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Autore: Little Fanny    08/03/2010    10 recensioni
Sono venuta al mondo nel momento in cui due piccole pile hanno trovato la loro esatta collocazione nello scompartimento nascosto. Svegliandomi mi ero ritrovata ad ammirare un posto del tutto diverso dalla fabbrica dove i miei minuscoli ingranaggi erano stati montati, qui si respirava aria di casa e tranquillità.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bradley James, Colin Morgan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: RPS Attori
Titolo: La sveglia
Beta: Slayer87
Pairing: Bradley James/Colin Morgan
Rating: PG13
Genere: generale, romantico
Avvertimenti: slash, one-shot
Note: partecipa alla challenge Gentil Sesso @fiumidiparole e alla 5 Fandom Challenge indetta da Slayer87 @Bradley James Fans Forum.
Disclaimer: Bradley James e Colin Morgan sono persone reali, ma niente di quanto narrato in questo racconto è accaduto realmente, e l’autrice non ha alcun legame con le persone citate.
Dedica: A tutte le donne. Festeggiate e godetevi le vostre mimose. Un grazie speciale a Slayer87 che ha avuto questa brillante idea della nuova challenge, portandomi a confrontarmi con qualcosa di nuovo.

La sveglia


Sono venuta al mondo nel momento in cui due piccole pile hanno trovato la loro esatta collocazione nello scompartimento nascosto. Svegliandomi mi ero ritrovata ad ammirare un posto del tutto diverso dalla fabbrica dove i miei minuscoli ingranaggi erano stati montati, qui si respirava aria di casa e tranquillità. La mia posizione era stata accuratamente scelta dal mio nuovo proprietario: adagiata in obliquo su un piccolo comodino in legno, proprio accanto all’interruttore della luce, ma abbastanza lontana dal cuscino, in modo che le sue notti agitate non andassero a scaraventarmi per terra. Mentre i miei ingranaggi venivano lentamente fatti girare osservavo per la prima volta il ragazzo a cui, da quel giorno in poi, sarei appartenuta.
Era giovane, con corti capelli neri ed enormi orecchie. Lo giudicai carino, secondo i miei canoni, e anche molto somigliante a me, che vantavo dei grandi campanelli in sommità per i quali venivo spesso additata come antiquata o pacchiana. A me, invece, piacevano. Mi davano quel tocco di classe in più che mi faceva risaltare come diversa, rispetto alle mie sorelle più giovani e tecnologiche. Ero sinonimo di quotidianità e resistenza, non sprigionavo alcuna luce abbagliante nel cuore della notte ed ero più puntuale di un orologio svizzero.
Ma la cosa di cui andavo più orgogliosa era il trillo squillante e felice con cui ogni mattina salutavo il nuovo giorno. Mi si poteva sentire distintamente, riuscendo a vincere anche il sonno più profondo.

“Morgan!” Chiamò una voce esattamente dietro le spalle del giovane ragazzo. Questi sussultò, colto alla sprovvista, e fu solo grazie alla presa ferrea con cui mi aveva stretto che evitai la mia prima caduta.

“Bradley! Non farlo mai più!” Lo minacciò, girandosi di scatto e puntandogli contro la mano che ancora mi stringeva.
Bradley, il ragazzo colpevole del mio quasi volo, sorrise fintamente dispiaciuto, buttandosi sul letto e mettendosi comodo.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” Continuò il mio padrone, portando il mio quadrante al suo cuore. Lo sentivo battere a ritmo col ticchettio dei miei secondi e, in quel singolo istante, mi parve il suono più bello che avessi mai potuto udire. Tuttavia, come tutti i sogni, anche questo non poteva durare per sempre e mi ritrovai abbandonata sul comodino, mentre il ragazzo tentava di farsi un po’ di spazio nel letto.

“Siamo debolucci di cuore, non è vero Colin?” Lo prese bonariamente in giro quel biondo borioso, comodamente spaparanzato sul materasso e neanche minimamente interessato a concedergli un po’ di spazio sul suo di letto.
Colin - che bel nome aveva il mio padrone! - sbuffò spazientito e, con un colpo a sorpresa, gli sfilò il cuscino da sotto la testa facendola sbattere contro la testata del letto.
“Ahi! È questo il ringraziamento per il mio splendido regalo?” Lo accusò Bradley, massaggiandosi la parte dolorante, mentre osservava Colin approfittare di quel suo momento di debolezza per accaparrarsi il suo giusto spazio.

