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Autore: MollY_gIaDa    20/02/2010    3 recensioni
DIAMOND...Ora una One-Shot diventa una raccolta, grazie a Tie! Serie di storie slegate tra loro su varie coppie o amicizie dei personaggi di Hp! A volte il riflettere sulla morte e i sentimenti tristi ci fa apprezzare l'essere VERMENTE felici... Questo è l'invito a leggere queste diverse sfacettature della natura umana!
PRIMO Capitolo: London Bridge is Falling Down, protagonisti Draco/Astoria.
SECONDO Capitolo:狂気, protagonisti Luna/Adam
MollY_gIaDa
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Madness

# Ed ecco il secondo capitolo della raccolta!

Questa volta i protagonisti saranno Luna, Rolf e un certo Adam!
Il titolo 狂気 significa madness, cioè pazzia!

Beh, buona lettura!

MollY_gIaDa






 








- Salve… Lei deve essere la signorina Lovegood, giusto?- chiese l’uomo dall’altro lato della scrivania.
I capelli di un biondo sporco erano corti e leggermente spettinati sopra al viso largo e maturo. Il mento largo gli conferiva una certa importanza.

Luna sorrise sorniona e gli allungò lentamente il suo curriculum. I capelli biondi erano sciolti sulle spalle e una ciocca azzurra maldestramente nascosta spiccava dando vivacità all’insieme. I grandi occhi azzurri fissavano ogni singolo dettaglio del signor Scamander, il proprietario di un’enorme villa.

- Si…- rispose tranquilla. Con la mano prese il cestino e lo rovesciò sul pavimento per sedersi sopra.  
Il signor Rolf la guardò allibito, poi, sospirando si concentrò sulle carte che aveva di fronte per sistemarle in due pile ordinate davanti a sé. La cravatta elegante appoggiava sulla scrivania di vetro e la giacca aperta lasciava intravvedere una camicia bianca.
Luna lo osservò curiosa e sbuffò vedendo che era troppo ordinato per i suoi gusti: aveva sempre odiato le cose monotone e tutto in quell’ambiente non la faceva sentire a suo agio; mobili bianchi e neri, muri grigi e una quantità infinita di cartelle divise in ordine alfabetico infilate in un cassetto aperto.

- Bene… Beh, direi che lei è stata l’unica assistente decente che ho incontrato questa mattina… perciò è assunta…- disse senza nascondere una nota di dispiacere.
Rolf si alzò facendo scivolare la sedia accanto alla finestra dalle persiane abbassate, poi agguantò un mazzo di chiavi da un cassetto e lo porse a lei che lo afferrò velocemente.

- Si presenti domattina qui in ufficio… Alloggerà nella dependance nel giardino della villa, lì potrà sistemarsi come crede. Arrivederci…- e le strinse la mano.

- Grazie…- sussurrò Luna accennando un breve inchino. Uscì silenziosamente e si chiuse la porta alle spalle.
S’incamminò per i corridoi dell’edificio, dove stavano gli uffici amministrativi della Kawasaki. Rolf, infatti, era il proprietario del reparto design delle moto.
Luna sospirò, non era molto contenta di quel lavoro ma, siccome aveva ventitré anni, era necessario se non voleva trovarsi al verde. Rimpiangeva il suo lavoro precedente che l’aveva fatta felice per molto tempo. Fino a qualche settimana prima era la proprietaria di una linea di abiti strani venduti in tutto il mondo, soprattutto a Shangai dove viveva prima di essere sfrattata. La società era colata a picco per colpa di un suo azionista che aveva fatto appalti e si era appropriato di molto denaro. Si era trasferita in Giappone dove, nei sobborghi di Tokio, aveva trovato lavoro come assistente del signor Scamander, mago noto anche in Inghilterra, che in cambio le avrebbe pagato vitto e alloggio.
Arrivò presto all’entrata, dove si aprivano vari viottoli che attraversavano il grande giardino. L’erba verde assomigliava molto a quella di un campo da golf e centinaia di alberi di pesco appena fioriti, abbellivano l’atmosfera.
L’aria fresca dell’inizio della primavera la colpì forte, facendole danzare i capelli davanti al volto. Con le mani prese i lembi del suo corto poncho blu scuro e si coprì meglio, scoprendo così le calze azzurro e blu elettrico che le coprivano le gambe, dove i pantaloncini non arrivavano. Corse velocemente lungo il giardino e con le Converse consunte saltò incurante dentro qualche pozzanghera schizzando i passanti.

- Scusate…- disse con voce flebile a un’anziana che aveva sporcato di fango.

