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Autore: eithriadol__    06/03/2010    6 recensioni
Sakura non ha niente con cui scandire il tempo. E quando le chiedono Sakura, perché pensi sempre a Sas’ke?, perché non vai avanti? Sakura sorride, china il capo. Ma Sakura, dentro, urla. Perché non ho nient’altro. Non ho nient’altro.
SasuSaku, SasuNaru, NaruSaku, SasuSakuNaru, accenni ShikaIno.
21 drabbles, 21 lettere dell'alfabeto, un team.
Enjoy!
Genere: Generale, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Steps in black and pink.'
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Dell’amore e della morte.


All’alba Konoha è un tripudio di colori e profumi. Il verde delle foglie, il grigio scuro del Monte degli Eroi, il marrone degli alberi, il rosa dei ciliegi in fiore.
Sakura se ne accorge stando sul tetto dell’ospedale, fissando con le gambe raccolte al petto l’orizzonte.
Konoha è una festa di tonalità dolci e morbide, al mattino.
Ma purtroppo manca il colore che lei cerca di più, quello che vorrebbe ritrovare e che no, non c’è.
E che forse non rivedrà mai più.
A Konoha manca un colore, un non-colore. Qualcosa di atipico, pittoresco, freddo.
A Konoha manca il nero.

Basta”.
Basta vuol dire niente più ricercare qualcosa che non tornerà.
Basta vuol dire smettere di guardare quella maledetta foto e piangere.
Basta vuol dire che Sasuke appartiene al passato.
Basta vuol dire posare le labbra su quelle di Naruto e provare solo amarezza
Basta vuol dire lasciar perdere una rincorsa che la sta sfiancando e le sta riducendo a brandelli il cuore.
Basta vuol dire che tutta una vita è stata sprecata nel nulla.
Basta vuol dire mettere un muro tra sé e il ricordo sbiadito di quegli occhi neri.
...basta vuol dire essere deboli, e Sakura lo sa.

Costruire qualcosa vuol dire partire da un progetto prestabilito e iniziare a posare fondamenta per il futuro.
Sasuke ha passato tutta della sua vita a costruire meticolosamente un progetto, perseguirlo e metterlo in atto tranciando qualsiasi cosa intralciasse il suo cammino.
Riportare com’era agli albori la genia Uchiha, ripulire la casata dall’ignominia della morte e distruggere la Foglia.
Tutto programmato, asettico, pulito.
Vuoto.
E, davvero, non ha provato niente nello scagliare il chidori contro Sakura. Non ha sentito niente neanche incontrando gli occhi di Naruto.
Perché quando sei cieco di rabbia il rosso impregna tutto e non c’è spazio per nient’altro.

Da piccola pensava che il suo futuro sarebbe stato roseo e felice, con una storia d’amore uguale a quelle nei giornaletti a puntate di sua madre, una grande casa e tanti bambini.
Da piccola pensava che il suo futuro sarebbe stato Sasuke.
Crescendo è cambiata, ha smesso di credere che le storie d’amore da copertina esistano, inizia a rendersi conto che la vita non le concederà la grazia di una famiglia grande e serena.
Ma c’è un particolare che non cambia mai, ed è quello che fa più male perché, a differenza delle altre cose, nella sua testa non ha un’alternativa.
Il suo futuro sarebbe stato Sasuke.
Nel bene o... nel male.

Essere Sasuke Uchiha non è facile.
Bisogna essere perfetti, distaccati, senza legami. Bisogna avere uno spirito guerriero, bisogna essere un Vendicatore.
Bisogna smettere di pensare a cose da bambini anche se si hanno dodici anni, bisogna iniziare a odiare quando ancora non si è ben capito cosa sia l’amore, bisogna vedere la propria famiglia sterminata ogni notte, ogni singola notte, e credere di poter vivere scevri da amicizia e un barlume di speranza.
Essere Sasuke Uchiha significa dover dire solo ‘Grazie’, quando servirebbero molte altre cose da dire, da fare.
Ma Sakura tutto questo non se lo immaginava nemmeno.

