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Autore: Tetide    11/02/2010    4 recensioni
D'Artagnan & C. ai giorni nostri: loro sono poliziotti a Parigi, tra di loro c'è Aramis che ha una sorella gemella sensibile e coraggiosa, che sarà capace di portare imprevedibili sviluppi nel dipartimento: sarà lei, infatti, a svelare le losche trame di un giudice corrotto e prepotente, di nome Mansonne.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7- Sopra ogni cosa CAPITOLO 7
SOPRA OGNI COSA

Nota: il rating arancione apposto a questa storia è dovuto alle scene di morte apparente di Renée contenute in questo capitolo. Il codice nero, presente nel triage ospedaliero in rari e gravissimi casi, si applica a quelle situazioni (ad es., decapitazione, carbonizzazione) in cui sia stata accertata e manifesta la morte del paziente; è da notare, però, che solo un medico è autorizzato ad apporre il cartellino nero, mentre il personale infermieristico può apporre solo quello rosso, anche in caso di morte manifesta come nei casi sopra descritti.
In caso di cartellino nero, ovviamente, non viene eseguita nessuna manovra di rianimazione, ma si attende l’autorizzazione legale a rimuovere il corpo del deceduto.

Aramis se ne stava con gli occhi sbarrati e vitrei, seduto rigidamente al suo posto, mentre avrebbe voluto spingere quell’aereo fino a farlo arrivare a Parigi alla velocità del suo stesso pensiero.
Seduta accanto a lui, Francine gli teneva teneramente la mano.
“Aramis…”.
Nessuna risposta.
“Aramis, ti prego, dì qualcosa…”.
Ancora silenzio.
“Amore mio, ti prego…” gli passò una mano tremante sul viso, a mò di carezza.  
“… L’ho persa…”,
“Aramis, non l’hai persa!”,
“… Ed è solo colpa mia…”,
“E’ solo ferita, è in ospedale…”,
“Se solo avessi portato con me il cellulare… lo zio avrebbe potuto contattarmi…”,
“Amore mio…”,
“Ci dovrei essere IO al suo posto, ora!!” scoppiò a piangere.
“Non fare così, Ara, ti sentiranno tutti! E poi, devi smetterla con questo pessimismo: tu la dài già per morta, e magari non lo è!!”.
Ma l’uomo continuava a singhiozzare, disperato.
Era stato difficile trovare quel volo last-minute diretto a Parigi, poco prima di Capodanno, quando gli aerei sono, di solito, al completo; erano riusciti solo a trovare due posti su di un volo in partenza la mattina successiva, soltanto perché una coppia di passeggeri aveva rinunciato al suo viaggio. La notte che aveva preceduto il ritorno, Aramis aveva dormito pochissimo, ed in modo abbastanza sofferto: continuava ad avere incubi in cui si trovava al funerale dei genitori, da solo, ed avvicinandosi alla bara aperta del padre vi trovava, invece, … Renée!
Inutile dirlo, si era svegliato di soprassalto, urlando; e Fran lo aveva abbracciato ed accarezzato, mentre lui si lasciava andare alle lacrime.

