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Autore: Diana Abigail    07/03/2010    10 recensioni
Ho sempre pensato che la colonna sonora sia la vera chiave di tutto. Di un film, di un sentimento, di una storia, di una vita.
A volte una canzone può parlare tanto di te, a volte può parlare tanto di voi.
Ciao, io sono Ilaria, da poco diciottenne e, purtroppo, infognata in una storia senza sbocchi.
A vedermi non si direbbe, lo so bene. Amo lo studio, amo prendermi cura di me stessa e amo girare le città d'arte. Feste e alcool non fanno affatto per me, ma a quanto pare le storie di sesso si.
Non giudicatemi, non so bene come ci sono finita in questo casino, sta di fatto che sono alla prese con una tesina d'esame e un compagno di classe che mi spoglia appena può.
Ilaria e Alessandro, compagni di classe da tre anni, non hanno niente in comune. Eppure capita che a volte si ritrovino nello stesso letto. Ma c'è Alice, bionda e bella, che è il vero obiettivo di Alessandro. Come si può sopportare una relazione così? 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vivo per lei - Ilaria e Alessandro'
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Chapter 1 – E ritorno da te – Parte prima

Ilaria
Ho sempre pensato che la colonna sonora sia la vera chiave di tutto. Di un film, di un sentimento, di una storia, di una vita.
A volte una canzone può parlare tanto di te, a volte può parlare tanto di voi.
Ciao, io sono Ilaria, da poco diciottenne e, purtroppo, infognata in una storia senza sbocchi.
A vedermi non si direbbe, lo so bene. Amo lo studio, amo prendermi cura di me stessa e amo girare le città d'arte. Feste e alcool non fanno affatto per me, ma a quanto pare le storie di sesso si.
Non giudicatemi, non so bene come ci sono finita in questo casino, sta di fatto che sono alla prese con una tesina d'esame e un compagno di classe che mi spoglia appena può.
Arrossisco al solo pensiero, eppure quando sono lì non ci sono freni.
Un bacio rubato al cambio dell'ora nascosti dietro la colonna, uno stupido messaggio per un appuntamento di studio approfondito o un incontro inaspettato di fronte a casa mia.
Ma lui non è il principe azzurro.
Non riceverò un regalo per qualche “mesiversario” o un abbraccio immotivato. Tutto ciò che fa ha lo stesso fine.
Eppure, ripeto, non so proprio smettere. Sono un'Alessandro addicted.

