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Autore: lalla    26/07/2005    0 recensioni
Altra fiaba, altra rivisitazione: che Perrault e i fratelli Grimm mo perdonino.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA BELLA ADDORMENTATA

LA BELLA ADDORMENTATA

 

Il Racconto di Padre   Grandier, parroco e maestro di scuola

 

Aurore Dessalines? Me la ricordo, come ricordo tutti quanti i bambini a cui ho insegnato a interpretare e a mettere le parole sulla carta. Pochi maschietti, bambina quasi nessuna. L’analfabetismo è una piaga biblica, quaggiù, come la fame e le malattie, ma è meglio che non parli a voce troppo alta, le spie sono dappertutto e sarebbe un’illusione se pensassi di trovare la sicurezza dell’incolumità nell’abito che porto.

Aurore. E prima di lei Roger, suo padre. Il Principe, lo chiamavano così in tutta quanta Haiti. Perché era ricco, e i ricchi sono animali rari, quaggiù. E perché principe lo era davvero. Ma andiamo con ordine.

Prendere un libro e leggerselo nel vostro mondo è niente. Tornare al passato, cercare di sapere chi siamo è alla portata di qualsiasi scolaretto delle elementari. Ma il nostro è un mondo a parte e tante volte, quando ho cercato di battermi perché le cose cambiassero, ho avuto la sensazione di cozzare contro un muro.

“Sarò maestra anch’io, come voi, padre Grandier” . Lo diceva convinta, e avrebbe concluso gli studi, perché imparare le piaceva e non le costava difficoltà. Il Principe l’aveva mandata a studiare dalle monache, ma non credo s’aspettasse che la sua Aurore buttasse via la vita insegnando a leggere e a scrivere ai bambini straccioni e pidocchiosi di qualche villaggio rurale o di una bidonville. Avrebbe sposato un buon partito, e i suoi sogni se li sarebbe scordati, magari si sarebbe trasferita all’estero, anche se, in Europa e sul Continente, la vita non era facile, per la gente di colore, neppure per chi aveva un mucchio di soldi, come i Dessalines.

Non è molto quello che si sa a proposito di questa terra, fuori da qui. Negli anni Cinquanta, Cuba e la Giamaica, erano eden turistici per ricchi annoiati, Haiti un inferno truccato da paradiso, un posto dove nessun bianco avrebbe mai messo piede. Forse era perché Haiti per loro aveva significato troppo spesso la morte. Febbre gialla. Rivoluzioni. I boschi e le piantagioni, da queste parti, sono stati per anni e anni concimati dalle ossa dei bianchi.

 

Il Racconto di Roger Dessalines, il Principe

 

Non mi resta un bel niente, di quello che avevo. Anzi, la vita me l’hanno lasciata. E Aurore è viva. Il resto non conta, visto che, per campare, quel poco che racimolo scrivendo racconti e dando qualche lezione di francese mi basta. Non sono vecchio, ma neppure giovane, e ricominciare è dura.

Ad Haiti mi chiamavano Il Principe. Ero un uomo ricco e rispettato, uno dei pochi. Nelle mie vene scorre il sangue di uno degli eroi della Rivoluzione, Jean Jacques Dessalines. All’infuori di noi, sono in pochi a sapere chi era: il delfino di Toussaint Louverture, colui che avrebbe aperto nuovi mondi, insegnato ai bianchi che non erano invincibili e la lezione gli sarebbe servita, se lo avessero lasciato fare. Ma i francesi si sono vergognati d’averle prese da un negro, dall’ex cocchiere della piantagione Breda e l’hanno fatto imprigionare con l’inganno. Toussaint era un brav’uomo e un buon cristiano, oltre che un valoroso combattente e, se non l’avessero mandato a morire di freddo e di stenti in quel forte sperduto tra le montagne della Francia, il destino di Haiti sarebbe stato molto diverso.