Arrivarono a Parigi dopo un’ora e mezza che ad Aramis parve un secolo; per prima cosa chiamarono un tassì e si precipitarono immediatamente all’ospedale, dove sapevano che avrebbero trovato Athos e gli altri.
Per il momento, lasciarono i loro bagagli al deposito dell’aeroporto, non c’era tempo per andare a casa per posarli.
Il piazzale dell’ospedale era pieno di ambulanze, quel giorno c’erano state parecchie emergenze a causa delle prove dei botti di Capodanno, che molti usavano senza prendere alcuna precauzione; fermo all’ingresso, ad aspettarli, c’era Porthos.
“Eccoci! Siamo qui!” gridò Aramis non appena lo vide.
I due amici si abbracciarono; “Venite, seguitemi” fece poi Porthos.
Attraversarono interminabili corridoi gremiti di infermieri, medici e personale vario che odorava di etere e medicinali, quell’odore di sofferenza ed angoscia che ad Aramis ricordava troppo da vicino la camera ardente dei genitori, tanto tempo prima. Il suo cuore sanguinava il doppio.
Li avevano portati al pronto soccorso del più vicino ospedale non appena ritornati in Francia, lo ricordava benissimo; lì, era stata allestita una piccola camera ardente; e mentre lo zio sbrigava le penose formalità di riconoscimento dei bagagli, lui e Renée erano rimasti immobili ed in silenzio di fronte a quelle due bare che chiudevano per sempre dentro di sé la loro spensieratezza di bambini.
Lui e Renée…
Strizzò gli occhi, che si erano riempiti di lacrime.
Non mi lasciare, sei tutta la mia famiglia!, pensò.
Raggiunsero la stanza dove si trovava la ragazza: giaceva in un letto, una maschera d’ossigeno sul viso ed una macchina che segnava i suoi battiti cardiaci ed i segnali del cervello accanto.
Il primo volto che Aramis vide entrando fu quello di Athos.
Anche i suoi occhi erano vitrei, inespressivi.
Spinto da una rabbia cieca, che solo il dolore poteva generare, gli si scagliò addosso.
“Bastardo!! Perché non l’hai protetta? Tu mi avevi detto di amarla!”.
L’uomo si lasciò afferrare, senza aver la forza di reagire; solo, disse con voce rotta da un pianto a stento soffocato “Non lo sapevo… perdonami, Aramis… non potevo credere che fosse davvero lei…”.
Per calmarlo, intervennero D’Artagnan e De Treville, che cercarono di separarli. Il commissario disse: “E’ vero! Tua sorella è stata eroica! E’ solo grazie a lei se abbiamo potuto prendere quel furfante! Tu non avresti potuto fare di meglio!”,
“Ha salvato la mia vita e quella di Costance!” aggiunse D’Artagnan.
Aramis mollò la presa, e si buttò in ginocchio, al lato del letto della sorella.
“Ritorna, ti prego… ritorna tra noi…!”.
Scoppiò di nuovo a piangere; Francine gli si accovacciò accanto e lo abbracciò, in silenzio.
Tutti lo guardavano, mesti e senza parole.
Più di tutti, Athos lo fissava, smarrito. Si sentiva in colpa per non averla riconosciuta, per non averla saputa proteggere; lei, la donna che amava!! Sì, ormai ne era certo, lui l’amava, soprattutto adesso che aveva scoperto che meravigliosa donna forte, coraggiosa ed appassionata fosse.
E proprio come Aramis, desiderava una sola cosa: riaverla lì con loro.
Sopra ogni cosa.

                                                **********

Le ore passavano, lente.
I toni altamente drammatici e la concitazione dei primi momenti si erano lentamente stemperate, lasciando il posto ad una composta, serpeggiante ed opprimente angoscia.
Tutti sedevano nella stanzetta di Renée, in silenzio. Nessuno osava fiatare.
Persino il sempre allegro Porthos sembrava aver perso improvvisamente la voce assieme al suo proverbiale appetito.
Aramis era imbambolato su di una poltroncina, i suoi bellissimi occhi azzurri divenuti vitrei e fissi a terra, privi di espressione.
Francine gli si avvicinò, una tazza di caffè fumante in mano.
“Ara…” gli sussurrò in un orecchio.
Lui non rispose, e nemmeno si mosse.
“Ara, ti prego, prendi qualcosa, non mangi niente da ieri…”;
lui scosse lievemente la testa “Non ho fame”, disse.
La donna si accovacciò accanto a lui.
“Amore, credi che serva a qualcosa far così? Renée è in coma, e non si sveglierà certo solo perché tu ti lasci andare così! Per il tuo bene, cerca di buttare giù qualcosa!”.
Nell’altro lato della stanza, D’Artagnan e Costance sedevano su due sedie vicine, lei con le mani in quelle di lui.
“Ma perché non ci dicono niente?” fece lei “Quattro dottori diversi sono venuti qui, e nessuno ci ha detto una parola sulle sue condizioni! Perché non fanno qualcosa?”. Aveva sussurrato all’orecchio del fidanzato, ma il silenzio nella stanza era talmente pesante da avere quasi un’eco; Aramis la sentì, e le rispose ad alta voce, rompendo quella coltre di mutismo.
“Perché è morta, ecco perché!! Clinicamente morta! Morta! Morta! Morta!”, gridò, prima di scoppiare a piangere. Francine gli accarezzò la testa, mentre due silenziose lacrime le scendevano giù per le guance.
Nella stanza tornò il silenzio: nessuno aveva saputo cosa dire. Il solo rumore che riprese a regnare era il bip-bip del respiratore che teneva in vita Renée.
De Treville era rimasto seduto accanto al letto della nipote a vegliarla, Aramis non ne aveva avuto la forza: non voleva vederla tanto da vicino mentre si spegneva, non ci riusciva.
L’anziano commissario guardava con gli occhi di un padre la ragazza, scostandole ogni tanto una ciocca di capelli dalla fronte in una lieve carezza.
Gli occhi di Aramis erano troppo vitrei persino per piangere.

