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Autore: suinogiallo    25/02/2010    0 recensioni
Il gruppo si arrestò di fronte all’enorme statua di pietra che raffigurava Azmiotecul, uno dei Grandi Antichi che i popoli primigeni di quelle lande adoravano. Ai piedi della statua un altare in marmo bianco raffigurava una giovane donna nuda distesa di schiena su di un ceppo con le mani e le caviglie legate a dei paletti infissi nel terreno.
In quella posizione, alquanto scomoda, il torace e l’addome della ragazza formavano un piano quasi perfetto sul quale gli officianti del culto potevano celebrare i loro riti ed i sacrifici al dio. Sacrifici che, a dar retta agli antichi scritti erano invariabilmente umani.
(versione riveduta)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hyarbor’s Chronicles
Capitolo IX
by: suinogiallo


Ritorno ad un passato difficile da dimenticare e da abbandonare

    - Solleva di più quella spada! – sbraitò Cedric colpendolo ad un fianco con lo stocco di legno che usava per addestrarlo – Saresti già morto otto volte questa giornata – poi si voltò seccato. Buon vecchio Cedric, capitano delle guardie del signore di Trendel, uomo d’arme valoroso, costretto ad insegnare l’arte della spada a quel piccolo ragazzino piagnucoloso che metteva il broncio ogni volta che non riusciva a parare un colpo e veniva raggiunto da una stoccata al viso o alle mani o al corpo o alle gambe. Ma gli era stato ordinato questo e lui, da vecchio uomo d’armi aveva semplicemente obbedito. Ma se si aspettavano che lo risparmiasse da lividi e graffi solo perché era il primogenito del signore sarebbero rimasti tutti sorpresi.

    - Ed infatti tornavo ogni sera a casa coperto di nuovi graffi e di nuovi lividi e con il sedere dolente – disse tra se Obert guardando il lago e la colonna che si ergeva alta nel cielo – Cedric, me ne hai date di botte – un sorriso velato dalla malinconia si dipinse sul volto del guerriero – ma se non ci fossi stato tu, a quest’ora probabilmente sarei già morto – poi si voltò a guardare le mura di Flatline che venivano investite dalle prime luci dell’alba – chi lo sa come stai adesso, e sei stai addestrando qualcun altro –
Quella notte non era riuscito a prendere sonno.
Si era rigirato nel suo letto per qualche ora, poi si era alzato, aveva indossato la corazza e silenziosamente era uscito dalla città dirigendosi verso il lago.
Possibile che il suo passato doveva tornare a tormentarlo? Proprio adesso poi che sembrava fosse riuscito a lasciarselo alle spalle.

    Erano tornati da pochi giorni a Flatline ed avevano subito parlato a Soda sia della runa che era comparsa sui corpi degli orchetti che avevano attaccato Seas, sia del fatto che il Bosco del Peccato Originale ormai non ospitava più nessun mezzelfo.
Non erano affatto buone notizie. Ne la runa, ne il fatto che non si sapeva dove erano andati a nascondersi i mezzelfi.
La runa apparteneva ad un mago di Saspit. Soda ne era certo. L’aveva vista varie volte su documenti e su libri che provenivano da quella torre, e nessun mago avrebbe mai osato fare qualcosa marchiandola con la runa di un altro mago.
E quindi, se quel simbolo era sui corpi degli orchetti che avevano attaccato Seas, il mandante di quell’assalto non poteva essere altri che un mago. Ed un mago di Saspit per di più. Un ulteriore segno che provava quanto la guerra stesse per diventare inevitabile.
La notizia invece che Obert e Deadlight non avevano trovato la comunità di mezzelfi che cercavano, se da un lato poteva anche essere una buona notizia, in fondo anche Roscoe avrebbe avuto difficoltà nel trovarli, dall’altro era una pessima notizia. Non avrebbero potuto avvisarli.
Certo, Olsen e gli altri avevano avuto la prova di quanto si sapessero difendere i mezzelfi, ma di fronte ad un mago con pochi scrupoli qual’era Roscoe, forse anche la loro magia poteva non bastare. Se solo avessero potuto metterli sull’avviso, avrebbero sicuramente aumentato le loro difese.
Ma adesso avevano qualcos’altro a cui pensare. Una nuova missione per conto della Gilda.
- Juviok mi ha informato che ha terminato la corazza di scaglie di drago – l’informò Arethis – e ci chiede di consegnarla al committente – poi alzò la mano per zittire Linna che stava già per protestare. Non siamo mica la gilda dei fattorini, che se la consegni da solo – hai solo idea di quanto costi una armatura completa di scaglie di drago, ed il committente poi non è di questa regione, vive a Trendel ed il viaggio è lungo e pericoloso –
A quel nome Deadlight si voltò a guardare Obert alla ricerca di una sua qualche espressione di sorpresa.
Gli aveva detto che era nato a Trendel, la capitale della regione di Ewid, ed era curiosa di vedere come avrebbe reagito a sentire quel nome.
Ma rimase delusa.
Se Obert avesse provato qualcosa sentendo il nome della sua città natia era stato abile a tenere le sue emozioni per se ed il suo volto non lasciò trasparire nulla.
- Sono passati appena tre giorni da quando siamo tornati – intervenne improvvisamente la mezzelfa facendo un passo avanti in direzione di Arethis – non puoi chiedere a qualcun altro di consegnare l’armatura? – non gli aveva detto per quale motivo era andato via dalla sua città natia, ma ormai aveva imparato a conoscerlo e sospettava che dietro a quella sua decisione ci doveva essere stato un motivo davvero molto grave e non gli sembrava la cosa migliore costringerlo a tornare li da dove era scappato.
- Linna – tuonò in direzione della mezzelfa dai capelli rossi – dovresti spiegare a tua sorella che non fa parte della Gilda dei Guerrieri e che quando parlo non dovrebbe mai contraddirmi! – era davvero arrabbiata – Ci è stata richiesto un servizio, ho deciso chi lo farà e non voglio sentire nessuno dirmi cosa posso fare e cosa non posso fare, e ciò che ho deciso e che saranno Obert e Linna a portare quell’armatura a Trendel e a consegnarla al suo signore, lord Afflait – e, considerando chiusa la discussione si voltò ed uscì dalla stanza.

