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Autore: Arulena    13/02/2010    0 recensioni
Questo racconto è nato prima come un sfogo personale dopo varie situazioni, belle e brutte, che ho vissuto. In seguito l’ambientazione, trama e alcuni personaggi sono nati dalla mia fantasia, anche se gli avvenimenti (tranne quelli fantasiosi) sono comunque autobiografici… Troverete molto della mia vita qui. Arulena, giovane donna nata e cresciuta tra i miti e le leggende che aleggiano tra le sponde dell'isola Moana, scopre una realtà non diversa dal mito e con l'aiuto del sempre amato Nori, cerca di capire ciò che questa realtà cela... Vi chiedo un grosso favore: aiutatemi a scrivere questa mia storia, che per me è importante poichè si tratta della mia vita sotto un punto di vista fantasy e che vorrei conservare come un libro autentico, quindi vi chiedo di segnalarmi gli errori e le cose che non comprendete, il vostro giudizio è per me preziosissimo, grazie e buona lettura!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avvertenze:

 

Questo racconto è nato prima come un sfogo personale dopo varie situazioni, belle e brutte, che ho vissuto. In seguito l’ambientazione, trama e alcuni personaggi sono nati dalla mia fantasia, anche se gli avvenimenti (tranne quelli fantasiosi) sono comunque autobiografici… Troverete molto della mia vita qui. Arulena, giovane donna nata e cresciuta tra i miti e le leggende che aleggiano tra le sponde dell'isola Moana, scopre una realtà non diversa dal mito e con l'aiuto del sempre amato Nori, cerca di capire ciò che questa realtà cela...

Vi chiedo un grosso favore: aiutatemi a scrivere questa mia storia, che per me è importante poichè si tratta della mia vita sotto un punto di vista fantasy e che vorrei conservare come un libro autentico, quindi vi chiedo di segnalarmi gli errori e le cose che non comprendete, il vostro giudizio è per me preziosissimo, grazie e buona lettura!

 

 

 

 

1

 

Moana

Una scoperta tra i raggi del sole

 

 

  

Credete nell’esistenza delle Sirene?

Se la vostra risposta è sì, quale sorte credete tocchi alle loro salme una volta che il loro spirito le abbia abbandonate?

In passato non mi sarei mai posta simili domande, troppo legata com’ero alla realtà e stufa del folklore che rendeva tutti gli abitanti della mia isola, degli ebeti, paragonabili a dei primati attorno al fuoco appena scoperto…

Le sirene! Ma si può credere ad una leggenda più stupida? Esseri metà uomini e metà pesci che vivono negli oscuri abissi… Assurdo, eppure i miei occhi hanno visto ciò che nessuno potrebbe immaginare e le mie orecchie hanno ascoltato cose, che per la natura umana, potrebbero essere sconcertanti.

Tutto cominciò in una afosa mattinata di giugno.

Ero nei pressi del piccolo porto, il luogo in cui si trovava il secondo molo, dove ormai i pescatori erano rientrati dalla lunga nottata di mare aperto, con la mia fedele borsa di jeans a tracollo e lo sguardo rivolto con avidità verso il sentiero a ciottoli che conduceva al mercato del pesce. Avrei voluto dare un’occhiata, solo per vedere se lui era lì quella mattina, ma il mio cervello si imponeva sullo spirito ringhiando:

 “Non ci pensare nemmeno… Lascialo in pace”, mentre il cuore batteva all’impazzata quasi abbattendo le mie esili costole e il respiro si faceva affannoso man mano che il mio sguardo si perdeva fra i lontani tendoni del mercato. Mi strinsi le mani al petto tentando di porre rimedio a quel tamburo fastidioso ripetendomi “Aru…sta calma, sta calma” , mi voltai lontana da quella tentazione e mi specchiai nella vetrina del negozio di Souvenir del signor Pedrè: La Perla della Sirena. Il mio riflesso mi restituì uno sguardo feroce, gli occhi marroni scuri scrutavano con rabbia al di sopra del viso ovale, i capelli castani dorati, finemente stirati qualche momento prima, si erano arresi alla loro natura mossa a causa della salsedine nell’aria appiccicosa di quel giorno. La collana d’oro bianco a forma del cavalluccio marino, appesa al collo risplendeva sotto i raggi del sole. La buffa statura tanto odiata nascondeva la mia reale età, che poteva sembrare da adolescente anziché da donna, la mia ventina d’anni veniva mascherata in maniera eccellente purtroppo per me… E il mio esile fisico, che ingannava anch’esso, velava un carattere tutt’altro che docile.