Io son qua, e ti sento

Ma è troppo stanca quest’illusione
di ciò che ho perso e che vorrei…(1)

La mia ferita che cosa è
aiutami a guarire
perché tu sei la luce
ma anche l’ombra del dolore
dentro me(1)

…E resta qua, vicino a me!
non lasciarmi mai solo
ho paura che senza te
non vivrò mai davvero…(1)

Se Renée era ridotta in quello stato, la colpa era soltanto sua, e della sua stupida leggerezza! Perché non aveva portato con sé il cellulare?
Per Aramis era inconcepibile vivere senza la sorella. Non averla più accanto, non sentire più la sua voce, la sua risata fresca, non vedere più i suoi occhi pieni di vita e di gioia di vivere: non era qualcosa di anche lontanamente concepibile, per lui. Lei era la parte mancante di sé stesso, l’altra metà della sua anima, era tutta la sua famiglia! Come avrebbe fatto se lei fosse davvero… morta?
Sentì un’ondata di dolore soffocante salirgli su per il petto, fino a chiudergli la gola in una morsa; pronunciò un  “NO” in modo tanto flebile che alle orecchie degli altri apparve solo come un gemito confuso.
Athos non era nella stanza assieme a loro. Si sentiva in colpa per non esser riuscito a proteggerla, e non si sentiva quindi di tollerare lo sguardo pietosamente accusatore di Aramis.
Dentro di lui albergava una rabbia sorda contro sé stesso, che sfociava di tanto in tanto nel dolore, il dolore bruciante di aver perso per sempre il suo… amore! Sì, Renée era il suo amore, lo aveva ormai capito! E non poteva, non poteva morire senza averlo neanche saputo da lui!
Continuava a camminare su e giù per il corridoio, ogni tanto avvicinandosi ad una finestra aperta per accendersi una sigaretta; fuori dal cupo ospedale, si respirava l’aria delle Festività Natalizie, quell’aria di festa spumeggiante e spensierata che gli piaceva da sempre. Mancavano pochi giorni al Capodanno, e non era certamente così che avevano immaginato di viverlo!

