NOTHING GOLD CAN
STAY
Nature’s first
green is gold,
Her hardest hue
to hold.
Her early leaf’s
a flower;
But only so an
hour.
Then leaf
subsides to leaf.
So
So dawn goes
down to day.
Nothing gold can
stay.
Robert
Frost
Traduzione in italiano:
NIENTE
CHE SIA D’ORO RESTA
In Natura il
primo verde è dorato,
e subito
svanisce.
Il primo
germoglio è un fiore
che dura solo
un’ora.
Poi a foglia
segue foglia.
Come l’Eden
affondò nel dolore
Così oggi
affonda l’Aurora.
Niente che sia
d’oro resta.
NOTHING GOLD CAN STAY
Capitolo
1
Makiko chiuse di scatto il libro
posato sul tavolo di fronte a lei. Era da due ore che tentava inutilmente di
concentrarsi su quel maledetto capitolo della Rivoluzione Inglese, ma era tutto
inutile.
Si alzò e si guardò attorno con il
morale a terra. “Non c’è che dire, mi sono sistemata proprio a dovere…” pensò
sarcasticamente osservando l’appartamento in cui
viveva.
Spalancò la finestra e uscì sul
balcone. Sotto di lei la strada era abbastanza trafficata: gente che tornava dal
lavoro, famiglie e comitive in giro a far compere. Dappertutto le insegne
luminose rendevano l’atmosfera più allegra.
Dopotutto tra poco più di un mese
sarebbe stato Natale. Da casa sua riusciva persino a scorgere le mura bianche
dell’università di Tokyo, dove si era trasferita per frequentarne il primo anno.
Ottobre stava volgendo al termine e il freddo cominciava a farsi sentire, ciò
nonostante il pallido sole che stava calando dietro agli alti edifici tingeva
ogni cosa di un pallido color ambrato. L’autunno per Makiko aveva sempre avuto
un fascino particolare, l’odore del freddo che giungeva, le foglie a terra, la
strana malinconia che si respirava e la trepidazione per le feste
imminenti…Questo aveva sempre pensato…almeno fino a tre anni prima. Ora invece,
quando si avvicinava quel periodo, i suoi ricordi si facevano più vividi, troppo
dolorosi. “Come se già non soffrissi abbastanza…” riflettè amareggiata la
ragazza. Forse le avrebbe fatto bene andare anche lei a vivere nel campus
dell’università come tutti gli altri ragazzi, ma per il momento, a quell’idea si
sentiva schiacciata dalla consapevolezza che ributtarsi nella mischia, tornare a
vivere con tutta l’energia che l’aveva sempre contraddistinta, sarebbe stato un
affronto, un offesa per…
Makiko respirò tristemente,
lasciandosi sfuggire un gemito e tornò nel suo appartamento dove, come da due
anni a quella parte non ci sarebbero state ghirlande, alberi addobbati o
presepi, feste e regali. Niente di niente. Non per lei. Sua madre non aveva
tutti i torti, era stata fortunata, avrebbe dovuto festeggiare ogni giorno che
le rimaneva per ringraziare il cielo
di respirare ancora…ma come potevano
chiederle questo? Come poteva festeggiare di essere in vita…lo stesso motivo per
cui sentiva il tormento dei sensi di colpa che la
dilaniavano?
No, lei non avrebbe festeggiato, non
c’era nulla per cui darsi la pena di farlo. Non fino a quando qualcuno le avesse
spiegato perché tre anni prima il destino aveva deciso di salvare proprio
lei…solo lei.
Makiko non voleva, non doveva
pensarci, ma i ricordi erano sempre lì, pronti ad uscire allo scoperto ogni
volta, aspettando solamente che lei abbassasse la
guardia.
-No…!Non ancora…-doveva resistere…Si
alzò e tornò al tavolo, ma non si sedette nemmeno. Doveva uscire assolutamente.
Prese una giacca e corse fuori da quella casa. Una passeggiata avrebbe
contribuito a farle distendere i nervi. Camminava svelta, senza nemmeno alzare
la testa…ma non aveva ancora voltato l’angolo che si
fermò.
“Ma che sto facendo? Dove credo di
scappare?” .Si vide riflessa nella vetrina di un negozio e un sorriso amaro le
piegò le labbra. Quella che vedeva era l’ombra di ciò che era
stata.
Decise di tornare indietro. Era già
quasi buio e anche se era distrutta non era così stupida da andarsi a cacciare
in qualche guaio. A testa bassa, con i capelli agitati dal vento che le
coprivano gran parte del viso, tornò sui suoi
passi.