Ritornai a guardare la strada a ciottoli, che stava conducendo una diligenza colma di turisti probabilmente da poco sbarcati, verso le attrazioni dell’isola.

Gli occhi ruotarono sino ad incontrare Tartar, il vulcano inattivo situato a sud dell’isola, che imponeva la sua magnificenza su tutto il territorio di Moana, ormai conosciuta come Siren, per via del mito che aleggiava fra le sue cristalline acque.

Una storia che gli anziani isolani non perdono mai occasione per raccontare, soprattutto ai visitatori curiosi, che venivano già affascinati dalla singolare forma a sirena del territorio.

La leggenda narra che all’epoca degli dei, nel Pacifico non esistesse Moana, ma solo alcuni minacciosi scogli appuntiti su cui vi si posavano, di rado, le bellissime sirene. I massi erano spesso causa di naufragi, per questo i marinai se ne vedevano bene alla larga.

In queste acque navigava un vascello dove a bordo vi era un capitano, giovane bello e intelligente innamorato perdutamente di una sirena, e ogni volta che solcava in quei placidi mari aveva l’occasione di restare con il suo amore. In una notte burrascosa, il veliero si scontrò contro i mortali scogli e la nave affondò con il suo capitano. A nulla valsero gli sforzi della sirena che distrutta per la perdita del suo amore si lasciò morire proprio su quei massi malefici che avevano ucciso molti uomini e con un ultimo canto malinconico, chiuse i suoi occhi per sempre. Lo spirito della sirena fece emergere dal mare soffici terre dalle sabbie dorate e gli scogli furono coperti da una florida vegetazione e nacque così l’isola di Moana ( il principe che viaggia sull’oceano nella notte, in onore del bel capitano) soprannominata Siren.

Storie per bambini! E per alimentare queste ridicole fandonie il signor Pedrè si fece recapitare una statua di pietra dall’Europa, che rappresentava una sirena in attesa del suo amato e la fece sistemare in fondo all’oceano così che i turisti avrebbero dovuto chiedere a lui la prenotazione per un tour subacqueo… Come se non ce ne fossero stati abbastanza di stranieri, dopo la scoperta, nel 1700, di grotte sottomarine, l’isola vedeva più turisti che isolani nativi.

Mi diressi verso il promontorio del “Gigante”, il vecchio e disabitato, ma ancora funzionante, faro dell’isola, il mio rifugio preferito.

Passai accanto alla piazza principale, circolare con il suo bel pavimento di  lastre di marmo bianco e al centro la fontana marmorea raffigurante la sirena della leggenda, con lo sguardo fiero e sicuro e le mani poste all’altezza del cuore in un gesto di raccolta, in quel piccolo bacile vi era riposto dell’olio di balena che veniva acceso per dare inizio a ogni festa, questo fuoco “sacro” procedeva con una fiaccola verso un enorme bacile posto nelle immediate vicinanze del mare, per dare il via ai festeggiamenti.

Moana viveva per le festività : la festa del mare, l’arrivo delle balene, la rotta delle tartarughe, i giochi dei delfini, la festa delle sirene che coincide con l’arrivo dei dugonghi nei pressi dell’isola e rappresentava festa nazionale.

Percorsi la salita del promontorio cercando di non voltare lo sguardo verso il mercato, il Gigante mi aspettava, e il suo colore, bianco e rosso, diventava sempre più vivido man mano che mi avvicinavo.

Mi fermai davanti alla vecchia casa disabitata del guardiano, lievemente stinta nonostante fossero passati secoli dalla sua costruzione, per opera dei conquistatori spagnoli che approdarono nelle seconda metà del 1500 sull’isola.

Presi fiato e guardai il colosso, non avevo voglia di farmi i soliti 150 gradini per ammirare le azzurre acque del Pacifico abbracciare la scogliera isolana, quindi mi posizionai vicino all’entrata, serrata, del faro e sfilai dalla borsa il mio album da disegno per ultimare un mio lavoro… disegnare era la cosa che mi riusciva meglio e che più riusciva a calmare il mio animo. Ma presto il mio pensiero si recò oltre l’immagine che la mia mano aveva riprodotto, era tornato nei pressi del mercato del pesce e scrutava il posto sperando… “Chissà se l’avrei visto quella giornata” pensai sognante.

Mentre la mia testa girovagava lontana dal mio corpo non mi accorsi di una presenza alle mie spalle.

-Aru!- gridò.