“Regalo?”
Mi stavo giusto godendo il mio personale momento di realizzazione nel vedere il mio padrone mingherlino avercela vinta in quella battaglia per il possesso del letto, che non mi accorsi dei movimenti di quel bell’imbusto fino a quando non sentii le sue mani avvolgermi.

“Si! Questa sveglia!” Esclamò, piazzandomi esattamente sotto il naso del ragazzo.
Colin lo fissò realmente sorpreso: vedevo il suo sguardo scattare da me a lui, forse cercando un motivo per quel regalo inaspettato.

“Gr-grazie.” Balbettò infine, porgendogli le mani dove venni finalmente depositata, facendo in modo che il mio mondo smettesse finalmente di girare.
Tutto quel ballonzolare mi aveva fatto venire una voglia assurda di mettermi a suonare, ma decisi di rimanermene buona e tranquilla, volendo prestare attenzione ai loro discorsi. Ero troppo curiosa di scoprire perché quel ragazzo strafottente avesse deciso di donarmi senza una ricorrenza particolare!
Bradley, come risposta, scrollò le spalle, accettando senza una parola quel ringraziamento. Colin lo osservò riprendersi il cuscino e mettersi nuovamente comodo: mani incrociate dietro la testa, gambe accavallate. Perfettamente in pace con se stesso, come se fare regali del tutto inaspettati fosse la normale routine.
“Sputa il rospo, James. Tu non fai mai niente che non abbia un doppio fine.” Lo punzecchiò sia con le parole che con le dita, andando a colpirlo sul fianco scherzosamente.
Bradley si girò di lato, bloccando con mano ferma i movimenti dell’amico, mentre un sorriso birichino faceva la comparsa sul suo volto. Io non potevo vedere il viso di Colin, ma avrei scommesso tutte le mie lancette che doveva rispecchiare quello del suo compare di bravate.

“Quella sveglia,” cominciò, facendo un cenno con la testa nella mia direzione, “è a dir poco perfetta.”
Totalmente colta alla sprovvista fui attraversata da un moto di orgoglio. Mi misi bella dritta, ricercando il giusto orientamento della luce per far risaltare la bellezza delle mie fattezze. Mi concentrai per far risuonare le mie lancette come un perfetto direttore d’orchestra. Stavo sul serio iniziando a rivalutarlo, prima che ricominciasse a parlare.
“Quando suona, fa veramente un trillo infernale. Da spaccare i timpani!”
A quel punto diedi una chiara dimostrazione delle mie potenzialità, trillando offesa per un simile affronto. Nessuno poteva pensare di esprimere giudizi del genere senza incappare nella giusta punizione.
Solo dopo che riuscirono a mettermi a tacere - che sia dannato quell’omino che si era tanto prodigato nell’installare il pulsante di spegnimento! - Colin confermò il parere dell’amico, ridendo a crepapelle.
Si guardarono negli occhi e all’unisono esclamarono: “Angel?”

Da quel giorno ebbe inizio l’attuazione dei piani più assurdi, che ebbero sempre come protagonista me e il mio trillo meraviglioso.
Mi piazzavano di nascosto nei luoghi più impensabili: valige, frigoriferi, sotto i cuscini, impostandomi per suonare in modo da creare il miglior effetto a sorpresa. Loro si nascondevano poco distanti, sempre armati della loro fida telecamera, pronti a riprendere scatti di paura e fughe improvvise. Poi riguardavano i filmati all’infinito, ridendo ogni volta come matti. E, lo devo ammettere, le fughe rocambolesche dei poveri malcapitati erano davvero così esilaranti, che, quasi quasi, mi sentivo orgogliosa di esserne io l’artefice.
Mi piaceva far parte di quella piccola combriccola di combina guai che, ormai, aspettavo con trepidazione l’elaborazione di nuovi piani geniali. I più divertenti erano, senza ombra di dubbio, quelli fatti a discapito di Angel, che non importava quante volte mi avesse già sentito all’opera, visto che scattava sempre dallo spavento. Una volta avevo rischiato davvero grosso con Katie quando, trillando come in ogni altro piano geniale, le avevo fatto spandere il succo sul vestito di scena. Ero stata afferrata in malo modo ed esposta fuori dalla finestra. Sotto a me il vuoto. Io, artefice innocente dei loro scherzi, avevo rischiato una fine davvero tragica quella volta, ma ne uscii fortunatamente indenne. Solo che la mia carriera di dispetti aveva avuto fine.