- Screanzata!- urlò quest’ultima brandendo il bastone da passeggio.
Luna non si girò ma continuò imperterrita nella sua corsa cercando di evitare gli ostacoli con qualche leggero balzo. Era sempre stata così: spensierata e capace di essere allegra anche nei momenti più tristi. Ricordava ancora bene quando c’era stata la guerra contro Voldemort e lei aveva aiutato i suoi amici Grifondoro nella battaglia.
Finalmente giunse a un piccolo chalet grazioso adagiato su di una collinetta. Un mulino sul lato della casa girava incessante e l’acqua scendeva in un piccolo fiumiciattolo che sfociava poi in un immenso lago, barricato dietro fitti cespugli. Il tetto rosso a pagoda era sovrastato da salici altissimi e due draghi in pietra erano a guardia della porta, come voleva la tradizione.
Luna aprì la porta di legno ed entrò cautamente all’interno, l’esterno sicuramente era un paradiso in confronto all’interno.
La luce era poca perciò si vide costretta a prendere la bacchetta. La cucina e il salotto erano un’unica stanza ed erano arredate all’antica: mobilio di legno bianco e divano piccolo coperto da alcuni vecchi copri sedili per auto. Alcuni quadri impressionisti erano appesi alle pareti tappezzate maldestramente da carta da parati giallina.
Si addentrò tossicchiando nella stanza, tutto era coperto da un grosso strato di polvere e ragnatele.
Le finestre ampie erano chiuse da imposte scure in legno e le tende rosse erano simili a coperte di plaid. Un piccolo corridoio si apriva sulla destra della cucina e portava al reparto notte. Il bagno dalle piastrelle verdi era abbastanza pulito ma un odore forte di feci face quasi rimettere la povera Luna che incauta si era avvicinata alla turca sul pavimento. Una grande doccia su di un angolo era racchiusa tra pareti di vetro opaco.
Luna rabbrividì e tenendo tappato il naso con una mano chiuse violentemente la porta si avvicinò alla camera. Al centro della stanza si trovava un letto rotondo dalle lenzuola blu elettrico. Accanto alla testiera di ferro c’erano alcuni piccoli cuscini rossi. Una scrivania piccola in legno era appoggiata al muro sotto a una mensola e al suo fianco un grande armadio vuoto era tappezzato da alcuni poster di gruppi punk. Una maglia nera dalla scritta “FUCK THE SISTEM” in bianco. Era di sicuro la migliore stanza della casa, però era così maschile…
Luna sbuffò e prese la bacchetta. Con un rapido incantesimo cancellò ogni traccia di polvere e poi rinnovò alcune cose rovinate dal tempo.
Danzava agilmente tra le stanze agitando la bacchetta, assomigliava molto a Biancaneve mentre puliva la casa dei sette nani; con la stessa allegria e pari meraviglia per ogni singolo dettaglio. Ora la casa era pulita, un po’ disordinata ma nell’insieme era un esuberante tripudio di colori.  

- Perfetta!- strillò battendo le mani e accendendo il fuoco per scaldare un buon piatto di salutare minestra. Era sempre stata vegetariana e odiava ogni singolo maltrattamento sugli animali.
Mangiò sola canticchiando vecchie canzoncine che le aveva insegnato il padre, lesse alcune pagine di un libro e fissò a lungo il foglio bianco che aveva davanti a sé.
Era stata presa di mira da una maledizione: il blocco della creatività.
Disegnare i vestiti più assurdi del mondo, ad esempio quelli fatti con materiali riciclabili, la rendeva felice e appagata. Dopo quello che le era successo faceva un po’ fatica…
Aveva sempre voluto far qualcosa per l’umanità e creare abiti che facessero gioire e divertire le persone la rendeva completa… Ora le sembrava tutto così inutile e di poco conto.
Bah… Non serve a nulla… Devo trovare qualche ispirazione nuova! Si propose sorridendo. Senza aspettare altro si diresse in camera e s’infilò una lunga maglia gialla con un elfo domestico disegnato sopra, aveva infatti partecipato alla raccolta firme di Hermione Granger contro l’utilizzo barbaro degli elfi domestici.
Si coricò presto sapendo bene che l’indomani avrebbe sgobbato come un mulo per il signor Rolf.
Le palpebre si chiusero immediatamente e si ritrovò nel suo mondo più amato, il mondo caotico e allegro, dove poteva ancora rivedere sua madre…
Il mondo dei sogni.




*§*






- Controlla il Carter!- urlò Adam alzando gli occhi al cielo.
I capelli di un biondo scuro erano corti e un po’ sudati dal duro lavoro. Gli occhi verdi indugiavano sui dipendenti sporchi di grasso e la tuta da meccanico era aperta fino alla vita per lasciar respirare la pelle accaldata dai motori. La canotta bianca era unta di benzina e alcune ditate spiccavano sul tessuto.
Odiava profondamente quando i suoi collaboratori si dimostravano incompetenti perché lui voleva che tutto fosse perfetto.
Lavorava alla Yamaha da quando aveva litigato con suo padre Rolf e aveva deciso di collaborare con il nemico. Le moto erano la sua più grande passione e nella sua casa, nel lato ovest del giardino di famiglia, possedeva uno studio grafico, dove lavorava sempre a nuovi progetti che poi doveva chiudere accuratamente in cassaforte se non voleva che il padre glieli bruciasse. Un giorno alla settimana, però, dava un contributo alla sistemazione di alcune parti dei motori più critici, su questo era abbastanza famoso e ogni anno aiutava il team sportivo della Yamaha per il set-up.
Adam sbuffò e si avvicinò al computer per controllare il motore: avevano inserito una sonda nella moto per l’imminente gara del Moto Gp che si sarebbe disputata nel circuito di Motegi.