Forse mi ama, forse gli interessa qualcosa...
Sakura se lo diceva sempre, quando Sasuke la metteva fuori dai guai nelle missioni. Quando la trascinava via dal pericolo, quando le rivolgeva sguardi sprezzanti, ma pur sempre sguardi.
Era sempre una delusione leggere nei suoi occhi scuri l’assoluta indifferenza, che invece no, non vedeva quando lui guardava l’altro.
C’era quasi affetto negli occhi di Sasuke, quando spintonava Naruto. Quando gli diceva ‘dobe’, ‘perdente’, ‘testa quadra’. C’era quasi interesse, quando Naruto sproloquiava a proposito del suo futuro da Hokage e famoso ninja.
Per lei, c’era e ci sarebbe sempre stata solo indifferenza.

Gusti. Sono gusti.
È quello che dice Sakura quando Ino le chiede perché le piaccia ancora Sasuke – anche se fino a qualche mese prima piaceva anche a lei, prima che Shikamaru si rassegnasse a dichiarare il suo amore.
Ino non capisce. Non capisce che per lei, quella notte, è stata la promessa che sarebbe tornato. Che quel ‘grazie’ aveva un suo perché – Sasuke non fa mai qualcosa senza programmarne un tornaconto o, comunque, un qualcosa dopo.
Ino non capisce che Sakura deve continuare a sperare, a lottare, perché altrimenti la sua vita non avrebbe alcuno scopo
Ino non capisce. E Sakura non si aspetta che ci riesca mai.

Hanno finito. Naruto ha vinto”.
Quando il jonin sbuca da dietro un pezzo di roccia, Sakura teme il peggio – Naruto è morto, Pain sta attaccando. Invece Naruto ha stupito tutti ancora una volta: Uzumaki sconfigge il demone.
Sakura s’informa prima di tutto sulla sua salute – è stanco ma tutto intero – e poi le si riempiono gli occhi di preoccupazione. E fa per voltarsi a cercare una familiare figura slanciata e pallida, dai capelli neri, per trovare sostegno – che non avrebbe mai ottenuto – o il solito sguardo sprezzante – non muore mai, quel dobe.
E trova solo l’aria vuota e, più in basso, il corpo riverso di Hinata.
L’ennesimo squarcio, l’ennesimo nulla.

I fiori di ciliegio in primavera sono uno spettacolo mistico. Viene da accarezzarli e annusarli, per sentire se hanno davvero quel profumo che tanto viene decantato.
Sasuke non prova niente di tutto questo.
Si ferma a fissarli, corrucciato. Karin guarda meravigliata quello spettacolo della natura, Suigetsu cammina con svogliatezza e Juugo, come suo solito, osserva attorno a sé con circospezione.
Raccoglie un fiore, strappandolo dal ramo con distacco. Lo squadra con vaga irritazione.
Le sue spalle sembrano abbassarsi tristemente per un secondo, un secondo solo. Poi si raddrizza, fiero, gettando a terra il fiore rosa. Non lo guarda neanche.
Niente legami.

Le vie della vita sono infinite, ognuna porta ad un sentiero diverso, ad un destino differente.
Naruto ha scelto quella più impervia, quella dell’autoaccettazione e dell’impegno. Ha scelto la via della fatica e del dolore, dello sforzo per dare il meglio.
Naruto ha scelto la via migliore.
Sakura ha scelto la via dell’annullamento di sé, dedicandosi solo alla medicina per scacciare pensieri che altrimenti la soffocherebbero; ha scelto la via dell’impegno per dimenticare, scordandosi del fatto che è più importante tenersi stretti i ricordi che ripudiarli.
Sakura ha scelto la via più facile.
E Sasuke. Sasuke, che via hai scelto?

