Pumpkin
Juice
Non
aveva mai capito cosa potesse esserci di tanto divertente in una cena.
Era
una cosa meccanica, quasi ripetitiva, come poteva esserlo il susseguirsi delle
ore, o dei giorni.
A
dire il vero, trovava estremamente maleducato il modo con cui risuonavano le
loro risate. Era stridulo, fin troppo acuto per i suoi gusti, e comunque
affatto pertinente all’ambiente piuttosto affollato che offriva la Sala Grande.
Era irrispettoso, sì, e stupido.
I
professori avrebbero dovuto porre un limite a quello scempio e obbligarli a
star seduti compostamente, come si conveniva, con le bocche quanto più
sigillate possibili e il suono ridotto a poche parole necessarie, anziché far
passare impunito quel fastidiosissimo chiacchiericcio tutte le dannate sere da
quasi sette anni a quella parte.
Era
una cosa riprovevole a suo avviso, un motivo piuttosto valido di cui
lamentarsi.
Suo
padre sarebbe stato felice di metterci becco e suo nonno, con ogni probabilità,
lo avrebbe baciato sulla fronte e promesso ogni avere – come se non fosse stato
anche l’unico erede – per quella rappresaglia educativa. Sua madre forse
avrebbe storto il muso, esasperata, e lui per l’ennesima volta si sarebbe
chiesto perché lei doveva essere sempre così maledettamente disponibile con le
persone. Con tutte le persone.
Ma
Scorpius non era suo padre. E non era nemmeno suo nonno, o sua madre. Scorpius
era semplicemente Scorpius e, in quanto tale, se ne stava in silenzio lì, al
suo solito posto avvolto dall’ombra sottile proiettata dalle pareti, con lo
sguardo incollato e i pensieri infastiditi rivolti al tavolo più luminoso e
anche il più chiassoso della Sala.
Perché
più di tutto, Scorpius amava capire le cose.
Gli
piaceva sapere sempre tutto, anche se tendeva a tenersi per sé ogni tipo di
informazione, solo per il gusto di avere una conoscenza profonda della realtà
che lo circondava.
Ma quella cosa, quella no, non la capiva. E
a nulla valevano i suoi sforzi, vani tentativi di decodificare un comportamento
ancora troppo astruso e lontano per lui. Per quanto si lambicasse il cervello,
non c’era niente, niente in grado di spiegare il motivo di tanto puntuale
clamore che, come un orologio svizzero, si presentava impertinente ad
importunare la quiete di ogni cena.
Cos’avevano
di così tanto divertente da ridere così di gusto, sempre?
Per
un istante, una misera frazione di secondo a dire il vero, desiderò poter
essere lì, dal lato opposto della Sala, solo per sapere cosa avevano di tanto
ilare da dirsi.
Erano
cugini, tutti quanti, stavano insieme
ventiquattro ore su ventiquattro, era impossibile pensare che non avessero
ancora esaurito il repertorio di battutine a disposizione.
E
poi c’era dell’altro.
Qualcosa
che gli bruciava probabilmente molto di più del non sapere cosa si stessero
dicendo. Qualcosa che aveva un nome – un nome poco adatto a descriverla invero
– e un volto anche. Un nome e un volto che da sette incredibili anni continuavano
a ronzargli alla testa, frequentemente, in un modo o nell’altro.
La
persona più testarda, più saccente, più puntigliosa, più indisponente, più
incredibile che avesse mai avuto modo di conoscere. La stessa persona che
sapeva, da sola neanche si fosse trattata di una qualche dote naturale, a
mandare all’aria tutto il suo selfcontrol per sfoderare la parte più istintiva
e imprevista di sì. Ancora, era pure la persona che, in un modo che neanche
Merlino avrebbe mai potuto capire, gli aveva fatto qualcosa, una stregoneria,
perché era davvero impossibile credere che il modo in cui lui si sentiva in sua
presenza, non fosse opera di un qualche sortilegio magico.
Ma
Scorpius era anche una persona temeraria, con una certe predilezione per le
sfide.