Trasalii e guardai oltre le mie spalle con uno sguardo assassino, che si addolcì subito nel momento in cui  occhi verdi fecero sussultare il mio cuore.

- Buongiorno Arulena!- Nori mi fissava con i suoi smeraldi brillanti, con uno dei suoi soliti  sorrisi che sfoderava ogni volta che ne combinava qualcuna delle sue.

-Non chiamarmi così- i miei occhi fissavano il terreno del promontorio - Sai che odio il mio nome completo!- non c’era realtà più tangibile. I miei genitori dovevano essere ubriachi quando scelsero il mio nome! Un miscuglio dei due di quelli delle nonne, Aruna e Lena.

D’altro canto Nori, alto e bello, dalle possenti spalle e le muscolose braccia, continuava a sorridere con la sua bocca carnosa, mi conosceva bene, ogni parte del mio corpo in passato era stata sua, e anche dopo la separazione, dopo il ritorno nella mia vita non riusciva, tuttavia, a rinunciare a me seppur per poco.

- Aru-lena, Aru, hai un nome tanto…- iniziò Nori.

-Strano? Stupido? Seccante?- continuai io.

Lui mi tappò la bocca e rispose - Particolarmente speciale, andiamo Aru, nessuno nell’isola ha un nome così-.

-Ti ringrazio- dissi a denti stretti.

-Dai! Semmai ci sarà un’altra non potrà mai chiamarsi come te!-.

Il mio cuore si sfracellò direttamente nello stomaco, che lo rigettò fuori con un battito doloroso e secco.

Odiavo quel suo comportamento, lo sapeva benissimo che lo amavo ancora, e quei suoi sguardi e carezze dolci non mi aiutavano in quella situazione.

-Questa poi…- esclamai irritata.

I miei occhi si incendiarono, presi la borsa e mi alzai con la rabbia che dalle gambe stava ripercorrendo tutto il corpo. Ma non riuscì a fare neanche un passo in avanti che ne dovetti fare due in dietro perché Nori afferrò con decisione il mio polso sinistro e mi tirò verso di sé, trattenendomi fra le sue sicure braccia, mi baciò la fronte e poi si soffermò sulle labbra frementi. Perché lo faceva? Aveva più volte specificato che il suo era solo bene, che di amore non ne provava più nel suo cuore, lo stesso che batteva vigoroso nel suo petto ogni volta che mi sfiorava la bocca . Perché sopportava ancora quel mio carattere irascibile se di amore non ve n’era?

Il mio cuore cedette di nuovo e si lasciò trasportare da quel suo calore immenso. Mi scostai dal suo viso per guardalo negli occhi, che brillavano come stelle diurne.

-Non dovevi lavorare?- buttai lì.

-Al mercato non serviva il mio aiuto, non sei contenta?-.

-Sì, una Pasqua!- dissi sarcastica.

-Si vede sai? Ti vedo particolarmente euforica oltre che eccitata!-.

-Io? Eccitata? Per te? Ma andiamo…- chinai lo sguardo  quasi per timore di far scoprire la verità.

Nori mi sollevò il capo con una carezza e sorrise, sapeva scrutare nella mia anima come io riuscivo con la sua.

Il cuore mi salì in gola, il respiro si bloccò nei polmoni e il cervello fu incapace di intendere e volere, solo una parola rimbombò fra le pareti del mio corpo “Nori… Nori… Nori”.

E lui era lì, più fremente di me…

-Devo andare…- dissi voltandomi e cercando di recuperare quel poco di cervello che bastava per azionare le mie gambe, ma la  testa sembrava essere entrata in standby, non rispondeva ai miei comandi di fuga e lasciava  gli arti inferiori saldamente inchiodati al suolo.

 “Ho una gran forza di volontà non c’è che dire!” pensai rabbiosa.

Nori sciolse il suo abbraccio ed io ruzzolai a terra per l’improvvisa azione. Sentii l’osso sacro vibrare e il mio sedere imprecare dal dolore.

-Vorresti scappare da me? Ma se svieni dopo un mio bacio!- rise Nori.

-Ma sei matto! Che male! Questo lascerà il segno- dissi rialzandomi e scuotendo il fondo schiena sporco di terriccio.

-Vuoi una mano?- azzardò subito Nori.

-No, grazie, hai fatto già abbastanza per oggi! Ma tu guarda, ma il cervello lo hai lasciato a casa oggi? Scappare!? Io non stavo scappando…-.

-Sì che scappavi, dal tuo stesso desiderio di avermi-.