Un infermiere che spingeva una barella entrò nella stanzetta, insieme ad un dottore. Entrambi avevano un’aria mesta e sconfitta.
Tutti si alzarono, e si rivolsero loro: “Allora?”,
“La portiamo in Pronto Soccorso. Uscite, prego” disse un dottore.
“No che non esco, sono suo fratello!” disse con veemenza Aramis.
“Signore, per favore, non ostacoli il nostro compito. Ci aiuti ad aiutare sua sorella”, poi si rivolse all’infermiere “Jussac! Sposti la signora sulla barella, coraggio!”.
Il ragazzo biondo tremava; Athos era rientrato nella stanza, alla vista del gruppo di medici ed infermieri, ed ora stava a sentire con gli occhi sbarrati.
Aiutò gli altri a tirar fuori dalla stanza un letteralmente isterico Aramis.
La porta si richiuse dietro di loro.
“Che cosa le faranno?” gemette Aramis.
Lo zio gli pose una mano su di una spalla “Dobbiamo essere forti. Per Renée” gli disse.
Dopo un tempo che a loro parve interminabile, la porta si riaprì, ed il gruppetto sanitario ne uscì, spingendo la barella che, ora, non era più vuota.
Renée vi giaceva sopra.
Tutti la seguirono con gli occhi, mentre il gruppetto si faceva sempre più piccolo, fino a sparire in fondo al corridoio.
“Andiamo!”, Aramis prese Athos per un braccio e fece cenno agli altri con l’altra mano.
Tutti lo seguirono fino al piano terra, dove si trovava il Pronto Soccorso.
La ragazza era già dentro.
Si radunarono accanto alla porta, fissando la luce rossa accesa. I minuti parevano non passare mai.
All’improvviso, la porta si riaprì, la luce si spense.
Non erano passati che pochi minuti.
I dottori furono i primi ad uscire; Aramis ed Athos quasi si gettarono loro addosso.
“Allora? Allora, dottore? Come sta?”.
L’uomo fece un sospiro; poi rispose “La riportiamo in camera”.
Non l’aveva nemmeno guardato negli occhi.
L’attenzione dei presenti si spostò alla donna sulla barella che veniva portata fuori dall’infermiere. Aramis e gli altri poterono notare che non era più attaccata alle macchine; sulle prime, si sentì sollevato.
“Sta meglio, forse. Non ha più bisogno di quegli affari” disse.
Poi notò che anche l’infermiere, come prima i dottori, aveva un’aria sconfitta e triste.
L’uomo indirizzò la barella verso una nuova stanza, diversa dalla precedente; tutti si domandarono il perché.
Quando entrarono, si accorsero che la stanza era buia e fredda, che le serrande erano chiuse e non c’erano sedie per sedersi.
“Ma perché l’hanno portata qui?” si chiese Aramis.
Athos fermò l’infermiere che stava uscendo, dopo aver lasciato in un angolo la barella “Scusi, ma perché qui? E come sta Renée?”.
Quello mantenne lo sguardo basso “Dovete attendere l’arrivo del medico…”,
“Le avete tolto i respiratori: significa che sta meglio?” insistette Athos,
“Jussac! Venga, presto!!” una voce richiamò altrove l’infermiere.
“Scusate” fece quello, scansando Athos per uscire. Lui non sapeva dire perché, ma aveva l’impressione che l’infermiere si fosse sentito sollevato dal non dovergli rispondere.
Rientrò nella stanza, nella quale regnava una strana atmosfera: era come se tutti si sentissero gravati da un oscuro presentimento senza nome, avvolti dalla penombra della stanza.
Perché quella stanza era così defilata rispetto al viavai del Pronto Soccorso, si chiedeva Aramis, e perché erano lì già da un quarto d’ora buono, ma nessuno veniva?
“Basta! Vado a chiamare un dottore!”, il tenente sbottò, uscendo dalla stanza, prima che Athos e gli altri potessero fermarlo, compresa Francine.
Percorse il lungo corridoio, fino alla sala degli infermieri; vi entrò.
“Signore, cosa fa lei qui?” chiese un’infermiera,
“C’è un dottore, qui? Qualcuno deve venire a vedere come sta mia sorella; sembra che ci abbiano abbandonati!”,
“Sua sorella è già stata in sala emergenza?” la ragazza gli si avvicinò,
“Sì, è uscita da un poco”,
“Allora stanno aspettando il suo turno in base al codice”,
“Quale codice?” chiese Aramis,
“Il codice-colore. In ospedale, il colore indica la priorità di accesso alle cure”,
“Qual è il codice di mia sorella?”,
“Guardi il cartellino che le hanno messo sul polso”,
“Grazie”.
Il ragazzo tornò indietro, nella stanza dove lo aspettavano gli amici.
“Dunque?” chiese Francine.
Aramis non la sentì nemmeno; si diresse al letto della sorella e le prese il polso, vedendo un cartellino nero.
Cosa vorrà dire?, si chiese.
Si voltò e raggiunse una bacheca appesa al muro che elencava il significato dei vari codici-colore.
Li scorse tutti, uno alla volta: bianco, azzurro, verde… fino a raggiungere quello che gli interessava.
Ed allora lesse:

CODICE NERO: PAZIENTE DECEDUTO/NON RIANIMABILE

Si sentì gelare il sangue nelle vene, e venire meno all’istante. Le sue gambe si erano fatte di piombo.
Perse i sensi e cadde a terra.
“Aramis! Aramis, che cos’hai? Che succede, per l’amor di Dio?”.
Francine era stata la prima ad accorrere, seguita da De Treville e da Athos.
“Figliolo, svegliati!” faceva il commissario.
“… Morta… la dànno per morta… per loro è morta!” gemette Aramis,
“Cosa? Ma che dici, Ara?” Francine non capiva.
Ma Athos aveva già capito. Gli era bastato dare un’occhiata alla tabella e poi al braccialetto di cartone al polso di Renée.
“Non può essere…” mormorava,
“… Persa! L’ho persa per sempre! Addio, Renée!” singhiozzava Aramis,
“Calmati, non fare così!” Francine lo abbracciava, assieme allo zio e a D’Artagnan.
“Ci deve essere qualcosa da poter fare!” sbottò Athos; immediatamente, corse fuori dalla stanza, alla cieca: DOVEVA tentare qualcosa, per salvare la sua Renée!
Afferrò per un braccio un’infermiera di passaggio “Chiami un dottore, presto!” gridò.
Quella, impaurita di fronte a tanta foga, rimase interdetta.
“Ha sentito quello che ho detto?” incalzò Athos,
“Certo… certo, signore… vado subito…”, si  liberò il braccio, e si diresse verso una donna in camice che veniva dal fondo del corridoio “Dottoressa Chevreuse!” la chiamò.
Poco dopo, le due donne si diressero nella triste stanzetta, con Athos che faceva loro strada.
La dottoressa si inginocchiò accanto alla brandina di Renée, e le prese il polso.
“Ma questa donna è viva! Il polso è impercettibile, ma c’è ancora! Per quale ragione l’hanno portata in obitorio?” chiese, quasi scandalizzata; poi, si rivolse ai presenti “Chi l’ha portata qui?”,
“Un dottore magro e stempiato” fece Costance, torcendosi le mani.
“Il dottor Vassinette. Dov’è ora?” chiese, rivolta all’infermiera,
“Sta operando, dottoressa”,
“Molto bene. Vorrà dire che faremo a meno di lui. Vado a chiamare i miei assistenti, lei faccia preparare la sala operatoria B, non c’è un minuto da perdere!”.
Uscì dalla stanza, mentre nel petto di Aramis si era riaccesa una speranza viva quanto una fiamma.
Dopo pochi minuti, Renée fu portata in sala operatoria.

                                            **********

Per due volte, le lancette fecero il giro del quadrante dell’orologio appeso al muro; alle sette paia di occhi rivolte su di esso, quei giri parvero un’eternità.
Infine, la porta della sala operatoria si aprì, e la dottoressa Chevreuse fu la prima ad uscirne, madida di sudore.
Aramis ed Athos le andarono immediatamente incontro, investendola quasi.
“Allora, dottoressa? Come sta?” chiesero, all’unisono.
La donna sorrise debolmente “Ce la farà. E’ forte, la vostra amica! Ha lottato come una tigre!”.
I due uomini si sentirono immediatamente sgravati da un enorme peso, mentre la dottoressa li superava per proseguire il suo percorso lungo il corridoio, togliendosi i guanti.
“Aspetti un minuto!”, la fermò Aramis, “Si è già svegliata?”.
La donna rivolse verso di lui uno sguardo carico di stanchezza “Non ancora. E’ ancora in coma, ma non corre più pericolo di vita”,
“E… quando si sveglierà?” incalzò il giovane,
“Sta a voi. Il cervello di una persona in coma, come sapete, può essere richiamato alla vita solo da qualcosa a cui ella tiene molto, qualcosa che per lei è molto importante”.
Athos ed Aramis si guardarono negli occhi “Qualcosa per cui valga la pena vivere” si dissero l’un l’altro.
Ritornarono dagli altri per comunicare loro le belle notizie, mentre tre infermieri portavano fuori dalla sala operatoria la barella di Renée.