Stava per aprire il portone quando una
folata le portò l’eco di risate. Si voltò e dall’altra parte della strada vide
un gruppo ben fornito di ragazzi dell’università che tornavano chissà da quale
bel pomeriggio trascorso a divertirsi e a stare insieme. Si fermò per un attimo
ad immaginarli rientrare nei loro appartamenti stremati, felici, pronti a
passare insieme anche la serata. Era così che aveva sempre immaginato la sua
vita universitaria. Lei e gli altri suoi amici ci avevano fantasticato tanto,
Reika diceva sempre che…Quando quel viso si affacciò alla sua mente, dovette
afferrare la maniglia per non cadere a terra. Sentì il dolore sordo che la
accompagnava ormai da tempo esploderle nel petto e salire verso la gola. Entrò
in tutta fretta e chiuse fuori quelle voci. Respirò profondamente per calmarsi e
cominciò a salire le scale lentamente.
Un paio di occhi blu furono attratti
da una figura che si muoveva dall’altra parte della strada. Si muoveva
velocemente, a testa bassa, con i capelli chiari che le battevano sul viso, ma
lei sembrava non accorgersene. La seguirono fino al portone di un edificio
dove,improvvisamente, come attirata da qualcosa, si voltò verso di loro.
L’espressione di dolore sul quel bel volto colpì Akira Sendo ancora una volta
nel profondo. Quante volte, dall’inizio di quell’anno aveva avuto voglia di
fermare quella ragazza così triste e stringerla tra le braccia, per cancellare
tutto il suo dolore! Cosa poteva essere successo di tanto grave per far soffrire
una persona così?
-Sendo!
-Mmh, …cosa?- il ragazzo fu riscosso
dai suoi pensieri e vide i suoi amici che lo
fissavano.
-Cosa ti prende?! Ti sei
incantato?
Lui si voltò verso il portone, ma la
ragazza era sparita.
-Niente…è che l’ho vista
ancora…
-Chi? La ragazza triste?- chiese
Hanamichi Sakuragi tornando serio.
-Sì, è entrata in quel
portone…
Tutti i ragazzi si voltarono nella
direzione indicata dall’amico. Sendo, infatti, non era stato l’unico ad averla
notata. D’altronde era difficile non farlo. Sin dall’inizio dell’anno, quella
ragazza era entrata sempre di più nei loro discorsi. Si chiedevano chi fosse e
soprattutto perché non ridesse mai. L’avevano soprannominata senza scherno “la
ragazza triste”.
-Nemmeno adesso…voglio dire…siamo
sotto Natale…tutti dovrebbero essere felici, no?
Chiese incerta Ayako infrangendo un
silenzio quasi irreale.
-Non è detto –tutti si voltarono verso
Kogure.
-La vita a volte può essere crudele.
Il dolore non si placa solo perché è Natale.
Rimasero ancora immobili per un attimo
fissando quel nudo e freddo portone.
-Beh…vogliamo entrare? Fa un freddo
cane! Hana, non avevi detto di aver una fame da lupi??– esclamò Miyagi.
L’atmosfera si era fatta pesante.
-A dire il vero, la fame mi è
passata…-sussurrò il rossino.
L’amico lo guardò per un attimo, poi
riprese a camminare.
-Già anche a me- ammise alla
fine.
Chiudevano la fila un paio di occhi blu che
tornarono a fissare intensamente le finestre del palazzo, quasi potessero
riuscire a vedere attraverso i muri, poi Akira Sendo si riscosse ed entrò dal
cancello dell’università.
Makiko, ignara di tutto, si buttò sul
letto cercando di far riposare il suo cuore impazzito, poi, lentamente il sonno
l’avvolse e, come ogni volta che ciò accadeva, tornò a rivivere i tragici eventi
di tre anni prima...
Si svegliò di colpo, coperta di
sudore, con il viso inondato di lacrime e il petto scosso dai
singhiozzi.
Si prese la testa tra le mani e si
raggomitolò sulle coperte sopraffatta ancora una volta dalla
realtà.
Tre anni prima il destino, nelle vesti
di un guidatore ubriaco, era corso incontro a due ragazzine piene di sogni per
il futuro.
Il tempo si era fermato per un attimo,
solo per un secondo...
Poi… aveva ricominciato a scorrere.
Ma solo per lei, Makiko, salva per
miracolo.
Il tempo per sua sorella Reika no….
Il destino si era fermato in bilico
sull’orlo tra la vita e la morte e aveva deciso.
Makiko avrebbe continuato a vivere,
Reika invece, non avrebbe festeggiato il Natale quell’anno …e nessun’altro a
venire.
Il destino tre anni prima aveva
irrimediabilmente spezzato la vita di Reika e il cuore di Makiko.