    Doveva immaginarlo, continuò a dire tra se sedendosi su di un sasso in riva al lago. Anche se Trendel era una città abbastanza ricca, e non per niente era la capitale della regione, solo il suo signore, lord Afflait avrebbe potuto permettersi una armatura completa fatta di scaglie di drago.
Il vetro era raro e costoso, ma le scaglie di drago erano ancora più rare ed incredibilmente più costose.
Cosa lo spingeva però ad averne una, questo non riusciva a capirlo. Non era mai stato un uomo al quale piaceva mettersi in mostra e quando vi era costretto per qualche cerimonia o qualche parata aveva sempre indossato la sua vecchia corazza di ferro.
A volte le persone possono davvero cambiare.

    - Deadlight! – urlò Linna non appena furono fuori dalla sede della gilda – Possibile che non riesci mai a tenere la bocca chiusa quando si tratta di…-
- Io vado – la bloccò Obert – ho bisogno di stare un po’ da solo – e, senza aggiungere altro si allontanò sotto lo sguardo preoccupato di Deadlight e quello curioso di Linna.
- Trendel è la sua città natale – rivelò quasi sottovoce Deadlight alla sorella.
- Capisco – sussurrò con un filo di voce. Ecco perché la sua sorellina si era intromessa causando le ire di Arethis – e sai per quale motivo se ne è andato da li? –
- No – mormorò – non me ne ha mai parlato, ma ho paura che si tratti di qualcosa di molto doloroso, a volte la notte si rigira sotto le coperte ed urla che non è stata colpa sua, che lui gli aveva detto di stare lontano dal fiume –
- Ora che ci penso – si ricordò improvvisamente Linna – anche quando è stato morso da quell’insetto, sull’isola del Cimitero dei Draghi, nel delirio diceva cose del genere – poi, guardando con un aria maliziosa Deadlight – e tu che ne sai di cosa dice quando dorme? –
- Viaggiamo insieme – le rispose – e a volte ci capita di dormire insieme – poi, fissandola in cagnesco – dormire, solo dormire –

    Doveva dirle la verità?
Certo, una volta giunti a Trendel avrebbe comunque scoperto il suo passato.
E come avrebbe reagito?
Aveva causato la morte di suo fratello minore, ed anche se nessuno aveva incolpato lui di questo, era difficile non sentirsi responsabile di quanto era avvenuto.
Era sotto la sua responsabilità, e lui invece di controllarlo si era addormentato spinto sia dalla stanchezza degli addestramenti con la spada sia dal troppo vino che aveva bevuto quel giorno a pranzo, sognando le delicate forme di una ragazza, e quando le urla del suo fratellino lo avevano svegliato era troppo tardi ormai.
Lo aveva visto portare via dalla corrente, aveva corso come un pazzo lungo la riva urlando che aveva bisogno di aiuto, cercando con lo sguardo qualcosa per poterlo afferrare, poi si era dovuto fermare.
La riva in quel punto non permetteva di poter continuare ed era rimasto a guardare quella piccola testolina che veniva sommersa dalle acque troppo tumultuose per poter permettere a chiunque di rimanere a galla, figuriamoci ad un bambino di appena dodici anni.
Nessuno lo aveva incolpato.
Suo padre lo aveva guardato in silenzio mentre sua madre piangeva in disparte sul piccolo corpicino privo di vita, poi gli aveva messo una mano sulla spalla e gli aveva ordinato di andare a consolarla.
Quella stessa notte era andato via da quella casa.
Aveva indossato il suo abito migliore, aveva preso la spada che Cedric gli aveva fatto fare da un armaiolo, si era cacciato in tasca dell’oro ed era andato via salutando soltanto sua sorella che, forse spinta da quello che si dice sia il sesto senso femminile, lo aspettava vicino alla porta.
Poche parole ed un bacio, poi si era lasciato alle spalle la sua casa ed il suo passato.
Passato che adesso stava per tornare.

