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Autore: fiammah_grace    02/02/2010    3 recensioni
Periodo indefinito, post Bleach. A Karakura vi è ancora movimento per via degli hollow e alla Soul Society viene deciso di mandare gli shinigami, così da ristabilire al più presto l’ordine.
Tra i capitani verrà inviato Byakuya Kuchiki che, per un caso del tutto fortuito, tra uno scontro e l’altro, si ritroverà ad avere a che fare con una vecchia compagnia risalente a 100 anni prima, Yoruichi Shihoin. La donna ormai era scomparsa dalla sua vita e non pensava avrebbe avuto più contatti diretti con lei, specie per le profonde differenze che le loro strade avevano preso ormai.
Il tutto si complicherà per entrambi, quando a Byakuya verrà chiesto di rimanere a tempo indeterminato a Karakura.
Un po’ per gioco, Yoruichi sarà entusiasta di dare un posto dove stare al “Piccolo Byakuya”, dando inizio ad una convivenza di necessità in onore ai “vecchi tempi”, ma poi…
“…should we try again?”
[ByakuyaxYoruichi]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Un pò tutti, Yoruichi Shihoin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice:
Mi premeva molto scrivere una ByakuyaxYoruichi e finalmente ho trovato il tempo per riordinare tutte le mie idee e cominciarla.
Byakuya è stato da subito il mio personaggio maschile preferito e Yoruichi mi ha sempre attratto per il suo carattere molto forte e arrogante. Ho cominciato a vederli bene assieme grazie alla saga del pendolo che ha mostrato la loro relazione in maniera decisamente inedita, solleticando così la mia fantasia che tende già di suo ad accostare personaggi molto diversi fra loro (vi basti pensare che, oltre alla ByakuyaxYoruichi, sono fan della AizenxOrihime e della GrimmjowxRukia, giusto per citare i crack-pairing per i quali impazzisco in bleach).
Tornando a parlare della mia fanfiction, questa è una “what if..?” ambientata post “BLEACH”.
Ho voluto, però, evitare di inventare un eventuale finale del manga, ragion per cui non accennerò più di tanto alla vicenda in sé per sé. Anche perché, rappresentando le ultime rivelazioni della storia, sarebbe davvero difficile immaginare cosa abbia in mente Tite Kubo. Ci tenevo a precisare questo, ora vi lascio alla lettura della mia ByaYoru.
Recensitemi, mi raccomando! Mi aiuterà a capire se vale la pena continuare questo lavoro!

A presto, fiammah_grace

 




CAPITOLO 01





Era abbastanza facile capire quando si fosse nelle vicinanze di casa Shiba.

Enorme e contornata dai più strani arredamenti da “giardino”, essa non poteva assolutamente passare inosservata. Attualmente spuntavano dal terreno due possenti ed inconfondibili braccia in pietra che caratterizzavano quell’abitazione.
Una donna dall’aspetto felino sgattaiolò nelle vicinanze di quell’assurda casa, confondendosi nel buio della notte. Solo i suoi luminosissimi occhi dorati da gatta brillavano tra le siepi incolte.

Scrutò furtiva dentro e solo quando fu certa che la donna dai lunghi capelli neri fosse distratta, le balzò dietro.

“Signorina Kukaku, cara! Sento un profumino! Sono arrivata in tempo, no?!” urlò con l’umore alle stelle, pienamente soddisfatta di averla colta alla sprovvista come sperava.

“Signorina Yoruichi! Che modo di entrare in casa altrui è?” rispose la ragazza con le mani vicino alle orecchie. Fece una pausa, poi sbottò collerica, agitando il mestolo pericolosamente. “Brutta gattaccia! Io ti do da mangiare, ma tu che mi dai in cambio?!” gridò Kukaku.

Nonostante i loro toni grezzi, in realtà le due erano abituate a prendersi in giro in questo modo.

Del resto…da quanti anni si conoscevano?

Impossibile dirlo con certezza. Erano praticamente come sorelle.

Burlarsi l’una dell’altra era il modo di giocare che preferivano. Altre persone, vedendole, le avrebbero prese per due pazze squilibrate, ma Yoruichi e Kukaku avevano un modo esclusivo di intendere l’amicizia. Un modo spontaneo e sincero, esente completamente dai convenevoli.