-Maniaco! Ogni mia azione l’associ al desiderio fisico, come se esistesse solo quello!-.

-Ah no?- rispose malizioso Nori.

-No!Ora devo andare ho un appuntamento con la ragazze al molo-.

-Ma tu guarda un po’ il caso…-.

-E’ la verità! Se vuoi vieni con me, andiamo a seguire il corso di archeologia alla Piazza Principale-.

-Anche voi credete in quei cialtroni?- chiese Nori voltandomi le spalle.

-Cialtroni? Quei cialtroni provengono dalle prestigiose Università europee e ci aiutano con i reperti e le scoperte delle grotte sottomarine, sai che in alcune di queste sono state trovate delle pitture rupestri, e si crede che quelle grotte siano state un tempo terrestri e che poi siano…-.

-Ok, ok, abbiamo capito che hai studiato adesso dacci un taglio! Tutto questo non aiuta Moana-.

Capivo cosa provava Nori, le barriere coralline stavano morendo a causa dei turisti che pensavano bene di portarsi un pezzo di corallo come souvenir a casa, e il mare, quell’oceano cristallino tanto amato dal mio tesoro, diveniva giorno per giorno più inquinato a causa dei continui scarichi delle navi che attraccavano.

Mi avvicinai a lui e cinsi le braccia attorno al suo torce, mi sentivo bene ogni volta che respiravo il suo profumo - Nori, questi studi aiuteranno l’economia dell’isola, e con più entrate si potrà aiutare la situazione di Moana-.

Nori si voltò verso me e mi sorrise, che soddisfazione vederlo felice soprattutto se ero io l’artefice.

-Bacio- disse lui e pose le sue calde labbra sulle mie.

Il suono del campanile della piazza principale risuonò nell’aria.

-Bene! E’ già mezzogiorno e sono in ritardo!-.

-Come al solito- rispose Nori ridendo

-Chissà grazie a chi…- mi fissai la borsa al tracollo e mi rivolsi a Nori con la mia insolita dolcezza - Ci vediamo dopo, mi fai uno squillo sul cellulare quando mi vuoi ok?-.

-Ok, ora vai- disse dandomi una pacca sul sedere, centrandomi in pieno la parte ancora dolorante per la caduta subita, sentii le stelle.

-Ah! Questa la paghi- affermai con una linguaccia.

Attraversai di corsa il promontorio, con il posteriore ancora indolenzito, superai la spiaggia e mi diressi verso il caotico mercato del pesce, lasciandomi alle spalle una moltitudine di pesci e frutti di mare spruzzanti. Il molo era ormai a pochi passi, ma da lontano non vidi nessuna faccia conosciuta :

“Lo sapevo! Se ne sono già andate… tutta colpa di…” ma non finì di pensare che sentì di nuovo il di dietro in preda al dolore, qualcuno mi aveva dato un’altra pacca, mi girai d’impulso e davanti a me c’era una giovane ragazza dall’espressione gioviale che sorrideva in maniera innocente, e i lunghi capelli castani raccolti in una coda da cavallo le cadevano sul seno prorompente, che lei tanto riprovava . Frean era dinanzi a me - Sei in ritardo-.

-Lo so, e non solo…-dissi massaggiandomi il fondo schiena.

-Qual è il problema?-.

-Mi hai appena ucciso il sedere, Nori mi ha fatta cadere e tu sei stata così abile a trovare il punto più indolenzito!-.

-Siete sempre i soliti, più vi amate e più vi fate male …- .

Frean ed io ci eravamo incontrate per la prima volta nella Piazza Principale, quando si tenne la lezione inaugurale della nuovissima facoltà di archeologia e storia delle arti dell’isola.

I nostri caratteri si somigliavano moltissimo, e Frean aveva più volte dimostrato il suo dolce e comprensivo spirito che non mi lasciava mai, soprattutto nel momento del bisogno, io d’altro canto cercavo di essere di aiuto, anche se con dei risultati non brillanti come i suoi, a me bastava che lei sapesse che ci sarei sempre stata per lei… sempre.

-Ho un dolore … Ringrazio Nori con tutto il cul… cuore! Ma…gli altri?-.

-Brielle, Less e Mel sono già in piazza, Ker, invece, ci raggiungerà dopo… sta con Asil- Frean finì con quel nome e rivolse gli occhi al cielo in segno di noia.

