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Autore: MrEvilside    08/03/2010    8 recensioni
[Movieverse: Alice in Wonderland di Tim Burton]
Buon viaggio arrivederci.
Lo Stregatto non è mai andato a reclamare l'amato cappello del Cappellaio.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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As Mad as a Hatter

Si è preparato adeguatamente, il Cappellaio, per quell’esecuzione formale.
L’eccentrico abbigliamento è impolverato a causa di quegli ultimi tempi trascorsi nella cella, il trucco pallido sul suo viso è sbavato, esibendo sprazzi di pelle rosea, ed i ricci arancio sono rovinati dall’incuria, tuttavia non ha molta importanza.
Quanto basta a soddisfarlo è il calcarsi in testa l’amato cappello, nascondendo in parte i ciuffi color tramonto ed adombrando gli occhi un poco strabici, accesi d’un bagliore verdastro che sa tanto di follia. E ricorda le foglie di the – oh, non gli dispiacerebbe un the, magari un bel the con il Leprotto Marzolino: peccato che a breve sarà condotto dal boia della Regina Rossa.
Marzolino, adesso che ci pensa, è un’altra di quelle parole che iniziano con la lettera M e che ha deciso di esaminare. Ce ne sono tantissime, di parole con la M – meschinità, miseria, morte, megera…
Megera come la Regina Rossa, con quella testa enorme ed il corpo che sembra troppo minuto per essere in grado di sostenerla. La Regina Rossa che ha rovinato la loro festa con la Regina Bianca.
Il Fante di Cuori lo scorta fuori dalla cella, al centro d’un gruppo di Carte.
Il Cappellaio non presta attenzione alle estremità delle loro lance che premono contro la sua schiena, i suoi fianchi, le sue braccia, né alla sarcastica provocazione del Fante.
Gli occhi del Cappellaio hanno perduto ogni traccia di strabismo e pazzia e scrutano, pur senza vederla realmente, la terra ove poggia i piedi, screziati di rosso scarlatto; le sue labbra dimenticano il costante sorriso, curvandosi all’ingiù in una smorfia che la Regina Bianca definirebbe ben poco da lui, e sussurrano: « Abbasso la capocciona maledetta ».
La Regina Rossa, che ha strappato il trono alla sorella e posto il suo Regno sotto dittatura.
La Regina Rossa, la padrona del Ciciarampa che soltanto Alice e la sua spada possono uccidere.
La sua espressione si distende appena un poco nel ricordare Alice, che è venuta sino al Castello per salvarlo ed è fuggita con la spada. Alice, che ha giurato di non essere capace di ammazzare.
Il Cappellaio aggrotta le folte sopracciglia al di sotto della tesa del cappello ed avverte il rosso soffocare quasi totalmente il verde dei suoi occhi e la rabbia che gli chiude il petto in una morsa, in particolare nel varcare la soglia delle prigioni, quella che immette nel Giardino delle Esecuzioni, dove il boia lo attende a poca distanza e, più in alto, la Regina e la sua corte di menzogne contemplano lo spettacolo. Un coro di accondiscendenti Sì, mia Regina! segue il desiderio della Sovrana di sapere se anche a loro piacciono le esecuzioni mattutine.
Il Cappellaio increspa gli angoli della bocca in un sogghigno beffardo ed un poco ingenuo che somiglia un po’ a una smorfia. La corte di menzogne, che cosa divertente. Potrebbe quasi mettersi a ridere e la Regina se ne accorge, dal suo scranno, di quell’uomo che si appresta a morire e che trema impercettibilmente. E se dapprima è convinta che sia terrore, conosce la follia del condannato e comprende che è puro divertimento.
« Che cosa c’è di così esilarante, Cappellaio? » sbotta, inarcando un sopracciglio e sporgendo le labbra all’infuori in un regale broncio che fa sembrare la sua testa anche più grande, mentre il condannato muove qualche passo in direzione del boia.
Poi si ferma, leva la testa per incontrare lo sguardo della Sovrana e porta due dita a stringere la tesa del cappello, di modo che non scivoli all’indietro. « La vostra corte di bugie, mia signora » sentenzia innocentemente. « Stavo pensando a quanto sia buffo che si affannino tanto a farsi piacere da voi, sebbene nessuno di loro – nessuno di tutto SottoMondo – voglia davvero essere vostro amico ».
La Regina per un momento rimane senza parole.
Volge il capo verso i suoi amici e, il tempo d’un istante, intravvede un’espressione terrorizzata dipingersi sui loro volti, prima che si affrettino a rassicurarla che il condannato è solo un folle che delira, come effettivamente la Regina sa che è. Eppure, al contempo, quando guarda nuovamente giù ed incontra quei suoi occhi d’un verde brillante che la studiano, sa che non sono gli occhi di un pazzo, né le parole d’un delirante. Sa che il Cappellaio sta dicendo la verità e questo la irrita.
