Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
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Autore: candidalametta    10/03/2010    2 recensioni
Tomo suonava nella stanza semi buia, pochi raggi filtravano attraverso le persiane, si lasciò andare completamente per accompagnare lo strumento tra le sue dita, lasciando che i capelli gli coprissero il viso guidato dall'immaginazione quando sopperiva la tecnica. A gambe larghe nel vuoto nero di una stanza pena di strumenti muti.Non una lacrima, ma una valvola sicura per il suo odio, per il rancore, per l'inevitabile realtà di essere stati uccisi da chi credeva gli volesse bene.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Tomo Miličević
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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All i wanted was you….



“Ciao Tomislav”

Gli occhi azzurri lo fissarono per un attimo e lui sentì un unico doloroso battito nel petto.
Era come se il tempo non fosse mai trascorso.


Il croato aprì gli occhi, la penombra della stanza avvolgeva tutto rendendo morbidi gli spigoli dei mobili nell'ombra. Gli scuri delle finestre erano appena inclinati invece di essere chiusi. Gli piaceva svegliarsi con il sole nella stanza, gli dava la forza per alzarsi, nel buio completo avrebbe potuto continuare a dormire per giorni. Alzò di poco la testa e il rumore dell'acqua contro i vetri lo spinse a tornare sotto le coperte, anche spalancando le finestre quel giorno poco probabilmente un raggio di sole sarebbe entrato in camera.

Si coprì la testa con il piumone e nel dormiveglia cominciò a pensare…

Tomo ricordava ancora benissimo la prima volta che aveva messo piede nella sua prima casa americana. Quel paese, così nuovo per lui prometteva bene, era grande, pieno di vita, pronto ad accoglierlo in un abbraccio protettivo. Sentiva sempre con se le radici di una terra che aveva dovuto abbandonare, ma sapeva anche, che il lungo viaggio era servito solo per salvarlo da un destino crudele e una vita ad un passo dalla morte. Per questo si era impegnato nell'adottare usi e costumi dell'America, diventare un figlio di quel paese che generosamente lo aveva accolto ricambiandola con il suo dono migliore, la musica.

Tomo si era arreso all'inevitabilità di contribuire in qualche modo sostentamento della famiglia passando qualche pomeriggio al ristorante dove lavoravano i genitori appartenuto ad un amico di famiglia ed ora passato ad un connazionale. Nonostante il sogno dei genitori fosse di avere un ristorante di loro proprietà per ora si adattavano a gestire il piccolo ritrovo sperando un giorno di realizzare la loro ambizione. Tomo si era abituato presto a dare una mano quando il locale era pieno ma nonostante questo passava tutto il tempo possibile ad esercitarsi per diventare il miglior virtuoso di violino dell'intero stato.

Ma questo non poteva cerco farlo a letto.

Scostò con un solo gesto le coperte serrate intorno al corpo e si alzò vagamente tremante, i riscaldamenti non erano ancora accesi a quell'ora del mattino e la casa anche se ermeticamente chiusa aveva perso calore durante la notte. Cominciò a camminare su e giù per la piccola stanza spiando il mondo oltre le tapparelle socchiuse e ignorando il suo riflesso in uno specchio lungo e stretto poggiato in un angolo. La lastra argentata nella penombra della stanza rifletteva l'alta figura magra dalla pelle chiara di un diciottenne con i capelli corvini che poteva anche dormire con troppe coperte nel letto ma sicuramente sotto di esse non sopportava quasi nulla. Si aggirò ancora per la stanza frizionandosi le braccia nude e inciampando nei pantaloni troppo lunghi del pigiama. Si lavò e si vestì pensando come sempre agli ultimi esercizi della sera prima; erano andati bene ma poteva fare di meglio, doveva trovare qualcosa di più armonioso, di indimenticabile, altrimenti Roxanne non sarebbe rimasta impressionata e il lavoro degli ultimi mesi sarebbe stato vano.

Rimase a soppesare l'ultimo pentagramma con aria confusa quando il campanello risuonò nella casa silenziosa. I genitori già al lavoro non erano presenti e le scuole di Ivana e Filip erano più vicine della sua, solo per lui la sveglia suonava così presto. Scese di corsa le scale con le scarpe in una mano e lo zaino nell'altra, aprì la porta e l'ombra di poco più bassa della sua si stagliò contro il cielo carico di nubi e la pioggia scrosciante. “grazie per avermi dato il tempo di inzupparmi fino alle ossa Tomo”, ilo croato sorrise “di nulla Leo” .

