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Autore: Jo_    07/03/2010    6 recensioni
Un artista può creare solo se ha una Musa a cui ispirarsi.
Genere: Introspettivo, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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That's why it's vulgar, that's why it's blue.

 


 

1.

In Italia c’è un cantautore, molto famoso, che in una canzone dice di ricordare “quattro ragazzi con la chitarra, e un pianoforte sulla spalla.”

Mi sono sempre chiesto come riuscissero a portarsi dietro un pianoforte, visto che riesco appena a far stare il mio violino nello scompartimento del treno.

Una volta ci sono stato, in Italia.

Due settimane a Firenze. Elettrizzante.

Sembra che tutte le bellezze del mondo si siano concentrate in pochi metri quadrati.

Era divertente guardare il David bianco, poi Salvo, fare paragoni e poi dimenticarli.

Un giorno siamo anche andati a Roma.

“Vedi il Cristo?” mi dice, davanti al Giudizio Universale “era l’amante di Michelangelo. Ci pensi? Un ragazzo qualsiasi che diventa il Salvatore della specie umana grazie all’amore di un artista. È grandioso.”

Si, Salvo aveva una strana ossessione per Michelangelo.

E si ostinava a chiamarmi Fede, al posto di Fréderic.

Fede e Salvo. Un po’ eccessivo, per i miei gusti.

Comunque, è acqua passata.

L’Italia è stata solo una brevissima parentesi nella lunga dieghesi della vita.

Si dice “dieghesi” in francese?

Quasi non lo so.

Non ricordo l’ultima volta che ho usato la mia lingua per…parlare di letteratura.

Viaggiare per l’Europa in treno è anti- moderno, lo so, ma io ho ancora una visione un po’ romantica della vita.

Solo, spero non ci voglia troppo ad attraversare la Manica, perché ho una paura matta delle gallerie.

 

2.

Londra è esattamente come l’immaginavo.

Fredda e caotica.

Molto fredda e molto caotica.

È appena autunno, ma qui l’inverno già reclama il suo spazio.

I miei ultimi anni di vita sono rinchiusi in due borsoni di tela e nella custodia del violino.

Che devo farci, sono anti- moderno.

La gente corre, io cammino.

La gente vola, io vado in treno.

La gente lavora, io viaggio.

La gente si agita, io aspetto.

Posso, e lo faccio.

Esco dalla stazione di King’s Cross e inizio a girare per il quartiere.

Mi ritrovo a passare davanti alla British Library.

Attratto da chissà quale forza magica, mi spingo al suo interno.

La hall è gremita di gente, un manifesto annuncia il “Ritorno del Messia dell’Incubo.”
La signorina al banco informazioni è così gentile che mi fa lasciare le valigie dietro al bancone e mi riempie di opuscoli.

Strana gentilezza, per essere inglese.

Nella “Sala dei Tesori”, così si chiama, dove sono conservati decine di manoscritti dalle provenienze più disparate, non c’è quasi nessuno. Così, posso tranquillamente incollarmi al vetro della teca contenente l’originale di Alice’s Adventures Under Ground.

Ad un certo punto mi sento degli occhi puntati sulla nuca.

Mi stacco dal vetro e un…uomo? Ragazzo? …un tale mi squadra con fare tra il divertito e l’inquisitorio.

Ha un cappotto nero e la barba rasata male.

Mi allontano imbarazzato.

Torno nella hall, ringrazio in franglese la signorina e riprendo la mia roba.

Sono le sei di sera e non ho ancora un posto dove dormire.

 

3.

No vacancy, I’m sorry.”

“Com’è possibile che non ci sia neppure una camera libera in tutta Londra?”

“E lo chiede? È da cinque anni che Forster non si fa sentire né vedere, vogliono tutti assistere al suo ritorno.”

“Forster…?”

“Lo scrittore!”
”Ne conosco solo uno con questo cognome, ma credo sia morto un centinaio di anni fa.”

“Non conosce Charles Forster? Non credo sia sconosciuto, in continente.”

“Un titolo?”