E
mentre consumava la sua cena, nel solito pacato silenzio che contraddistingueva
la cerchia dei Serpeverde – beh, quasi tutti i Serpeverde eccetto uno, a dire
il vero, ma quell’uno era anche un Potter per metà Weasley, il che lo escludeva
a priori tra le regole – e con gli occhi puntati verso la tavola per
antonomasia più chiassosa di Hogwarts, decise che lo voleva. Voleva quel sorriso. Ed un Malfoy, era ormai risaputo,
otteneva sempre quello che voleva, in un modo o nell’altro.
≈♦≈♦≈♦≈
Scorpius
prese un profondo respiro prima di abbassare la maniglia che teneva stretta in
una mano già da diversi minuti e spingere per entrare.
I
Tre Manici di Scopa pullulava come al solito di studenti pronti a concedersi
una lunga sorsata di Burrobirra tra le solite chiacchiere concitate, il tutto
sotto lo sguardo vigile ma discreto della nuova padrona di casa, Hannah Abbott.
Saettò su diverse teste alla ricerca di una in particolare per una manciata
buona di secondi prima di trovare quella che cercava e, una volta adocchiatala,
fu automatico e strano ritrovarsi a
sospirare di sollievo, non si era neanche accorto di aver trattenuto il fiato
per tutto quel tempo. Per un momento aveva temuto che lei, troppo razionale e
pragmatica per lasciarsi convincere da certi espedienti da quattro spiccioli,
avesse declinato l’invito e avesse deciso di non presentarsi, senza sapere
l’onda di delusione che lo avrebbe così affogato.
Qualcuno
doveva avergli detto qualcosa, che tuttavia non si curò di ascoltare, lasciando
solo un misero saluto con il palmo della mano in risposta.
Non
gli piaceva dover perdere tempo, era uno che le cose preferiva affrontarle
subito, a testa alta e, ovviamente, non senza i propri assi nella manica.
“Buongiorno,
Weasley.” Salutò con il solito tono strascicato, mentre prendeva
silenziosamente posto alla sedia dirimpetto alla ragazza, incurante di
attendere il suo invito in merito.
Rose,
deliziosamente imbronciata per quell’ardire oltraggioso, si premurò ben presto
di mostrargli la propria indignazione con un’occhiata di fuoco, che andò a
soppiantare la traccia di stupore apparsa nell’esserselo trovato tanto
all’improvviso dinanzi.
“Malfoy?”
Lo scrutò con circospezione, quasi stessero duellando e ne studiasse le mosse
future. “Che ci fai tu qui?”
In contrapposizione,
lui scrollò le spalle, con studiata noncuranza. “Suppongo quello che ci fai
tu.” Le rispose, enigmatico e sibillino di proposito.
“Al
mio tavolo?”
“L’hai
comprato?”
Analizzò
ogni sfumatura che, a quelle parole, le vide attraversare il viso, sentendosi
compiaciuto nello scorgerla arrossire, boccheggiare e quindi ammutolire, ogni
pensiero che andava perdendosi nel successivo scotimento di capo.
“Comunque
non puoi restare qui.” Precisò poco dopo Rose, inchiodando di nuovo i suoi
incredibili occhi marroni in quelli grigi di lui.
“Come
mai?” Alzò un sopracciglio Scorpius di rimando, l’aria vagamente sorpresa, che
si tramutò in soddisfazione nel notare il rossore aumentare d’intensità sulle
guance e le orecchie della ragazza.
Si
inumidì le labbra, sembrava nervosa. “Sto aspettando qualcuno.”
“Oh.”
Mormorò solo, sentendosi tremendamente divertito quando la vide arrabbiarsi.
Sapeva
essere un maledetto bastardo alle volte – non poté fare a meno di notare, non
senza un certo sadico piacere personale – a giocare così impunemente con le
debolezze altrui.
“Cosa?”
Quasi lo aggredì Rose di rimando, gli occhi ridotti a due fessure sottili.
Scorpius
la trovò piuttosto attraente in quel momento, così risentita e elettrica, ma dal modo in cui lo stava
guardando decise che dopotutto non era davvero il caso di dirglielo. Non
ancora, perlomeno.
“Niente.
Non ho detto niente.”
“Sì
invece!” Insistette lei, con foga a stento contenuta.