-C’è anche oggi? Speravo di non ritrovarmi quello stoccafisso di programmatore almeno per questa giornata!- non avevo un’alta opinione di Asil, soprattutto dopo la confusione e la fatica per fare in modo che potessero mettersi insieme, perché per quanto riguarda i computer Asil era un genio, ma in fatto di donne era un vero e proprio imbranato, ma dopo quell’unione i rapporti erano cambiati, anche Ker era diventata un po’ distante, per la serie che chi sta con lo zoppo impara a zoppicare.

Ci dirigemmo verso la piazza principale, il sole regnava in ogni angolo rendendo l’aria ancor più afosa.

In piazza non vi era molta folla, solo quei pochi studiosi di archeologia e storia delle arti. Scrutai per bene ogni panchina marmorea dello spiazzo, finché non incontrai lo sguardo di Brielle che ci faceva cenno di avvicinarci.

Brielle era la più grande di età del gruppo, anche se questa si notava solo dalla sua maturità mentale, alta e intelligente Brielle aveva sempre una risposta a tutto, i suoi occhi castani erano acuti proprio come quelli di Less, un furbo e in gamba bagnino con un fisico ancora un po’ infantile e paffuto. Mel, invece,  rappresentava un po’ la “sottuttoio” che però tanto sapere non aveva, possedeva anche quel non so che di falso, quasi ipocrita, di cui ci dava un assaggio ogni giorno.

-Ma cosa vedono le mie fosche pupille- dissi sarcasticamente avvicinandomi ad altri due componenti del gruppo -Ker e Asil- i due erano come al solito attaccati con le labbra in un’insolita apnea che difficilmente aveva fine.

-Ciao Aru- disse Asil prendendo fiato dopo la singolare “immersione”, nel suo tono riuscii a percepire qualcosa di tutt’altro che amichevole, un giorno lo avrei preso a schiaffi, a trattenermi nel farlo era solo l’amicizia che mi legava a Ker, ma che non bastava per la sopportazione di quell’individuo assai ambiguo.

-Ciao- gli dissi rivolgendogli uno dei miei sorrisi più falsi.

La brezza marina soffiava leggera fra le foglie degli alberi, sprigionando un dolce profumo che ci accarezzava la pelle.

La piazza aspettava l’arrivo del professor Amedeus Mundi, primo professore di scavi archeologici dell’isola. Quel pomeriggio ci avrebbe portato nei pressi di Tartar per avviare una lezione sulle antiche civiltà che avrebbero popolato l’isola, a noi toccava il compito di catalogare i vari ed eventuali reperti trovati sul luogo, sempre che ce ne fossero stati. Non si sa come, ma tutti gli studiosi giunti dalla lontana Europa erano convinti che Moana fosse una miniera archeologica, non solo per le grotte sottomarine, ma si pensava che potesse rappresentare una Pompei in miniatura, poiché, al parere di Mundi e di altri suoi colleghi, Tartar, prima di cessare la sua attività avesse travolto la vecchia civiltà dell’isola,come avvenne con il Vesuvio, peccato però che nessun reperto attestasse quella tesi. Tartar probabilmente non aveva nulla a che fare con quelle congetture, né con quel lontano parente, eppure sia Mundi che gli altri ci tartassavano con quella idea,  e spesso  organizzavano delle spedizioni intorno alla folta vegetazione che circondava il vulcano.

-Buondì, miei giovani esploratori- Mundi arrivò in Piazza tutto eccitato, un uomo  alto, dai folti capelli bianchi, occhi azzurri occhialuti e bianchi baffi sopra la sottile bocca circondata da rughe -Mi auguro che siate pronti ad affrontare un lungo e faticoso viaggio, perchè purtroppo non vi sono diligenze a nostra disposizione-.

-Che gioia-sussurrai, Frean soffocò una risata.

- Quindi armatevi di tutte le vostre forze e seguitemi- concluse portandosi la giacca sulle spalle e avviandosi verso il sentiero che portava alla ripida salita che ci avrebbe portati in vetta.

-Mi domando cosa si aspetti di trovare lì- mi chiesi incamminandomi accanto a Frean.

-Immagino che per un archeologo una scoperta come quella di Pompei sia una vera meta per concludere  una carriera, e Tartar è quello che somiglia di più al Vesuvio, almeno su Moana- mi rispose Frean.

- Sapevate che il Vesuvio è un vulcano esplosivo attivo, attualmente in stato di quiescenza situato in Italia nell’Europa meridionale, alto circa 1281 metri e sommerse Pompei ed Ercolano nel 79  avanti Cristo. Pompei è famosissima…- Iniziò Mel.