Non posso nascondere che discendo da un sadico criminale, ma non ne vado neppure orgoglioso, è ovvio. Dessalines era un individuo dal fascino sinistro, che con la spada in pugno aveva giurato morte a tutti i bianchi e non era venuto meno alla sua promessa. Il primo d’una lunga serie di pazzi assetati di sangue che questo mio martoriato paese è stato e sarà costretto a subire chissà ancora per quanto. Un bell’uomo giovane, alto, un dahomey dalla carnagione chiara e dalle narici strette. Si diceva che la sua schiena fosse segnata dalle cicatrici della frusta, perché da schiavo aveva servito un padrone crudele. Suppongo che, senza un padrone di quel genere, non ci sarebbe stato un Dessalines, ma la storia non si fa con i se e i forse.

Credo di rassomigliare poco o niente a quel mio famigerato progenitore di cui dicevo. Sono sempre stato un uomo tranquillo, in vita mia non mi sono mai occupato di politica; ho preferito impegnare le mie energie a fare della proprietà di famiglia un’azienda modello: laurea in agraria conseguita in Francia, fertilizzanti, macchinari…Distrazioni? Le donne, naturalmente. Anche quelle bianche. Ero bello e ricco e il mio colore non mi ha mai creato problemi. Come con Amy Hutchinson, la figlia del re del cotone.

 

Il Racconto di Amy Hutchinson

 

L’ho conosciuto a Parigi, durante un ballo all’Ambasciata. A colpirmi era stata la sua bellezza: non avevo mai visto un uomo come Roger Dessalines. Avevo vent’anni, l’età in cui è facile perdere la testa, anche se i miei non avrebbero mai accettato l’idea che la loro amata figliola potesse innamorarsi di un nero, fosse pure intelligente, colto, ricco e affascinante come lui. Provengo da una solida famiglia dell’alta borghesia, mio padre è uno dei più importanti industriali tessili dell’Inghilterra. Io ho studiato un rinomato collegio femminile e conseguito un inutile diploma superiore in storia dell’arte. Il mio destino non era altro che quello di farmi notare da un ottimo partito, sposarmi e brillare in società, perché è bene che una donna non si occupi d’altro.Ma la mia testa era piena di sogni e di noia, e Roger capitava a proposito. Abbiamo fatto l’amore di nascosto, siamo fuggiti via insieme. Ci siamo sposati, e mio padre ha giurato di non volermi più vedere. Gli ho dato Aurore, che aveva la mia e la sua bellezza. Adesso dovrebbe avere l’età che avevo io quando ho conosciuto suo padre, ma ormai è da anni che non la vedo. Quando mi sono stancata del caldo, della noia e dell’odore di miseria che si respira ad Haiti, l’ho lasciato. La bambina non me la sono portata appresso: anche se potrebbe essere difficile crederci, l’ ho fatto per amore. In Inghilterra avrebbe sofferto: nonostante fosse più chiara di Roger, era pur sempre una nera. I miei mi hanno accolta come il figliol prodigo: i giuramenti sono fatti per essere infranti e di definitivo non c’è nulla, nella nostra esistenza. Anzi, mio padre ha sicuramente ringraziato Roger e la mia pazzia, perché è grazie a questi se mi sono state risparmiate le sofferenze e le paure della Guerra. Forse Aurore mi disprezza per averla abbandonata, ma io vorrei vederla e abbracciarla, fosse pure una sola e unica volta, per poi scomparire definitivamente dalla sua vita.

 

Dal racconto di François Bonnard, capitano della Milizia

 

François Duvalier. In Occidente, Papa Doc. Qui ad Haiti, maledetto e temuto in segreto da molti, benedetto e venerato come Dio da quelli come me che, grazie a lui, alle loro unghie affilate e ai loro denti aguzzi, si sono conquistati una vita che diversamente avrebbero solo potuto sognare.

