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Autore: Enelya Cubb    05/03/2010    3 recensioni
[Picth Black] Nel cuore della notte, quando il buio è più intenso e non ci si può sottrarre ai propri incubi...a volte c'è bisogno di una donna e di un cane per capire che valore ha una vita umana.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’autrice: Pitch Black è un film di genere sci-fi/action del 1999 che a dispetto del basso costo di produzione ha riscosso un imprevedibile consenso da parte del pubblico al tal punto che fu usato come base per diversi videogiochi, un lungometraggio animato intitolato “ Dark Fury” e il più recente The Chronicles of Riddick (2004) seguito e primo capitolo di una trilogia.

Protagonista indiscusso e trainante in tutte le storie è l’anti-eroe Richard B. Riddick , assassino evaso, che tentando in tutti i modi prolungare la sua latitanza rimane invischiato in una serie di avventure che lo porteranno da prima a sopravvivere alla caccia indiscriminata di creature aliene notturne su un pianeta morto, fino allo sconvolgimento dell’universo dove dovrà determinare il destino dei mondi di suo pugno (nel senso letterale!)

Ed è proprio su questo personaggio, enigmatico e apparentemente privo di scrupoli, che anche la mia storia si fonda fornendo un ulteriore rivisitazione di un soggetto già ampiamente sviscerato in lingua inglese: la morte di Carolyn Fry .

Insomma ho scritto tutta questa premessa solo per dire che questa fanfic è stata concepita e scritta per mio puro capriccio e in quanto tale non tiene conto di altre opere simili (purtroppo per me non conosco l’inglese così bene da tradurlo) e se per caso sono incappata nel tanto temuto “plagio” sappiate che non è stato fatto intenzionalmente.

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di David Twohy e dell' Universal Pictures  (e se deviano troppo dal loro carattere originario sappiate in anticipo che è per colpa della mia mete malata). ; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'. 

Infine vorrei aggiungere un “grazie” a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di resistere fin qui e sperando che hanno ancora un po’ di curiosità auguro buona lettura!

 

 All’improvviso spalancai gli occhi

 

Pioggia. Pioggia incessante.

Proiettili che si schiantano sulla terra, sul metallo, sulle rocce con un rombo assordante, quasi innaturale, che sovrasta tutto il resto e poi…poi…

Dolore. Dolore lancinante alla mia gamba; non un graffio ma un taglio profondo e preciso. Niente che un po’ di filo e un ago non possano ricucire per aggiungere una cicatrice in più alla mia collezione.

No, non dovrei preoccuparmi così tanto solo perché non riesco a camminare speditamente...

…O forse era perché non potevo correre?

La navetta d’emergenza era a soli pochi metri e quei fottutissimi mostri notturni si stavano cibando dei loro stessi simili che avevo ucciso poco fa.

L’acqua poi stava lavando via il sangue dalla ferita, lo diluiva, attenuava l’odore ma questo non mi faceva diminuire l’ansia…anzi…

Un suono.

Un tonfo, due, tre e nell’acqua a ritmo veloce. Merda, qualcosa si stava avvicinando!

Mi congelai all’istante e rimasi immobile nascosto tra i bidoni.

Dovevo conservare le mie forze per un ultimo attacco.

Le braccia mi sembravano di piombo.

Il cuore era accelerato.

Un suono, di nuovo…o forse era una voce? Avevo perso troppo sangue e i miei sensi ne risentivano.

SPLASH!

Un passo, un altro e ancora uno.

Cazzo, non avevo il tempo di pensare! Non ne avevo per analizzare lucidamente la tattica da adottare…

Avevo solo la certezza di lasciar spazio all’istinto.

Un grido. Vicino. Adesso!

Scattai. In un attimo tutto il mio corpo era proteso nello sforzo del braccio.

Niente dolore. Niente piacere adrenalinico. Non sentivo niente.

Tutto di me era concentrato in quella lama, in quell’arco tagliente che fendette la pioggia senza trovare ostacoli.

Maledizione, avevo mancato il bersaglio!

E ora mi ero anche esposto. Respiravo affannosamente aggrappato a un contenitore. La ferita pulsava spasmodicamente.

- Eccomi…appoggiati a me…- era una voce e non un verso alieno. -…appoggiati a me…-

Era un corpo esile quello che mi vi avvicinò e tentò di farmi da sostegno per sollevarmi.

- Vedrai che ne usciremo…-

Conoscevo quella voce.

-…Ti prego andiamo…-

Conoscevo quell’ odore.

- …Coraggio!-

Che tu sia maledetta Carolyn , tu e la tua umanità!

E fu come una ventata sulla fiamma del mio orgoglio.

Feci appello alla mia forza di volontà e mi irrigidii.

Mi aggrappai.

Riuscì a sollevarmi da terra ma…

…Solo per un attimo.

Cedetti…

- Andiamo Riddick! Alzati!-

…E annaspai nel fango.

- Alzati! Alzati!! Alzati!!!-

 

All’improvviso spalancai gli occhi.

La prima cosa che avvertii fu l’aria, pulita, fresca al punto giusto e asciutta. Niente pioggia o nuvole di vapore acqueo che aleggiavano intorno ma solo quella gradevole sensazione confortevole di un luogo chiuso.

Già, avevo eseguito meccanicamente quel comando, quell’ordine gridato con autorità e disperazione, e mi ero ritrovato a scattare nel mio stesso letto nel cuore della notte. Una notte silenziosa, calma dove l’unico suono che si avvertiva era il fruscio delle lenzuola e nell’oscurità non sfrecciavano creature aliene fotofobiche  in caccia del mio sangue e della mia carne.

In questa oscurità c’erano altri tipi di creature fatte di pietra, marmo e ferro, ed erano stata forgiate, scolpite e modellate da artigiani animati da un fervore religioso discutibile dato che la loro conversione fu obbligata con la pena. Rappresentazioni grottesche dell’esaltazione del dolore.