Alessandro
Guardo fuori dalla finestra e sbadiglio. Impossibile ascoltare questa lagna senza fine. Mi ci vorrebbe una distrazione bella e buona.
Giro lo sguardo e la vedo lì, mentre scrive i suoi appunti che probabilmente oggi studierà.
Forse.
Sorrido tra me e me, pensando a quanto sia facile avere quello che si vuole, in alcuni casi.
Ma è lei quello che voglio? Certo, lei non è Alice, ma comunque non è affatto male. Adoro pensare ai suoi gemiti o alle sue richieste assurde quando è nuda, sotto di me.
“Perché ridi come uno scemo?” mi chiede Walter, il mio vicino di banco.
Merda.
Quando vengo colto in flagrante arrossisco e mi sento un idiota. Tossicchio e mi tiro su.
“Ma no, niente. Pensavo ad una tipa” dico, salvandomi in corner.
“È figa?” mi chiede, contento di aver trovato un argomento di conversazione.
Si, come no, è Ilaria penso, senza dirlo davvero. Farei la figura dello sfigato e del cazzone se scoprisse che vado a letto con lei.
Il fatto è che Ilaria non è brutta, ma è troppo una secchia. Ti annoia appena apre bocca, sa troppe cose, ed è impossibile non prenderla per il culo con Walter.
“Diciamo che non è da buttare” dico, tenendo a freno l'imbarazzo.
“Te la scopi?” mi chiede, appoggiandosi contro lo schienale della sedia, incrociando le braccia al petto.
“Si, non vivo di mano destra come te” gli dico, appoggiandomi contro il muro.
Lui ride, io parlo sul serio.
“Amico, non sai cosa tengo dentro il mio armadio” mi dice, facendo il bullo.
Per una volta è lui a sembrarmi il vero sfigato.
“I giochini che usi con i tuoi amichetti froci” gli rispondo, beffardo. Lui mi tira un pugno e la prof. ci richiama.
“Si può sapere di cosa state parlando voi due?” ci chiede la Bertone, avvicinandosi.
“Di tipe prof. Mica parliamo di giochi della playstation” dice Walter, credendosi anche simpatico.
“Perché non andate a parlare di tipe con il preside?” ci chiede, guardandoci da sopra gli occhiali.
La Bertone è la solita professoressa di economia. In tailleur, con i tacchi che si usavano 20 anni fa e gli occhialini che starebbero bene solo ad una porno prof.
L'immagine della Bertone seminuda mi fa rabbrividire e mi metto a sedere, chiudendo un attimo gli occhi per togliermi dalla mente quell'immagine raccapricciante.
“Ma no, prof. Il preside non ha i nostri gusti in fatto di tipe” continua Walter.
“Mi dispiace non siate sulla stessa lunghezza d'onda con il preside, ma allora perché non andate a raccontargli qualche bella storia? Così magari si intenerisce e vi lascia a casa per una breve vacanza. Che ne pensi? Fuori. Tutti e due, ora”
Walter sei un grande. Mi hai risparmiato questa santa messa che non ha niente di utile.
Esco dalla classe e Ilaria mi guarda. La fisso per un momento prima di chiudere la porta e sento che quella stronza della Bertone le dice di non farsi abbindolare da uno come me.
Troppo tardi, prof!
Usciamo fuori e ci facciamo una canna. Ilaria odia l'odore e il gusto che la canna mi lascia, ma proprio non riesco a rinunciare a qualcosa per lei.
“State insieme?” mi chiede Walter, dopo qualche tiro.
“Chi?” chiedo, guardandolo.
“Tu e la tipa. State insieme?” mi ripete, con una nuvola di fumo.
“No. Non fa per me” rispondo, guardando a terra.
“Allora sei proprio un grande. Ci sta ogni volta?” mi chiede, manco fosse un terzo grado.
“Quando non mi faccio le canne” gli rispondo, ridendo.
Ride anche lui e ci sediamo sul muretto.
Alzo la testa verso il cielo e una nuvola di fumo esce dalla mia bocca, appannandomi la vista. E penso a lei, ai suoi capelli biondi e quel suo atteggiarsi da donna. Alice. È lei quella che voglio.
Magliette scollate, minigonne, capelli raccolti in una coda alta, orecchini a cerchio.
È fottutamente provocante ogni volta.
“Pensi a lei?” mi chiede Walter, interrompendo i miei pensieri.
“No. Lei non è quasi mai nei miei pensieri” gli rispondo, tenendo gli occhi chiusi.
E un po' mento. Lei fa capolino nella mia mente qualche volta. E ogni volta, il pensiero a lei è subito seguito da un messaggio.
“Perché te la fai?” mi chiede, tirando per l'ultima volta quella fonte di finto piacere.
“Non lo so. Forse perché so che ogni volta lei c'è. Sai, come quando vai a fare benzina. Difficilmente troverai un benzinaio senza benzina. È una certezza. E poi è brava, non c'è che dire” rispondo, buttandomi alle spalle il mozzicone.
Lui ride e io scuoto la testa.
Suona la campanella e inizia l'intervallo.
“Ho fame” dice Walter, scendendo dal muretto.
“Chissà perché” gli dico, seguendolo. Ovviamente ho fame anche io.
Vado verso il bar e Ilaria ci ferma, probabilmente è stata mandata per riferirci qualcosa.
“Non siete andati dal preside, vero?” dice, arricciando il naso.
Ma come fa? Che cos'è, un segugio?
“No” le risponde Walter, scazzato. Anche lui sa già che ci farà una predica.
“Ma siete davvero furbi. La prof. vi manda dal preside e voi vi fumate una canna?” dice quasi urlando.
Il mio “shh!” viene soppresso dalla voce di Walter che si altera.
“Brava cogliona, perché non vai a fare la spia dalla Bertone? Levati dalle palle e per una volta fatti i cazzi tuoi” le dice, spintonandola da una spalla.
Mi viene quasi voglia di difenderla, ma non posso permettermelo.
“Fottiti Walter” risponde lei, doppiamente offesa.
E vorrei chiederle scusa, ma so che in fondo non mi abbasserei a tanto.
Mi guarda e poi se ne torna in classe, probabilmente a mangiare il suo yoghurt e a leggere qualche romanzo di Oscar Wilde o che so io.
Dopo neanche due passi la Bertone ci ferma e so già di esser fottuto.
“In presidenza, sbrigatevi” ci dice, muovendo la testa per indicarci la strada. Manco ce la fossimo dimenticata.
In fondo la presidenza è la mia terza casa. La prima è la mia, la seconda è il letto di Ilaria e la terza è lei. Sono i posti in cui passo più tempo in assoluto.
Lo vedo. Ugo, il nostro amatissimo preside.
“Ragazzi, che avete combinato?” ci chiede, con quel suo accento napoletano. Dio se lo odio.
“Prof., ci vietano anche di parlare di ragazze! Ma le sembra possibile? Dovremmo diventare tutti froci?” chiede Walter, con quel suo fare amichevole. Sghignazzo.
Walter, contieniti. Nessuno ti dice di diventare omosessuale, quella è una scelta personale, ma non dovresti parlare delle ragazzine durante economia, se capisci quello che intendo” gli dice il preside, mentre gesticola.
“Prof, ma sempre di numeri parliamo! Ci sono regole fisse, 90 60 90, però sa anche lei che solo poche elette ci arrivano” continua Walter.
È proprio un coglione.
Smetto di ascoltarlo, mi volto e vedo Ilaria nel corridoio. È appoggiata contro il muro e mangia, ovviamente, lo yoghurt ai frutti di bosco. È sola, come sempre, ma sembra quasi non accorgersene.