La tua fine è il mio inizio. Non può non conoscerlo. Ha guadagnato di più lui con quel libro che la Rowling in tutta la sua vita.”

Si, che lo conosco.

Ma, in effetti, in “continente” non è così mitizzato.

“E dov’è che farebbe il suo ritorno sulle scene?”

“Presente la British Library? C’è gente che fa la fila davanti all’ingresso dell’auditorium da due giorni. Siamo tutti, me compresa, in febbrile attesa di nuove rivelazioni geniali.”

La ringrazio ed esco fuori al freddo.

Ora come ora non posso fare a meno di assistere alla presentazione.

 

4.

La hall è ancora più piena di prima. La signorina del banco informazioni mi riconosce, mi sorride e mi tiene ancora da parte le borse.

Devo risultarle particolarmente simpatico.

Intravedo una troupe della BBC, subissata dal mare di folla.

Sono a Londra da poche ore e già mi sento stretto, tra gli inglesi.

Nell’auditorium, ovviamente, non ci si entra tutti.

Riesco a scivolare in avanti, portandomi nei pressi dell’ingresso.

Davanti  me c’è un gruppo di ragazzine in calore, neanche si trattasse di un divo di Hollywood.

Qualcuno mi spinge da dietro e precipito nella cavea.

La gente è seduta sulle scale, sulle finestre, sui corrimani, ovunque.

Trovo un posticino in cima alle scale e mi siedo.

Non vedo quasi nulla, ma il telone bianco e argento e le telecamere puntate sul microfono mi fanno pensare che forse l’intervento verrà ripreso e proiettato per consentire anche alle ultime file di assistere.

Sento dei ragazzi parlottare con un forte accento scozzese.

“Ho sentito dire che si è sposato.”

“No, no, non è possibile. Uno come lui lo odia, il matrimonio.”

“Uno come lui pur di scopare farebbe di tutto.”
”Anche questo è vero.”

Il brusio è fastidiosissimo, e rimbomba in un’eco assordante.

Ad un certo punto cala il silenzio assoluto.

Si sente perfettamente il suono delle suole che rimbombano sul legno.

Sullo schermo non compare ancora nulla.

Batte con un dito sul microfono, un fischio acutissimo.

La folla è silenziosa e ipnotizzata da un uomo che non riesco neppure a vedere.

“Con tutti i diavoli che ci sono qua, potrebbe quasi sembrare l’Inferno. Mi manca solo di trovare Lucifero.”

La gente ride e applaude divertita. Sullo schermo ancora nulla.

“Com’è facile intrattenervi, marmaglia. Comunque, se siete tutti qui, è per un motivo. Che sarei io. Siete accorsi in massa per qualcuno che vi odia profondamente, e che con il vostro odio s’è comprato un’Aston Martin.”

Ha una voce profonda e sicura, ferma.

Sembra giovane. Un giovane invecchiato a sigari e caffè.

“Potrei vivere tranquillamente altre dieci vite, con i soldi de La tua fine è il mio inizio, ma non ne ho voglia. Questa nazione ha bisogno di essere violentata. Questa…marmaglia, che non siete altro, ha bisogno di sentirsi le fiamme sotto al culo, perché ormai non ha più nulla per cui vivere. Io vi porgo uno specchio, e voi ridete di voi stessi. Siete ridicoli. Siete ridicoli e penosi, e vi ringrazio per questa vostra…pochezza. Vi ringrazio perché, grazie a voi, io sono un Dio. Io sono il vostro Dio, crudele e disumano, che vi trovate ad adorare con tutte le vostre forze. Mi adorate perché so mostrarvi quanto siete inutili.”

Il telone si illumina. Fondo rosso e una scritta nera, in stampatello maiuscolo.

PAIN.

Dolore.

Ma chi è questo folle?

La folla è nelle sue mani, completamente smarrita.

Ipnosi collettiva.