Ma fino a quando se ne stavano immobili, decorazioni sepolcrali di una basilica viaggiante, non costituivano un pericolo.

I pericoli, quelli veri, ne avevo affrontati tanti nella mia vita, troppi per non considerare rischioso anche il semplice respirare se sei un neonato con il proprio cordone ombelicale stretto attorno al collo. E avevo imparato che era meglio attaccare che essere attaccato, uccidere il nemico quando se ne aveva la possibilità e avere sempre con se una lama per sgozzargli la gola.

Ma contro quelli immateriali, quelli prodotti dalla tua mente che si annidano nei recessi più nascosti dentro di te, la cosa era un altro paio di maniche.

Se il passato ti viene a cercare uno farebbe meglio ad abbandonarlo e avere la fermezza di rimanere su quella decisione perché se solo lasci uno spiraglio nelle tue difese esso ti travolgerà e ritornerà, ritornerà e ancora ritornerà.

I suoi fantasmi ti logoreranno lentamente, inesorabilmente, insinuandosi come veleno nel corpo… nella mente… nello spirito…

Per coloro che hanno una coscienza, per chi ci vuole veramente credere, essi vengono chiamati “rimorsi” ma per tutti gli altri, quelli che come me ritengono la morale un concetto diametralmente opposto a quello comune, allora venivano definite allucinazioni…

…O sogni…

Ero stanco dei sogni.

Un fruscio. Qualcun altro oltre a me si stava muovendo nel letto.

- Non dormite mio signore?- mi chiese l’unico lusso che mi ero concesso da quando ero diventato il nuovo Lord Marshal; un nuovo nome per definire un dittatore.

Quasi spossato mi passai le mani sul viso. Lì, sull’altro lato giaceva una donna bionda come lei, con gli occhi azzurri come i suoi, persino ingenua come lo era stata lei… ma non era lei. Il suo odore era diverso e quello mi dava la certezza che ero cosciente, ero nella realtà e non in un altro stramaledetto incubo.

Nel mondo onirico come fai a percepire così bene il calore corporeo mentre lei si girava su un fianco; sentire quelle piccole goccioline di sudore scivolarle sulla pelle mentre si muoveva; essere avvolto dalla sua nube di ormoni che la rendevano languida ed invitante… Come?

Come era possibile ?

Ormai si era puntellata su un braccio, sentivo il suo respiro caldo sulla spalla sinistra e quell’ impercettibile risucchio dell’aria prima che mi sussurrasse sensualmente :- Posso fare qualcosa per voi?-

Aspetta…c’era qualcosa che non andava!

Fu con un movimento fluido e rapido che mi ritrovai accovacciato e in men che non si dica avevo afferrato e proteso una delle mie lame gemelle nascosta sotto il cuscino: mai, e dico mai, abbassare la guardia.

La debole luce che filtrava da una delle vetrate del soffitto faceva scintillare l’acciaio, brillare come uno spicchio di luna che irradiava la sua luminescenza sul bianco ed esile collo della donna schiacciata supina tra il groviglio di lenzuola. Le tende del baldacchino proiettavano ombre nette, pozze talmente nere che persino la mia vista corretta chirurgicamente trovava difficile scorgerne il viso…O forse era la mia razionalità a non volerlo.

Attraverso le vibrazioni dell’arma potevo percepire che stava trattenendo il fiato per lo spavento iniziale ma dopo un po’ la sentii deglutire rilassandosi, o almeno cercando il controllo di se, come se fosse avvezza a cose del genere e lo considerasse un giochino.

Tuttavia il mio istinto mi diceva di non fidarmi.

- Chi sei? - chiesi stringendo di più la presa.

- Ooooh… Tu lo sai chi sono.-

Conoscevo quella voce.

- O dovrei dire “chi ero”?!-

E sapevo anche a chi apparteneva.

“Che tu sia maledetta Carolyn!”

Uno sbuffo e poi di seguito arrivò un sommosso risolino sgorgato direttamente dalle sue labbra che si incresparono in un sorriso beffardo, quasi divertito, come se avesse percepito i miei pensieri e ne ridesse apertamente.

- Toglimi quel coltello dalla gola…-

Mi aveva già detto quelle parole su uno sperduto pianeta morto per darsi un tono, fingere di fare la dura e non far trasparire invece la sua paura.

- …Ti prego…-

E anche quella supplica.

- Tu non sei reale.- me ne uscii alla fine più per convincere me stesso che lei. – Sei solo un’altra allucinazione.-

Di nuovo comparve un sorriso sul suo volto ma questa volta era muto. In compenso mi rivolse uno sguardo enigmatico, magnetico, che mi costrinse a ridurre il mio campo visivo, a focalizzare tutta la mia attenzione sui suoi occhi (occhi che mi stavano perseguitando!) e nascondere invece quello che stava facendo realmente… O si, il mio istinto non mi tradiva mai e sapeva che stava succedendo qualcosa, che un affusolato braccio latteo si stava muovendo con molta lentezza forse verso l’altra lama? Credeva veramente che avrebbe avuto qualche possibilità?

Forse se ne rese conto anche lei e allora spezzò l’incantesimo, mi lasciò libero ma per poco perché ruotando gli occhi di lato mi fece di nuovo deviare la mi attenzione ma su qualcosa che in parte mi aspettavo: si, era sulla mia arma che si era spostata una delle sue mani e no, non era quella nascosta ma quella che avevo in possesso io.

Piccole e  delicate dita si erano posizionate davanti al filo, lo sfioravano, come intrepidi soldati che dovevano dimostrare il loro valore…o la loro pazzia…

Io però non mi lasciai impressionare; non era la prima volta che vedevo arti tranciati.