“Walter, su basta. Se mi promettete che non vi fate beccare dalla professoressa di nuovo, vi lascio liberi. Piuttosto scrivetevi dei bigliettini” ci consiglia.
“Prof, ma stiamo all'asilo?” chiede Walter.
“Al massimo siamo” lo correggo, istintivamente. Walter mi guarda e il preside fa lo stesso.
Vaffanculo Ilaria. Tu e l'abitudine che hai di correggermi.
Ugo ci lascia liberi, dopo averci costretto a promettere, e ci prendiamo un panino al bar. Qualcosa di buono, che non lasci l'odore e l'alito cattivo.
Walter esce, io mi avvicino a lei che con nonchalance mi ignora.
“Sei arrabbiata?” le chiedo, mentre mastico.
“No” mi risponde, senza guardarmi.
“Allora oggi ci possiamo vedere” affermo, ricevendo uno sguardo d'odio intenso.
“Ale, vai a farti fottere insieme al tuo amico. Anzi, perché non ti scopi lui?” mi chiede, alzando leggermente la voce.
È una cretina e la odio quando fa la scazzata.
“Abbassa la voce!” le dico, guardandola male. Sbuffa e se ne torna in classe.
Rimango sulla porta e la guardo un attimo, mentre arrotola il cucchiaino sporco in un tovagliolo.
Valentina e Beatrice mi guardano insospettite.
“Qualche problema?” chiedo loro, dopo cinque secondi.
“Ma che vuoi?” mi chiedono, quasi all'unisono. Giro gli occhi, quelle sfigate mi fanno solo ridere.
La campanella suona e sono costretto ad andarmi a sedere. Domani taglio, non ne posso più di stare dentro a questa merda.
Lei si volta e mi guarda un attimo. Probabilmente in mente ha solo pensieri omicidi nei miei confronti.
Ti addolcisco io penso, sorridendole. Lei mi guarda malissimo e poi si gira.
E così anche matematica e storia dell'arte passano, tra un pensiero a luci rosse e dei capelli biondi che mi fanno svalvolare.
All'uscita scappa per non perdere il pullman. Vorrei fermarla e chiederle se torna a casa con me, ma rimango fermo e la guardo salire sul pullman, con il fiatone per colpa della corsa.
Raggiungo la mia macchina, butto lo zaino sul sedile del passeggero e metto in moto. Faccio marcia indietro e freno di colpo, prendendomi degli insulti da tutti.
Una coda bionda oscilla seguendo il ritmo dei suoi fianchi.
Alice.
Si volta per vedere che cosa succede, copiando le sue amiche, e mi vede.
Vedo Walter nello specchietto retrovisore che si sta facendo una grassa risata mentre mi prende per il culo.
Volto di nuovo la testa e lei alza una mano, in segno di saluto.
Contraccambio, lasciando andare il freno.
Esco dal cortile della scuola e corro oltre i cento per le strade della mia città. Amo la velocità, soprattutto se sono in fibrillazione come adesso.
Sono conscio del fatto che era solo un saluto, ma niente mi impedisce di immaginarmela nel mio letto. Rallento, il semaforo è rosso. Con il braccio fuori dal finestrino canto a squarciagola Vasco, mentre i passanti mi lanciano sguardi furiosi.
Rido e ingrano la marcia, mi sento leggero.
Parcheggio sotto casa mia e salgo le scale a due a due. Mia madre non c'è, sicuramente sarà ancora al lavoro. Sbatto la porta e vado in camera mia ad accendere lo stereo.
Decido che Vasco è il mio compagno per oggi.
Vado in cucina e sorrido vedendo il pranzo già pronto. Si, sono viziato.
Mangio e me ne torno in camera. Dovrei studiare per la verifica di geografia, ma non mi importa, ho solamente voglia di cantare.