- Muovete quelle chiappe! O ve le rassodo con un calcio!- esclamò per incoraggiare i presenti a rimettersi al lavoro.
Con una mano un po’ sporca di grasso prese il piccolo palmare dalla tasca e digitò il numero di casa, più tardi avrebbe avuto un colloquio con suo padre.
Maledetto bastardo… pensò vedendo che l’incontro era fissato per le quattro in punto e lui non avrebbe neanche avuto il tempo di mangiare.

- Cazzo ragazzi! Devo scappare, buon lavoro e ci vediamo domani per gli ultimi controlli!!- disse prima di fiondarsi verso l’uscita dell’enorme capannone della società.
Si pulì le mani su di un vecchio panno e si cambiò velocemente nel piccolo spogliatoio antistante all’edificio. S’infilò una semplice maglia bianca sopra a un paio di jeans e correndo verso la sua moto si chiuse la lampo del giubbotto di pelle nera.
Impugnò un mazzo di chiavi e accese la sua Yamaha Concept U-Max che aveva creato lui stesso: nera e grigia con luci e rifiniture in verde fluorescente. Si mise il casco nero, accese il motore e vi salì sopra facendola scattare in avanti.

Il paesaggio cambiava velocemente al suo fianco, ma per lui era solo come un pallido sfondo di una scenografia… Sono i personaggi che cambiano il destino, non il luogo…

La sua vita era un po’ così: amava agire, combattere le sue battaglie e non stare di certo nelle retrovie. Troppe persone avevano distrutto e cambiato la sua vita e lui non lo aveva permesso a lungo. Primi fra tutti i genitori: la madre alcolizzata che ora era in un istituto per la disintossicazione e il padre possessivo che come unico desiderio aveva quello di guadagnare e calpestare la gente sotto le sue sporche scarpe. Sin da piccolo non era capace di tacere i soprusi del padre e si ribellava sortendogli delle vendette micidiali.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata però quell’inverno per il suo diciottesimo compleanno e lui aveva deciso così di lavorare per il nemico separandosi finalmente da ogni legame familiare.

Adam parcheggiò la moto davanti all’enorme edificio grigio con piccole finestre della Kawasaki.
Si tolse il casco e se lo infilò sul braccio entrando nella tenuta della famiglia Scamander. Attraversò il grosso cancello di ferro battuto e si fece aprire la grande porta scorrevole di vetro dell’ingresso.

- Buon giorno signorino Adam!- salutò la segretaria al primo piano, una donnona sulla cinquantina dai capelli biondi e con un neo enorme sulla guancia.
Adam rispose con un breve cenno del capo e si dileguò nell’ascensore. Il respiro era leggermente più ritmato tipico di quando doveva incontrare il genitore. Avanzò per i corridoi semideserti e raggiunse l’ufficio del padre.
Esitò prima di afferrare la maniglia e aprirla.
- Entra - gli fu ordinato dal padre che con un gesto imperioso della mano lo invitò a sedersi.

- Beh…Come stai?- gli chiese Rolf accennando un breve sorriso.

- Senti… Arriva subito al sodo! Che cosa vuoi?- rispose Adam, leggermente seccato da quella chiamata: non voleva perdere altro tempo. Doveva ancora preparare molte cose per l’imminente gara.
Rolf si sistemò meglio sulla sua sedia e aggrottò le sopracciglia, serio.
- Bene… Allora saprai bene che ora ho bisogno di te qui nell’azienda… Immagino che tu non voglia occuparti delle cose di famiglia perciò avrei solo bisogno di un piccolo aiuto per progettare una nuova moto… Mi serve un parere e…-

- A quanto?-

- Beh… A dir la verità non avevo pensato ai soldi ma…-

- Niente ma… Con te non voglio più avere nulla a che fare, quindi o mi paghi o me ne vado!- spiegò Adam digrignando i denti. Odiava essere trattato come un bambino.
- Ok… Allora… Un milione ti basta?- chiese il padre estraendo un assegno dal cassetto. Con la penna scrisse la cifra e firmò rapidamente.

- Perfetto… Inizierò oggi stesso… Prima finisco prima ti levo dalle palle!- esclamò intascandosi l’assegno per paura che il padre ci ripensasse.

- Bene… Ora che gli affari sono ok, che ne dici se parliamo un po’ della cena di famiglia d’autunno? Questa volta ci devi essere… Ricorda che si deciderà la divisione degli ettari che abbiamo in America…- disse prima che il figlio lo potesse fermare o rifiutare l’invito da subito.

- Ci sarò… Ma sarà l’ultima cena cui prenderò parte…- decretò sorridendo malignamente. Amava quando dava dimostrazione di avere il pieno potere sulla sua vita.
Rolf sbuffò poi piano schiacciò un pulsante. Era il citofono.

- Signorina Lovegood!? Mi porti due caffè immediatamente…- ordinò; un sonoro crocchio si propagò per la stanza.
La porta si aprì velocemente.
Adam si girò per vedere l’ennesima segretaria che stava sotto la tirannia del padre.
Sarà la solita vecchina…pensò tra sé ridacchiando.