…Ah già, dimenticavo che mi “conosce” e di fatti eccola fare la sua mossa mandando avanti l’indice ed esercitando una lieve pressione che colorò all’istante il polpastrello. Sapeva che il metallo era talmente tagliente che sarebbe affondato nella carne e nelle ossa come se fossero fatte di burro. Sapevo che non avrebbe ceduto spontaneamente in quell’assurda dimostrazione almeno non fino a quando la pelle si sarebbe tesa al massimo come una diga sul punto di non contenere più la potenza prorompente di un fiume rosso, cupo, vero...

Spingeva per far uscire il sangue…

Il suo sangue…

Cosa c’era di più vero del sangue?

Un guizzo luminoso nell’oscurità e nessuna striatura rossa comparve sulle candite dita.

- Perché sei qui? – domandai scendendo dal letto e mettendomi in piedi; no, non avevo riposto l’arma ma l’avevo solo spostata.

Nessuna risposta. Non avevo mai creduto che sarebbe stato così facile…o forse si?

Carolyn ormai libera di muoversi prima si era girata dall’altra parte per poi mettersi sensualmente a sedere mentre con il lenzuolo cercava di coprirsi. La sua schiena diafana e liscia bastava da sola a spiegare ogni cosa e se ciò non era sufficiente c’era anche lo sguardo fortemente allusivo che mi stava lanciando da oltre una spalla per farmi desistere e magari invogliarmi a tornare nel letto e riprendere quell’atto che sembrava avessimo già consumato in precedenza.

- Te lo ripeto, perché sei qui?!-

- Perché è impossibile non eseguire un tuo ordine.-

Una risposta velatamente maliziosa in netto contrasto con la mia incredulità venuta fuori nell’esclamazione “Balle!”.

La Carolyn che  conoscevo non l’avrebbe mai ammesso così candidamente, non senza tentare una finta sicurezza come aveva cercato di fare quando provò a mentirmi su Jhones e le sue reali intenzioni.

- Non ricordi? Sei stato tu a scegliermi tra le file di convertiti…- E invece quest’altra era così arrendevole, ammiccante nell’avvilupparsi  la stoffa intorno al corpo e poi a carponi scivolare sensualmente nella mia direzione. – Per il tuo bisogno di avere un “animaletto”… e…-

La frase era rimasta in sospeso, volutamente, per permettere invece al corpo di continuare mostrandosi sotto la luce nell’abbagliate pallore della carnagione, in quelle ciocche bionde leggermente spettinate, negli occhi maliziosi, così furbi e birichini da farla apparire come una gattina che faceva le fusa. Una fiera che però nascondeva i suoi artigli e si era alzata sulle ginocchia per potermi dare la possibilità di annusare la sua bellezza tentatrice. Le sue cosce nude sfiorarono la stoffa dei miei pantaloni, l’accarezzarono, nello stesso modo in cui le lenzuola stavano facendo con i suoi seni che si abbassava e si alzava a ogni respiro che sentivo sulla mia pelle.

Così vicina e così diversa.

- Non ti ho soddisfatto Riddick?- la sua bocca si dischiuse e una leggera contrattura delle labbra mi dette l’illusoria sensazione di un sorriso accennato. – Non ti sono piaciuti i nostri incontri nel letto?-

- Incontri?-

Le sue labbra si avvicinarono ancora di più…quasi sfiorarono le mie prima che si fermarono distendendosi . - O preferisci che dica “battaglie”?-

Scattai, di nuovo, e in un secondo tornai lucido afferrandola alla gola e  allontanandola bruscamente. – Non  ti ho mai desiderato sessualmente.-

- Non lo hai mai ammesso neanche con te stesso.- fu la sua risposta pronta.

- Cazzate! Se fosse vero non mi sarei fatto scrupoli a prendermi da te quello che volevo.-

Carolyn tacque, si costrinse a trattenere le parole che aveva sulla punta della lingua mentre stendeva le braccia dietro alla schiena e le usava per sostenersi. La sentii sospirare con calma incurante della mia morsa che le avrebbe potuto spezzare le ossa del collo.

“Perché non è stato così? Non ti sei preso la mia vita?”. No, non aveva proferito verbo ma era questo che stavano dicendo i suoi occhi.

Io irrigidì la mascella. La morte di Kyra aveva prodotto una spaccatura nella mia corazza e in quell’unica si era insinuato un capriccio dettato dalla lussuria che mi aveva portato a ad accettare un “omaggio” di uno dei miei sottoposti: avevo passato troppo tempo dietro le sbarre per non approfittare di un occasione così ghiotta. E avevo sfogato su di essa le mie energie, appagato i miei appetiti sopiti da tempo non degnandola di un solo sguardo ma poi, quando l’ebbrezza della perdizione si era esaurita ed era giunta la freddezza della notte, allora e solo allora mi ero reso conto che accanto a me c’era il richiamo di un fantasma.

Un fantasma che però era della persona sbagliata.

Un fantasma che aveva un cuore pulsante, pelle velluta ed emanava quel calore dannatamente piacevole che ti costringeva a volerne sempre di più, a cercarlo, desiderarlo talmente tanto che ti accontenteresti anche solo sfiorarlo.

Le mie dita infatti stavano facendo proprio quello da quando ribellandosi alla mia ragione avevano cominciato ad accarezzare con delicatezza la medesima zona…morbida…

Era stata sempre così morbida la pelle di Carolyn?

All’improvviso un sussulto…forse di piacere… e le sue palpebre si socchiusero.

- Perché? – parlare, sentire il suono della mia stessa voce mi sembrava l’unica maniera che mi era rimasta per non sopperire completamente a quella follia. – Perché tra tutti proprio tu?-

La sua bocca… era una dannazione quando si apriva… con quel piccolo arco roseo che formava il labbro superiore. Feci scivolare il mio pollice lungo il suo contorno, lo guidai verso quello inferiore che era leggermente umido, pieno e anche esso arrendevole seguendomi verso l’angolo destro.

