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Autore: Melanto    20/02/2010    0 recensioni
Raccolta di flashfic sul Capitano Anderson.
[I]: "Gli occhi di Anderson brillarono di piacere nel pensare come, da un misero seme che sir Joseph Banks gli aveva detto fosse totalmente inutile, ne avesse ricavato addirittura dei fiori e senza bisogno di essere sulla terra ferma."
[II]: «Rosa, Rosae, Rosae, Rosam, Rosa, Rosa.»
[III]: «Per la miseria, Dhelia, hai più entusiasmo tu della metà dei miei guardiamarina. Se fossi stata maschio avrei già provveduto a prenderti a bordo!»
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per il “Carnevale di Fanworld” indetto da “Fanworld.it”.
Tabella: “Carnevale di Nizza” | Prompt: #1 – Fiori

Sì, va beh, avevo detto che non sarei riuscita a completare un altro set… ed invece. XD
Ancora più orgogliosa mi rende il fatto che, con questa raccolta di flashfic, possa far aprire la sezione tutta dedicata a “Ai Confini della Terra”. **
Sono felice. **
Questo episodio si rifà al capitolo “Gamma” di “Riti di Passaggio”, primo libro della SeaTrilogy.
Il Capitano Anderson ha davvero un piccolo giardino nel suo alloggio dove coltiva una pianta rampicante di cui non sappiamo la specie, ma che, secondo lui, è quella che fu usata da Eva per agghindarsi i capelli (XD) ed un geranio che sta morendo.
Visto che della pianta rampicante non dice nulla, ho scelto di mio gusto il Moonflower (o Fiore di Luna o Ipomea alba o anche MorningGlory e Convolvo XD ha più nomi 'sta pianta!).

I Fiori di Anderson

I – Moonflower e Geranio

Il beccuccio dell’innaffiatoio scivolò con attenzione tra gli arbusti dei rampicanti – attaccati a delle canne di bambù, ma che ormai si erano avvinti anche tra loro – conferendo alla tre piante una continuità d’insieme come fossero una.
Anderson lo inclinò il giusto affinché fluisse un filo, non oltre, di acqua che inumidisse il terreno del vaso e ripeté l’operazione anche con le altre due piantine.
Carezzò una delle foglie con due dita per saggiarne la consistenza e parve soddisfatto di quanto fossero cresciute bene e rigogliose; tatuavano parte della vetrata lungo la parete poppiera, fondendo terra e mare insieme, tanto che avrebbe potuto sembrare di trovarsi non già su una nave quanto in una piccola serra affacciata su un promontorio.
Mise via l’innaffiatoio e si fece in là di qualche passo osservando, mani dietro la schiena, i frutti del suo operato. La luce del tramonto tingeva la saletta ed ogni suo oggetto di un carico colore aranciato.
A quella vista, sorrise, mentre il primo fiore di luna, chiuso in un bocciolo tubolare, prese ad aprirsi, adagio, sotto il sole calante. Gli occhi di Anderson brillarono di piacere nel pensare come, da un misero seme che sir Joseph Banks gli aveva detto fosse totalmente inutile, ne avesse ricavato addirittura dei fiori e senza bisogno di essere sulla terra ferma.
Un uomo solo, in totale isolamento dal resto del mondo, poteva creare vita dove si diceva che non avrebbe potuto crescere e gli confermò come le convinzioni del signor Talbot, di qualche giorno prima, fossero ancora troppo legate a sistemi di pensiero moralisti e fallaci, saldi in tradizioni che lui, ormai, aveva superato da tempo, imparando a vedere ben oltre essi e la loro inutilità: la famiglia non era una necessità, ma una scelta, di cui ogni uomo avrebbe potuto fare a meno. Un orpello, via! E la riproduzione di sé non era solo nella capacità di trovare una donna e sfornare marmocchi, ma nel saper trasmettere di sé stessi a chiunque si trovasse intorno. Piante comprese. La sua aveva appena appreso da lui la caparbietà e la testardaggine che lo avevano reso l’uomo che era, lasciandogli un fiore come segno.
Convinto di ciò, Anderson annuì in approvazione e volse le spalle alla sua serra, per recarsi sul cassero.
Nell’angolo, in disparte, il geranio morente perse un altro dei suoi rossi petali.

 

   
 
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