- Salve…- salutò timidamente una ragazza giovane dai lunghi capelli biondi con in mano un piccolo vassoio. Un ciuffo azzurro spiccava tra i boccoli morbidi e gli occhi azzurri erano decorati da strani sbuffi color cenere. Il fumo del caffè saliva verso le sue labbra rosee.
 
Ci rimase male. Quella ragazza era bella. Una bellezza semplice senza bisogno di trucco e senza troppi sfarzi. Indossava una gonna corta a pieghe e una camicia lunga a quadri viola e azzurro, simile a quelle dei boscaioli. Ai piedi aveva un paio di Converse consunte e sporche di fango.

- Sa…salve…- biascicò tentando di sorridere. Era passato tanto tempo dall’ultima volta che era rimasto ammaliato da una ragazza.

- Lei è la signorina Lovegood… Lovegood lui è mio figlio Adam… Perché non lo accompagni nella stanza dove dovrà lavorare?- le chiese e ovviamente era un ordine implicito.

- Certamente signor Scamander…. Piacere mio, comunque… andiamo? - aggiunse sottovoce sorridendo al ragazzo. Piegò la testa di lato in una strana espressione felice.

Adam non se lo fece ripetere due volte e uscì dalla stanza seguendo la strana ragazza.
Lo portò lungo i corridoi e dopo un’interminabile camminata arrivarono a una piccola scaletta che usciva da una soffitta. Un odore orribile di muffa raggiunse i loro nasi.

- Lì?-

- Ehm… Si…. Tuo padre non ha un’alta considerazione di te…. E neanche tu di lui…- disse iniziando ad arrampicarsi. Non era una domanda bensì un’affermazione e aveva centrato in pieno.
Adam rimase interdetto prima di seguirla.
Come diamine aveva fatto a capirlo? Si chiese mentre arrivava nell’angusta soffitta.

- Sinceramente avrebbe bisogno di essere riarredata…- disse la ragazza sottovoce. I muri spogli non erano di certo il peggio lì dentro.
Il pavimento era coperto di polvere e grandi fogli ammuffiti stavano su di un tavolo di legno dalle gambe bucherellate dai tarli.

- Riarredata? Questa stanza andrebbe bruciata!- esclamò Adam facendola ridacchiare.

Adam sorrise beato: la sua risata era cristallina e pura. Gli sembrava quasi paragonabile a una sorgente di montagna che scivola tra la neve.

- Beh… Come ti chiami?- le chiese e si sentì stupido. Forse non era il metodo migliore per iniziare una conversazione. Eppure erano anni che non ci provava con le ragazze, aveva smesso di corteggiare. Se era adulato, ci stava, altrimenti amen. Questa era la sua filosofia.

- Luna!-

- Bel nome… Luna Lovegood… Mmh… suona bene…- disse ad alta voce, anche se stava più pensando per i fatti suoi.


- Grazie… Comunque i tuoi fogli sono questi… Devi progettare il nuovo volante per questa moto…- spiegò Luna sorridendo mentre gli avvicinava dei fogli.
Adam allungò la mano e studiò con attenzione i particolari.
Lavoro da ragazzi… pensò prendendo una sedia e sedendosi rumorosamente.

La sedia però… beh…. Era come il resto della soffitta… Quindi potrete immaginare quanto sgangherata fosse.
Fatto sta che Adam si ritrovò sul pavimento.

- Oddio! Ti sei fatto male?- strillò Luna preoccupata e si avvicinò al ragazzo che ora rideva come un cretino.
Si alzò lentamente e prese uno sgabello di ferro; almeno quello avrebbe resistito.

- Tutto ok! Non potrò mai uccidermi… infondo, se con quel coglione che ho per padre, non mi sono mai suicidato mi andrà sempre tutto bene!!- disse sospirando e prendendo una matita.

Luna rise e si sedette al suo fianco appoggiando il mento nella mano aperta.

- Ti dispiace se sto qui?- chiese arrossendo un poco.

- No, no! Accomodati! Beh… Non è che tu abbia grandi possibilità di relax ma nella vita bisogna accontentarsi!!- replicò sorridendo.

Adam si concentrò nel suo lavoro e per ore lavorò al progetto. Luna era rimasta lì dall’inizio alla fine e non pareva stancarsi, anzi, gli dava consigli sul design e ogni tanto ridacchiava alle sue battute.
Il ragazzo si scoprì felice, come non lo era da tempo e per un po’ sperò che la sera non arrivasse mai.

- Secondo me dovresti ampliare questa! Così risulterà molto più dolce…- disse Luna squadrando con attenzione il disegno.

- Mmh… Hai ragione… Ma allora devo abbassare anche questo….- aggiunse Adam pensieroso. Si trovava bene con lei e le idee fluivano con maggiore facilità.

- Senti… Io ora devo scappare, sai mi ci vuole un’eternità per arrivare allo chalet…- fece improvvisamente la ragazza, alzandosi dalla sedia.