- Perché se tu che lo vuoi.- Un debole suono, quasi al limite del silenzio, più basso di un sussurro ma come una scarica elettrica sul mio braccio ritrattosi velocemente.

- Fanculo Fry!- me ne uscii con voce alterata.- Se dovessi essere perseguitato dal fantasma di ogni singola persona che ho ucciso a quest’ora sarei pazzo…O almeno questo è quello che capiterebbe a qualcuno che è “normale”, uno che al posto del fegato ha un merdoso cuore.-

- Andiamo Riddick, non sei a capo di un impero perché era nei tuoi piani fin dall’inizio… Tu hai tentato di salvare Kyra perché gli eri affezionat…!-

- Già … e come tutto quello che conoscevo mi è stato strappato via…-

La prima confessione sincera.

Mi adagia sul bordo del letto appoggiando l’arma al mio fianco. La mia rabbia, la mia tensione che mi faceva tenere alta la guardia era completamente scivolata via da me con quell’ultima ammissione e mi sentii spossato, vuoto e debole.

Ero alle strette e lei lo sapeva.

La sentii muoversi, scivolare di nuovo alle mie spalle trascinandosi le lenzuola come uno strascico di seta nera.

- Kyra…Imam…perfino tua madre…- mi sussurrò all’orecchio sinistro. – Meglio non avere legami giusto? Niente patetici sentimentalismi se sei un efferato assassino ricercato in tutto l’universo…Ah!Ma basta strapparsi il cuore direttamente dallo stomaco per questo, no?-

Rimasi in mobile, quasi pietrificato quando il dislivello del materasso mi stava dicendo che lei si stava spostando alla mia destra.

- Così adesso che sono morti basta accantonarli in un posticino remoto dentro di te per sentirti pulito… Sbiaditi nomi di un tuo sbaglio…-

“Loro non lo sono mai stati!” pensai mentre la mia torturatrice ritornava alla mia sinistra.

- E se non è l’affetto a costruire i ricordi allora c’è l’odio…La rabbia scandisce i momenti della vita…E il rancore può diventare una vera persecuzione…-

- E tu…- la fermai. Conoscevo quel giochetto e sapevo che era arrivato il mio turno. – Carolyn quale delle tre sei? - 

- Tu quale pensi che sia?-

“CAZZO!VOGLIO SOLO UNA SEMPLICE RISPOSTA!”

- Devi sanguinare ancora per quella…- maledizione a lei e alla sua capacità di leggermi nella mente.

Dovevo ritornare calmo o almeno recuperare una parvenza di controllo della situazione. Analizzare la cosa! Ecco cosa dovevo fare visto che ormai mi ero convinto che le armi a mia disposizioni, né materiali che celebrali, l’avrebbero fatta sparire. Come aveva detto lei dovevo avere il coraggio di spogliarmi di tutto…Anche della pelle.

- Non ti dispiace se parto dall’ultima, vero?- Quarta domanda di quella sciarada ma il mio tono era retorico e non aspettai a continuare.- Rancore…a piccole dosi per me è come un ricostituente, sai ti permette di inseguire una preda per molto, molto e molto tempo. Ma per avere rancore deve essere successo qualcosa, una cazzo di situazione che ha stravolto ciò in cui credevi. Certo l’esperienza su quel fottuto pianeta morto e la disperazione nel sopravvivere fa avvicinare la gente… Ma la verità era che a me non fregava niente di nessuno e che ti ho manipolato Carolyn solo per ottenere ciò che volevo. –

- E quella scintilla d’umanità?- mi chiese lei inginocchiandosi accanto a me.

- Te l’ho detto se c’era non brillava abbastanza e ora…bhè si è spenta definitivamente con Kyra.- Già, se fossi perseguitato dal rancore sarebbe stato più logico che l’altra uscisse fuori dalla sua teca di cristallo e mi tormentasse: l’avevo salvata più di una volta, l’avevo affidata alle cure di Imam proprio perché non volevo che diventasse come me e mi ero rifugiato a vivere anni luce lontano da lei per non farla diventare una pedina da sacrificare per arrivare a me. E Jack…Kyra…o qualsiasi altro era il suo vero nome mi aveva voltato le spalle.

- Al contrario Riddick forse lei è stata l’unica che ha avuto sempre fiducia in te e te l’ha dimostrato.-

Un angolo della mia bocca si piegò all’insù sarcastico dato il paradosso del destino. – Ti stai forse domandando se sono arrabbiato con Kyra per essere diventata una Merc? Con Imam che per salvare i “mondi” ha infranto una promessa e ha rivelato il mio nascondiglio? Con Jhons che per comprarsi la droga aveva speso tutti i soldi a disposizione riuscendo solo a rimediare un passaggio da un vascello mercantile pilotato da gente inesperta?-

Di sfuggita le lanciai uno sguardo con la coda dell’occhio, solo per vedere se reagiva alla mia provocazione ma lei rimase impassibile.

- Mi chiedi se sono arrabbiato con l’universo intero? Certo che lo sono…lo sono dalla nascita…ma ha i suoi metodi per perseguitarmi. Con te invece perché dovrei essere arrabbiato? Potrei esserlo stato quando hai creduto che Jhons era un poliziotto e hai fatto comunella con lui o quando hai avuto la brillante idea di usarmi come guida per arrivare all’accampamento in piena notte circondati da mostri alieni che si erano appena svegliati dal letargo. Forse lo sono stato per davvero quando ti sei rifiutata di salire sul ponte…Che cazzo! Credi che chieda a chiunque di salvarsi con me? -

Ancora nessuna reazione da lei.