-Mel , guarda che l’eruzione è stata dopo Cristo non avanti…- la interruppi.

-No, no, ne sono sicura è avvenuta prima della nascita di Cristo-.

- Io ti dico di no…- ostinai.

-Si sono assolutamente sicura che sia gius…-

-Sbagliato!- sapevo quello che dicevo, per la miseria! Anche i bambini di 5 anni lo sapevano e lei sosteneva ancora che la sua tesi fosse giusta.

-Se il buon giorno si vede dal mattino… Mel hai ragione tu- disse Frean tappandomi la bocca con le mani.

- Naturalmente- concluse… apparentemente -In ogni caso stavo dicendo che Pompei è famosa per i suoi…-.

-Oh Dei!!!!- dissi correndo avanti e trascinando Frean al mio seguito.

Non sono mai stata un tipo ipocrita né tanto meno ho mai avuto paura di dire ciò che pensavo in faccia alle persone, forse è questo il motivo per cui ho sempre avuto una notevole difficoltà nelle relazioni interpersonali.

-Sai che divertimento scavare e non trovare nulla per l’ennesima volta…- Aggiunse Brielle.

-Questo lo credi tu, io almeno una punta di freccia la voglio trovare- proferì Less.

-E come farai se, come sai, non c’è niente lassù?- chiesi sarcastica.

-Guarda e impara- rispose Less facendo scivolare la mano destra nella tasca dei suoi pantaloni, e lasciando intravedere una piccola punta di zinco.

-Less! Piccolo imbroglione!- gridò Brielle, sorridendo in modo affettuoso, rivolse il suo sguardo lontano verso Tartar e sospirò in maniera triste.

I miei occhi si incollarono su di lei, la sua espressione era cambiata. A cosa stesse pensando? Io ero certa di saperlo…

Oltre la distanza c’era anche la salita che si faceva sentire sempre più, i nostri respiri iniziavano ad affannarsi, sempre intorno a noi il verde profumato e i richiami dei vari animali che abitavano la foresta accompagnavano quella salita estenuate sotto il cocente sole e i mugugni degli stomaci vuoti che ormai si facevano sentire.

Aprì la borsa ed estrassi la bottiglina d’acqua rigorosamente non effervescente e ne bevvi un sorso, ma mi pentii presto di averlo fatto, il liquido scese in maniera sorprendentemente veloce al mio interno, rimbombando nelle pareti vuote del mio ventre, provocando delle fastidiose fitte.

Non riuscivo a  non pensare all’assurdità di quella scampagnata, “Comunque nessuno troverà nulla… a parte Less!” ripensai .

-Wow che grinta ragazzi… ce ne avete messo di tempo…- Il visino paffutello da dolce ragazzina di Maru ci sorrideva appoggiata all’ombra di un tronco d’albero, con i suoi allegri occhi azzurri posati sulle nostre figure sudate e affaticate.

-E tu da dove sbuchi? Sei fresca come una rosa!- disse Frean sforzandosi a raggiungere quel piccolo paradiso rinfrescante.

-Ho preso la diligenza… perché voi state salendo con la “pedicolare”?-.

-Mundi è un taccagno!- sbottai -Non ci sono più diligenze a nostra disposizione- gli feci il verso - un piffero! -.

-Non gridare, potrebbe sentirti!- disse Brielle.

-Per quanto possa sentirci!- risposi.

Riprendemmo il passo, ormai non mancava molto.

Dopo circa 15 minuti ci ritrovammo nel posto stabilito, sempre il solito posto dove si concentravano le ricerche, che non fruttavano mai.

-Bene ragazzi liberate gli archeologi che sono in voi !- Disse Mundi aprendo le braccia in gesto teatrale.

L’unica cosa che però cercai io fu un masso abbastanza comodo per posare il mio fondoschiena reduce di guerra -Si certo, l’archeologa che è in me mi suggerisce che è il tempo di sedermi-.

Non c’era nulla lì, come del resto non c’era stato in precedenza, solo folta vegetazione interrotta da qualche sentiero terroso.

Un albero  mi regalava un po’ di ombra, ed io ne traevo ogni beneficio. Chiusi gli occhi e mi feci cullare da quel leggero venticello, riaprii gli occhi e venni accecata dai raggi del sole, scostai subito lo sguardo rivolgendolo nel verde più folto della selva, e lì i miei occhi avvistarono qualcosa…

Mi strofinai gli occhi “Il sole mi ha giocato un brutto tiro” pensai, ma una volta ripresa la mia vista naturale tornai su quel punto buio dove mi sembrava di aver colto un luccichio.