    - Credi che verrà? – le domandò Linna fermandosi di fronte al negozio di Juviok dove un carro con dentro l’armatura ben sistemata dentro una cassa di legno li stava già aspettando insieme al nano segaligno.
- Non lo so – sussurrò guardandosi intorno e sperando di vederlo comparire da una delle stradine che le circondavano.
Avevano deciso di partire subito dopo l’alba e, appena svegliata, Deadlight e dopo essersi vestita era corsa nella stanza di Obert per vedere se era pronto ed aveva trovato il letto disfatto e nessuna traccia ne del guerriero ne della sua armatura.
Che fosse scappato di nuovo?
Non lo credeva possibile. Lo conosceva, non sarebbe mai scappato.
Ma lo conosceva davvero?
In fondo non sapeva nulla del suo passato, anzi no, quel poco che sapeva gli diceva che già una volta era scappato.
Perché non poteva averlo fatto di nuovo?
- Umph, mi raccomando – sbuffò il nano – lord Afflait vi deve dare diecimila monete d’oro, umph, non dategli l’armatura fin quando non vi avrà pagato –
- Stai tranquillo nano – ribatté Linna irritata. Sapeva quello che doveva fare e non doveva essere di certo un nano a ricordarglielo.
- Eccomi – le salutò improvvisamente Obert comparendo da una delle stradine – non riuscivo a dormire e sono andato a fare una passeggiata verso il lago – poi guardò il carro e l’uomo che sedeva a cassetta e che stava tenendo le redini del grosso cavallo da tiro che era stato già aggiogato – il viaggio durerà qualche giorno, abbiamo provviste a sufficienza? –
- Me ne sono occupato io, umph – gli rispose Juviok – provviste sia per il viaggio d’andata che per quello di ritorno –
- Se faremo brutti incontri sarà solo fino al confine – continuò poi sempre osservando il carro per verificare che fosse tutto a posto – la regione di Ewid a differenza di Ishtar è decisamente più tranquilla e non dovremo temere bande di predoni o altro – poi salì a cassetta e tolse di mano le redini all’uomo – lo guiderò io il carro, tu puoi anche scendere – e, dopo essersi sganciata la spada dall’armatura la sistemò accanto a se in modo da poterla prendere rapidamente.

    - Perché non hai voluto che quell’uomo ci accompagnasse guidando il carro? – gli domandò Linna non appena furono fuori dalla città. Lei e Deadlight cavalcavano due cavalli e si sarebbero mantenute ai lati del carro come scorta.
- Perché non voglio nessuno che possa fare segnali ad altri indicandogli la via che prendiamo – le rispose – sai cosa mi diceva spesso il mio maestro di spada, fidati solo di te stesso e della tua spada –
- E’ per questo allora che non mi hai mai detto nulla del tuo passato? – gli scoccò una occhiata Deadlight – Non ti fidi di me! –
- Se ti dicessi che di te mi fido potresti credermi? – le rispose – Non potrei stare mentendo? – poi abbassando lo sguardo – Credo che in certe occasioni contino di più i fatti che le parole, e per quanto riguarda il mio passato, speravo di averlo potuto lasciare indietro, di non doverlo più affrontare e, non me la sono mai sentita di condividerlo con altri proprio perché avevo paura che, facendolo, sarebbe stato come impedirgli di scomparire – poi, tornando a guardare la bella mezzelfa – ma come vedi è stato inutile, anche se io ho cercato di scappare da lui, alla fine è riuscito a riprendermi e, forse, è anche meglio così, forse affrontandolo riuscirò una volta per tutte a lasciarmelo alle spalle –
- Obert – sussurrò Deadlight con tenerezza, poi spronò leggermente la sua cavalcatura mettendosi davanti al carro.
- Dimmi – si avvicinò al carro Linna – Trendel è più grande di Flatline? –
- Molto – sorrise ricordandosi di quando faceva diventare matta la sua tata scappando per i vicoli della città e di quando, dopo una di queste scorrerie era tornato a casa con i vestiti laceri ed una piccola ferita al volto. Si era azzuffato con degli altri ragazzi della sua età e anche se ne aveva prese proprio tante, con un certo orgoglio raccontò a suo padre che ne aveva date anche tante.
Sua madre invece non volle ascoltare per niente quel suo racconto. Era disdicevole che un ragazzo ben educato come lui scappasse dalla tata per andare a fare a botte in un vicolo.