Adam sorrise tristemente. Non voleva lasciarla andare via ma infondo non poteva pretendere chissà che.  
Accompagnala! Una voce dentro di sé lo invitò a reagire e Luna sorrise, come per dargli l’opportunità su di un piatto d’argento.
E lui la sapeva cogliere da sempre.

- Ti va bene se ti accompagno? Infondo ci dormivo io lì, pochi anni fa…- le rispose seguendola giù per la scaletta.
 
- Ok! Per me va benissimo!- acconsentì lei, mentre saltellava per il corridoio deserto.

Camminarono per i viottoli del giardino e quando arrivarono allo chalet, si salutarono velocemente. Adam rimase a guardare la porta della casa chiudersi e fissò al lungo il susseguirsi di luci accese e spente.
Dopo attimi di riflessione si voltò e piano corse nella sua casa.
Stava dopo una piccola collinetta del giardino e s’innalzava su di un laghetto ampio adornato da alti salici e peschi giapponesi. La pagoda rossa dal tetto scuro era stata costruita da poco e alcune tavole di legno dovevano essere finite di dipingere.
Entrò nella piccola porta bianca e si tolse le scarpe, com’era di usanza lì. Piano si diresse verso il soggiorno e appoggiò la borsa sul divanetto bianco. Davanti, un tavolino di legno scuro ospitava un servizio da tè in porcellana rossa; ma l’aspetto più bello era di sicuro il grande bonsai che cresceva al centro della stanza e, da un buco sul soffitto, proseguiva al piano superiore.
Adam si gettò sul divano con un sorriso da ebete stampato in faccia.
Prese l’agenda e impulsivamente cancellò tutti gli impegni pomeridiani. A grandi lettere scrisse la sua nuova occupazione e poi gettò il quadernetto sul tavolino.




Domani la rivedrò!






*§*





Passarono le settimane.
Luna ormai era legata ad Adam e stare un giorno senza vederlo le pareva impossibile. Lui l’aveva aiutata, confortata e le aveva dato un appiglio per i momenti difficili. Negli ultimi tempi, infatti, la povera Luna si sentiva sempre peggio; il signor Rolf la faceva sgobbare e inoltre pareva animato da un desiderio perverso di avere il controllo sulla sua vita. Luna dapprima sconcertata si era fatta dare una mano da Adam che le aveva consigliato i modi migliori per sfuggire alle calunnie del padre. Ogni pomeriggio lui la andava a trovare e parlavano di tutto mentre lui continuava a lavorare ai suoi progetti. Gli raccontava tutto, persino i momenti difficili della guerra e lui le aveva raccontato di quando studiava a Rijon, la scuola magica asiatica. Luna non ne aveva mai sentito parlare e a quanto pare era nascosta molto bene, a detta di Adam.
Erano amici e questo li rendeva completamente felici.
Eppure per la giovane Luna tutto sembrava così troppo semplice. Lei provava un sentimento più forte per Adam e con il tempo si era convinta di essersi innamorata. Dannatamente innamorata dei suoi occhi verdi, del suo viso dolce, del suo essere così sprizzante e pieno di nuove speranze, del suo essere cinico fino all’attaccatura dei capelli e soprattutto di essere per lei l’appiglio di cui aveva sempre avuto bisogno.

- Hey, Luna!!! Ciao!- la salutò Adam quel pomeriggio prendendola per il braccio. Senza ammettere repliche la distolse dal suo lavoro e la trascinò sulla sua moto.
- Ehi! Io non ci salgo su quel coso!! Dai Adam!!! Devo lavorare….- ribattè cercando di divincolarsi dalla sua dolce presa.
- Ti preeegooo! Per oggi puoi anche marinare il lavoro! Ti voglio mostrare una cosa….- le disse sapendo bene di aumentare la sua curiosità. Ormai si conoscevano benissimo e spesso Luna si apriva a enormi sorrisi quando se ne accorgeva.
La issò sulla moto e dopo forti schioppi del motore partì nella fredda nebbia post pioggia.
Faceva dannatamente freddo eppure Luna sembrava essere soddisfatta del calore offerto dalla sua giacchetta nera. Indossava un paio di Jeans blu notte, Converse gialle e una maglia a quadri colorati che risaltava sotto la giacca.
Arrivarono velocemente al circuito di Motegi.
L’aria che si respirava lì era elettrica e piena di tensione. Team di persone che correvano da una parte all’altra, gomme che rotolavano sull’asfalto e vecchi catorci che andavano portati a rottamare.
- Perché mi hai portata qui?- chiese Luna, alquanto perplessa.
Adam sorrise.
- Vieni…- e la condusse, facendole chiudere gli occhi, lungo stretti corridoi e scale a chiocciola.
 
Luna si sentì pervadere da una strana aria fredda.
Aprì gli occhi.

- ODDIO!- esclamò guardandosi attorno.