“Non
mi è sembrato.”
“Ti
dico di sì! Hai fatto quel verso...”
“Quale
verso?”
Lei
gli lanciò un’occhiata di puro veleno e, per un istante, Scorpius fu certo che
gli avrebbe scagliato contro ogni tipo di fattura conosciuta. Ma, per sua
fortuna, Rose riuscì ancora una volta a dominare il proprio istinto e a
ritrovare quella sempiterna scintilla di lucidità. E, di nuovo, non poté non
trovarla terribilmente deliziosa.
“‘Oh’.” Ripeté dunque, con la stessa
pedanteria di una maestra con un alunno un po’ tardo.
“Ah.
Quello.” Finse di cadere dalle nuvole lui, ed era risaputo fosse davvero molto
bravo a fingere.
“Allora?”
S’impuntò con ostinazione Rose, per nulla intenzionata a demordere. “Se hai
qualcosa da ridire, abbi almeno il coraggio di dirmelo in faccia!”
“Non
ho nulla da ridire.” Schioccò la lingua sotto al palato Scorpius ma, quando lei
sembrò sul punto di rilassarsi, inarcò la schiena in avanti, avvicinandosi al
suo viso in modo molto confidenziale. “Posso chiederti chi stai aspettando?”
Lei
avvampò e lui decise che gli piaceva vederla arrossire.
“Non
credo siano affari tuoi, Malfoy.”
In verità, credo davvero che lo siano,
sai?
“Perché
no?” La sfidò, sicuro che nessun Grifondoro, da che mondo è mondo, avrebbe mai
saputo sottrarsi davanti alla prospettiva di una provocazione, specie se di
cognome faceva Weasley.
“Perché-”
Rose sembrava sul punto di esplodere da un momento all’altro. “-si dà il caso
che non siamo neanche lontanamente amici, io e te.”
“Solo
perché tu non hai mai voluto che lo fossimo.”
A
spiazzarla, l’aveva chiaramente spiazzata, ma l’intervento inopportuno di Hannah
Abbott con la richiesta delle ordinazioni, gli impedì di avere da lei una
reazione a quanto detto.
“Una
Burrobirra per me e un succo di zucca per lei, grazie.” Prima ancora che Rose
ebbe il tempo di riscuotersi, con gli occhi ancora saldi nei suoi, Scorpius
aveva già preso gli ordini di entrambe.
“Arrivano
subito.” Annuì subito la padrona del locale, per poi allontanarsi in una nuvola
di profumo di cannella.
“Perché?”
Domandò, una volta rimasti soli, lei, la voce ridotta ad un ringhio sommesso.
Lui
alzò un sopracciglio di rimando, confuso da quell’insolita reazione. “Perché
cosa?”
“Mi
hai ordinato un succo di zucca. Perché?” Chiese ancora Rose, il furore e
l’irritazione a malapena controllate.
Scorpius
corrugò la fronte alla domanda, non era preparato ad un simile quesito. “Non ti
piace?” Ribatté dunque dopo una prolungata assenza in cui aveva interiormente
dovuto sopportare una lotta su quale tipo di domanda porle per prima.
“No!”
Sbraitò lei, salvo mordersi subito dopo il labbro con aria depressa. “Cioè, sì.
Sì che mi piace. Ma questo non ti dà il diritto di ordinarmi da bere senza
avermi chiesto cosa volessi!”
“Pensavo
di essere gentile.” La guardò altezzoso lui, segno che iniziava ad innervosirsi
a sua volta.
Non
capiva. Le aveva semplicemente ordinato da bere. Perché fare tutte quelle
scene?
“Per
te trattarmi come se non avessi alcuna volontà propria è essere gentili?” Lo attraversò con lo sguardo
Rose, furibonda.
“Sei
impossibile.” Liquidò dunque la questione Scorpius, passandosi una mano nei capelli
slavati con espressione esasperata.
Al
aveva ragione, le ragazze erano intrattabili quando ci si mettevano.
“Io
sarei impossibile adesso? Ma se ragionare con te è come ragionare con un mulo!”