Era ancora lì, quello strano riflesso. Mi guardai intorno, non osservava nessuno, mi alzai e andai verso lo scintillio tra l’erba fresca e il terreno fangoso. Scostai la sporcizia e si intravide un gancio, lo tirai su. Era un ciondolo d’argento a forma di sole, o almeno quello doveva rappresentare una volta, era tranciato a metà, non rotto come si potrebbe pensare, ma brutalmente reciso, quasi come se fosse stato preso a morsi.

“Quale creatura può avere dei denti tanto affilati e piccoli? I lupi non si trovano da questa parte dell’isola e poi la dentatura non assomiglia nemmeno minimamente… quale animale potrebbe…”.

- Ha trovato qualcosa Miss?- chiese Mundi dietro le mie spalle.

Istintivamente nascosi la mia scoperta, lasciando scivolare il mezzo pendente all’interno della borsa.

-No, professore, mi dispiace, credevo ci fosse qualcosa qui fra il fango, ma credo che sia stato solo un gioco di riflessi-.

La faccia di Mundi era tutt’altro che credente in quella mia risposta, si avvicinò a me con un sopracciglio alzato -Ne è sicura?-.

-S…si, certo…-. I suoi occhi studiavano ogni minima parte del mio corpo che poteva tradire la mia smentita.

-Professore venga! Ho trovato qualcosa!- la voce di Less rimbombò fra gli alberi.

Trassi un profondo respiro, la punta di freccia di Less mi aveva appena risparmiato una sentenza di Mundi.

Mi allontanai da quell’insolito teatrino che si era formato intorno a Less e al suo zinco compresso, e tirai fuori nuovamente il pendete per esaminarlo un seconda volta.

Era vecchio indubbiamente, ma non antico, doveva risalire agli inizi degli anni 70 almeno, e sembrava uno di quei souvenir che vendeva il signor Pedrè ai turisti. Che cosa ci faceva un ciondolo mozzato nel bel mezzo della selva di Tartar? E soprattutto quale bestia poteva aver straziato quell’oggetto in quel modo?

Sentii la tasca dei miei pantaloni vibrare. Raccolsi il cellulare e risposi.

-Dove sei?-mi chiese la voce di Nori.

-Indovina? Mundi ci ha portati alle pendici di Tartar per i soliti sopralluoghi-.

Nori rise -Visto? Cialtroni-, in quel momento non gli avrei dato torto.-Allora quando scendi?-.

-Immediatamente! Ci vediamo a metà strada- terminai la chiamata e mi avvicinai a Frean che si stava sbellicando dalle risate all’eccitazione di Mundi che studiava ancora quella punta di freccia, che non riusciva a spiegare come mai potesse essere, dopo qualche centinaio d’anni, ancora così ben conservata.

-Immagina la sua faccia quando scoprirà che quella freccia è stata comprata ieri da Pedrè!- rise più forte Frean.

Sorrisi -Frean, io vado! Tanto la vostra scoperta l’avete fatta! Credi che Less entrerà negli annuari archeologici per questo ritrovamento?-.

-Probabile. Vai da Nori vero? Buon divertimento-.

-Per quanto possa divertirmi…-.

-Si, si, non giocate troppo però-.

Le feci una linguaccia e la salutai.

La strada in discesa mi faceva prendere sempre più velocità, la mia mente invece era ancora fissa su quel piccolo pezzo d’argento.

Sarei andata fino in fondo a quella strana faccenda, semmai ce ne fosse stata una.

Intanto non rallentavo il passo e quando scorsi da lontano la figura di Nori, corsi più che potevo e con uno slancio mi fiondai su di lui, come se non lo vedessi da una vita.

-Calma! Qualcosa non va?- chiese.

-No, no- e affondai la faccia nel suo petto e lo strinsi forte.

Mi guardò u po’ costernato - Stai bene?-.

-Sì! E non ci crederai, ma ho trovato qualcosa!-.

-Su Tartar?-.

-Allucinante!-  tirai fuori il sole raccontando del fortunato ritrovamento.

Nori ascoltò tutto con interesse, osservò più volte il pendaglio, facendo scivolare le dita lungo la rottura ondulata.

-Allora?- chiesi curiosa.

-Non ho mai visto un sole simile nella bottega di Pedrè, potrebbe essere di qualche straniero che lo ha perso durante una passeggiata in diligenza-.