Mio padre si guadagnava la fame nelle piantagioni di canna di Dessalines. Quel parassita! Blaterava di democrazia e di progresso, ma non è che fosse molto migliore di quei “Grand Blancs” cui i nostri antenati avevano tagliato la gola, nei giorni caldi della Rivoluzione. Dessalines, con i suoi cavalli di razza, le sue giacche bianche dal taglio impeccabile e la sua bella moglie bionda che, per corrergli appresso, si era fatta diseredare dal padre miliardario. Dessalines, che mangiava caviale e beveva champagne, mentre noi venivamo su a zuppe di cavolo e calci nel sedere. A scuola ci sono andato fino alla terza elementare, ma crescevo grosso e forte. A sedici anni, non so come, mi sono procurato un fucile, un vecchio catenaccio, e andavo in giro a sparare ai conigli per portare a casa qualcosa di decente da mangiare. Spara oggi, spara domani a conigli che scappano, mi son fatto l’occhio e la mira. E quando il Presidente ha cominciato ad arruolare i suoi Tonton Macoutes, ero pronto.  Sarei diventato qualcuno, anche se venivo dal niente. Perfino uno come Dessalines avrebbe avuto ragione di temermi. E sua figlia…Aurore. Quanto era bella, e come l’avrei voluta. Adesso che ero qualcuno, non avrebbe più osato guardarmi come mi guardava, quando la incontravo nei campi, in groppa al suo cavallo, con i calzoni, gli stivali e una sciarpa di seta che le raccoglieva i lunghi capelli neri. Ero qualcuno e mi avrebbe amato, perché ero bello, grosso e forte e perché la divisa della Milizia mi dava il potere che viene dritto dritto dal terrore. Quelli del popolo ci dicevano i figli di Maitre Carrefour, il dio della morte. Ma né Aurore né suo padre credevano nel vudù. E’ roba per gente arretrata e ignorante, dicevano. Aurore frequentava la chiesa di padre Grandier e insegnava a leggere e a scrivere a chi non si era potuto permettere di andare a scuola. Era molto buona con tutti, ma non con me. E io impazzivo.

 

Dal racconto di Madame Edmée, la Mamaloi

 

D’amore non si muore e non si guarisce, ma si può impazzire, e François stava impazzendo. Lo avrei aiutato, per tante ragioni: era mio nipote, gli ho sempre voluto bene. Stava diventando qualcuno che contava e quei Dessalines…E’ comodo fare i signori sfruttando gli altri. E’ comodo ridere di noi, della nostra magia e dei nostri spiriti. Stai attento, gli avevo detto. Tua figlia è il tesoro più prezioso che hai, ma un tesoro puoi anche perderlo in un niente. La più piccola dei miei figli aveva solo quindici anni ed era bella come Yemanja la Sirena. Un giorno s’era punta con la spina di un cactus ed è morta tra gli spasimi, lei che aveva la vita davanti. Attento, Roger Dessalines, la fortuna è una ruota, e non sempre gira per il verso che vorremmo.

 

Dal racconto di Roger Dessalines, il Principe

 

Avevo mandato Aurore a studiare in Francia, anche se sapevo che il distacco mi avrebbe creato dolore; ma sapevo pure che era ciò che lei voleva, e non potevo andare contro le sue aspirazioni. A Parigi frequentava  la comunità degli studenti haitiani e, mi era stato riferito, si vedeva con un giovane iscritto a Medicina. Ero felice di saperla felice anche il non vederla ogni giorno mi pesava. Inoltre, aveva promesso che durante le vacanze estive sarebbe ritornata e mi avrebbe presentato il suo ragazzo. Mancava poco, all’estate.

 

Dal racconto di Madame Edmée, la Mamaloi

 

Ho sacrificato un gallo nero a Damballa il Dio Serpente. François avrebbe avuto la sua vendetta, visto che non poteva avere l’amore di quella donna. In Francia, se l’era sposato, il suo dottore fresco di laurea, e Dessalines aveva organizzato una splendida festa alla casa grande, in onore dei due piccioncini. Alzai al disco della luna le mie mani tinte di sangue e cominciai a evocare gli spiriti.