Assottigliò
lo sguardo e la fissò a lungo con aria minacciosa, anche se lei non mancò mai
di sostenere il peso dei suoi occhi, quindi inarcò ancora di più la schiena,
portando i loro visi ad una distanza che molti avrebbero potuto reputare
sconveniente e che se ci fosse stato ancora James, e fosse stato lì presente,
lo avrebbe di sicuro indotto a lanciargli una qualche Maledizione Senza
Perdono.
Ma
lei, che di nome faceva Rose, anziché ricorrere alla bacchetta si ritrovò ad
arrossire, in netto contrasto con lo sguardo di fuoco che continuava a
regalargli.
“Sai
Weasley, di solito alle ragazze normali
piace quando gli uomini dimostrano di sapere i loro gusti.” Le soffiò sul viso,
consapevole di starla offendendo con le sue parole dure e affilate quanto un
cristallo.
E,
infatti, a riprova di ciò la vide stringere i denti, come se le avessero appena
dato uno schiaffo in pieno viso e si stesse sforzando di non piangere.
Proprio
in quel momento, Hannah Abbott ritornò con le loro ordinazioni ed un sorriso
cordiale stampato in viso, al quale Rose rispose con una specie di smorfia.
Scorpius
sospirò, raddrizzò la schiena e, recuperata una manciata di monete dalla tasca
del jeans, pagò le due bevande.
“Che
c’è?” Chiese poi, non appena la donna se ne fu andata, rivolto alla coetanea.
Conosceva
alla perfezione ogni sua espressione facciale per non sapere cosa volesse dire
il guizzo che le aveva attraversato gli occhi, per un attimo. Qualcosa non era
di suo gradimento a quanto pareva e ora era sinceramente curioso di sapere di
cosa si trattasse.
“Non
voglio i tuoi soldi.” Rispose, ostinata.
Scorpius
sospirò pesantemente, ben sapendo che in altre occasioni non avrebbe esitato ad
arrabbiarsi. “Ti ho soltanto pagato da bere.”
“Non
avresti dovuto.”
“Sto cercando di essere cortese.”
Digrignò tra i denti lui, avvilito.
Quella
ragazza sarebbe stata la causa del suo tormento, poco ma sicuro. A dirla tutta,
già lo era. Il fatto era che nessuna era più assurda e irritante di Rose
Weasley ma la cosa, anziché farlo scappare, riusciva in qualche assurdo modo ad
attrarlo ancora di più verso di lei.
Rose
lo guardò confusa e colpita anche. “Perché dovresti voler essere cortese
con...me?”
“Sinceramente,
è quello che mi sto chiedendo anch’io.”
Beh,
non era proprio la verità, ma lei aveva quella straordinaria capacità di
mandare a quel paese ogni suo brandello di raziocinio e, con esso, anche
qualsiasi altro piano.
Seppe
di aver centrato il segno nel momento esatto in cui la vide distogliere lo
sguardo e lei, di solito, non distoglieva mai
lo sguardo.
Fantastico Scorpius, stai andando alla grande
se stai cercando di farti odiare ancora di più di quanto già non ti odi.
“Che
intendevi dire prima?” La domanda improvvisa di Rose, il tono di voce
improvvisamente saturo di un irragionevole imbarazzo, lo colpì con forza.
“Prima
quando?”
“Quando
hai detto quella cosa...”
“Quale
cosa?”
“Quella
cosa quella!”
Scorpius
aggrottò la fronte, sempre più perplesso. “Non sono sicuro di aver afferrato il
punto della situazione, Weasley.”
E
lei sbuffò, impaziente, ma troppo rossa e in imbarazzo per pensare che fosse
davvero scocciata. “Quando hai detto... Prima che arrivava Hannah... Hai
capito, no?”
“A
dire il vero no.”
“Oh,
dannazione Malfoy!”
La
vide avvampare e lanciargli un’occhiata a metà tra l’imbufalito e l’impaccio, e
seppe di aver capito perfettamente di
che si trattasse, e che era uno stronzo perché un Non-Stronzo non avrebbe
trovato tutto quel gusto a vedere e a mettere una ragazza – e non una ragazza
qualunque, in ogni caso – in difficoltà.