“Pazza ingrata! Ti ho portato uno nei migliori vini di Karakura!” disse Yoruichi in tutta risposta, alzando una bottiglia di vino rosso da almeno un paio di litri.

“Non sei solo un gattaccio spelacchiato, ma sei anche una tirchia della miseria! Solo una misera bottiglia?!” le urlò l’altra.

“Kukaku, bastarda! Se non stai zitta, non solo ti darò soltanto questa misera bottiglia, ma berrò dinanzi a te le altre due rimanenti!” le rispose Yoruichi alzando le altre due bottiglie con una mano sola.

Le due si fermarono. Di colpo si sorrisero.

 

“Ciao, Yoruichi!”

 

“Ciao, Kukaku!”

 

Dopo tutto quel casino assordante causato dalle loro voci, si salutarono finalmente, pronte a mettersi a tavola.
Pochi minuti, infatti, e la cena fu pronta.
Quello che prima era un tavolo ampio e ben pulito, adesso traboccava di tutto ciò che Kukaku aveva preparato. Ogni tipo di cibaria sembrava essere sepolta sotto quantità spropositate di viveri e bevande di più tipologie.
Strano che a partecipare a quella cena, in effetti, fossero degli ex-membri di due delle quattro famiglie più nobili della Soul Society.


Non si poteva fare a meno di rabbrividire a quello spettacolo:
Salsicce, quattro sformati diversi grondanti di salse, timballi di pasta iper-conditi, formaggi stagionati, risotti, onigiri, verdure farcite, fritti, dolci di più varietà, gelato, vini…il tutto mischiato senza nessun criterio!  


Quello che più dovrebbe sorprendere tuttavia, non era tanto la quantità industriale di cibo, ma piuttosto in quanto poco tempo esse furono capaci di fiondarsi su ogni cosa commestibile presente su quella tavola.

 

Le due amiche, inoltre, trangugiavano senza molti complimenti, completamente a loro agio l’una con l’altra.

 

Tanto da potersi permettere di perdere ogni ritegno.

 

Se non fossero state due donne dai tratti così soavi e belli, nonché dai fisici tonici e formosi, avrebbero potuto essere due maiali.

 

Più tardi, dopo aver sbafato a più non posso, le due si rilassarono.

Kukaku resisteva ancora e si limitava a bere e spiluccare comodamente appoggiata sulla tavola.

Yoruichi invece era già sfinita e quasi del tutto sdraiata a terra.
La gatta emise un sonoro sbadiglio, mentre soddisfatta riempiva l’ennesimo bicchiere di latte.

Esatto! In tutto questo, Yoruichi beveva il latte anche a tavola, durante il normale pasteggio, bevendolo inquietantemente come una normalissima bevanda.

L’essere rimasta un gatto per tanti anni aveva sballato completamente il suo palato.

Il latte sembrava essere un gusto di cui non riusciva più a fare a meno, nonostante sarebbe  disgustoso per chiunque pensare di bere un bicchiere di latte assieme a carne e pasta!

“No! Perché è già finito?” disse amareggiata. Infatti, non scese nel bicchiere più di qualche goccia.

“Perchè è la punizione che ti meriti per non aver preso abbastanza vino, cretina!” le rispose Kukaku Shiba oramai completamente brilla.

“Io voglio il latte. La prossima volta scendi tu allora!”

“Ah, si? E chi ti da fitto, alloggio e la completa bocca chiusa gratis?”

“Vado anche un po’ a scrocco da Urahara…” rispose la donna felino mentre tentava insistentemente di far uscire qualche altra goccia.

Intanto Kukaku fece per alzarsi. Era mezzanotte passata e aveva davanti a se dozzine e dozzine di piatti sporchi e incrostati. Così si avviò in cucina. Sfortunatamente Ganju non era in casa, se no avrebbe rifilato il lavoro sporco a lui, come al solito!


La gatta le si avvicinò mentre infilava un caldo maglioncino arancione.

“Kukaku, io torno a Karakura.” Le disse sbadigliando.

Kukaku Shiba si girò e la guardò seria.

“Nessuno ti cercherebbe qui. Perché non rimani?”

L’amica scosse la testa e le mostrò il suo solito sorriso sicuro di sé.