- No Carolyn, non sono arrabbiato con te. – concessi alla fine.- La rabbia richiede forza e volontà e tu non avevi nessuna delle due. Eri ridicola quando tentavi di fare il capitano. Eri penosa nel nascondere il tuo terrore. Ed eri irritante quando piangevi supplicandomi di aiutarti…-

- Allora…allora è per odio…- in un attimo si era rattrappita su di se appoggiando la testa sul ginocchio stretto al petto. Le sue gambe, le braccia, persino un pezzo della sua schiena che si era scoperto nel movimento erano come fiamme bianche in quel lucido nero.

Solo i suoi occhi, cieli sereni e infiniti, erano freddi mentre fissavano il vuoto. – Mi odi perché pensi che sia una perdente? Una stupida che si è fatta sopraffare dalla paura e ha pensato solo a se stessa volendo sacrificare i passeggeri?-

- Pensare a se stessi è la prima regola per uno come me.- Anzi per un evaso in fuga come me quel momento di debolezza poteva rappresentare un’opportunità: Se il container non avesse preso fuoco per attrito con l’atmosfera forse ci sarebbe stata addirittura la possibilità che Jhons morisse nell’impatto con il suolo dato che era uscito dalla sua cabina e sempre con un po’ di fortuna sarei stato l’unico a sopravvivere visto che ne avevo una rinforzata.  E con una nave integra a disposizione sarebbe stato facile liberarsi della zavorra in eccesso e fuggire di nuovo.

- Allora è perché mi reputi debole ad aver ceduto al mio senso di colpa che mi ha fatto impuntare nel cercare di salvare più persone possibili? O forse perché hai dovuto usare me come scusante per farti considerare un eroe ai loro occhi?-

Una risata, fragorosa ed echeggiante proruppe dalla mia bocca. – Un eroe io? C’è una vena umoristica sepolta dentro me.-

Se Carolyn era veramente lo specchio dei miei pensieri, il mezzo per farmi scoprire il mio lato oscuro, allora stava facendo un lavoro da schifo.

Un eroe… Un figlio di puttana che si credeva invincibile con il pallino che solo lui poteva salvare il mondo… Di solito erano i primi a rimetterci la pelle ma grazie al loro carisma o ai legami di bontà che aveva stretto con quegli emeriti imbecilli che l’avevano seguito, lui…veniva ricoperto di gloria.

-Ma anche l’odio crea dei legami.-

Mi voltai dalla sua parte fissandola con durezza, sfidandola a sostenere il mio di sguardo mentre la mia mente gridava la mia incredulità a quell’ipotesi.

- E invece è successo nel momento in cui hai accetto il mio aiuto…quando ti sei aggrappato a me per sostenerti…-

 - Cazzo Fry! Non sono stato io a dirti di ritornare indietro!-

Urlai, lo feci con rabbia perché finalmente avevo capito dove mi stava conducendo.

Odio, per quello snervante scavare nel passato.

Rancore, perché volevo solo che sparisse.

- Ma io l’ho fatto Riddick…- tagliente più di lastra di ghiaccio la sua voce si abbinava con i suoi occhi. - Al contrario di te che invece ci hai intrappolati in quella grotta a fare da esche mentre tu te la filavi con le batteri…!-

- Potevi farlo anche tu!- d’istinto l’afferrai per le braccia.- Potevi partire e lasciarmi a crepare lì!-

Carolyn scalciò con le sue lunghe gambe. – Io non sono come te che vede gli altri come carne da macello…- Si dibatteva con forza per liberarsi dalla presa ma le mie dita erano come saldate. – Io sarei morta per loro!-

- Ma non per me!-

Non per me.

Non per me!

NON PER ME!

Lei smise all’istante di agitarsi e per un breve minuto il silenzio ci avvolse come una sostanza densa e inquietante. Addirittura soffocante per lei che dopo una boccata d’aria era rimasta lì senza che potesse uscirne o tramutarsi in suono.

- Mi avevi detto che saresti morta per loro…ma non per me.- lei ruotò gli occhi di lato quando le disse questo come se cercasse una giustificazione al senso di colpa.

- Tu…tu mi hai detto una volta che non ti conoscevo affatto ma ti sbagliavi…- la sua voce si era affievolita, sottomessa, come quella di una bambina. – Ti ho detto quella cosa perché non hai fiducia in niente e nessuno e potevo far leva solo sulla tua forza di volontà. –

“Non è vero…l’ho avuta in te…”

Bastò quel pensiero, quell’altra confessione sincera, a farla allontanare fulminea da me, dal letto e dalla luce. Volò nella stanza spiaccicandosi contro la parete intrappolata in una ragnatela fatta di strisce di tessuto brulicanti che stavano spandendosi a macchia d’olio inghiottendo tutto.

Istintivamente scattai verso di lei impugnando l’arma per tranciare quei fili e liberarla ma quelli  erano più veloci, più infimi di me e mi immobilizzarono incatenandomi sul posto come corde d’acciaio. Alto…basso…destra…sinistra…Tutto era stato annullato in quella strana oscurità che mandava lampi riflessi ad ogni movimento agitandosi come un mare viscido.

E io mi trovavo esattamente al centro.

- Se veramente hai avuto fiducia in me allora perché mi odi tanto?- gridò Carolyn e come un’onda d’urto la sua disperazione si propagò sulle strisce.

Non risposi, non potevo perché una lingua nera era serpeggiata rapida intorno alla mia gola mozzandomi il fiato: era lei o quella scintilla d’umanità spenta dentro me che non voleva essere riaccesa?

- Perché non riesci a perdonarmi quell’unica cosa?!- Una seconda onda, più forte che mi investì in pieno.

“Non posso…Non posso!” pensai di getto irrigidendo i muscoli del collo e facendo leva sulle braccia per tentare di deliberarmi di quel tentacolo che mi stava soffocando con la mia forza bruta. Spinsi in su quelle corde che opponevano resistenza, si tendevano al limite della loro elasticità, diventavano sottili affondando nella carne come tante striature nere. La mia faccia si stava deformando per lo sforzo e un'altra stringa mi era scivolata sulla bocca, tra i denti che la morsero, ma la mia volontà mi fece concentrare tutte le mie forze in quell’atto che non prestai attenzione a nulla.