Ritornai ad essere una normale sveglia, usata unicamente per alzarsi la mattina. Cercavo di suonare più dolcemente possibile, in fondo a Colin dovevo veramente tanti attimi di puro divertimento che mi sembrava scortese tirarlo giù dal letto come se fosse stato investito da una cannonata.
C’erano mattine in cui il cellulare, sempre acceso, mi batteva sul tempo, andandolo a svegliare con assurde chiamate da parte di Bradley, altre invece neanche il mio trillo più potente era in grado di competere col suo sonno profondo.

Una mattina ero già pronta per suonare: gli ingranaggi si stavano assestando sull’ora puntata quando, improvvisamente, mi trovai avvolta dal piumino che mi portò via con sé, sul pavimento. Era la mia prima caduta. Me l’ero immaginata peggiore, con gli ingranaggi che ballonzolavano nella mia cassa, le lancette che vibravano come impazzite. Invece era stato un semplice colpo, nessun rimbalzo, come succedeva al povero cellulare, gettato sempre con poca grazia in giro.
Ero rimasta un attimo disorientata: la stanza era completamente diversa da quella prospettiva. Il letto si ergeva imponente sopra la mia testa, non era più quella distesa bianca infinita, che potevo ammirare dalla mia posizione privilegiata. Fissavo ogni cosa come fosse la prima volta che le vedevo: la confusione nella stanza sembrava una barriera invalicabile da cui nessuno avrebbe potuto trovare una via d’uscita; le scarpe, abbandonate sotto il letto, apparivano più minacciose viste da quella distanza ravvicinata. Il mio comodino, il mio regno, era lontano e irraggiungibile dalla posizione sdraiata in cui mi trovavo. Non potevo far altro che aspettare impaziente che Colin si svegliasse da solo e mi rimettesse al suo posto, per poter scoprire il motivo della mia inaspettata caduta. Il sole stava già infiltrandosi nella stanza, prendendo possesso delle pareti e scacciando il buio della notte. Colin avrebbe dovuto essere sveglio da un bel pezzo e mi sentivo già in colpa per non poter svolgere correttamente il mio compito.
Uno strattone improvviso al piumino mi risvegliò dalle mie elucubrazioni mentali e rotolai con poca grazia al suolo. Quest’ulteriore caduta ebbe il disgraziato effetto di lasciarmi un graffio sul quadrante e, del tutto indignata, mi esibii nel mio miglior trillo, facendo svegliare di scatto il colpevole di questa mostruosità.

“Colin! Spegni quel maledetto aggeggio infernale!”
Anzi, i colpevoli di quell’atroce delitto, visto che quella voce apparteneva indubbiamente a Bradley. Vidi la mano di Colin sbucare da sotto l’intrico di lenzuola e tastare a vuoto il comodino. Io continuavo a suonare imperterrita, del tutto sorda alle proteste di Bradley che esigevano il mio completo silenzio. Finalmente il mio proprietario riuscì a scovarmi e con un gesto dettato dall’abitudine mi mise a tacere, depositandomi sul comodino prima di rituffarsi sul letto, ricercando ancora il calore delle coperte. Coperte che, quella mattina, Bradley aveva provveduto nell’appropriarsi, avvolgendosi al loro interno come fosse un bruco nel suo bozzolo.
“Brad?” Sussurrò Colin all’orecchio del compagno, provando a distrarlo succhiandogli il lobo, mentre con una mano cercava un varco di accesso nelle coperte.
Come risposta ottenne solo un mugugno infastidito e la stretta sulle coperte farsi ancora più forte. Colin, tuttavia, non aveva alcuna intenzione di uscire sconfitto da quella battaglia, quindi si apprestò a sfoderare tutte le armi a sua disposizione. Si allontanò da quel corpo invitante e mi prese in mano.
Oh no! Fu tutto ciò che riuscii a pensare, mentre armeggiava sicuro coi miei ingranaggi. Un luccichio birichino illuminò i suoi occhi, prima di abbandonarmi sul cuscino proprio di fianco al mucchio di coperte che doveva essere Bradley. Tempo tre secondi e il mio trillare acuto risuonò ancora una volta per la stanza, facendo fare al povero disgraziato un salto degno di un record del mondo.