-Non credo, la diligenza non passa più lì da ormai da 30 anni o poco più e poi osserva lo stampo, io credo che sia degli anni 70… Pedrè possedeva già La Perla della Sirena all’epoca?-.

-Non lo so… Possiamo chiederglielo, ma non oggi…-.

Lo guardai di sott’occhio -Cos’hai da fare che oggi non si può?-.

Mi rivolse uno dei suoi sguardi più maliziosi.

-No, non ci pensare nemmeno! Non ho neanche mangiato ed ho un buco al posto dello stomaco!-.

-Per questo c’è Nori!-, solo in quell’istante mi accorsi dello zaino che aveva in spalla, scavò al suo interno e ne estrasse una baguette 2 volte la mia faccia, porgendomela  fra le mani -Buon appetito-.

-Hai deciso di mettermi all’ingrasso, come la strega di Hansel e Gretel?-.

-Sì, e dopo che avrai finito… ti mangerò- concluse in tono teatrale.

Divisi in due parti la baguette all’ombra di un albero e ne addentai un pezzo. -Chissà quale animale può aver spezzato il sole in quel modo…-.

-Ci stai ancora pensando?-.

-Hai mai visto dei denti tanto piccoli?-.

-Un procione!-.

-Ha l’acciaio questo procione al posto di una normale dentatura!-.

-Ci tieni tanto a questa storia?-.

-Sono semplicemente curiosa… L’avrebbe potuto trovare chiunque, in tanti anni che è stato lì-.

-Forse era nascosto nel fango e con i temporali di questi tempi, dev’essersi liberato… e ha trovato te… un segno del destino-.

“Come lo è stato il nostro incontro… lo ricordi Nori?” pensai fra me.

Sorrisi , mi piaceva ascoltare la sua voce che si confondeva con i battiti dei nostri cuori.

Poggiai il capo al suo torace per sentire e seguire il respiro tranquillo e pacato, aspettando che il sole abbracciasse l’isola regalandoci i meravigliosi toni pastello del crepuscolo.

Solo il calar della notte poté dividere me e Nori e il ritorno a casa mi rese malinconica.

Gettai le mie membra “cadaveriche”  sul letto e mi girai sul fianco sinistro.  Senza che me ne rendessi conto, i miei occhi tradirono quei  sentimenti che avevo chiuso in fondo all’anima e lasciarono cadere le candide lacrime che velai  per giorni.

“Se solo potessi diventare cristallina come l’acqua” pensai “ potrei mostrare i miei sentimenti senza imprigionarli al mio interno”.

Avrei voluto gridare quello che provavo quando vedevo Nori: il battito irrefrenabile del cuore che mi lasciava il respiro a metà tra polmoni e bocca e di ogni mia singola molecola in visibilio, trasportata in un universo parallelo dove l’angoscia ed i problemi svanivano, per poi moltiplicare il loro effetto una volta che quegli occhi cristallini e quella morbida bocca si fossero allontanati da me.

I miei pensieri agitati, furono interrotti dalla tremolio del cellulare nella tasca destra dei miei jeans.

Sul display apparve il nome di Frean.

-Ciao piccola-.

-Ohi… ciao Frean, qualcosa non va?- chiesi passando le mani sul viso per cancellare il pianto, come se Frean fosse lì a guadarmi.

-No, ma ti sento strana…-.

-Nulla…- dissi abbassando gli occhi appesantiti dal pianto.

Lo sguardo incontrò il pendente trovato quel pomeriggio - Frean, che tu sappia, negli anni ’70, La Perla della Sirena era già di Pedrè?-.

-Non saprei, ma potresti controllare al catasto, o, più semplicemente chiedere a lui stesso-.

Il catasto poteva essere una buona idea, giusto per non far insospettire quel pettegolo e cialtrone di Pedrè.

-Ma come mai me lo chiedi?- mi domandò con ingenua curiosità.

Raccontai a Frean del sole e delle mie perplessità riguardo la dentatura dello squarcio del ciondolo.

-Questa scoperta è meglio di quella di Less- disse ridendo.

-Non ci vuole poi molto, anche un’unghia incarnita è più interessante di una punta di freccia fatta in Cina qualche mese fa! Bella scoperta Less!-risposi.

-Oh! Ecco la vera Aru!- concluse serena.

Ancora una volta Frean era riuscita a risollevare il mio umore nero.

La salutai e guardando il cielo, gremito di stelle, incorniciato dalla mia finestra, mi lasciai trasportare dal canto notturno dei gabbiani, che richiuse i miei occhi pesanti, in un sonno profondo

 

  
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