“E’ giusto che vada così, fidati! E poi oramai mi sono ambientata bene laggiù. Pensa che ho anche un monolocale da quando ho imparato a gestire bene la moneta!”

“Tutto questo è così grandioso da farmi venire il sonno, cara. Eppure io sono sicura che tu rimani per Urahara.” Le rispose schietta.

“Forse hai ragione, ma il problema sono anche io. Qui non c’è più niente che mi appartenga, oramai.”

"Ma davvero..?" le disse maliziosa, quasi a voler sottolineare quel momento di ‘serietà’ di Yoruichi.

Si voltò completamente col busto, tuttavia si rese conto che l’amica aveva parlato più seriamente di quanto pensasse. Infatti le due si guardarono con una serietà inaspettata.

 

“Yoruichi…” sussurrò, ma in verità non trovò le parole adatte da pronunciare.

 

In fin dei conti, quel che aveva detto Yoruichi, non era una bugia.

Anche lei si sentiva così.

Nonostante fosse triste per lei ammetterlo, non era nel suo carattere negare l’evidenza.

E poi, anche per lei le cose stavano allo stesso modo, e da tempo oramai.

Erano simili anche in questo. Erano due disadattate, allontanate per sempre dalla vita che, in un tempo oramai lontanissimo, facevano.

La serata proseguì lenta e insolitamente tranquilla. Tra una chiacchiera e l’altra, l’atmosfera fu ripresa completamente. Quella era infatti una realtà che le due avevano ampiamente accettato, per cui poco ci volle ad entrambe per tornare allegre come prima.

Ancora poche chiacchiere, un the caldo, e Yoruichi saluto l’amica e sparì tra le alte siepi del Rukongai sotto forma felina.


[…]


Erano le due di notte quando Yoruichi riuscì a tornare a Karakura.
Ancora con le sembianze di un gatto nero, percorse velocemente le buie vie della cittadina. Fu costretta ad ammettere che mai come in quel periodo Karakura era stata così sicura e controllata.
Di tanto in tanto avvertiva i reiatsu dei vari shinigami che setacciavano la zona e sconfiggevano i vari hollow che apparivano.
Sospirò pensando a quanto fossero cambiate le cose, ormai, mentre furtivamente sgattaiolava cercando di non essere vista.

Le ci volle poco grazie alla sua agilità per arrivare all’emporio di Urahara.
Nonostante l’orario poco civile, Yoruichi non si preoccupò di evitare di arrampicarsi sugli alberi e saltare sulla finestra dell’amico Kisuke graffiando il vetro in maniera decisamente fastidiosa.
Il sonno del biondo doveva essere molto pesante dato che Yoruichi si ritrovò ad aver graffiato mezzo vetro soltanto per vedere Kisuke girarsi e rigirarsi sul letto.

“Tu guarda..!” disse infastidita e cominciò a urlare il suo nome assicurandosi che non vi fosse nessun umano nei paraggi. Solo dopo l’ennesima graffiata sul vetro finalmente riuscì a ottenere un rumore stridulo abbastanza forte da farlo sobbalzare dal letto.

“Ah! Chi c’è?!” urlò Urahara impugnando prontamente il suo bastone.

Un miagolio attirò la sua attenzione e vide quella bella gattina nera con gli occhi scintillanti.

“Oh, ma guarda chi mi è venuta a trovare..!” disse estasiato.

“Apri, cretino!” lo interruppe la gatta e Urahara non osò obiettare. Mise il cappotto nero, l’immancabile cappello a righe e aprì la finestra. “A cosa devo una visita a quest’ora, mia cara?”

“Tu la prossima volta vedi di aprirmi prima, se non vuoi ritrovarti un vetro sfondato ogni settimana!” gli urlò con voce miagolante.

“Perché..? Che cosa hai fatto alla finestra?” Kisuke guardò meglio e rabbrividì. “ARGH! Non di nuovo! E’ tutto graffiato! E’ un disastro..!”

Yoruichi se la rise e solo dopo aver sceso le scale riprese la sua forma umana.
Urahara intanto la raggiunse e le poggiò sulle sue spalle un leggero yukata dal semplice design.
Accese le luci del locale e illuminò quelle stanze dove prima regnava il buio più tetro.