“Io no, io no, io no, non ti dimenticherò. Io no, io no vedrai, che.... Io non ti aspetto più!” grido, con la musica ad alto volume, fregandomene dei vicini di casa.
Vasco è poesia, inutile negarlo.
E poi ripenso alle parole di Ilaria dopo questa mia affermazione.
Ma leggiti un libro, così capisci che non è poesia quella.
Sempre ad infilare il dito nella piaga quella ragazza. Prendo il cellulare e le mando un messaggio.

Voglio farmi perdonare per oggi. Ci vediamo?

E qualcosa mi dice che non sarà facile convincerla, oggi sono stato proprio uno stronzo, tanto per cambiare. Ma non ho voglia di stare da solo e ho voglia di stare un po' con lei, per litigare un po'. Quando facciamo pace è ancora più brava.
Mi arriva un messaggio e quasi inciampo per prendere il cellulare.

Stai scherzando? Devo studiare e non ho più voglia di perdere tempo con te. E poi c'è mia madre a casa, quindi lascia stare.

Sorrido e rimando a più tardi il problema. Mi sdraio nel letto e continuo a cantare, perdendomi nei miei pensieri. E ci metto anche lei, che in fondo è la persona più vicina a me. Penso anche a mio padre, che sarà da qualche parte nelle Baleari, ad Alice che mi ricorda tanto una pantera e che mi “accende” ogni volta, a mia madre che è tanto dedita a me e al suo lavoro e poi penso a lei. La mia lei che mi odia e mi ama ogni giorno di più, esattamente come faccio io.
A volte mi amo, quando le provoco quel piacere che la stravolge, a volte mi odio, quando vedo la sua faccia delusa, come oggi.
Ma non riesco ad amare lei. Sarà per quella superficiale vergogna che mi costringe a tenere tutto segreto, oppure quel suo atteggiamento troppo saccente. Oppure perché è qualcosa che mi spaventa troppo.
Guardo il soffitto e cerco di immaginarmi come il suo ragazzo.
Uscire al parco mano nella mano, andare un pomeriggio al mare, passare una notte insonne a parlare di qualsiasi cosa.
So che è quello che desidererebbe, ma non riuscirei mai a fare una cosa del genere. Perché lei non è quello che voglio, non è come mi immagino la mia ragazza tipo. E poi è tanto adulta.
Mi alzo per abbassare un po' la musica e torno nel letto. Il cellulare squilla: mi è arrivato un messaggio.

Volevi uccidere qualcuno oggi a scuola? :-)

Il messaggio è di Alice e mi si stringe lo stomaco. Clicco su “rispondi” e scrivo.

Ma no :-) sono un cattivo ragazzo, ma non così cattivo.

Invio il messaggio e tengo il cellulare sulla pancia. Ammetto di aver pensato fosse Ilaria per chiedermi di andarla a trovare.
Aspettando la risposta di Alice mi addormento, come un bambino all'asilo. E quando mi sveglio sono già le cinque.
Mi risveglio spaventato dalla porta che sbatte. Scendo dal letto e vedo mia madre che appende la borsa.
“Ti sei appena svegliato?” mi chiede, togliendosi la sciarpa.
“Si. Ora esco però” le dico, stropicciandomi l'occhio.
“Devi farti la doccia?” mi chiede, forse consapevole della mia meta.
“Si, almeno mi sveglio” rispondo, tornando in camera.
Opto per la camicia bianca, i pantaloni neri e le converse blu. Prendo il cellulare e le mando un messaggio.