Si trovava in cima alla torre di controllo della pista. Fuori. Sul tetto per la precisione. Sembrava che neanche gli elicotteri potessero arrivare a quell’altezza.
Tutto però era stupendo.
La pista da lassù sembrava un piccolo intestino attorcigliato. L’erba dei prati era come uno spruzzo leggero su quel mare di colori. Alberi di pesco in via di fioritura adornavano i giardini circostanti e numerosi laghetti erano percorsi da ponti sospesi e dai colori sgargianti. Case dai tetti a pagoda erano rosse, gialle e persino poteva scorgerne qualcuna di blu. Il mare in lontananza pareva muoversi in un lontano richiamo, come se volesse ridestarsi sulla terra giapponese. Le nuvole coprivano a spiazzi l’azzurro feroce del cielo, rendendolo dolce e vellutato, come una sorta di lenzuolo delicato.

- È bell…bellissimo…- sussurrò lei, coprendosi la bocca per l’emozione.
- Ti va di sederti? Così parliamo noi due…- disse Adam porgendole la mano per farla accomodare su di un cornicione.
- Vengo spesso qui… Mi piace osservare il paesaggio e mi rende calmo… Poi se chiudi gli occhi si sentono i rumori delle moto, delle urla di gioia, dei giochi dei bambini… tutto sembra tuo… Mi sono chiesto più volte se è così che si sente Dio…- disse malinconico osservando il paesaggio.
Luna era senza parole.
Poi una domanda le venne spontanea.
- Ma tu credi in Dio?- chiese curiosa.
Adam esitò a rispondere.
- Mi piacerebbe… Ho smesso di credere in Dio molto tempo fa…- disse quasi sussurrando – Tu Luna?-
- Mmh… Non lo so… Con il cervello non ci credo… Io sono una maga infondo quindi mi sembra un po’ strano… Ma nessuno mi assicura che non possa esistere qualcuno lassù… Però se ha prescelto la nostra razza non è un Dio giusto…- spiegò Luna portando le mani sotto alle gambe per scaldarsele un po’.
- Già… Ma prova a pensare… Secondo me ha privilegiato i babbani… I poteri non ci rendono migliori e i babbani hanno sviluppato molto di più la loro intelligenza… Guarda che cose fantastiche che sono riusciti a fare senza la magia!- disse spalancando le braccia, indicandogli ciò che avevano attorno.
- Strutture, cellulari, computer, raggi X, medicine e persino i robot! Noi maghi non riusciremo mai ad eguagliargli… eppure anche se siamo più indietro rispetto a loro noi siamo dei bastardi…-
- In che senso?-
- Noi uccidiamo con la parola…- rispose Adam con lo sguardo velato dalla nostalgia.
Rimasero zitti qualche istante.
Non c’era bisogno di parlare ed entrambi si capivano. Troppo.
Adam le prese la mano e gliela strinse.
- Perché non hai lavorato tra i maghi?- chiese infine Luna, troppo curiosa per riuscire a tacere.
- Perché il mondo dei maghi mi ha distrutto la vita… e perché credo fermamente in quello che ho detto poco fa…-
- Oh, capisco… Io invece non riesco a staccarmene… La magia è la mia vita… Nulla potrà mai eguagliare l’energia che sento scorrere nel mio braccio quando faccio anche un semplice incantesimo di Appello…-
- Ne sei sicura?- chiese Adam sorridendo appena. Era più giovane di lei eppure sembrava più maturo e più consapevole.
Lei annuì lentamente, sempre meno convinta.
Adam la fissò negli occhi e senza pensarci due volte le si avvicinò.
Luna potè sentire il suo fiato caldo sul volto, il tocco delle sue mani sulle gote e lo sguardo incatenarsi con il suo.
Una corrente fluì in tutto il suo essere.
Una corrente inaspettata e troppo grande da sopportare silenziosamente. Avrebbe voluto urlare.
Lui sorrise e nell’attimo in cui si aspettò quel gesto…
Quello non arrivò mai.
Il bacio sulle labbra è una pratica arcana, sin dall’inizio dei tempi… Forse anche l’inizio del mondo è stato siglato con un bacio.
Ma quello che le arrivò era più dolce e più profondo.

Sentì le labbra calde di lui posarsi sulla sua fronte.

Rimasero a guardarsi per un lasso di tempo infinito. Lui teneva il suo volto tra le mani e attendeva.
Attendeva l’amore.
Presto quella sensazione sarebbe arrivata e loro non avrebbero potuto farci niente… Se non arrendersi al destino.
Presto i loro occhi sarebbero diventati ciechi e avrebbero annullato tutte le barriere. Non sarebbero esistite iridi, pupille o ciglia. Solo un sentimento inesorabile che sarebbe sgusciato fuori e avrebbe riempito tutto.

Adam le chiuse le palpebre e le prese le mani.
Si sistemò davanti a lei e la fissò. Lui era già stato preso dalla morsa dell’amore e anche lei stava iniziando a percorrerne le tracce. Ne era sicuro.  

- Guardami- le disse.

Luna aprì gli occhi e lo fissò.