“Dolore. Non fate altro che lamentarvi per quanto soffriate, per quanto siano miserabili le vostre vite. Beh, mentite tutti. Se siete qui, con tutto il vostro corpo, vuol dire che non state veramente soffrendo, che il vostro non è vero dolore. Voi non avete idea di cosa sia il vero dolore, perché ne avete paura. Non sapete essere umani perché siete troppo impegnati a far trascorrere la vostra vita del cazzo. Arrendetevi. La vita, senza dolore, senza dolore vero, non è vera vita. L’amore è chimicamente uguale ad una scorpacciata di cioccolato. L’amicizia tradisce. L’affetto, ti trascura. Il piacere, è temporaneo.”

Sullo schermo compaiono altre parole, a formare la frase PAIN IS FOREVER.

Il dolore è per sempre.

“Vi ringrazio per la vostra stupidità. C’è qualcuno che non sia un giornalista che voglia fare delle domande?”

Una bella ragazza bionda si alza.

“Dimmi, dolcezza.”

“Ce l’hai una fidanzata?”
”Tranquilla, tesoro, c’è abbastanza Charlie per tutti. Qualche domanda un tantino più intelligente?”

“Cosa ne pensa dell’attuale gestione della crisi da parte del Primo Ministro?”

“Penso che il mio cane potrebbe farlo meglio. E ha senza dubbio un colorito migliore. Altri?”

“Non è troppo giovane, a ventott’anni, per essere così vecchio?”

“Non è troppo vecchia, lei, per fingersi così giovane? Altri?”

“Quanto c’è di autobiografico nei suoi racconti?”

“Quanto c’è di autobiografico, in Lolita? …altri?”

Mi alzo in piedi e alzo la mano.

Lo intravedo appena da lontano.

Un punto nero con un maglione nero e i capelli neri e i pantaloni neri e le scarpe nere.

“Eccolo, l’ho trovato, il nostro Lucifero!” arrossisco “ qualche domanda illuminante da porre?”

Mi si impuntano le parole sulle labbra. Non mi ricordo più come si parla in inglese.

“Cos’è, sei timido? Hai paura che ti mangi? Tranquillo, ho già cenato.”
”Lei…non si sente usato, dal suo pubblico?”
Tutti si voltano a guardarmi.

“Spiegati, Rosso.”

“Beh, tutta questa gente ama essere insultata da lei, perché lo trova divertente, stimolante, non so. Ma lei non si sente mai umiliato per il lato di sé che è costretto a mostrare?”

Resta un attimo in silenzio.

“Beh, ci sono delle domande che non troveranno mai una risposta. Ad esempio, cos’hanno in comune un corvo ed una scrivania?”
”Ma c’è una risposta, la dà lo stesso Carroll.”

“E tu la trovi soddisfacente?”

“Beh…”

“No, esatto. Alcune risposte non sono adeguate alle domande cui rispondono. A volte, è meglio restare nel dubbio. Vado ad ubriacarmi in qualche pub, tra sette giorni esatti Il dolore è per sempre sarà nelle librerie. Buona serata.”

Applausi, applausi, applausi a non finire.

Io sono stato schedato come Colui Che Ha Osato Mettere In Discussione L’Autorità

Esco il più velocemente possibile, sebbene le uscite siano praticamente bloccate.

Sono costretti ad aprire le uscite d’emergenza.

Esco e rientro, per riprendere le mie cose.

Sta anche iniziando a piovere, e io non ho un ombrello.

Mi tiro il cappuccio sopra la testa e vado alla ricerca di un posto in cui passare la notte.

 

5.

Passo davanti ad un pub di nome “The White Rabbit”.

L’insegna dice “Open until 2 p.m.”

Beh, a quanto pare la mia giornata è scandita dalle avventure di Alice.

Almeno ho un posto in cui trascorrere gran parte della nottata.

Entro.

Il locale è spoglio, semivuoto.

Ci sono solo un pugno di mosche da bar, come si suol dire.

Mi siedo su uno sgabello al bancone.

Il barman sembra sorpreso della mia presenza.

Forse serve solo clienti abituali.

“Dica.”

“Mezza pinta di birra rossa e un hot dog.”