Posso venire a trovarti? Rispondi si o si.


Sorrido tra me e me e vado in bagno. Se non mi fossi addormentato, avrei potuto portarla a casa mia, prima che arrivasse mia madre, ora invece devo sperare che sua madre se ne vada.
Mi faccio la doccia velocemente, giusto per riprendere il contatto con il mondo. Esco e mi lavo direttamente i denti: non c'è niente di peggio che sentirsi dire che il tuo alito fa schifo.
Torno in camera e prendo il cellulare, con un suo messaggio:

Allora facciamo che non ti rispondo proprio. Non venire Ale, non ho voglia di vederti.

Butto il cellulare sul letto e inizio a vestirmi. Andrò comunque da lei, non voglio che sia arrabbiata con me, altrimenti rischio di mandare all'aria tutto.
Lego le scarpe e prendo le chiavi della macchina.
“Mà! Esco, ci vediamo stasera” urlo dal corridoio.
“Non fare tardi che domani hai scuola!” mi urla di rimando.
“No, tranquilla” rispondo, chiudendo la porta.
Salgo sulla mia Alfa Romeo, la Mito per essere precisi, metto in moto e accendo l'autoradio.
Casa sua è a venti minuti dalla mia, ma ogni volta non mi dispiace percorrere quella strada. Mi dà sempre troppa soddisfazione.
Arrivo sotto casa sua e le faccio uno squillo. Tempo un minuto esatto e la vedo alla finestra che mi guarda esasperata.
Me la immagino mentre dice a sua madre che scende un attimo e prende la giacca. Poi me la ritrovo davanti, arrabbiata.
“Ti avevo detto di non venire” mi dice, incrociando le braccia al petto.
Sorrido e la guardo. Ha la tuta: pantaloni a vita bassa e maglietta corta.
“Lo so, ma sono voluto venire lo stesso” le dico, avvicinandomi.
“Tanto c'è mia madre, te ne devi andare” mi risponde, tenendo il mio sguardo. Non si può dire che non sia coraggiosa.
“Andiamo a farci un giro?” le chiedo, indicando la macchina.
“Sono le cinque passate, tua madre è già tornata dal lavoro. Non ci sono scuse, vattene Alessandro” mi risponde, sospirando e chiudendo gli occhi.
Mi avvicino e l'abbraccio. Sono goffo nei movimenti, me ne rendo conto, ma lei si aggrappa, letteralmente, a me. Sposto il viso e la guardo, è tanto carina quando non deve tenere testa agli altri.
Mi bacia e capisco che in fondo non ce l'ha con me. È consapevole del fatto che non sarò mai come mi vorrebbe lei.
“Quindi ci vediamo domani a scuola?” le chiedo, guardandole le labbra.
“Si. Hai studiato geografia?” mi chiede, tornando ad essere quella di sempre.
“No. Tanto ci sei tu che mi suggerisci, no?” le chiedo sorridendole. Mi sento tanto meschino.
“Non ci contare” mi risponde, diventando leggermente seria. E un po' mi dispiace per le mie parole, in fondo le ho appena fatto capire che la voglio usare. Ma non stanno così le cose, non faccio sesso con lei perché mi aiuti con la scuola.
Scioglie il nostro abbraccio e mi guarda.
“Ci vediamo domani Ale” mi dice, quasi triste.
Annuisco e le sorrido. Anche se in realtà sono un po' infastidito.
Mi da un bacio sulla guancia e va verso il cancello.
“Ah, Ila. Scusa per oggi. Sai, Walter” le dico, un po' imbarazzato.
Lei alza le spalle.
“Sono superiore a queste cose. E poi non è compito tuo difendermi” mi dice, aprendo il cancello. Mi saluta da dietro le sbarre e scompare dietro il grande portone.
Salgo nuovamente sulla mia Mito e, un po' deluso, mi chiedo dove potrei andare. Rimango lì in macchina, fermo davanti a casa sua, pensando a cosa potrei fare ora che i miei programmi non sono più gli stessi.

Ecco una nuova storia^^ mi dite che ne pensate? Un bacione

Erika <3

   
 
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