    - Erano in quattro – raccontò a sua sorella dopo la cena, passeggiando nel giardino – ed uno sembrava quasi un mezz’orco per quanto era grande –
- E non hai avuto paura? – gli domandò guardandolo con occhi sognanti. Aveva quattro anni in meno ma era già alta quanto lui ed aveva due occhi nei quali perdersi per ore.
- Certo che no! – le rispose atteggiandosi. In verità ne aveva avuta davvero tanta, ma non lo avrebbe mai confessato neanche sotto tortura.
Aveva schivato i primi colpi colpendo poi a sua volta e solo quando, prendendolo alle spalle, lo avevano buttato a terra erano riusciti a raggiungerlo con qualche pugno, ma lui non si era arreso per niente e pur atterrato aveva continuato a colpirli fin quando non li aveva messi in fuga.
Le cose erano andate ben diversamente in realtà, aveva si messo a segno qualche colpo, ma solo perché aveva iniziato a mulinare le braccia come un ossesso, ed alla fine, i quattro ragazzini erano scappati perché nel frattempo era arrivata la tata accompagnata da Cedric e da alcune guardie.
Ma questo non c’era certo bisogno di dirlo a sua sorella.

    Quella notte il primo turno di guardia toccò ad Obert che, sistematosi contro una delle ruote del carro a poca distanza dal fuoco, iniziò a cercare una posizione abbastanza comoda da non farlo alzare alla fine del suo turno con tutte le ossa doloranti ma anche, abbastanza scomoda da non permettergli di dormire.
Avevano percorso un buon pezzo di strada quel giorno e non avevano fatto brutti incontri. Ma questo non doveva significare che dovevano abbassare la guardia.
Ishtar era ancora una regione giovane, priva di un vero e proprio governo centrale come ad esempio Ewid e, se nelle città più grandi la legge veniva fatta rispettare dalle guardie cittadine, al di fuori e nei piccoli villaggi vigeva la legge del più forte.
Ed il loro carico poteva fare gola a molti. Una armatura di scaglie di drago era una cosa per la quale molti avrebbero anche ucciso, sia per il suo valore in monete d’oro sia per la sua estrema rarità.
- Ti dispiace se ti faccio compagnia? – gli domandò improvvisamente Deadlight sedendoglisi accanto.
- Dovresti dormire – le rispose con un sorriso, poi si spostò leggermente per permetterle di potersi appoggiare alla ruota del carro.
- Non ho sonno – si giustificò – Linna invece è già crollata – non trattenne una piccola risata indicando il fagotto che russava sommessamente accanto al fuoco – questa mattina stavi raccontandole qualche cosa a riguardo di Trendel, ti manca? –
- E’ la città dove sono nato e cresciuto – mormorò fissando il fuoco – a te non manca Bosco Sacro? –
- Sì – sussurrò rendendosi conto di quanto in fondo fossero simili. Tutti e due avevano un passato da dimenticare ed un posto natio dal quale si erano allontanati – io però non posso tornarci, mentre tu, adesso, ci stai tornando – poi le venne in mente improvvisamente che – ma, tu puoi tornarci, vero? – lei era stata cacciata da Bosco Sacro e non avrebbe più potuto rimetterci piede pena l’essere uccisa – Non è che, non appena arriviamo li vieni…- e se lo stesso valesse anche per lui?
- Non sono stato cacciato – sorrise guardandola – e non verrò arrestato non appena arrivato, stai tranquilla –
- Starei più tranquilla se mi dicessi tutto – lo fissò con l’aria leggermente imbronciata. Come poteva dirgli di stare tranquilla se non gli diceva per quale motivo era andato via dalla sua terra natia. A volte riusciva davvero a farla innervosire.
- Forse è la cosa migliore – decise infine Obert.
Deadlight lo guardò per alcuni secondi sorpresa da quella decisione. Si, le aveva chiesto lei di dirle tutto, ma visto quanto era stato restio a farlo fino ad allora non credeva certo che si sarebbe deciso così velocemente.
- Ascoltami senza interrompermi, ti prego – continuò – dopo potrai chiedermi tutto ciò che vorrai sapere in più, ma ti prego di non interrompermi –
- Te lo prometto – sussurrò.