“Quando
hai detto quella cosa sulle ragazze...e i ragazzi...” Lo guardò con forza, come
a volergli suggerire qualcosa solo sottinteso.
Scorpius
ghignò, estremamente divertito. “Non credo di ricordare con certezza cosa ho
detto.”
Sapeva
che non era molto astuto provocarla fino ai limiti della sopportazione, ma non
poteva farci nulla, era una cosa che andava oltre la sua volontà, un istinto
involontario che non dipendeva da lui.
Rose
gli gettò un’occhiata al vetriolo, le guance chiazzare di un rosso vivo, mentre
stringeva i pugni e prendeva un profondo respiro.
“Che alle ragazze normali piace quando i
ragazzi dimostrano di sapere i loro gusti.” Ripeté infine, soffiando quasi,
la voce intaccata dalla vergogna.
“Quello
che ho detto, Weasley. Né più, né meno.” Evasivo come al solito, se ci fosse
stato Al lo avrebbe ammonito per quello, lui e la sua filosofia del parlar
chiaro.
“Sì,
ma...” Si morse un labbro, agitata. “Mi hai ordinato un succo di zucca.”
“Se
non lo vuoi-” Tentò di protestare Scorpius, snervato, ma un gesto rapido della
mano di Rose bloccò sul nascere ogni parola.
“È
che... Come facevi a sapere che mi piace... Cioè, piace a tutti, credo, però...
Come facevi a sapere che avrei preso proprio quello?”
Quella
ragazza era assurda...assurda!
“Hai
appena detto che non avrei dovuto ordinarti da bere e adesso mi dici che
avresti preso lo stesso un succo di
zucca?”
Rose
ebbe la decenza di arrossire e abbassare il capo. “Sì. Ma non è questo il
punto!” Si riscosse tuttavia appena l’attimo dopo.
“E
allora quale sarebbe?” La sfidò, rimanendo in attesa di una sua risposta anche
durante i vari boccheggi che ne seguirono.
“Il
succo di zucca.” Dichiarò alla fine Rose, combattiva e fiera come la miglior
Grifondoro. “Mi hai ordinato del succo di zucca e io avrei ordinato proprio
quello, e poi...hai detto che alle ragazze piace quando i ragazzi dimostrano di
sapere i loro gusti... Che significa?”
Sembrava scombussolata, più che confusa.
Scorpius
sospirò e, concedendosi un lungo silenzio, si passò con calma esasperante una
mano nei capelli.
“Significa
che ti guardo, Weasley. Significa che qualsiasi altra ragazza avrebbe preso una
Burrobirra, giusto per darsi un’aria matura, ma tu no, tu avresti preso un banalissimo succo di zucca. Anche se con ogni
probabilità i produttori di succo di zucca dovrebbero le loro fortune unicamente
a te, visto l’uso abituale che ne fai.”
L’aveva
lasciata senza parole, poco ma sicuro, eppure la verità era lì, racchiusa in
quelle semplici parole. Rose avrebbe preso un succo di zucca. Non una
Burrobirra. Un semplice, insulso, stupido succo di zucca.
Lei
lo fissò, così a lungo e con una tale insistenza che qualcun altro avrebbe
abbassato lo sguardo, a disagio. Non lui però. Scorpius amava perdersi in
quello sguardo fiero per perdersi anche solo un secondo di quelle briciole di
attenzioni che lei gli destinava.
Poi,
ad un tratto, lei distolse lo sguardo e sembrò quasi si fosse spezzato qualcosa
tra loro.
“Io...”
Biascicò impacciata Rose, salvo venire interrotta dallo stridio della porta del
pub che si apriva.
Per
un automatismo involontario, mera abitudine più che sincera curiosità Scorpius
si ritrovò a volgere la testa verso l’entrata e così facendo si accorse – senza
provare alcuna particolare emozione alla scoperta – che intanto aveva appena
fatto il suo trionfale ingresso Katie, a parer generale una delle più belle
ragazze di Hogwarts. Ciò nondimeno, se qualcuno gli avesse chiesto cosa ne
pensasse, avrebbe semplicemente scrollato le spalle e, con sorprendente
franchezza, avrebbe detto che sì, forse
non era poi tanto male ma nulla più di questo. Purtroppo per lei, c’era già
qualche altra ragazza a catalizzare ogni suo pensiero.