“E’ un po’ presto per aprire il locale, sai?”

“Non sono qui per questo, lo sai.” Gli disse la donna. “Piuttosto, preparami qualcosa di caldo, fuori si gela!”

L’uomo le sorrise cordialmente e si diede da fare nel scaldarle un po’ di latte.
Yoruichi presto gli fu accanto. Lo guardò a lungo prima di mettersi a frugare nei cassetti della cucina alla ricerca di cibo.

“Ti hanno dato problemi?” gli chiese distrattamente.

“Non particolarmente. Stanno solo facendo il loro lavoro.”

Pochi minuti e la bevanda fu pronta. Sedettero assieme e rimasero per un po’ in un silenzio assolutamente piacevole.
Yoruichi bevve e sentì il corpo riscaldarsi. Era una sensazione decisamente piacevole.
Urahara, inoltre, conosceva perfettamente i suoi gusti e sapeva che, a quell’ora della notte, niente era più rilassante per lei del latte. In realtà…era così in ogni momento della giornata.
La ragazza alzò gli occhi dorati verso di lui e l’osservo, dopo rise.
Urahara rimase perplesso, ma ricambiò quel sorriso ugualmente.

“Sono divertente..?”

“Ah, quello lo sei sempre!” gli disse. “…ma ora sei anche buffo! Dovresti vederti allo specchio, con tutti quei capelli all’aria.”

Il biondo toccò i folti capelli con una mano e cercò di sistemarli un po’.

“Oh, beh…non è che io abbia avuto la prontezza di usare la spazzola alle tre del mattino.”

“Ah, ah..! Sei orribile!” disse in maniera sfacciata, ma solo uno come Urahara avrebbe potuto capire che non c’era cattiveria nelle sue parole.

Yoruichi si alzò e si posizionò dietro la sua sedia.

 

“Faccio io…!”

 

Continuò a ridere mentre con le mani aggiustava i capelli dell’amico.
In verità, era più facile pensare ad una Yoruichi irruente e rude che ad una che dolcemente sistema i capelli di un amico. Eppure lo faceva con disinvoltura, e le sue dita scorrevano tra i capelli di Urahara con una delicatezza quasi irreale e terribilmente piacevole.

“Kukaku mi ha detto che verranno mandati altri shinigami, sai?” disse mentre lentamente si poggiava sulla schiena di Urahara.

Lui non vi fece troppo caso e continuò a sorseggiare la bevanda.

“Lo immaginavo. Nonostante tutto, Karakura non è molto sicura.” Posò la tazza e guardò pensieroso verso il vuoto. “Anzi, i nuovi ibridi tra hollow sembrano essere più forti di quelli di prima. Immagino che smuoveranno anche i capitani.”

Yoruichi chiuse gli occhi e sospirò mentre si abbandonava quasi del tutto su di lui.

“Penso che lo abbiano già fatto.”

“Eh, eh..!” le rispose soddisfatto. “Dunque chiederanno ancora una volta il mio ausilio?”

“Sempre che non si rivelino orgogliosi. Però non pensiamoci più. Infondo, quello non è più il nostro mondo.” Gli disse con voce bassa, stanca di parlare sempre della Soul Society.

Tuttavia Urahara non riuscì ad evitare l’argomento. Del resto, lui non era mai stato capace di cancellare il passato.


[…]


Nella Soul Society regnava un silenzio e una tranquillità a cui non si era più abituati.
Ciò era dovuto anche all’assenza di molti capitani e luogotenenti che erano via a sorvegliare Karakura.

“Rukia, sei sicura di aver fatto bene i rapporti?” chiese Renji mentre guardava preoccupato una grande quantità di fogli che la giovane stringeva sul petto.

“Abarai Renji. Sei tu anormale che nel tuo status di luogotenente ti ritrovi con un protocollo di appena due paginette!”

“Eh? Ma perché? Cosa dovevo scrivere..?” le chiese.

Rukia scosse la testa.

“Lascia perdere! È incredibile, sei sempre il solito!”

I due si stavano recando nella dimora Kuchiki, dove il capitano della sesta compagnia, Byakuya Kuchiki, li attendeva.
La grande villa della nobile famiglia era immensa e davvero molto curata. Ci volle poco per riconoscerla anche a debita distanza.
Non appena Rukia scorse i ciliegi in fiore della villa si fermò e, solo dopo qualche metro, il ragazzo dai capelli rossi si accorse che l’amica non era più di fianco a lui.