Ecco…ero quasi arrivato, potevo sfiorare con le dita la seta assassina e mi sarebbe bastato un ultima goccia di forza per riuscire.

- AAAAAAAHHHHH!-

Quell’urlo mi pietrificò all’istante. Davanti a me quella che doveva essere solo la proiezione mentale del mio odio stava divorando anche Carolyn. Il suo corpo bianco era percorso da quelle strisce che la stritolavano, sfregavano la pelle dilaniandola e  aprendo ferite dal quale fuoriuscivano lacrime rosse. Stava sanguinando.

Mossi un dito, una piccola contrattura e un fremito percorse i nastri provocando un altro grido soffocato da lei.

- Perché Riddick…- un lamento le sfuggì dalle labbra.

Era questo dunque il legame tra noi? Il mio odio aveva imbrigliato entrambi in quell’incubo dal quale non potevamo uscirne se non sacrificando ciò che avevamo di più caro?

Una sua mano si protese verso di me, aperta, disperata e fragile.

Il laccio intorno alla mia gola si strinse ancora però resistetti. Mi conoscevo e sapevo che potevo farlo sacrificando il suo ricordo, uccidendola ancora, ancora e ancora fino alla fine dei miei giorni… Perché in fondo era stata lei a dirmi che non si sarebbe sacrificata per me e quindi non poteva incolparmi della sua morte se aveva scelto volontariamente di ritornare sui suoi passi… per aiutarmi.

Aiutare me, ah!

“Dovevi pensare a te Carolyn, dovresti farlo anche adesso perché io non ho bisogno dell’aiuto di niente e nessuno!”

- Ma io si… Riddick…- un sussurro accennato. –  Io ho bisogno di te…-

la sua voce si stava indebolendo mentre il suo sangue era sempre più denso, si raggrumava inzuppando quei fili che gocciolavano a ogni ondulazione.

-Ti… ho detto che non posso farlo! –

-…Perché?-

La mia mascella si serrò. Ormai era arrivata al limite, il suo cuore lo era pulsando a intervalli sempre più distanti tra loro ed  era chiaro come la luce del sole (maledizione alla luce!) che la prossima ferita sarebbe stata l’ultima.

L’ultima per quella notte.

- Avanti Riddick dimmelo…-

Dovevo solo aspettare.

- Perché?-

E sarebbe sparita.

- Perché?!-

Avanti muori!

 

…Perché?...

 

- PERCHÉ FA MALE CAROLYN! FA UN MALE CANE!-

 

All’improvviso spalancai gli occhi.

La prima cosa che mi si parò alla vista fu il drappeggio delle tende del baldacchino, macchie di nero lucido che pendevano dal soffitto come sangue raggrumato. Ma queste non si agitavano, non ti si avvinghiavano attorno e non si muovevano se non per tremolare appena quando venivano toccate da una corrente d’aria.

Sbattei le palpebre, una, due volte e mi guardai attorno per controllare ciò che mi circondava.

Stessa stanza.

Stessa notte.

Stesso me? …No...

Mi alzai a sedere passandomi una mano sul collo massaggiandolo nel punto esatto dove la striscia nera mi aveva segato il respiro. Nessun ematoma o altro.

Non mi presi neanche la briga di controllare le mie braccia, intatte sotto le maniche della casacca che usavo per dormire, e invece scostai le lenzuola mettendo un piede a terra.

Il contatto con il freddo del pavimento mi svegliò completamente ricordandomi ancora una volta che ero solo in quel letto.

Non c’era mai stato nessun “omaggio” , mai, perché più del dolore il piacere creava dipendenza e in un solo attimo di ebbrezza si poteva perdere il controllo di se rimanendo vulnerabili a qualsiasi minaccia. Niente calore umano per me…era solo una debolezza.

- …Carolyn…-

Era stato solo un sussurro, un accenno di sillabe sulle mie labbra ma per una sagome nera incastonata tra le sculture delle pareti fu come un richiamo.

Mi irrigidii sul posto mentre quelli che forse erano punte acuminate spuntavano modificandone il contorno, si muovevano, si scontravano tra loro producendo un sibilo minaccioso.

La cosa si staccò dal fondo, diventò più grande e con passi felpati si avvicinava a me.

Due occhi rossi, simili a pozze di lava incandescenti mi fissavano circondati da tante altre venature rosso sangue. Una chiostra di zanne bianche e affilate si palesarono sotto le labbra ritratte.

- Five!- dissi con autorità.

Lui rizzò le orecchie rimanendo immobile a pochi passi dal fascio di luce. Il suo muso si inclinò a destra con una curiosa espressione di disorientamento mentre i canini sparivano nella bocca.

- Vieni qui bel cagnone. -

Ancora non si mosse ma bastò una pacca di incoraggiamento sulla mia coscia che trotterellò fino al letto mentre le squame si abbassarono tornando nere.

La sua coda scodinzolava velocemente, cosa questa che normalmente sarebbe sembrata buffa in qualsiasi altro animale ma stranamente applicata a lui risultava inquietante.

Non era rassicurante il mio cane infernale.

Ma a me piace proprio perché era un mio simile.

Lui rappresentava il mio vero capriccio da dittatore ed ero andato a prendermelo direttamente da Crematoria dato che non obbediva a nessuno all’infuori di me. Una squadra di necromonger aveva tentato di catturalo con l’intenzione di portarmelo in dono…ma erano stati dei tipi troppo leggerini e Five non ci aveva messo niente a trasformali in stuzzichini.

Gli grattai il dietro di un orecchio, quello dove ancora c’era attaccata la piastrina di riconoscimento sorridendo appena vedendolo assottigliare le palpebre. – Non dovresti fidarti troppo di me… se non vuoi finire ferito un giorno di questi.-

Il cane grugnì scattando con la testa come se avesse veramente recepito le mie parole ma poi tornò a cercare le mie carezze.