“Non
dovresti essere qui.” La voce irritata di Rose lo costrinse a ritirare lo
sguardo verso di lei, stupendolo del repentino cambiamento d’umore.
“Eppure
ci sono.” Fu la laconica risposta che ne ricevette, ma se solo si fosse voltata
a scrutare in quegli occhi grigi avrebbe trovato tutto un altro mondo di
parole.
Ci sono io Rose, guardami.
“Beh,
te ne devi andare allora.” Insistette invece lei e fu come se gli avesse tirato
un pugno in pieno viso.
Davvero
non lo aveva capito? Non lo credeva possibile?
Guardami, ci sono io.
“Perché?”
Domandò, più a se stesso che non a lei.
“Te
l’ho detto, aspetto qualcuno, e non vorrei che fraintendesse vedendoci
insieme.”
Lo
stava volutamente ferendo, questo lo aveva capito, ma Rose non poteva sapere quanto in profondità potessero
arrivargli le sue parole.
“È
il tuo ragazzo?” Più che una domanda, pareva un’accusa la sua.
La
vide mordersi il labbro inferiore, come sul punto di dire qualcosa di molto
brutto, ma all’ultimo parve ripensarci e tenere per sé il veleno.
“Non
capisco cosa possa interessartene, ma no, non è il mio ragazzo, è
soltanto...qualcuno.”
“Qualcuno?”
Scorpius ripeté la parola come se potesse saggiarla. “Chi?”
Puoi arrivarci Rose, guardami.
Ma
lei non lo guardò e si limitò ad arrossire ancora una volta, invece. “Non...non
ne sono sicura.”
“Che
significa?”
Lo
incenerì con lo sguardo ma subito distolse la presa, concentrandosi piuttosto
sui ghirigori formati dal legno del tavolo. “Significa che non so chi sia.”
Doveva
costarle molto fare simili confessioni proprio dinanzi a lui e, per questo,
Scorpius non poté fare a meno di provare un modo gratuito di ammirazione per
quella ragazza tutta particolare.
“Non
ne hai idea?” La stuzzicò, più per scorgere una sua reazione che per reale
curiosità.
“No.”
Scosse il capo Rose, sembrava depressa e anche un filino imbarazzata. “Ma come
ho già detto, non credo siano affari tuoi questi, perciò se vuoi farmi il
piacere di andartene...” Riprese subito dopo, alzando il capo e sostenendo
finalmente il suo sguardo, ma non nella maniera che lui avrebbe sperato.
“Ti
sorprenderesti di sapere quanto siano affari miei invece.” Disse, come se
stesse parlando di qualcosa di futile, grigio che si fondeva nel marrone più
caldo.
Catturò
uno scintillio attraversarle lo sguardo e seppe, nel momento stesso in cui lo
seppe anche lei, che Rose aveva recepito il messaggio.
“Tu...”
Era sorpresa, forse persino allibita, ma non sembrava arrabbiata, non ancora
almeno. “Eri tu...sei tu!”
Di
rimando Scorpius scrollò le spalle, con facilità, mentre con calma sorseggiava
dal suo boccale di Burrobirra.
“Quella
lettera... Sei stato tu a scriverla?”
“Sì.”
“Hai
detto che eri...”
“Lo
so.”
Si
guardarono, così in profondità che sarebbe stato impossibile in quel momento
definire dove finisse l’uno e iniziasse l’altra. Poi, con la fierezza di una
leonessa pronta a sbranare il suo avversario, si allungò oltre il tavolo,
rivolgendogli un’occhiata di odio puro che lo colpì con forza. Con dolore.
“Sei un bastardo.” E stavolta fu il suo
turno di digrignare tra i denti e di alzarsi subito dopo per raggiungere di
filato l’uscita, il bicchiere di succo di zucca ancora intatto sul tavolo.
Scorpius
sospirò, si passò una mano sugli occhi e, con una calma soltanto apparente, si
apprestò a raggiungere la ragazza.
Nonostante
il passo spedito che aveva usato per sfuggirgli, non gli fu affatto difficile
raggiungerla in poche falcate.
