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Autore: miseichan    07/03/2010    0 recensioni
Amare è sempre doloroso. Amando si apre il proprio cuore, regalandolo a qualcun altro, porgendoglielo su di un piatto d'argento. Il modo in cui lui o lei lo tratterà poi, non dipende da nessuno, è imprevedibile... può succedere di tutto, così come potrebbe non succedere nulla. Amando però si rischia anche tantissimo: si mette in gioco tutti se stessi, e quando le cose vanno male, bè in quei casi si soffre, e tanto. Per fortuna qualunque cuore, anche quello che ha sofferto così tanto da temere di non riuscire più a battere davvero per nessuno, torna sempre a fare quella cosa: quella che è un errore ed al tempo stesso non lo è, quella che è tutto e niente... perché ad amare si torna sempre, che lo si voglia ammettere o meno.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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prologo

Tutto e niente

 

Prologo

 

- Perché tu mi odi?-
Lui non si girò, ignorando il grido che gli era arrivato alle spalle.
Non aveva intenzione di rispondere, né tanto meno di fermarsi: continuò a scendere le scale, raggiungendo il pianerottolo immerso in un buio quasi totale.
Sentì i passi veloci dietro di sé: quelli di qualcuno che scende di corsa, facendo gli scalini due a due.
Si girò giusto in tempo: proprio quando lei inciampò, scivolando sull’ultimo scalino, quello più umido degli altri. Lei gli volò fra le braccia, spingendolo senza volere a sbattere con la schiena contro il muro. Eppure lui sembrò non farci caso: strinse ancora un po’ il corpo della ragazza fra le braccia, contento in parte di averle evitato la caduta. Dopo pochi istanti la allontanò però, chiudendo gli occhi e smettendo di ascoltarla: la domanda era sempre la stessa, quella a cui non avrebbe risposto. Avrebbe potuto dire che non era vero: che non la odiava. Ma avrebbe mentito.
Riaprì gli occhi, tornando ad osservarla: lei lì davanti a lui, tremante dal freddo, con indosso solo un reggiseno ed un paio di slip rossi coordinati. Cercò di non pensare a quel tremore, ma per quanto volesse fingere che non gliene importava, non poteva certo non fare niente: si tolse la giacca, con un movimento lento e deciso, per poi poggiarla sulle spalle di lei.
Mentre avvolgeva l’indumento attorno al corpicino di lei i loro occhi tornarono a fondersi: gli uni negli altri, quelli dolci e verdi di lei in quelli blu e profondi di lui. Ma nulla cambiò, e nessuno dei due si sarebbe aspettato il contrario: era troppo tardi, anche solo per sperare.
Lui mosse piano il capo verso le scale, facendole segno di tornare di sopra, per poi girarsi e stringere le dita attorno alla maniglia della porta.
- Danny, perché?-
Le nocche di lui sbiancarono tanta la forza che usò su quel piccolo pomo d’ottone, mentre quella voce gli giungeva di nuovo alle orecchie: ora non c’era più ostinazione solo tristezza nel tono di lei.
Era un modo per sfogarsi il suo, per cacciare un po’ di rabbia: avrebbe potuto fare a pezzi il piccolo oggetto che stringeva tanto il risentimento ed il dolore che provava in quel momento.
Che avrebbe dovuto rispondere?
Perché non è per me che sei vestita così.
Perché è colpa tua se sto soffrendo.
Colpa tua se ora anche solo respirare mi è doloroso.
Colpa tua se la storia si ripete.
Avrebbe dovuto ricominciare, ancora una volta, e non riusciva a farsene una ragione.
Aprì la porta, uscendo sotto la pioggia scrosciante e richiudendosela veloce dietro, senza guardarsi indietro. Non lo avrebbe fatto. Ed era giusto così: la storia si sarebbe ripetuta, ma solo fino ad un certo punto.
Alzò il viso per accogliere meglio le gocce d’acqua: sentendole scorrere con piacere sulle palpebre, lungo le gote, giù per il collo… gli davano un senso di vita, di appagamento.
E ad occhi chiusi si avviò lungo il marciapiedi, con le mani scese nelle tasche e i vestiti già fradici incollati addosso.
Ma non gli importava. Niente più aveva senso.
L’unica cosa a cui riusciva a pensare era che non aveva risposto alla domanda, nemmeno con sé stesso: perché sapeva che era doloroso anche solo pensarlo. Non poteva mentirsi da solo però.
La verità era che si sarebbe vergognato a rispondere, perché in quel modo avrebbe solo dimostrato ancora una volta come tutto fosse sbagliato, e come lui fosse in realtà solo un grandissimo stupido… perché lo era, niente da ridire.
Non credeva possibile che ancora una volta, la risposta giusta fosse:
“Perché ero innamorato”
E invece era proprio così: la dura, orrenda, atroce verità.
La stessa che non aveva voluto ammettere, né a se stesso né con lei.
La verità e la risposta che non aveva dato e che non avrebbe più dato.
Mai.

 

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