- Poi non dire che non ti avevo avvertito…- passai a grattargli il mento. – La fiducia comporta presenza, contare su qualcuno…sempre.-

Five mi appoggiò il muso su una coscia guardandomi con i suoi occhini di brace.

- Sai una volta conoscevo una tipa, Carolyn Fry, che mi disse che la spaventavo ma paradossalmente si fidava di me…. Anzi si fidava a tal punto che pensava di essermi d’aiuto e se ne era talmente convinta che tornò addirittura indietro per questo.-

Non sapevo perché avevo dato voce ai miei pensieri, non ero uno di quelli che usavano le parole per sfogarsi. No, non credevo a quelle scemenze ma sapevo solo che in quel momento il silenzio era insostenibile.

- Era consapevole di non poter combattere quelle creature mostruose…avevano messo in difficoltà anche me…  ma stupidamente credeva che grazie al suo sostegno sarei riuscito a farmi forza e ci saremo salvati entrambi. Mai errore gli più fatale. Uno di quei cosi l’attaccò alle spalle e lei mi fu strappata letteralmente  dalle mani. -

Un latrato, forse due e io mi ritrovai a mani vuote. – Usai la sua morte come diversivo per raggiungere la navicella e per me era una cosa normale considerare gli altri come cose, io ero stato trattato così dalla nascita, ma quella volta…quella persona…-

Il silenzio mi sopraffece prima che riuscissi a finire la frase e io non feci niente per impedirlo.

Tutti, anche inconsapevolmente, usiamo gli altri per i nostri scopi.

“Carolyn mi voleva usare come navigatore…Era solo per quello…solo per quello…” mi ripetevo quella frase ininterrottamente, con ossessione. Bastava imporselo e sarebbe stata l’unica cosa vera che contava…la sola…Aveva funzionato così in passato perché non adesso?

Eppure quella notte sentivo che c’era una mancanza.

Mi guardai di nuovo le mani aperte come se stessero in attesa di qualcosa, di un calore che desideravo e temevo allo stesso tempo. Five oltre di esse si era accucciato ai miei piedi alzando e abbassando le sue squame mentre respirava profondamente; scodinzolava pigramente la coda che sfregando contro le lenzuola produceva uno strano suono irritante, monotono, a metà tra un raschiare e un grido.

Squame come artigli appuntiti che strisciavano con forza.

Squartavano.

Uccidevano.

Mettevano a tacere quella voce che voleva gridare ciò che avevo tentato di sopprimere in tutto quel tempo.

All’improvviso l’animale si bloccò mettendosi sull’attenti come se avvertisse quella voce, di una presenza dietro le mie spalle che mi opprimeva gravandomi addosso come un fardello aggrappata con le unghie e i denti. Era la Carolyn del passato, infilata nella sua divisa blu da pilota, così ingenua da dare credito a un assassino evaso? O era quella degli incubi che mutava ogni volta per finire ad attaccarmi come una mantide religiosa?

No…aveva la forma di una domanda, di quell’unica al quale non riuscivo a rispondere.

Era questo ciò che mi tormentava…

Era questo che ogni notte tentava di uscire da dentro me…

Era questa la mia debolezza più grande…

- Carolyn…tu mi chiedi che valore ha una vita umana…- forse ero davvero pazzo  a continuare quel volontario massacro, a infliggermi quel dolore costante e implacabile che non mi dava pace. – La verità è che non posso risponderti …perché per me non conta nulla…-

Una fitta, al centro del petto, al mio merdoso “fegato” che ormai si era assuefatto al dolore perché non conosceva altro mezzo per trasmettermi la sensazione di vivere, esistere, continuare a respirare per provare altre forme di tortura e sopprimere agli altri quel bene tanto prezioso da rischiare tutto…

- Che valore ha avuto per me la tua vita Carolyn?...- sguardo basso, vacuo, perso in quella lotta interiore che mi dilaniava. – Di sicuro non tutta l’importanza che tu hai dato alla mia…-

Un'altra fitta, più forte, e le mie nocche sbiancarono mentre stringevo i pugni così forte che le unghie sembrarono sul punto di affondare nella carne.- …Ed è questo che mi fa star male…-

CUT!

Una lacerazione e di colpo non sentii più niente. Non c’era più il letto né Five che scodinzolava pigramente accanto a esso; non c’era più la stanza e il buio così confortante per me; non c’era lo spazio né tanto meno il tempo bugiardo e illusorio; non c’era il sangue a impiastricciami le palme né il dolore fisico che agognavo per svegliarmi… 

Fluttuavo in quella strana distorsione sensoriale che aveva messo a tacere tutto…

Tutto tranne il cuore di Carolyn…

Lo potevo sentire battere, rosso e voluttuoso, attraverso la mia schiena dove lei si era appoggiata solleticandomi la spalla sinistra con una delle sue ciocche bionde.

- Mi dispiace …- mi disse con un sospiro e mentre lo faceva sentivo il suo morbido petto premere di più.

- Non dovresti Fry…le persone non lo fanno mai con me…-

- Perché tu non lo sei?-

Mi irrigidii quando le sue braccia bianche mi strinsero, si avvolsero attorno al mio costato e una mano si fermò proprio sul mio sterno.

-…Non sei una persona?- 

Un’altra domanda. La voce di lei era stata così ingenua che non mi stupii arrivarmi come un ulteriore affondo. Dentro di me c’erano forze contrastanti, in lotta per farmi afferrare e stritolare quella mano che era diventata rovente e mi stava provocando dolore…tanto dolore…più di quello che avrei meritato in questa mia vita o in tutte le altre che avevo stroncato.

Sapevo che dovevo recidere quel legame.