“Che
diavolo vuoi ancora da me?” Tuonò Rose quando lui l’afferrò per un polso,
arrestando il suo passo.
“Non
è come pensi.” La guardò negli occhi, con una tale insistenza da cancellare il
resto del mondo.
Ma
lei sapeva essere un osso tremendamente duro alle volte. “Davvero? Vuoi dire
che non mi hai scritto una lettere anonima
dove dicevi di essere un mio ammiratore segreto e mi hai pregato di venire fin
qui, oggi?”
Oh,
beh.
“Sì.
L’ho...scritta.” Non poté non ammettere Scorpius, senza tuttavia distogliere lo
sguardo da lei, sperando che lei riuscisse a leggere nel proprio tutto il mondo
di parole mai dette tra loro.
“Infatti.”
Ma Rose non era disposta ad essere razionale una volta tanto e, con uno
strattone, si liberò dalla sua presa.
La
vide voltarsi, dargli le spalle e distanziarsi da lui di qualche passo prima di
girarsi un’altra volta ancora dalla sua parte, di sua spontanea volontà
stavolta.
“Dimmi
solo una cosa...” Lo guardava con durezza ma i suoi occhi erano incredibilmente
acquosi. “Ti diverti così tanto a
prendermi in giro da calpestare qualsiasi altra cosa? Ne vale almeno la pena,
Scorpius?”
Scorpius.
L’aveva chiamato Scorpius. Non l’aveva mai chiamato Scorpius.
Tentò
di dire qualcosa, che si sbagliava ad esempio, che non era un modo per
prenderla in giro, che non si stava affatto divertendo, ma le parole gli
morirono in gola e ritornarono giù con un groppo doloroso, quasi avesse appena
ingoiato una palla di spine.
“Ti
piace così tanto...” Rose aveva gli occhi pericolosamente lucidi adesso e lui
si sentì un verme della peggior specie per questo. “...umiliarmi?”
Ma
perché doveva essere sempre così terribilmente assurda? Perché doveva tirar
fuori le conclusioni più strampalate, quando sarebbe bastato aprire gli occhi
per scovare la verità? Perché era così dannatamente testarda, e insicura, e
avventata?
“Rose...”
Tentò di chiamarla, ma anziché calmarla, la sua voce parve infuriarla ancora di
più.
“E
pensare che per un istante, per un maledetto singolo istante, mi sei sembrato quasi normale!”
“Rose...”
“Quando
hai detto quelle cose sul succo di zucca... Ma ovviamente erano un’altra bugia
anche quella, no? E per cosa poi? Per farti una sana risata sulla stupidità
della Weasley?”
“Rose...”
“Merlino,
sono stata una tale stupida a pensare che potessi essere diverso dal pallone
gonfiato di sempre! La mamma ha ragione, la gente non cambia, devo smetterla di
essere una sciocca ottimista!”
Scorpius
sospirò, ancora. “Rose, ti prego...”
“Sai
Scorpius, forse ti sorprenderà saperlo, ma ci sono delle persone che hanno dei sentimenti, qualcosa che tu a quanto
pare non potrai mai capire visto che-”
Ma
Rose non riuscì a terminare la frase, perché le parole e il fiato erano
sprofondati sotto le labbra morbide di Scorpius che, senza alcun preavviso o
ragione apparente, aveva deciso che l’unica soluzione utile in quel momento per
zittirla era baciarla.
Beh,
a dire il vero, era da quando l’aveva vista seduta da sola al suo tavolo che
voleva farlo.
E
voleva farlo la sera, quando la scorgeva ridere e chiacchierare con i suoi
cugini, e si domandava cosa potesse mai esserci di tanto divertente da colpirla
a quel modo, e stringeva i pugni perché con lui non aveva mai riso a quel modo.
E
voleva farlo per i corridoi di Hogwarts, quando fingeva di punzecchiarla e mal
sopportarla solo per non doversi sentire troppo esposto dinanzi ai suoi occhi
acuti.