“Ehi! Ti si sono paralizzate le gambe?” urlò.

“Cretino!” gli rispose seccata. “Non c’è bisogno che andiamo entrambi a dare queste carte a mio fratello.” Gli allungò i suoi rapporti. “Portaglieli tu.”

Renji prese i fogli e non riuscì proprio a capire perché mai Rukia non volesse venire con lui.

“Va tutto bene, nana?” le disse picchiettando la testa di lei come fosse una porta.

Rukia si ritrasse, infastidita da quel gesto.


“Io sto benissimo!” disse divincolandosi. “Pensa a te piuttosto! Ora va dal nobile fratello. Tanto si sarà già accorto della tua presenza!”

 

Renji rimase ferito. Non riusciva a spiegarsi il perchè, nonostante gli anni, tra Rukia e Byakuya ci fosse ancora tutta quella freddezza. Tuttavia decise di non insistere. Erano questioni tra “fratelli”, dopotutto.

Così proseguì da solo, ancora assorto.

Come sempre, orientarsi era difficile lì dentro, specie per un uomo umile come lui, per niente abituato a quegli infiniti spazi.
Mentre avanzava, si distrasse più volte ad ammirare il grande giardino perfettamente curato.
I ciliegi erano già in fiore, i piccoli arbusti appena tagliati, le fontane erano perfettamente pulite e rendevano l’ambiente ancora più elegante.
Si avvicinò ad una di queste e fece per specchiarsi nell’acqua, quando una voce molto severa lo richiamò.

“Renji.”

Renji sbottò e vide che il fusuma di casa era aperto.
Un giovane uomo dall’aria nobile, seduto accanto ad un tavolino basso, lo guardava con uno sguardo quasi sprezzante.

“Capitano! Io non...stavo solo..!”

“Non m’interessa cosa stavi facendo.” Disse seccamente, interrompendolo.

Byakuya Kuchiki, come sempre, era molto freddo e distaccato, e non solo caratterialmente.

Già il suo aspetto rappresentava un attendibile biglietto da visita.  

I sottili capelli neri, lunghi fino alle spalle raccolti in parte dal copricapo tipico della famiglia Kuchiki.
Il viso pallido e sottile. Gli occhi di un colore a metà tra il blu e il grigio chiaro, così vitrei da sembrare di ghiaccio. Il fisico longilineo ma muscoloso, coperto dall’abito nero da shinigami…

…Già solo trovandosi davanti un soggetto simile, di così grande elite e autorevolezza, destava soggezione in molti.

Con un gesto molto elegante, il capitano allungò appena la mano verso Renji.
Il rosso solo dopo capì che voleva i protocolli per i quali era venuto, così con fare goffo glieli mise in mano. Ancora una volta, dovette sostenere quegli occhi così gelidi che scrutavano lui e i rapporti scritti.

“Ehm…non è che ci sia molto da dire, per questo…”

Mentre Renji balbettava improvvisando qualsiasi cosa per spezzare in qualche modo quel silenzio non esattamente rilassante, Byakuya aveva già messo da parte il suo ridicolo rapporto, preferendo di gran lunga leggere quello della sorella, decisamente più dettagliato e chiaro.

“Ehm, poi volevo anche dire che...”

“Sto leggendo, Renji.”

“Ah! Eh…Okay.”

Per una manciata di minuti regnò un silenzio decisamente imbarazzante.
Con tutta calma il capitano finì di leggere e posò delicatamente tutti i fogli sul tavolo. Prese una penna e cominciò a scrivere.

“Hai già avuto modo di parlare con il comandante Yamamoto?” chiese dopo un bel po’.

Renji si apprestò subito a rispondere.

“Direttamente con lui no, ma è quasi certo che avranno bisogno di noi. La quarta compagnia sta lavorando decisamente molto e dovranno farlo ancora di più se non saranno mandati a Karakura i luogotenenti e i capitani delle altre divisioni.”

Byakuya rimase in silenzio pensieroso. Il rosso deglutì e, con tono basso, gli si rivolse esitante.