                                          **********

Fu sistemata in una stanza del reparto rianimazione, dove i suoi amici, il fratello e lo zio presero accanitamente a vegliarla, facendo dei turni.
Il commissario De Treville era colui che poteva trattenersi di meno, la sua assenza prolungata dalla gendarmeria stava creando già abbastanza caos con il tribunale; dato che era una libera professionista, Francine era l’unica a poter fare ciò che voleva, quindi rimaneva più a lungo, soprattutto la notte, quando in quella sezione femminile era proibito agli uomini rimanere.
Lo stesso valeva per il giovane gendarme D’Artagnan, che non ricoprendo un alto grado tra i commilitoni, era più libero degli altri: avrebbe potuto rimanere di giorno, ma Aramis non volle sentir ragioni, e fece fuoco e fiamme per farsi sostituire da lui nelle sue mansioni lavorative, mentre lui, da bravo fratello, rimaneva accanto a Renée.
Costance non poteva allontanarsi dal praticandato, pena la perdita del punteggio già acquisito per l’Università; lo stesso valeva per Porthos, assegnato alle ronde di quartiere quasi ogni notte.
Quanto ad Athos, fece di tutto per restare accanto a Renée; insieme ad Aramis le parlava, le pettinava i capelli sparsi sul cuscino, le bagnava le labbra con dell’acqua. Una sera, Costance si commosse a vedere i due uomini, l’uno da una parte del letto, e l’altro dall’altra, che si erano addormentati tenendo ciascuno una mano di Renée.
Ma i giorni passavano, e lei non si svegliava.
Athos la guardava affranto; le aveva persino comperato un CD del suo cantante preferito, quel Baglioni, e glielo faceva ascoltare da un paio di cuffie.
E fu in uno di quegli interminabili pomeriggi, che, approfittando del momentaneo allontanamento di Aramis, il composto Athos si lasciò andare allo sconforto.
“Amore…”, le teneva la mano, come al solito, “ Torna fra di noi! Ci sentiamo così soli, senza di te! Ci mancano le tue risate, il tuo sguardo, la tua vivacità… il tuo coraggio! E’ così, hai dimostrato un grande coraggio, Renée! Tuo fratello non avrebbe saputo far di meglio! E’ solo grazie a te se quegli imbroglioni non faranno più del male a nessuno. Sei una donna coraggiosa e splendida, credi nell’amore e nella giustizia, e non lasceresti mai il tuo dovere per nulla al mondo; è accanto ad una donna come te che io voglio passare il resto della mia vita: io ti amo, Renée!”.
Gli sfuggì una lacrima mentre le carezzava la fronte; prese le cuffie in mano e gliele mise addosso, facendo partire Strada facendo.
“Non sei più sola, Renée. Noi tutti siamo la tua famiglia, Aramis ti adora ed io ti amo. Torna, ci manchi tanto, Renée!”. Si girò coprendosi gli occhi, e si avviò verso la porta.
Appoggiato allo stipite, Aramis aveva assistito a tutta la scena; prese fra le braccia l’amico che gli cadde letteralmente addosso mentre piangeva, e sospirò.
“Le vogliamo bene, Athos. Ritornerà presto, vedrai!”.

Strada facendo vedrai
che non sei più da sola…
Strada facendo troverai
un gancio in mezzo al cielo(2)

… Vedrai più amore, vedrai…(2)

… Perché domani sia migliore, perché domani…(2)

Aramis stava ancora abbracciando Athos in lacrime, quando la loro attenzione fu attirata da un lieve fruscìo proveniente dal letto; Athos smise di piangere, ed entrambi si girarono in quella direzione, rimanendo senza parole.
Renée sollevava e richiudeva lievemente le palpebre, come risvegliandosi da un sonno pesante.
Si precipitarono sul letto “Renée!”,
“Ara…mis” gemette piano la ragazza,
“Sei sveglia, sei viva! Bentornata tra noi, Renée!” il fratello scoppiò in un pianto dirotto, accarezzandole la testa.
“Cosa sta succedendo, Ara?”, Francine era entrata proprio in quel momento, “Renée si è svegliata! La nostra Renée si è svegliata!!” Aramis quasi scoppiava dalla gioia,
“Dio, ti ringrazio” mormorava Athos.
La ragazza osservava le persone a lei più care dagli occhi semiaperti, un lieve sorriso sulle labbra.