E
voleva farlo sette anni prima, quando quella zazzera indomita e quello sguardo
maturo avevano attirato la sua attenzione, alla stazione, e chiedendo a suo
padre aveva scoperto che era lei la fantomatica Rose Weasley, quella che avrebbe dovuto battere su tutta la linea.
Quando
si separò, lei lo stava ancora fissando con aria allibita, gli occhi sgranati e
il viso in fiamme, ma Scorpius pensò che mai nessuna ragazza avrebbe potuto
reggere il confronto con quella tardona che respirava affannosamente tra le sue
mani.
“P-
Perché?” Sussurrò infine Rose, ma non sembrava arrabbiata e nemmeno delusa,
quanto meravigliata.
Avrebbe
potuto risponderle che si era innamorato di lei – e accidenti, lo era, lo era
davvero! – e che voleva sapere cosa ci fosse da ridere tutte le sere e che
voleva starle accanto e provare a farla ridere a sua volta e che lei era il suo succo di zucca e che quei
sentimenti di cui aveva parlato, ecco, li provava anche lui.
Eppure
sorrise e, incurvando la schiena, la baciò di nuovo, sentendo una piacevole e
strana sensazione di vertigine all’altezza dello stomaco quando si accorse che
lei non solo non lo stava cacciando, o affatturando, ma aveva addirittura preso
a rispondere al bacio.
“Ma
tu non stai zitta mai, Rose?”
≈♦≈♦≈♦≈
“Allora
com’è andata ad Hogsmeade? Sei riuscito a fare quella cosa che dovevi fare?” Al
gli si sedette di fianco, come sua abitudine, un piatto incredibilmente
stracolmo di cibo già in bella vista davanti al suo naso.
Scorpius,
di rimando, scrollò le spalle, in un gesto che a tutti sarebbe passato per
indifferenza, ma non a lui, non al suo migliore amico, anche se era piuttosto
incredibile credere che due persone così diverse, agli antipodi – il bianco e
nero, il latte e il caffè, il giorno e la notte – potessero essere tanto amici.
“È
andata bene allora?” Indovinò difatti il moretto, mentre infilava un altro paio
di salsicce nel piatto, giusto per essere sicuro di averle prese prima che
finissero, come se fosse stato possibile comunque.
L’altro,
per istinto, gettò un’occhiata verso la tavola dei Grifondoro dove il solito
gruppetto chiassoso di cugini faceva da intrattenimento generale.
E
lei era lì, al suo posto, con la bocca arricciata nel suo delizioso sorriso e
gli occhi più brillanti di sempre.
“Sì.”
Annuì quindi con una certa determinazione nella voce. “È andata più che bene.”
“Oh,
meno male.” Mugugnò tra un sorso e l’altro di succo di pompelmo Al, pronto a
lasciar perdere la faccenda se solo non avesse notato qualcosa di strano sul
volto dell’amico.
Brillava.
Era incredibile, assurdo e fuori ogni logica, eppure il viso di Scorpius stava davvero brillando.
“Aspetta...
Dì un po’, mi stai nascondendo niente tu?” Domandò, diffidente.
Scorpius
fece un ghigno incomprensibile, ma non fu necessario rispondergli perché
proprio in quel momento Rose, stretta tra Hugo e Roxanne, aveva girato il capo
dalla sua parte per regalargli il sorriso più bello, luminoso e sincero che
avesse mai ricevuto in tutta la sua vita.
“Scorpius,
c’è per caso qualcosa che dovrei
sapere?”
The
End
A/N
Non so bene nemmeno io da
dove sia uscita questa one-shot, ma ce l’avevo in mente da un po’ e volevo provare a scriverla, perciò, ecco
il risultato.
Devo ammettere che
calarmi nella parte di Scorpius non è stata una passeggiata, un po’ per ovvie
differenze fisiologiche, un po’ perché non sono abituata a “pensare” come
penserebbe lui. Di solito tendo a prendere la parte e a canalizzare i pensieri
di Rose, o di Dom, o di Hermione...di una donna insomma. Ma volevo provarci e
tentare di dare uno spessore proprio anche al mio amato Scorpius Malfoy.
Spero che la storia vi
piaccia, anche se è davvero una sciocchezzuola! XD
Alla prossima allora.
Baci.
memi J