    Sono nato a Trendel, la capitale di Ewid, da lord Afflait, non mi interrompere ti prego, ed ero il primogenito della famiglia, erede del titolo e di tutto il resto. Quattro anni dopo di me è nata mia sorella e, dodici anni dopo mio fratello.
Ho avuto un’infanzia felice, con la mia tata che mi rincorreva ovunque andassi e mia sorella che mi adorava. Ho avuto precettori privati che mi hanno insegnato a leggere e a scrivere le due lingue più importanti di Hyarbor, la lingua dotta e quella del volgo, e quando ho avuto l’età adatta sono stato affidato a Cedric, il capitano delle guardie di mio padre perché mi insegnasse l’uso della spada. Buon vecchio Cedric, non ero di certo il suo allievo migliore, ma alla fine almeno le parate e le schivate me le ha insegnate bene, purtroppo sono andato via prima che mi insegnasse anche ad attaccare, come penso avrai notato. E non ti mettere a ridere, per favore.
Non è che ci sia poi molto altro da dire a proposito della mia infanzia e degli anni successivi. Ero un ragazzo come tanti altri, mi piaceva andarmene a pescare al fiume, giocare con gli altri ragazzi, anche se questo non è che potevo farlo più di tanto. Ero il figlio del signore della città dopo e molte delle cose che mi sarebbe piaciuto fare mi erano precluse e se le facevo era sempre di nascosto, sfuggendo al controllo della mia tata e di mia sorella che cercava sempre di starmi vicino.
Poi sono cresciuto, ed anche i miei impegni sono diventati più gravosi.
Mio padre dava spesso dei ricevimenti ai quali invitava le persone più importanti della città, ed io dovevo essere sempre li, insieme a lui a riceverli e a parlare di lunghe e noiose questioni di cui non mi interessava nulla ma che, per dirla con le parole di mio padre, dovevo imparare perché un giorno sarei stato io al suo posto. Dead, non puoi neanche immaginare quanto volevo non essere nato per primo.
Mia sorella sarebbe andata in sposa a qualcuno, mio fratello più piccolo sarebbe entrato nella guardia. Li invidiavo, sai. Forse può sembrare stupido, invidiare chi avrebbe avuto una posizione sociale più bassa della tua, ma a me, di avere potere non interessava, e non interessa tutt’ora.
Ti sto annoiando per caso? No? Però non dirmelo sbadigliando.
Avevo sedici anni quando fui introdotto per la prima a cospetto del re di Ewid. Non so dirti cosa provai. Mi aspettavo un uomo alto e forte, dalla barba folta e con gli occhi che ti penetravano da parte a parte, non puoi immaginare come rimasi quando vidi che era un vecchietto basso e tarchiato senza neanche un capello e probabilmente con la vista più debole di quella di una talpa. Per poco non scoppiai a ridere. Credo che se l’avessi fatto, non avrei avuto bisogno di scappare, mio padre mi avrebbe cacciato di casa.
Eppure, quando lo sentii parlare provai un qualcosa dentro di me. Era come sentire parlare la terra stessa, una saggezza profonda.
Lo vidi poi anche altre volte, spesso c’erano queste udienze dal re, in cui ascoltava le petizioni della gente e decideva cosa si doveva fare ed essendo mio padre uno dei suoi consiglieri doveva essere presente, ed io ormai avevo l’età giusta per iniziare ad imparare ciò che poi avrei dovuto fare io.
Non ero più un ragazzino, e la cosa mi pesava, sai. A volte vedevo mio fratello più piccolo e provavo nostalgia per quando anche io avevo avuto la sua età, oppure quando vedevo i figli della gente che veniva alle udienze. A volte erano figli di altri lord, ma a volte erano figli di contadini o di pastori, o di commercianti. Mi guardavano con invidia per i begli abiti che indossavo e per gli anelli che portavo alle dita, ed io guardavo loro con invidia sapendo che usciti da li sarebbero potuti andare a pesca o a rotolarsi sul fieno. Tutte cose che ormai non avrei più potuto fare. Ne sarebbe andato dell’onore di mio padre e della famiglia.
Sempre a sedici anni poi, mio padre decise sul mio matrimonio. Avrei sposato mia sorella quando lei avesse raggiunto i sedici anni. Non chiedermi se ero d’accordo o meno, forse all’inizio la vidi come una costrizione, qualcosa che non rispettava la mia volontà, poi però capii che non potevo oppormi. E poi, Myra era così bella. A volte mi perdevo a guardarla mentre giocavamo insieme nel parco, e sin da piccoli sognavamo di sposarci. Io ero il prode cavaliere che la difendeva dai vili marrani che volevano rapirla e lei mi ricompensava sempre con un piccolo bacio sulla guancia. Quando sono scappato la trovai vicino alla porta laterale dalla quale uscivo sempre quando volevo andare in giro per la città senza tata. Voleva scappare insieme a me. Ci dovevamo sposare qualche mese dopo. Fu difficile staccarmi da lei, convincerla che doveva rimanere accanto a nostra madre e a nostro padre.
Già, scappare.
Perché scappai?
Non ho molti brutti ricordi, uno è quando ti ho vista inerme con il coltello di quel dannato mago che stava per piantarsi nel tuo cuore, l’altro è quello che mi ha fatto scappare dalla casa paterna.
Avevo vent’anni, da li a pochi mesi avrei sposato Myra, l’influenza della nostra famiglia presso il re era addirittura aumentata e tutto sembrava magnifico.
Quella mattina, mi ricordo, mi allenai per qualche ora con Cedric. Massacrante, ti assicuro. Rientrai a casa che pensavo di essere stato investito da un carro. A pranzo forse esagerai con il vino. Ero adulto ormai, prossimo al matrimonio, due o tre coppe in più, pensavo, non mi avrebbero fatto niente. Era una bella giornata di sole e mio fratello mi convinse ad accompagnarlo al fiume per pescare. Aveva otto anni, lui poteva ancora fare tutte quelle cose che a me erano negate, ma, non ci sarebbe stato nulla di disdicevole se l’avessi accompagnato e se, magari, quando lui si sarebbe stancato, avessi preso io la canna e pescato per un po’.
Forse il vino, o forse la stanchezza dell’allenamento, o forse tutte e due però mi fecero cadere addormentato sotto un albero vicino al fiume. Avevo detto al mio fratellino di non allontanarsi e soprattutto di stare attento a non avvicinarsi troppo al fiume. La riva era scoscesa e sarebbe potuto finire in acqua. La canna aveva una lenza abbastanza lunga da permettergli di pescare stando ben lontano. Mi aveva sempre dato ascolto.
Fui svegliato dalle sue urla. Mi alzai velocemente e corsi verso il fiume, ma ormai la corrente lo stava già trascinando via. Mi misi a correre lungo la riva per cercare di raggiungerlo, cercando qualcosa con cui afferrarlo e riportarlo verso la riva. Non so nuotare. Ma forse se mi fossi buttato l’avrei potuto salvare. La corrente era molto forte, ma l’acqua non era poi così tanto alta. Forse avrei potuto salvarlo, ed invece, rimasi li, sulla riva a guardarlo mentre scompariva sott’acqua per non tornare più su.