Agita il suo scettro, ammiccando verso il boia ed il suo Fante. « Tagliategli la testa, tagliategliela! » ordina in tono quasi isterico. « Non voglio più sentire i vaneggiamenti senza senso di questo stupido Cappellaio! »
« Oh, è un vero peccato » replica il condannato e la sua voce è sinceramente permeata di tristezza. « È un peccato che non vogliate dare ascolto a questi vaneggiamenti, poiché sono le uniche verità che sentirete mai da una persona, un animale od un oggetto di SottoMondo ».
« Ma che cosa ne puoi sapere tu? » strepita la Regina Rossa, alzandosi dal trono ed aggrappandosi con rabbia al parapetto di pietra. « Come puoi dire che il mio Fante non mi ama, che i miei amici mi mentono! » Una seconda volta fa un cenno al boia. « Tagliategli la testa! »
Il Cappellaio si toglie il capello e si china in un’elegante ed appena un poco traballante riverenza.
« Sapete, stavo esaminando le parole che iniziano con la lettera M » annuisce fra sé e sé, totalmente incurante delle guance cremisi della Sovrana, dei suoi strepiti e degli occhi fuori dalle orbite che lo scrutano come per ucciderlo. « M come menzogna, mia signora, come tutte le menzogne che vi raccontano affinché voi non facciate tagliar loro la testa » commenta. « Posso anche dar loro ragione: dopotutto, se fate tagliare la testa a tutti, non vi rimarrà più nessuno che possa tagliarla e al quale tagliarla, non credete? »
E, prima che il Fante possa sospingerlo verso il suo assassino a calci pur di non dover più sopportare le urla incollerite della Sovrana, si inginocchia accanto all’uomo incappucciato e alla sua grande ascia e depone la testa nell’incavo di legno dinanzi a sé.
Il boia allunga una mano per sfilargli il cappello, tuttavia la sua voce lo prega cortesemente di permettergli di tenerlo – dopotutto, quella è un’esecuzione formale e deve indossare i suoi abiti migliori.
« Basta che mi lasci il collo scoperto » acconsente l’assassino, spostando oltre la spalla del condannato il nastro rosa che avvolge il cappello, di modo che ricada sul suo petto e non impedisca il compimento del suo dovere.
« Tagliagliela, tagliagliela! » esorta ripetutamente la Regina – e ormai il suo tono non è più quasi isterico: è isterico e basta –, ma il Cappellaio non la sente più.
Non vede più il legno sul quale ha appoggiato il capo, non avverte più l’odore del sangue che esso emana, in ricordo di chi è stato ucciso prima di lui, e nemmeno sente il fruscio dell’aria squarciata dall’ascia che si solleva poco sopra la sua nuca.
E non pensa, il Cappellaio.
Non pensa più al the con il Leprotto Marzolino, alle parole che iniziano con la lettera M, alla Regina Rossa e alle crudeltà che ha commesso, al Ciciarampa e ad Alice che deve ucciderlo con la sua spada e a quanto suoni divertente l’espressione la corte di menzogne, forse perché è veritiera.
« Buon viaggio arrivederci » si limita a mormorare.
Infine la lama argentata cala sul suo collo e la Sovrana si acquieta mentre la testa del condannato rotola sull’erba, lasciandosi dietro una scia di sangue. La Regina contempla il prato verde, in parte lurido di rosso, e d’improvviso si ritrae, avvedendosi di quanto quel verde smeraldo le ricordi le iridi del Cappellaio e quel rosso vermiglio i capelli che spuntano dal cappello.
« Andiamocene! » grida ai suoi cortigiani, voltando le spalle al Giardino delle Esecuzioni e alla consapevolezza che il condannato le ha davvero detto la verità, forse per la prima volta – certamente per l’ultima – da quando è salita al trono.
Sotto di lei, la bocca del Cappellaio è incurvata in quel suo sorriso sghembo che sembra prendere in giro ed al contempo accompagnare un complimento ed il cappello non è rotolato lontano durante la caduta.
E non ci sono più tutti quei pensieri folli che traboccavano dalla sua mente, rischiando quasi di spargersi nell’intero SottoMondo e far diventare tutti pazzi, forse perché non li ha pensati prima che l’ascia gli tagliasse la testa.
V’è soltanto una domanda che aleggia nell’aria appestata dal fetore di morte.
Perché un corvo assomiglia ad una scrivania?



E' molto che non scrivo al presente: se ci sono degli strafalcioni, avvisate <3.
Nient'altro da dire se non che è il what if...? della scena in cui al Cappellaio sarebbe stata davvero mozzata la testa, se non fosse arrivato lo Stregatto.
Il titolo lo lascio a voi: potete vederlo letteralmente, ossia matto come un Cappellaio, ma anche come l'equivalente della nostra espressione matto da legare.
  
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