                                              **********

Febbraio 2010.
“Allora, ragazze, siete pronte?”, sbuffava Athos,
“Un attimo ancora!”, la voce di Francine gli rispose da dietro la porta chiusa.
Athos sbuffò di nuovo “Un’ora e mezza là dentro… ma quanto accidenti ci vuole ad indossare uno stupido costume?”,
“Non è facile indossare un vestito del Seicento! Le dame dell’epoca impiegavano ore intere a vestirsi, sai!”, Aramis gli era venuto incontro, ridendo e rigirandosi tra le mani un cappello blu a falda larga con una piuma bianca,
“A proposito, chi ha scelto la festa a tema?”,
“Porthos: ha detto che in quella sala da ballo ci sarebbe stato un banchetto pantagruelico”,
“Come al solito! E l’ha scelta infischiandosene del tipo di costumi che avremmo dovuto indossare! Tanto, a lui importa solo dei dolci…”.
Aramis rise di nuovo “Guarda che non stai tanto male vestito da moschettiere, sai! E sono ansioso di vedere le nostre ragazze con una crinolina ed un busto!”,
“Eccoci qui, ci avete chiamato?”, la porta si era aperta, e Francine era stata la prima a parlare.
Aramis rimase senza fiato.
“Amore! Ma… ma… sei bellissima!!”.
Francine gli sorrise, facendogli una piccola riverenza “Grazie, messere! Sono lusingata!”.
Indossava un magnifico abito amaranto, molto scollato sul seno e sulla schiena e con bordature di pizzo alle maniche ed alla scollatura; la gonna era ampia ed il bustino attillato.
“Ci siamo anche noi!”, Renée e Costance uscirono dalla stanza dietro a Francine. Renée portava un abito rosa molto semplice con maniche a sbuffo  corte e guanti, ed aveva i capelli raccolti in un diadema di perle dalla foggia antica.
“Ma dove lo hai trovato, quello?” le chiese Athos, avvicinandosi,
“Ad una rivendita di costumi teatrali, come il vestito”,
“Amore, sei stupenda! Una perfetta dama del ‘600. Anche se credo che tu preferiresti stare nella tua solita uniforme…”,
“Certo che lo preferirei, starei più comoda!!” rispose lei, mettendo su un finto broncio.
Dopo la bruttissima avventura, Renée si era guadagnata la stima di tutta la gendarmeria per il suo coraggio e la sua abilità, e lo zio le aveva proposto di entrare all’Accademia per poter diventare gendarme, cosa che lei aveva accettato quasi subito. In quei pochi giorni, aveva capito davvero cosa voleva fare: combattere le ingiustizie assieme a suo fratello, in fondo, era sempre stato il suo desiderio segreto.
E poi, adesso c’era anche Athos, il suo ragazzo: e questo era un buon modo per stargli accanto tutto il giorno!
“Allora, siamo pronti?” erano arrivati D’Artagnan e Porthos, anche loro vestiti da moschettieri,
“Certo, andiamo” fece Costance sprimacciandosi la gonna del suo ampio abito verde acqua.
Davanti all’ingresso della sala da ballo, quella sera, il fotografo della festa municipale immortalò un gruppo di sette persone, in perfetto costume d’epoca: quattro moschettieri e tre dame del XVII secolo; proprio il Seicento era il tema della festa in maschera.
Fu un Carnevale indimenticabile, per tutti loro, ma soprattutto per Aramis, che aveva ritrovato miracolosamente uno dei suoi due più cari affetti (l’altro era Francine) dopo aver rischiato di perderlo, e per Renée, che dal Capodanno precedente aveva iniziata davvero una nuova vita.
In tutti i sensi.

Strada facendo vedrai
che non sei più da solo
strada facendo troverai, anche tu
un gancio in mezzo al cielo!(2)

La ragazza sorrise ad Athos, che la stringeva alla vita mentre ballavano: aveva trovato la sua anima gemella.

Perché domani sia migliore, perché domani tu…(2)



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(1)Credits: E io verrò un giorno là, Patty Pravo
(2)Credits: Strada facendo, Claudio Baglioni

E così, ho concluso: spero che la storia vi sia piaciuta, e di non aver deluso nessuno.
Vi ringrazio tutti per la vostra attenzione a questo mio modesto lavoro, e per le vostre bellissime recensioni che mi hanno commosso: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!
Ninfea 306: avevo immaginato che tu avessi capito le intenzioni di Renée, ma ho preferito non rovinarti la sorpresa; inoltre, dato che questa è la seconda volta che parlo di un coma in una mia fic, penso che tu ti sia convinta che io sia un medico; no, non sono un medico (lavoro in tutt'altro settore), ma ho alcune conoscenze di chimica e biochimica, e poi una mia ex-collega lavora in ospedale come volontaria;
Bay: scusami ancora se ti ho fatto aspettare, ma una cosa attesa più a lungo si gode di più, no? XD Quanto alla promozione, come avrai capito il nostro Aramis non l'ha avuta, ma riavere accanto la sorella, e per di più anche come collega, è stato per lui il più grande dei regali!
Lady Lina 77: sono lieta che la storia ti sia piaciuta, ho cercato di ricongiungerla all'anime proprio per accontentare i patiti della storia "classica"; spero di esserci riuscita;
ShessomaruJunior: se hai letto anche il finale, che te ne pare? Ti è piaciuto?

Un bacione a tutti.
Tetide.


 
  
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