    - Io – sussurrò Deadlight sentendo Obert interrompere il suo racconto scosso dai singhiozzi e con gli occhi lucidi di pianto. Ormai erano alcuni mesi che lo conosceva e non lo aveva mai visto piangere. Si sentì stringere il cuore, l’avrebbe voluto abbracciare, fargli sentire che lei era li, accanto a lui. Si limitò invece solo a guardarlo in silenzio mentre riprendeva il suo racconto.

    Nessuno mi ha mai accusato di quello che è successo.
Tutti sapevano che non ero capace di nuotare, che se mi fossi buttato nel fiume mio padre avrebbe pianto sia me che mio fratello. Ma dentro di me sapevo che non era così.
Mi ero addormentato invece di sorvegliare il mio fratellino, l’ho lasciato da solo.
E quella notte, così, me ne andai. Presi la spada che Cedric mi aveva fatto fare da un armaiolo, presi un po’ d’oro, i miei anelli e andai via.
Il primo anno ho vissuto a Ewid, in un villaggio, poi un giorno vidi Cedric che mi stava cercando e venni qui, ad Ishtar.
Avevo già venduto gli anelli e con l’oro che avevo potei vivere tranquillamente per un bel po’ di tempo, poi però rimasi senza denaro e dovetti arrangiarmi. Piccole cose, non ero capace a fare nulla. Mungere una vacca per me era già qualcosa di inarrivabile. Quando Olsen mi ha incontrato credo che fossi arrivato proprio al fondo. Non mangiavo da giorni, stavo pensando di vendermi anche la spada.

    - Cosa pensi di fare adesso? – gli domandò Deadlight dopo qualche minuto. Non sapeva cosa dirgli.
Obert aveva smesso di piangere e adesso era li fermo, ad osservare il fuoco. Raccontarle quelle cose non doveva essere stato facile. Portava con se un fardello davvero molto pesante.
- Incontrerò mio padre – le rispose – non credo potrò evitarlo –
- Tu non hai colpa di quanto è successo – provò a dirgli – non potevi fare nulla – una bugia, ovviamente. Poteva non addormentarsi, ma questo non glielo avrebbe mai detto. Si era già punito da solo.
Lei era stata cacciata perché si era difesa ed aveva ucciso l’uomo che stava tentando di violentarla, lui era andato via perché si sentiva responsabile della morte di suo fratello.
Proprio una bella coppia.
- Credo che sia il mio turno – mormorò poi Deadlight osservando le stelle – perché non vai un po’ a riposare –
- Vai tu – gli rispose Obert – non credo che riuscirei a dormire –
- Allora, se non ti dispiace, rimango qui a farti compagnia – sussurrò – neanche io penso di riuscire a dormire – e lentamente gli si accoccolò accanto poggiandogli la testa sulla spalla e prendendogli una mano. Gli avrebbe fatto sentire che le gli era accanto e che non lo avrebbe mai lasciato.