Dovevo solo stringere i denti e anche questo sarebbe passato.

Se era vero che potevo contare solo su il mio istinto di sopravvivenza quello era il momento di usarlo.

Scattai con decisione verso la mano intenzionato più che mai a usare tutta la mia brutalità. - … Sei stata la sola che mi ha considerato così…-

- Non è vero…- mi rispose lei con dolcezza. – Io…sono stata  la prima.-

Io chiusi gli occhi.

La mia mano, quella stessa che all’ultimo si era fermata a pochi millimetri sussultò a quella semplice, scontata e disarmante risposta e quando finalmente si mosse mi sorpresi io stesso a sentire le mie dita sfiorare quelle più minute.

Quel tepore…adesso ne ero convinto… quel calore che mi aveva scaldato per un attimo era svanito insieme a quella donna e io avrei passato il resto della mia vita ad essere tormentato dal suo fantasma: avere solo l’illusione e mai la certezza!

- Non per me…avevi detto non per me!- urlai con il pensiero senza rendermi però conto che lo stavo anche facendo con la voce. – Ma tu non hai mantenuto la parola, non l’hai fatto cazzo!-

- Mi odi… perché…. ho dato un valore alla tua vita…- la sua voce calma strideva in modo eccessivo rispetto alla mia rabbia.

-  Grazie alle taglie sulla mia testa so quanto ammonta il mio valore monetari…!-

-  Intendevo un valore umano…-

La mia bocca si bloccò trattenendo tutta la mia rabbia, la mia frustrazione sulla punta della mia lingua consapevole che ero stato spiazzato di nuovo.

Nel silenzio che ci avvolse sovrapposi la mia mano sulla sua, la strinsi con delicatezza nel mio pugno assaporando a pieno quel contatto.

- Già…sei stata la prima a farlo…- un ulteriore ferita, ennesima di quella notte piena di sangue.- E poi…poi…sei morta…-

Lei non disse niente, forse non ne ebbe il coraggio, ma sapevo che aveva capito che non potevo perdonargli il fatto di essere morta…morta per me.

Mi aveva abbandonato come tutti gli altri lasciandomi uno squarcio che non si sarebbe più richiuso.

- Mi dispiace Riddick…davvero…-

Di nuovo le sue scuse, quelle parole che sapevano tanto di compatimento come se lei poteva anche solo lontanamente paragonarsi a me e comprendermi. – Te lo ripeto: non dispiacerti per me….sei tu quella che è morta.-

“Morta…”mi fece eco Carolyn con quella sua voce calma, debole quasi spettrale come se solo adesso si era resa conto del suo essere fantasma e si capacitava del suo triste fato. Si mosse. E con essa la sua mano fragile e delicata mi scivolò via come in quella notte di pioggia di quasi sette anni fa.

- Morta…sono morta…- ripeté ancora e la sua testa si alzò dalla mia schiena, dalla mia pelle che risentì immediatamente di quel distacco. I suoi capelli, una cascata di pallido oro luminoso, ruzzolarono oltre la mia spalla  quando il suo volto mi si avvicinò all’orecchio per permettere alle sue labbra di schiudersi.- Tu l’hai visto con i tuoi occhi?-

- Si Carolyn…Ho visto il mostro afferrati e portarti via nella notte...-  

E nel momento stesso in cui gli detti quella conferma mi resi conto che quelle parole avevano soddisfatto unicamente la mia necessità perché non avrei sopportato di vedermela trasformare di nuovo nella gattina sexy che era stata all’inizio…non dopo tutto quello che era successo dopo.

Lei sbatté le palpebre, una, due volte e probabilmente ruotò gli occhi di lato perplessa. - E quanto ti fidi di quello che vedi?-

- Tu ti sei fidata abbastanza da mettere nelle mie mani la tua vita e quella degli altri.-

Potevo sentire il suo respiro trattenersi un secondo, uno solo travestito da risucchio prima che l’aria emergesse dai polmoni  modulandosi in suoni. – Dov’è finito il mio corpo Riddick?-

“Dentro la pancia di uno di quei mostri.” Avrei potuto rispondergli così e sentirmi finalmente con la coscienza a posto anche se la cosa detta cruda e lapidale non le avrebbe fatto piacere. Ma era la verità e solo questa contava.

- Dove sono finita veramente?-

- Spero per te in un posto migliore di quello che hai lasciato.-

-No, non migliore ma diverso.- la sua voce si era fatta improvvisamente seria.- Sono ancora lì.-

Maledizione a lei e alla sua testardaggine!

Avevo cercato di essere “gentile”, di comportarmi il più possibile come una persona normale, ci avevo provato anche se ciò andava contro me stesso perché da quando erano cominciate quelle allucinazioni ero arrivato addirittura a rivivere ogni singolo momento di quella notte, di quella morte che si era consumata sotto i suoi occhi. Avevo scavato a fondo nei miei ricordi e ne avevo sentito tutto il peso opprimermi  anche se…anche se non era stato io l’artefice.

Carolyn Fry era stata l’unica persona che non aveva ucciso…eppure me ne ero addossato comunque la colpa.

- No, tu non sei più lì…- cercai di convincerla un' ultima volta.

 Lei trattenne il fiato. Lo fece mentre si avvicinava una mano alla bocca, aperta, leggermente tremante come se avesse paura che qualcun altro potesse sentirla, udire le sue parole…quelle di un fantasma.

- Richard…- sussurrò il mio nome, lo disse per la prima volta da quando l’avevo conosciuta e persa e con quel tono di voce gravoso, basso, che si adottava quando si sta per confidare un segreto.- Gli occhi vedono tutto, qualsiasi cosa, anche quelle che la razionalità non vuole accettare.-

- Ho controllato sai…anche nella parte più nascosta di me.-

- Controlla meglio.-

 

All’improvviso spalancai gli occhi.

 

FINE

 

 

  
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