“Se sarà necessario, andrete?” tentennò.

“In verità, mi è stato già chiesto.” Gli rispose prontamente Byakuya, del tutto impassibile.

Renji, sentendo quella parole, sbottò e istintivamente diede un violento pugno sulla scrivania facendo sobbalzare tutti i fogli e i fascicoli.
Si sentì terribilmente inutile e ridicolo… e il fatto che in quel momento fosse presente anche Byakuya non lo fece star meglio.

“Dannazione! Io non sono stato chiamato, invece!”

Byakuya lo guardò con disapprovo, ma non ritenne necessario rimproverarlo. Conosceva bene il carattere istintivo del suo luogotenente Renji.

“Evidentemente non ce n’è bisogno. Uno o due capitani e una manciata di luogotenenti saranno più che sufficienti per sistemare la situazione.”

Il rosso si sentì tremare di rabbia, ma si limitò a chinare il capo ed annuire.
Il capitano preferì evitare di continuare l’argomento ulteriormente.
Con fare leggiadro si allontanò dal tavolo. Infilò l’haori bianco da capitano e la sua immancabile sciarpa, regalatogli dal nonno tempo addietro.
Prima di solcare la porta fece cenno a Renji di seguirlo, il quale non tardò nell’essergli fedelmente accanto.
Una volta chiuso il fusuma, Byakuya gli si rivolse.

“Ci sono hollow sempre più forti in città, non è detto che non serviranno ulteriori soccorsi. Fino ad allora dovrai occuparti tu di controllare la situazione nella Soul Society in generale.”

“Si certo...” disse Renji distratto.

“Sai cosa significa? Dovrai rispondere delle tue azioni, nel caso di una mia assenza prolungata.”

“Ho capito. Mi terrò pronto. Piuttosto, è oramai ufficiale questa partenza?”

L’uomo dai capelli scuri non rispose e solo in quel momento il luogotenente dedusse che, probabilmente, stesse osando troppo rappresentando gli standard dell’aristocratico Byakuya.

Proseguirono fino al gotei, dove Renji avrebbe dovuto separarsi dal capitano.
Ovviamente il rosso aveva capito perfettamente il discorso affrontato precedentemente da Byakuya, sulle responsabilità che avrebbe avuto qualora lui non ci fosse stato.
Tuttavia era terribile la sensazione che provava in corpo. Quella di essere, ancora una volta, non in prima linea.
Scosse la testa e cercò di farsene una ragione.

Arrivati, Byakuya scorse Rukia in lontananza.
Era seduta sul ciglio della strada intenta a concentrare le sue energie per applicare dei Kido di lieve forza su piccoli oggetti.

“Vai da lei.” Disse improvvisamente con un tono che suonava quasi un comando. Tuttavia aveva un che di dolce.

“Da chi?”

Renji non si aspettava un’affermazione simile e solo dopo aver guardato con attenzione la traiettoria degli occhi di Byakuya, si accorse della ragazza dai capelli folti e scuri.

“Rukia? Che fa li da sola..?”

La guardò a lungo, ripensando anche allo strano comportamento che aveva avuto quella mattina.

“Durante una mia eventuale assenza, assicurati che le vada tutto bene.”

Girò seccatamene gli occhi verso Renji che intanto era rimasto quasi incantato a guardarla.

“…ma non osare altro.” gli minacciò con tono alto.

Renji sgranò gli occhi e si agitò nell’udire una simile frase.

“EH?! M-ma certo, ovvio! Cosa pensi che io…cioè che lei a me…noi, cioè io..? Ah, ah..! Che dite?” scosse la testa e cercò di formulare una frase con senso compiuto. “E-ehm, state sicuro. Mi occuperò della sua salvaguardia.”

“Sarà meglio per te.” rispose aspramente e si divise da Renji che rimase senza parole, terribilmente a disagio.

 


[…]


Quando Byakuya Kuchiki fu finalmente convocato dal comandante Yamamoto, era completamente da solo.
Intuì facilmente il perchè.
Era raro che i capitani fossero mandati in spedizioni simili e se si fosse saputo in giro si sarebbe scatenato il panico. Specie se ad essere mandato fosse il capitano della sesta compagnia, addetta alla sicurezza urbana. Dunque era molto meglio se la sua partenza fosse avvenuta nella discrezione più assoluta.

