Ti fermi e guardi
oltre.
Ti fermi e pensi
oltre.
Ti fermi e realizzi che ogni
respiro è un respiro in meno, o in più, a seconda dei punti di vista, ma è
comunque un respiro, lo è stato e ora ce n’è un altro e anche quello è già
stato. Realizzi che tutti quei respiri che con così tanta naturalezza lasci
andare non sono altro che tempo. Tempo che esce da te. Il tuo tempo che
attraversa i tuoi polmoni, la tua trachea, il tuo naso e che esce, sottoforma di
aria.
Ti fermi e guardi. Guardi
ogni cosa e di ogni cosa riesci a cogliere il tempo che le scorre addosso.
Di
ogni cosa. Anche di te.
E d’improvviso capisci.
Capisci che sono giorni che passano e che non si recuperano. Che sono dettagli
che cambiano e che tu devi saper notare; pensieri che seducono la mente, la
sfiorano e fuggono, che la affascinano, ne vengono catturati e
sedimentano.
Ti guardi attorno e hai
appena il tempo di vedere, percepire ed annusare, che già vista, sensazione e
odore sono cambiati. Rialzi lo sguardo e non ti riconosci più in niente, nemmeno
nei tuoi stessi pensieri. Allora riosservi, riannusi, rielabori, e di nuovo, e
di nuovo e di nuovo, in un gioco forsennato di ansia che cerca di calmarsi
afferrando il tempo. L’inutile tempo che, anche se lo afferrassi, poi, a cosa ti
servirebbe? Lo controlleresti, sì, ma se ti distraessi a guardare il vestito
della donna che passa (e che sarebbe ferma se tu non la volessi far passare)
tutto il resto si fermerebbe.
E allora che senso ha,
giocare a questo gioco che tanto ti stanca e che non serve a
nulla?
Quindi lo rilasci, il tempo.
Magari prima lo studi bene, lo stringi, cerchi di imprimerne un ricordo nei tuoi
occhi, sulla tua pelle, e poi lo lasci.
E lo guardi mentre torna a
far vivere.
Lo guardi e ti senti
diversa.
Ti rendi conto che i giorni,
in realtà, non sono passati; che li hai solo accumulati per non doverli
affrontare ed ora è troppo tardi. Tu sei indietro e loro
avanti.
Tu sei stata ferma a
guardare il tempo che ti scorreva addosso, scorticandoti (piano) la pelle,
corrodendoti (incessantemente) gli organi, mentre lui già non c’era più e
rimanevi solo tu a scorticarti e corroderti. Da sola. Senza nemmeno il tuo
tempo.
Ti rendi conto che non l’hai
perso, l’hai lasciato andare. Non è stato casuale: hai provato a sbarazzartene e
ci sei riuscita. Strano, ma ci sei riuscita.
Solo che adesso che ti sei
fermata e che sei andata oltre, e che, magari, ti senti tanto più saggia, pur
non avendo concluso niente, forse adesso non sai nemmeno più come ricominciare a
far passare davvero i tuoi giorni e, impaurita, preferisci continuare ad
osservare il bel tempo degli altri.
Ti dici di essere felice, mentre invece, lo sai, ti stai solo, lentamente, lasciando morire.