualche aggiustatina, potrebbe veramente diventare perfetta e lo dico sinceramente, perché tutta la storia ha un potenziale immenso!
Ho provveduto a segnalarti eventuali errori o parti che mi convincevano poco all’interno del documento, quindi, qualora volessi discuterne con me, non esitare a contattarmi.

   
 
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