    Fortunatamente non incontrarono nessuno fino al confine con Ewid e, superato il fiumiciattolo che divideva le due regioni tirarono un sospiro di sollievo.
Non che la possibilità di fare brutti incontri fosse scomparsa, ma sicuramente si era di molto ridotta e comunque Trendel era ormai a solo un giorno di marcia.
- Voi due non me la raccontate giusta – esordì improvvisamente Linna accostando la sua cavalcatura a quella di Deadlight – dall’altra notte, quando mi sono svegliata per darti il cambio e vi ho visto seduto accanto al carro tenendovi per mano, non fate altro che guardarvi quando pensate che io non vi veda, cosa avete combinato? -
- Nulla - gli rispose lanciando un rapido sguardo dietro di lei verso il carro - Obert mi ha detto il motivo per cui è andato via da Trendel -
- Non dirmi che ti ha confessato che è sposato e che ha tre o quattro pargoli che lo aspettano a casa - la guardò incuriosita - perché se è così ti giuro che quel pendente che si porta tra le gambe farà una brutta fine -
- Non è questo - mormorò indecisa se raccontarle tutto. In fondo Obert non gli aveva chiesto di non dirlo a nessuno e comunque, da li ad un paio di giorni, quando sarebbero stati davanti al signore di Trendel avrebbe scoperto tutto lo stesso.
E rapidamente le raccontò tutta la storia.
- In effetti aveva qualcosa dell’aristocratico - sussurrò - capisco perché non ne ha mai voluto parlare - poi si voltò a guardarlo - e adesso cosa pensate di fare? -
- Perché dici pensiamo di fare? - le domandò.
- Voi due siete innamorati l’uno dell’altro - le rispose - e non dirmi che non è così, tu lo ami e lui ama te, è talmente palese che se fosse possibile vederli, ogni volta che state accanto sareste sempre circondati da decine di cuoricini, ma Ewid è una regione del sud, e sai anche tu come vengono considerati quelli della nostra razza in queste regioni -
- Lo so - sussurrò abbassando a testa - i maschi sono poco più che schiavi delegati ai lavori più umili, mentre le ragazze sono…-
- Prostitute - concluse per lei la frase Linna - ed Obert viene da una famiglia aristocratica, e non credo proprio che suo padre accetterebbe di vedere il suo primogenito ed erede insieme ad una prostituta -
- Io non sono…- esplose guardandola sorpresa.
- Non sto dicendo che lo sei! - la bloccò subito - Ma saremo considerate prostitute, tutte e due, anche se io sono una guerriera e tu una Sacra Vergine di Lithis, e non importerà a nessuno che siamo anche entrambe vergini, importerà solo la nostra razza -
- Per Obert questo non conta - le disse poi.
- Ma Obert ti ama e poi, anche se ha qualche modo aristocratico, è un po’ atipico - le spiegò - e poi a Ishtar la situazione è differente, i mezzelfi sono molto rari da trovare fuori dai loro boschi e la gente ci considera diversamente -
- Non so cosa vorrà fare lui - decise improvvisamente - io ho giurato a me stessa di non lasciarlo da solo e manterrò fede a questa mia promessa -