L'amico entrò lasciando una grossa pozzanghera dove fece cadere zaino, ombrello e giubbotto impregnati d'acqua. Come sempre mentre Tomo finiva di allacciarsi le scarpe Leonid si intrufolò in cucina a mangiare la colazione che la madre lasciava per il figlio di mezzo sul tavolo prima di andare a lavoro. “fua madre difenta sempfe più brafa a fare le crosfate Fomislav?” affermò con la bocca piena, l'altro si limitò a sorridere lisciandosi una piega dei jeans, “glielo farò presente anche se lei gradirebbe che la mangiassi io ogni tanto”. Leonid lo guardò con un sopracciglio alzato e poi gli offrì la fetta di dolce con la forma inequivocabile di un morso vorace,Tomo si limitò a scuotere piano la testa mentre indossava il cappotto.

Uscirono entrambi sotto la pioggia incessante ma non spettacolare come quella che aveva accolto Leonid dalla casa sua a quella dell'amico, “sembra che il temporale si prenda gioco di me Tomo, quando sono uscito mi sembrava di aver intravisto un’arca piena di animali ormeggiata dall’altra parte della strada”, il croato sorrise nascosto dalla sciarpa nera che portava raccolta intorno alla metà bassa del volto. Il cappuccio alzato del cappotto nascondeva i capelli tranne un ciuffo prepotente sul suo viso da adolescente cresciuto, Leonid camminava spavaldo con un grosso ombrello viola sopra la testa cercando di coprire l'amico più alto senza successo.
“certo che tu li odi proprio gli ombrelli vero?”, Tomo scosse il capo, non sarebbe servito a nulla parlare, e poi non l'avrebbe capito, lottare contro quei cosi di plastica richiedevano troppa pazienza. E poi a Tomo piaceva sentire la pioggia cadergli addosso, con le gocce più grosse che ticchettavano richiamandolo sulle spalle, ma questo Leonid no lo avrebbe mai capito. A lui piaceva di più sentirsi protetto da un grande scudo e arrivare a scuola perfettamente asciutto, anche se quel giorno sarebbe stato impossibile.

Si ripararono sotto la grande balconata della scuola in attesa che aprissero i portoni dell'edificio mentre tutti gli studenti si riparavano dall'acqua e dal freddo, ammassati come un gregge nel poco spazio coperto disponibile. Presto i due amici furono circondati da alunni di altre classi, inquieti e insonnoliti verso il muro di calce bianca.

“e non spingere!” Leonid si scostò velocemente da un ragazzino con pochi anni meno di lui che gli aveva pestato malamente il piede, “dovrebbero fare un riparo solo per quelli dell'ultimo anno”, scosse la testa evitando di ricordargli che fino a pochi mesi prima era stato alto quanto il bambino in questione. Un'alta figura incappucciata si fece largo fino ai due ragazzi, sovrastava di poco la testa biondastra di Leonid e arrivava quasi a guardare negli occhi Tomo.
Una volta davanti ai due i suoi occhi di una azzurro ghiacciato sottolineati di nero si fermarono per un attimo a fissare gli occhi scuri del croato poi abbassò il cappuccio del giubbotto scuro e la sciarpa nera che teneva anche lei stretta sotto metà del volto. “ciao ragazzi”, Leonid si avvicinò a lei per rubargli un bacio ma la ragazza ritrasse la guancia chiara prima che potesse poggiarvi le labbra, si avvicinò al bruno e gli abbasso la sciarpa sopra la bocca.
“tu non mi saluti Tomislav?”, il cuore del ragazzo batté un po' più forte mentre le dita guantate di lei gli sfioravano il volto, “ciao Roxanne”. La campana suonò prima che potesse avvicinarsi a lei e furono travolti dal fiume di studenti, spinti più dal riparo della pioggia che dalla voglia di apprendere.


Carissime
con Shannimal ancora sullo stomaco decido di provinarvi una mia vecchia storia. Scritta in momenti di delirio quando ancora non ero che una fragile e piccola Echelon che non sognava neanche di andare ad assistere ad un concerto dei 30 (parlo così solo perchè ho il biglietto aereo e quello del palasharp in mano, quindi facendo corna.... ;)
è uno dei miei primi esperimenti, quindi la sintassi non è il massimo, ma sapete com'è, certe storie ti aiutano a crescere ;P
Date le avvertenze per l'uso (che avrei dovuto propinarvi PRIMA del cap ma voi mi scusate no?) ,vi lascio a questa storia, assolutamente sconclusionata, senza arte ne parte e con dei personaggi così scomodi che vorrete ucciderli... ma con un Tomo che ho amato alla follia, e che, spero, riuscirete ad apprezzare ;)
un bacio a tutte voi ;)
  
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