“Salse?”

“Mostarda, grazie. Ah, e una porzione di patatine fritte.”

“Ho solo la senape.”
”Va benissimo lo stesso.”

Mentre ingurgito le patatine strafritte e straunte entra un uomo, con un cappotto nero e un berretto calcato in testa che gli scopre appena gli occhi grigi.

“Giornataccia, eh Charlie?” dice il barman rivolto all’uomo.

“Lascia stare, Hank. Sto maturando un odio sempre più forte nei confronti del genere umano. Se non mi servisse per vivere…sono riuscito a scappare solo ora. Preparami un whiskey doppio, và. Senza ghiaccio. Non mi piace il brodo allungato.”

Mi guarda.

“E tu che ci fai qui? Ciao, Lucifero!” si sfila il cappello dalla testa.

Lo riconosco appena.

“Sono così fortunato da avere lo scrittore più desiderato del Regno Unito seduto accanto a me?”

“Già, sei proprio così fortunato.”

Hank gli porge il bicchiere e lui ringrazia con un cenno della testa.

“Eri tu oggi pomeriggio nella Sala dei Tesori, vero?”

“In carne, ossa e cinismo. Mi piace passare inosservato sotto gli occhi della gente che mi aspetta.”

“Come hai fatto a riconoscermi, in mezzo a tutta quella…quantità di persone?”
”Quando vedo qualcosa di interessante non me lo lascio sfuggire.”
Indica i miei bagagli.

“Cosa fai per vivere?”

“Indicativamente due cose: l’artista di strada e il mantenuto.”

“Quale rende di più?”

“Dipende dai periodi. Ora come ora direi il secondo, l’ultimo mi ha lasciato in eredità un appartamento a Barcellona. Ma non sono avido, non mi interessano i soldi. L’ho regalato a mia madre e sono partito di nuovo.”

“Dove sei nato?”

“In un paesino della Provenza. Non so perché ti racconto tutte queste cose, io non…”

“Provenza? Quindi sei francese. Ecco perché hai un accento così strano- pensavo fossero le mie orecchie.”

“No, tranquillo. È già tanto che riesci a capire quello che dico.”

“Se vuoi parliamo in francese. Mi piace, il francese. È molto musicale. Conosco anche un sacco di poesie, in francese.”

“Ah si? Quali?”

“Beh, una che si adatta bene alla serata è Chanson d’Automne.”
”Recitamela.”

Si schiarisce la voce.

Les sanglots longs /des violons de l'automne /blessent mon coeur /d’une langueur /monotone./ Tout suffocant /et blême, quand /sonne l'heure...* e poi non me la ricordo più. Sai che le prime frasi vennero utilizzate da Radio Londra per comunicare in Francia lo sbarco in Normandia del 6 giugno del ’44?”

“Quindi voi inglesi usate sempre Verlaine, per abbordare i francesi.”
”Già. Dov’è che stai?”

“Dici stasera? In strada, credo. Gli alberghi della città sono stati presi d’assalto- sai, oggi c’è stato il gran ritorno in pubblico del Messia dell’Incubo.”

“Si, ho saputo. Mi permetti di mantenerti, almeno per stasera?”

“Solo se sei in Aston Martin.”

“Non avevi detto di fregartene, dei soldi?”

“Infatti. Però non ci sono mai salito, su un’Aston Martin con la guida a destra.”

“Ragazzine, siete tutte uguali.”

Paga la mia cena e il suo whiskey prendendo delle banconote alla rinfusa dalla tasca.

Mi carico i borsoni in spalla ed usciamo dal pub.

 

 

 

*I lunghi singhiozzi/dei violini autunnali/mi feriscono il cuore/d'un languore/monotono./ Tutto ansimante /e smorto, quando / rintocca l'ora...

 

 

 

Alllllllora.

Ho deciso di cimentarmi ancora con una ff lunga e tortuosa. Lo faccio perchè, al di là del mio masochismo, mi diverte da matti.

Spero di potervi ancora intrattenere. Per ora, non vi rivelo altro.

  
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