 

Dal racconto di Paul Delorme, medico

 

Aurore, mia moglie, è bella e forte come sempre lo sono le nostre donne, abituate da secoli a una vita difficile. Vederla deperire senza motivo era per me, che pure sono medico, causa di grande preoccupazione, anche perché lei continuava a sorridermi e a dirmi non è niente, non preoccuparti. Fu per caso che notai, sul palmo della sua mano destra, una piccola ferita suppurata e allora la costrinsi a raccontarmi com’era successo. Niente, niente, la puntura di una spina. Quattro, cinque giorni fa, neppure mi ricordo. Non preoccuparti, Paul. E invece mi preoccupavo: la febbriciattola, i capogiri…Era arrivata a non reggersi in piedi e io, col cuore stretto, a temere di doverle diagnosticare il tetano. Era mia moglie da un paio di mesi soltanto, e presto l’avrei persa tra gli spasimi di un’agonia atroce. C’era una vecchia strega, una certa Edmée, che veniva a trovarla tutti i giorni, e le soffiava in faccia qualcosa. L’avrei cacciata via volentieri, ma Aurore stava morendo: non riuscivo a far altro che torcermi le mani e aspettare che il cuore mi scoppiasse.

 

Dal racconto di Madame Edmée, la Mamaloi

 

Ne ho vista tanta, gente morire di spasimi. Ma Aurore non sarebbe morta di quello. Se ne sarebbe andata per poi rinascere, zombie senz’anima e senza volontà: François mi aveva detto che si sarebbe accontentato anche di quello, un guscio vuoto che avrebbe fatto tutto ciò che lui le avesse chiesto, in uno stato che non era né veglia né sonno. Quello che le soffiavo in faccia, era il veleno del pesce palla.

 

Dal racconto di François Bonnard, capitano della Milizia

 

L’avrei avuta, viva o morta. Come, non mi sarebbe importato. Ma l’avrei avuta.

 

Dal racconto di Paul Delorme, medico

 

No.Non può essere. Eppure, proprio così era. Povera Aurore, vittima di magia e superstizioni in cui non aveva mai creduto. C’era un rimedio: le foglie di datura, l’antidoto contro il veleno del pesce palla, che dà una morte apparente da cui si può fuggire pagando il prezzo della pazzia. Doveva stare attento, è una sostanza di estrema tossicità, ma se non avessi fatto niente la follia e quel maledetto capitano dei Tonton Macoutes si sarebbero portati via Aurore per sempre.

 

Dal racconto di Roger Dessalines, il Principe

 

Aurore si è salvata, e Paul l’ha portata via, com’era giusto che fosse. Io sono rimasto ancora qualche tempo, ma sapevo che, prima o poi, sarebbero venuti a cercarmi. Non sono un uomo coraggioso, non lo sono mai stato. L’idea di finire in prigione, torturato, probabilmente ammazzato, non mi è mai andata a genio. Ho scelto l’esilio: ho dovuto rinunciare a tutto quanto, ma qil poco che mi è rimasto mi basta.

 

FINE

 

A questo punto, penso sia doverosa qualche piccola precisazione. Haiti occupa la metà occidentale dell’isola Hispaniola, nei Carabi. Colonia francese, ottenne, agli inizi dell’800 l’indipendenza, in seguito a una serie di sanguinose ribellioni degli schiavi di colore, per secoli crudelmente angariati dai grandi proprietari terrieri bianchi. Nel corso della sua storia, il Paese, che è tra i più poveri del mondo, è stato quasi sempre sottoposto a tiranniche dittature, la più  famigerata delle quali fu quella che vide al potere, dagli anni ’50 ai ‘70 la terribile dinastia Duvalier.

La popolazione è composta nella quasi totalità da neri e mulatti. Molti di essi, seppur ufficialmente seguaci della religione cattolica, continuano a praticare il vudù, un culto animista di origine africana, il cui elemento cardine è la magia, praticata da stregoni (houngan e mamaloi) ritenuti capaci di riportare in vita i morti (zombi). I Tonton Macoutes, ai tempi della dittatura Duvalier, erano la temutissima milizia del regime. 

   
 
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