*§*





Un rombo lacerante investì l’aria.
L’ennesima moto passava davanti al traguardo.
- Evvai!- esclamò Adam abbracciando quelli del suo team. Avevano ottenuto il secondo posto.
Erano mesi che si preparavano e infine il loro lavoro era stato premiato.
Adam uscì dalla cabina di comando e raggiunse colei che lo stava aspettando.
Rise.
Era buffa con quel cappellino della Yamaha sulla fronte e la bandierina in mano. Indossava un vestito lungo e di un azzurro cielo brillante. Ai piedi le solite scarpe consunte.
Sorrise immaginandosi quel pomeriggio sul tetto. Era passata una settimana. Eppure quel giorno non si erano baciati.
Lei non era pronta e lui l’aveva capito subito.
Ora però la vide.
Era felice e sventolava quella bandiera con così tanto fervore che quasi si commosse: infondo lo stava facendo per lui.
- Hey splendore! Se continui così farai partire una bufera!- le disse ridacchiando.
Luna si girò e sorrise.
Si guardarono come si erano visti sul tetto.
L’amore ormai era guizzato tra i loro sguardi.
Adam si avvicinò e con una rapidità sorprendente la tirò a sé.
La baciò.
Un bacio improvviso. Senza nessuna aspettativa o ripensamento. Non c’era stata coscienza nell’atto era un’azione che era maturata da sé.
Le lingue s’incontrarono, in un gioco senza fine e le loro bocche erano ormai preda di un circolo vizioso. Erano brucianti di consapevolezza.

Non si erano accorti che qualcuno li fissava.
 




*§*

 



Non poteva più sopportare quella situazione.
Lei era una sua proprietà.
L’aveva comprata, presa e messa al suo servizio. Non poteva tradirlo così e lui non lo avrebbe permesso.
Sentiva l’odio scrosciare su di lui come un temporale perpetuo e invaderlo di un rancore troppo profondo per essere anche solo spiegato.
Nessuno poteva prendersi le sue cose.
Lui si era liberato di lui tempo prima ed ora arrivava e si prendeva colei che ora bramava?
Non lo avrebbe permesso.





*§*





- Dai! Ma dove mi hai portata?- chiese Luna ridendo.
Erano scappati dai festeggiamenti perché volevano avere finalmente il loro momento tanto atteso.
Si trovavano nell’officina della Yamaha e Adam, con addosso la sua tuta da meccanico macchiata di grasso era rimasto in canottiera.
- Uh! Sempre a lamentarti tu… Ti mostro una cosa…- e la tirò fino in un piccolo stanzino.
Lì c’erano alcuni vecchi pezzi di motori arrugginiti e un grosso sidecar.
Non era un posto affatto romantico.
- Aspetta…aspetta… Guarda!- e accese un interruttore. Minuscole luci bianche e colorate illuminarono la stanza che sembrava un po’ un albero di natale.
Luna scoppiò a ridere.
- Beh? Che hai da ridere? Dove pensi che abbia passato gli ultimi Natale?-
- Qui??- ridacchiò ancora Luna sedendosi nell’enorme sidecar.
- Ero talmente assorbito dal lavoro che non potevo concedermi un Natale decente e quindi rimanevo qui….-
- Capito…- fece Luna bloccando la sua risata.
Dopo pochi istanti scoppiò a ridere di nuovo.
- Guarda la stronza! Adesso ti faccio vedere io!!!- e saltò all’interno del sidecar dove Luna aveva preso posto.
- NO! Il solletico noooo!!!- gridò lei tra le risa.

- Vieni qui, stupida….- e la baciò intensamente.

Si volevano.
I loro baci divennero caldi e appassionati.
Adam la distese nel sidecar e si mise sopra di lei.
Le scostò il vestito e dolcemente le percorse il ventre caldo fino a giungere al sottile reggiseno di pizzo. La sentì ansimare dolcemente sotto il suo tocco e piano glielo sfilò fino a poter toccare il piccolo seno sodo. Con le labbra percorse il suo collo fino a scendere sui capezzoli rosei e li torturò dolcemente con la lingua.
Luna intanto gli aveva sfilato la canottiera e con le mani esili percorreva i suoi addominali e il suo petto allenato. Con una dolcezza infinita gli slacciò la cintura e in breve tempo si ritrovò in slip.
- Hey… Sei così veloce?- chiese soffiando sulle sue labbra.
Lei ridacchiò e con fare delicato gli strofinò le cosce, facendo quasi tremare la sua erezione.
Adam cercò di non distrarsi troppo e le sfilò il vestito gettandolo sul pavimento.
Rimase a guardarla.
Era dannatamente bella.
Dalla carnagione chiara che sapeva della vaniglia più dolce.
Con le labbra percorse tutto il suo ventre e con sensualità le lasciò una miriade di baci attorno agli slip e solo quando la sentì gemere piano decise di porre fine a quella lenta tortura.
Le sfilò le mutandine e con dita esperte le accarezzò dolcemente la sua intimità.
Luna nel frattempo gli aveva levato gli slip e si era bloccata.
Il piacere ormai la stava raggiungendo.
Adam le prese una mano ed entrò in lei. Piano e senza essere brutale.
Ondeggiarono a lungo e solo quando i loro sospiri si fecero più lunghi si lasciarono andare completamente.

Avevano finalmente rotto tutte le barriere ed erano una cosa sola.


Un rumore li fece sussultare e si fermarono.