Mesi, giorni, ore, anni. Il tempo perde significato quando non hai niente con cui scandirlo. Naruto non c’è, è con Jiraiya A diventare più forte – a stare sempre tre passi avanti a lei.
Sasuke non c’è, è con Orochimaru. A diventare più potente – a tagliuzzare ancora di più i labili fili che lo tengono ancorato al ricordo del Team 7.
Sakura non ha niente con cui scandire il tempo.
E quando le chiedono Sakura, perché pensi sempre a Sas’ke?, perché non vai avanti?
Sakura sorride, china il capo. Ma Sakura, dentro Sakura, urla. Perché non ho nient’altro. Non ho nient’altro.

Naruto potrebbe farla felice. Naruto potrebbe essere l’unica persona che potrebbe appagarla completamente, darle tutto per niente.
Naruto è la scelta migliore, il principe azzurro, il salvatore.
Naruto potrebbe diventare il modo migliore per cancellare ciò che non si vuole più vedere.
Sarebbe semplice come respirare, avvicinarsi a lui e lasciare che il suo calore illumini lei di riflesso. Sarebbe felice, una felicità modesta, bella, che da luce.
Naruto è la luce.
Ma Sakura è accecata dalla luce. Sakura ha solo bisogno del freddo, rinfrescante buio.
Naruto sarebbe la via più semplice, senza ostacoli.
Ma lei ha scelto di lottare, adesso.

Ora non ho più niente, pensa. Non ho più niente.
Guarda Naruto e Sasuke attaccarsi, impietrita. Guarda il maestro Kakashi attonito e con gli occhi dai colori diversi straniti, spalancati.
Non ha più niente.
Perché l’ha capito nell’istante in cui Sasuke e Naruto si sono guardati, ha avuto la granitica certezza che no, Sasuke non è mai stato suo.
E non lo sarebbe stato mai.
Lei pensava che in fondo in fondo a Sasuke importasse davvero poco di Naruto, che lo considerasse solo una rumorosa interferenza.
Ma si sa, Sasuke raramente mostra davvero ciò che pensa.
Sakura l’ha capito solo ora, sì.


Potere.
Credono sia quello ciò cui agogna Uchiha Sasuke. A Konoha tutti pensano questo: Sasuke Uchiha vuole potere, per questo è andato da Orochimaru.
Sakura ascolta ed ogni volta le viene da stampare in faccia ad ogni pettegolo un rabbioso pugno, perché loro non capiscono che Sasuke è andato ad Oto per cercare una via d’uscita dagli incubi, dalle voci morte che gli risuonano in testa.
La verità è che neanche Sakura ha capito fino in fondo.
Sasuke, sotto sotto, non vuole una via d’uscita che sbocchi nella vita.
Sasuke vuole una via che gli permetti di cancellare tutto ciò che incontra sul suo cammino.

Quante volte si è chiesta ‘E se fossi andata con lui?’?
Miliardi di volte questo quesito le è risuonato in testa. E lei, ogni volta, si è ripetuta: sarebbe andata in modo molto diverso.
Magari Sasuke avrebbe iniziato ad apprezzarla, a capirla, a provare qualcosa verso di lei.
Si crogiola in quelle fantasie cedendo al loro sollievo momentaneo, per poi sprofondare nuovamente nel rimorso, e nel dubbio.
Non si capisce se una scelta è buona o cattiva sino a quando non si rischia il tutto per tutto.
Ha promesso tutto ciò che poteva a Sasuke.
L’unica cosa che si è scordata è la speranza.

Regola numero 123.
Gli shinobi non mentono se non ai fini di una missione.
Sakura è sempre stata sincera, non ha mai detto una bugia che valga la pena di essere chiamata tale. Sakura rispetta alla lettera il protocollo ninja perché la sua determinazione e volontà di essere brillante è la sua unica arma.
Non ha mai detto bugie. Non ha mai detto a sua mamma che dormiva da un’amica per poi uscire in piena notte, come Ino. Non ha mai detto a suo padre ‘Vado a fare una passeggiata’ e poi allenarsi sino a farsi sanguinare le nocche, come Hinata.
Le loro sono bugie, si dice.
Ma la sua è la peggiore di tutti.
Sakura non mente agli altri. Sakura mente a se stessa.