“Dio, Morgan, ma sei impazzito?” Scattò Bradley, voltandosi verso il suo compagno che lo osservava placidamente spaparanzato sul cuscino e un sorriso angelico in volto.
“Se il tuo scopo era quello di assordarmi devo ammettere che ci sei quasi riuscito.” Aggiunse sturandosi le orecchie che continuavano a fischiare.
Vedendo che la sua salute fisica non veniva affatto presa con la giusta considerazione Bradley diede iniziò a una battaglia ad armi di solletico, facendo prevalere la sua forza fisica e puntando ai punti più sensibili di Colin. Io, ancora sul letto, mi ritrovai coinvolta mio malgrado in quella scaramuccia, venendo sballottata da una parte all’altra del letto fino all’inevitabile capitombolo per terra con annesso trillo. Quella non doveva essere proprio la mia giornata fortunata.
“Si può sapere perché non ti sei ancora sbarazzato di quella sveglia?” Urlò Bradley per sovrastare il mio suono incessante, sdraiandosi senza fiato sul corpo del compagno.
“È stato il tuo primo regalo, come potevo buttarlo via?” Rispose Colin, passandogli le mani dietro il collo e attirandolo a sé. Bradley si inoltrò con la punta delle dita fra quei capelli neri, scendendo poi lungo il volto, carezzando uno zigomo e ridisegnando le curve di quelle labbra piene. Colin le attirò nella propria bocca, mordicchiandone appena i polpastrelli, esortandolo a sostituirle con le sue labbra. Bradley accettò di buon grado l’invito, coinvolgendolo in un bacio profondo, mentre io giacevo completamente inascoltata, dimenticata sul pavimento.

Quella mattina fu la prima di molte altre in cui il mio compito consisteva nello svegliare quei due dormiglioni. Quasi ogni volta ero obbligata a suonare a lungo, prima che si decidessero ad alzarsi; altre volte il mio lavoro era totalmente inutile, visto che venivo spenta e abbandonata sul comodino, il mio quadrante a contatto col legno.
C’erano giorni, invece, in cui il mio compito era di fondamentale importanza: dovevo suonare non troppo piano, per fare in modo di vincere il loro sonno pesante, né troppo forte, per non rischiare di far alzare tutto l’hotel. Li svegliavo in anticipo, dando loro il tempo di ricomporsi e sgattaiolare via dalla stanza che non avrebbero dovuto condividere. Nessuno del cast o dello staff doveva sapere cosa c’era tra loro: era il solo segreto che loro due condividevano e che io ero tenuta a proteggere. Ero ormai diventata parte integrante della loro accoppiata e mi sentivo molto orgogliosa della missione che mi era stata affidata. Ogni giorno li svegliavo puntuale, insensibile ai loro desideri di rimanere ancora qualche minuto sotto le coperte, persi nel loro mondo. Un po’, lo devo ammettere, mi dispiaceva rompere l’idillio e farli tornare alla dura realtà; ma questo, fortunatamente, durava solo il tempo delle riprese. Quando tornavano alla vita di tutti i giorni mi permettevo di concedere loro qualche minuto in più, suonando scherzosa quando il tempo ormai cominciava a stringere.
A volte, come oggi, non suonavo affatto.
Erano occasioni rare, che si potevano contare sulle dita di una mano.
Erano le mattine in cui non avevo proprio cuore di svegliarli, non volendo rompere il quadro che formavano sul letto sfatto, le coperte dimenticate da qualche parte in fondo ai piedi e il lenzuolo attorcigliato alle loro gambe.
Bradley dormiva occupando quasi tutto il letto, la testa mollemente abbandonata sul cuscino e un braccio a cingere Colin, appisolato sul suo petto.
Li guardavo dormire, i loro corpi che si cercavano nel sonno e io, spettatrice silenziosa, lasciavo che fossero i primi raggi del sole del mattino a svolgere il mio compito.
   
 
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