*§*





- Salve Adam… Vestiti…- ordinò Rolf al figlio e provò uno strano piacere nell’interrompere il loro momento.
- Che cazzo vuoi? Vattene padre… Non sei autorizzato a stare qui….- replicò al padre alzandosi e solo per pudore si era infilato gli slip e i pantaloni. Luna aveva fatto lo stesso.
- Lei è una mia proprietà!- urlò il padre, ridendo.
- Che cavolo dici?- chiese Adam senza capire.
- Quella ragazza ha siglato un patto con me… Quando ha firmato il contratto sapeva bene che sarebbe dovuta rimanere con me! Non potrà mai essere tua… Dovrà vivere a casa nostra…-
- E allora? Io me ne starò qui!-
Rolf rise.
- No mio caro… Ti ho sfrattato mio caro….- disse con una perfidia disumana.
Luna cominciò a piangere silenziosamente.
Adam era allibito.
- Coosa?-
- Non potrai più mettere piede in città… Sei stato da me denunciato per aver trattato male una mia dipendente… Sai, io conto molto in questa società…-
- BASTARDO!!- gridò Adam fuori di se e con una ferocia mai vista si buttò sul padre.
Due uomini vestiti di nero comparvero all’improvviso e presero Adam per le spalle.
- Da questo momento tu sei ufficialmente fuori dal paese e verrai portato in America…- spiegò il padre prima di vedere il figlio venire portato via dalla stanza.

Adam fissò un’ultima volta Luna.  
Credevano di avere una speranza e i loro sguardi pieni di amore si contraccambiavano.

Ma come due palloncini si sarebbero dispersi nell’aria e sarebbero volati via.





*§*




A distanza di anni Luna soffriva.
Aveva due piccoli bimbi biondi.
Due gemelli.


Lorcan e Lysander erano la sua unica salvezza e la sua possibilità di amare.

Avevano troppo del padre e della madre: capelli biondi e ricci e il fisico asciutto. Gli occhi erano la cosa più bella. Lorcan li aveva azzurri come la madre. Lysander verdi come il padre.

Luna non aveva più rivisto Adam da quel pomeriggio.

Era riuscita ad avere una sua lettera tempo dopo quando aveva scoperto dei loro figli.


Ora viveva con Rolf e lo aveva sposato.
Ci credereste mai?
Eppure Luna aveva pronunciato quel sì, condannandosi a morte.


Non voleva vivere.
Era stanca di soffrire per la lontananza.
Erano passati tre lunghi anni ed Adam non aveva più fatto ritorno.

Luna era rimasta con Rolf solo per un motivo: sperava un giorno di poter rivedere Adam. Le sarebbero bastati cinque minuti o solo due secondi; voleva cibarsi ancora del suo sguardo amorevole e carico di passione.
In Rolf vedeva solo uno sporco assassino.
Lui l’aveva uccisa con le parole.

Era uno sporco mago.


Avrebbe preferito di gran lunga l’Avada Kedavra.
Tutto era durato troppo poco, troppo velocemente ed era tutto finito.
Eppure sapeva che c’era un filo invisibile che li congiungeva.
Poteva sentirlo, a distanza di anni ma ancora non sapeva percorrerlo.

Di Adam le era rimasta solo una lettera. Una dannatissima lettera. Sciupata dalle lacrime, gettata in una cassaforte e protetta da incantesimi.


A me non è concesso sapere ciò che c’era in quella lettera. Tutto è sempre rimasto segreto, nascosto al sicuro nel cuore di Luna che orma ne sapeva le parole a memoria, come un Mantra.

Era tutto così buffo ora ai suoi occhi.

L'avevano sempre presa in giro per essere Lunatica e pazza... e ora lo era sul serio.
Si era portata nel cuore solo una forte pazzia e Rolf lo sapeva bene ma si nascondeva dall'ammetterlo.

Luna era pazza ma a nessuno interessava.


In quegli anni aveva sempre creduto che forse una speranza c'era e vedendo i figli sempre così allegri, aveva tenute incrociate le dita.

Ora però per lei era tempo di crescere e di rinunciare per la prima volta nella sua vita ad un qualcosa di gioioso.
Stava annicchilendo la sua vita.


Forse non lo avrebbe più rivisto.

Però di una cosa era certa.


Dio per lei non esisteva.




Non potrebbe essere così crudele
                                                                     Adam












# Ecco! Finito!
Vi è piaciuto??
Spero di si... Beh, è sempre una storia triste ma prometto solennemente che la prossima One-Shot sarà a (quasi) lieto fine!!! XD
Ci tengo a fare solo un appunto... L'ultima frase del racconto è l'ultima frase della famosa lettera di Adam. Sapete bene perchè è importante.
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito la precedente storia.
lolly puwerpuff girl, sbrodolina e samara 89.
Ma sopprattutto mando un bacione immenso a Tie... Colei che con la sua recensione stupenda mi ha convinta ad intraprendere questa raccolta! Beh, thanks!

Grazie a tutti ragazzi!!!
Invito chi legge questa ff a fare un salto alla mia ff Eyes Of Truth che oltre ad avere un successo decente è mooolto più divertente di questa! Fateci un giro!

Beh, baci a tutti!

MollY_gIaDa



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