    Le porte di Trendel apparvero subito nella loro magnificenza. Le alte mura della città interrotte di tanto in tanto da torri di guardia erano circondate da numerose case che rendevano il panorama ancora più magnificente.
Ne Linna, ne Dead avevano mai visto una città più grande e con delle mura così alte, ma quello che davvero le impressionò fu la gigantesca porta in bronzo con due torri ai suoi lati che sembrava davvero inespugnabile.
A quell’ora del giorno le due parti che costituivano la porta erano aperte per permettere alla gente di entrare ed uscire, ma al sopraggiungere del tramonto, gli spiegò Obert, le avrebbero chiuse lasciando solo una piccola porticina che sarebbe però stata presidiata dalle guardie cittadine.
- Al centro della città c’è il palazzo del re - continuò a spiegare alle due ragazze - mentre il palazzo di mio padre è più vicino alle mura - poi rallentò l’andatura del carro - ragazze, immagino sappiate che qui a Ewid i mezzelfi non sono…-
- Lo sappiamo - lo bloccò Linna - stai tranquillo, eviteremo di arrabbiarci per qualche battuta fuori posto ed io eviterò di evirare il primo che tenterà di palpeggiarmi -
- Se tutto va bene, questa sera saremmo già sulla via del ritorno - le disse poi Obert - e tra qualche giorno saremo di nuovo a casa -
- Obert - sussurrò Deadlight guardandolo. Anche se il suo tono di voce era convinto di quello che stava dicendo, i suoi occhi erano di tutt’altro convincimento.
Non appena le mura della città erano state visibili lo aveva visto sbattere le palpebre qualche volta come per scacciare un insetto, ma lei sapeva che non si trattava di quello.
Si stava commuovendo.
Tra breve avrebbe rivisto la sua famiglia, e soprattutto, e Dead non poté nascondere di essere un minimo gelosa, avrebbe rivisto sua sorella.
Durante il resto del viaggio gli aveva chiesto varie volte di Myra ed ogni volta Obert gliene aveva parlato con lo sguardo sognante.
Le aveva detto che se all’inizio, quando il padre aveva deciso che si sarebbero dovuti sposare, lui era stato contrario, più in la aveva infine accettato quella cosa e, anzi, aveva iniziato ad attendere le nozze con ansia.
Per gioco poi aveva provato a chiedergli chi tra loro due, tra lei e Myra, fosse più bella e lui aveva subito risposto che Myra era la ragazza più bella che avesse mai visto.
Cosa avrebbe fatto lei se avesse deciso di fermarsi. Lei lo amava e, forse si, anche lui amava lei, ma questo sarebbe bastato per farlo tornare indietro con loro due?
In quel posto lui non era un semplice guerriero neanche tanto portato per la spada, era il figlio del signore della città, suo erede e prossimo nuovo consigliere del re.
Non si sarebbe dovuto cercare da vivere con missioni come quelle, non avrebbe dovuto dormire per terra o in locande puzzolenti con i letti invasi dalle pulci.
L’alt urlato bruscamente da una guardia cittadina la riscosse dai suoi pensieri.
Erano arrivati alla porta della città ed avrebbero dovuto declamare il motivo della loro visita e quanto tempo si sarebbero trattenuti in città ricevendo in cambio una pergamena sulla quale avrebbero posto il sigillo della città ed il tempo per il quale gli era stato permesso rimanere all’interno delle mura.
- Dobbiamo consegnare…- iniziò a parlare Linna venendo subito messa a tacere dalla guardia che l’apostrofò pesantemente ricordandogli che l’unico motivo per il quale una mezzelfa doveva muovere la lingua era per soddisfare un uomo.
Il fatto che era vestita come un guerriero e che aveva una grossa spada che gli pendeva dal fianco non era altro che un particolare privo di importanza per lui.
- Dobbiamo consegnare un armatura a lord Afflait - intervenne Obert scendendo dal carro e mettendosi tra la guardia e Linna che, intanto stava combattendo con se stessa per non sguainare la spada e fargli rimangiare ciò che aveva appena detto.
- Quanto tempo vi tratterrete? - domandò poi a Obert.
- Il tempo di consegnare l’armatura e ricevere il consenso - gli rispose - questa sera saremo fuori dalle mura -
- Mi sembri una faccia conosciuta - mormorò improvvisamente la guardia mentre chino su di un tavolaccio riempiva tre pergamene - come ti chiami guerriero? -
- Obert - gli rispose cercando di ricordarsi se per caso aveva già incontrato quella guardia durante gli addestramenti con Cedric in qualche altra occasione.
- Se sei ricercato è meglio che me lo dici subito guerriero - continuò ad osservarlo - se ti consegni senza opporre resistenza adesso…-
- Taci idiota! - lo apostrofò duramente un vecchio ufficiale comparendogli improvvisamente dietro, poi lo superò portandosi di fronte ad Obert e, con un gesto rapido sguainò la spada.
- Ferme! - gridò Obert vedendo Linna e Deadlight portare le mani alle else delle loro spade.
- Bentornato lord - lo salutò l’ufficiale portando la spada di fronte al volto tenendola per la lama in segno di saluto.
- Grazie Cedric - sussurrò Obert non riuscendo a trattenere l’emozione per l’incontro con il suo vecchio maestro di spada e, di slancio lo abbracciò mentre Deadlight avvertì chiaramente, come un senso di peso allo stomaco, l’allontanarsi di Obert.
Era tornato a casa…
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Quattro chiacchiere con l'autore

Diamine gente, quasi un anno e mezzo dall'ultimo aggiornamento.
Questi non sono tempi biblici, ma ere geologiche.
Comunque ecco online, finalmente, il capitolo nove in cui si inizia a svelare un po' del passato di Obert.
Spero che vi divertirete a leggerlo almeno quanto io mi sono divertito a scriverlo e a risentirci al prossimo capitolo.
Hasta Luego
   
 
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