Non appena fu dentro, immediatamente il luogotenente Chojiro Sasakibe gli si avvicinò e con fare elegante lo fece accomodare.

“Capitano Kuchiki, il comandante Yamamoto attendeva il suo arrivo.” Disse con voce cordiale.

Byakuya annuì ed entrò. Il comandante generale di tutte le gotei della Soul Society era un uomo dall’apparenza molto stanca, ed era anche decisamente anziano. Spesso capitava che nel gotei qualcuno dubitasse di lui o fosse perplesso su molte sue decisioni, ma alla fine si era sempre rivelato un uomo la cui freddezza e indifferenza era soltanto una maschera per poter trasmettere l'autorità che lo contraddistingueva.
Il giovane capitano della sesta compagnia fece per richiamare la sua attenzione, ma Yamamoto lo bloccò cominciando a parlare distrattamente.

“Nonostante sia passato già un mese, c’è ancora tanto da fare. La distruzione è il segno che rimarrà indelebile nella Soul Society.”

“Tutta la gotei si sta dando molto da fare per ripristinare tutto al suo stato…”

“Una distruzione non solo fisica, ragazzo.” Lo interruppe guardandolo negli occhi. “Le conseguenze sono anche nell’anima della Soul Society e di chi ci vive. Un qualcosa che è accaduto non solo per colpa di eventi imprevedibili.”

L’anziano comandante rimase fermo a guardare il panorama per una manciata di secondi, poi si avvicino a Byakuya.

“Byakuya Kuchiki. Normalmente non dovrei permettere che il capitano della compagnia addetta alla sicurezza della Soul Society abbandoni la sua postazione, ma non possiamo permetterci di mandare così tanti shinigami a discapito del personale. Specie in questo periodo.” Sospirò, poi proseguì. “Abbiamo bisogno sia di chi aiuta a ripristinare la città, che di chi la difende. Fortunatamente qui abbiamo guerrieri e volontari pronti a difendere la Soul Society, ma nel mondo umano no. Se ci dividiamo nettamente, rischiamo errori imperdonabili.”

“Quindi meglio pochi guerrieri e buoni, dico bene?” dedusse il capitano Kuchiki. Yamamoto si sorprese dell’affermazione del giovane.

“Mandando te a Karakura permetterò ad almeno quindici shinigami di tornare qui e dare manodopera. Dunque è come dici tu.” assunse improvvisamente un tono più colloquiale. “Sei d’accordo, capitano Byakuya Kuchiki?”

“Quello che il comandante Yamamoto ordina.” Byakuya fece un lieve inchino e si congedò.

Il comandante sorrise soddisfatto.

 

‘Sei d’accordo, capitano Byakuya Kuchiki?’

 

Mentre raggiungeva la caserma della sua brigata, gli tornarono in mente le parole del comandante Yamamoto.
Byakuya non si era mai chiesto, nemmeno quella volta, se lui fosse veramente d’accordo o meno con le decisioni dei suoi superiori. O con ciò che gli imponevano i suoi doveri.
Le regole erano le regole. Andavano rispettate.
Pensava fosse giusto così. Era stato abituato a pensarla così.
Però, In effetti, il suo rapporto con esse era stato sempre del tutto esclusivo.

Per così tanto tempo si era impegnato a rispettarle senza mai porre alcuna obbiezione, ma allo stesso tempo a lottarci contro.

Quindi dire quanto tenesse al rispetto di esse era difficile.
Superficialmente molto. Eppure aveva già messo in discussione quel sistema ai suoi occhi indiscutibile, un tempo. Per questo, sempre più spesso, non sapeva più come comportarsi.
Soprattutto adesso che le cose erano profondamente cambiate alla Soul Society. Dove gli eventi accaduti pochi mesi prima gli avevano dimostrato quanto tutto il suo mondo fosse così fragile in realtà …

Cosa aveva veramente la priorità per lui, adesso?

Scosse la testa.

Sapeva che il suo dovere era quello di ristabilire l’ordine e quindi questo aveva la priorità assoluta, al momento. Inutile pensare ad altro.

Le sue risposte sarebbero venute, un giorno.


[…]

 


  
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