Silenzio e odio, ecco di cosa vive Sasuke nell’antro di Orochimaru.
L’odio è quello che gli da la forza, quello che riesce a fargli dimenticare il dolore e stratificare il suo cuore perché niente possa intaccarlo, tanto che ormai non riesce neanche più a percepirlo. L’odio è il centro nevralgico di tutta la sua esistenza, la pietra angolare su cui sta costruendo, giorno dopo giorno, la sua esistenza.
Sasuke Uchiha però vive anche di silenzio.
Perché solo il silenzio non può biasimarlo. Perché solo il silenzio può lenire le urla che gli rimbombano nella testa. Perché solo il silenzio può aprire la porta dei ricordi.
Grazie.

Tutto ciò che Naruto vuole per Sakura è che lei sia felice.
Vuole che lei stia bene, che sorrida – che sorrida per davvero – e che smetta di soffrire. Non sempre, però, riesce a tenerla su come vorrebbe.
Perché quello scricciolo coi capelli rosa è importante, e lui la ama e non vuole che sprechi la sua vita a rincorrere qualcuno che non vuole essere salvato.
Naruto vorrebbe pulirle l’anima dal dolore e lasciare solo ciò che è bello e puro.
Sakura è un fiore e lui tenta disperatamente di tenerla sotto una campana di vetro.
Ma Naruto lo sa, Sakura non sarà mai sua.

Una.
Le basterebbe una sola parola.
Non le serve un ‘ti amo’. Non le serve un ‘voglio stare con te’. Non ha bisogno di vaghe perifrasi e concetti lontani.
Mentre fissa il chidori ed il rasengan che si scontrano, Sakura pensa che le serve solo una parola, che potrebbe renderle tutto più facile.
Un qualcosa che è si astratto ma che in questo momento lei sentirebbe come palpabile, fresco e rigenerante.
Non le serve quel grazie detto sottovoce.
A lei serve la speranza.

Zero.
Konoha è ridotta alla distruzione. Le foglie bruciano, gli shinobi si aggrappano l’uno all’altro. Le donne piangono, i bambini urlano.
Sakura ascolta le grida con la vista annebbiata, pensando che anche se la guerra è finita, anche se hanno vinto, in realtà lei ha perso su tutta la linea.
Zero. È un numero tondo. Un cerchio che si chiude.
Sputa un fiotto di sangue.
Sakura”.
Alza gli occhi su Sasuke, vede il chidori brillare nella sua mano.
Non piange, non prova niente, lui. Non gli interessa.
Sas...ke”, mormora, mentre l’ennesima lacrima le sfugge dagli occhi. Verdi. Spenti.
La mano si abbassa verso di lei con lentezza esasperante.
Fa che sia veloce, pensa lei, trattenendo un singhiozzo.
E non riesce a staccare gli occhi dai suoi.
Che sono stati vita, per lei, ed ora morte.
È stato tutto collegato.
È stato amore... e morte.
È giusto eppure tragico.
Chiude gli occhi, cercando di non pensare a quanto la fine sia vicina, a come manchi poco al termine della sua breve – e inutile – vita. Almeno Naruto è vivo, dice una vocina flebile nella sua testa.
E Sakura, dentro, sanguina.
Grazie”.
E il chidori si spegne.


Note.
Ventuno drabbles per ventuno lettere.
Il titolo è ispirato dall’ultima drabble.
Toni Angst, ma si sa, non sono granché allegra, io. Tsk!
Sì, sono orrende. Inoltre non si capisce bene quale sia il pairing. Un po’ SasuSaku, un po’ SasuNaru, un po’ NaruSaku, un po’ SasuSakuNaru. Insomma, sempre loro, sempre il team 7. E un accenno di ShikaIno, giusto per colorare tutto ‘sto nero di un bel bianco.
La dedico a tutti i fan del SasuSaku. Per chi crede ancora in questa coppia.
E anche a tutte le SasuNarutiste, perché ‘I’m really glad I met you!’
SPOILER, e pure tanti.
Che schifo.
Grazie a Beat che come al solito ha betato queste porcherie
Una recensione è sempre gradita, se vi è piaciuto.
Ale.



  
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