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Autore: PattyOnTheRollercoaster    12/03/2010    2 recensioni
Questa storia parla di me. Di Ray. Di Gerard e Bob. Di Mikey e di Frank. Parla anche di Lyn, di Alicia, di Brian e di Jamia. Parla di un bambino. E parla di un padre. Ma soprattutto, parla di cambiamenti. Dei cambiamenti che arrivano imprevisti, e che capovolgono il mondo intero di una persona. Questa storia parla di me, e dei miei amici. E di come abbiamo passato assieme il tempo che avevamo...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Everything is -not- okay


1.Scared to remain alone

Quello di cui ho paura non è la morte, ma la solitudine.
August Strindberg

MJ.
Esistono diverse persone che vorrei essere. Vorrei essere Marylin Monroe, Bill Gates, la bambina che ho visto un giorno nel parco giochi con sua madre, Harry Potter, Patti Smith, Edgar Degàs, Platone, e potrei continuare. Ma la maggior parte di queste persone, purtroppo, sono morte o sono vecchie o non esistono.
Sono sicura che comunque erano tutte persone molto felici. A parte forse Marylin. Ma la felicità è molto imprevedibile e, come la tua vicina di casa, non ti avvisa quando arriva.
Quando la felicità arrivò imprevista nella mia vita, io proprio non la riconobbi. Anzi la scambiai per sfiga, addirittura.
Ero pazzescamente in ritardo, e con la borsa a tracolla e il tubo di plastica in mano nel quale mettere i disegni, sfilavo velocemente per la strada sullo skate. Penso che urtai una vecchietta, ma non le chiesi scusa (mi scusi). Quando arrivai di fronte all’Accademia le porte erano chiuse. Restai di fronte all’entrata e battei le mani sopra il vetro.
“Barty! E dai Barty, apri!” gridai cercando di aprire la maniglia. Da dentro quel mostro di custode mi guardò con un mezzo ghigno sul volto e indicò l’orologio che portava al polso. Con un sorriso ironico alzai il dito medio.
Mi voltai, gettai lo skate a terra e ci saltai sopra, ma caddi quasi subito. Infatti, non appena ebbi girato l’angolo, mi scontrai con qualcuno. Sia io che il misterioso uomo finimmo col culo a terra, un male che non vi dico! La borsa si aprì e tutto il suo contenuto si sparse sulle pietre fredde.
“Scusa” disse l’uomo di fronte a me .
“No scusa tu. Dovevo controllare prima di girare” dissi. In fondo, era davvero colpa mia. Tesi una mano e dissi: “Piacere, io sono MJ”.
“Io sono Gerard. Per cosa sta MJ?”.
“Sta per Mary Jo. Mary come mia nonna materna, e Jo come mio padre. Però, davvero, non capirò mai perché le persone chiamino le loro figlie con nomi da uomo, o con nomi di stati”.
“Giusto, come Dakota o Michigan. E poi perché sono tutti nomi da donna?” chiese lui alzando le spalle e guardandomi sospettoso, come se quella regola l’avessi inventata io.
“Non lo so” risposi facendo sporgere il labbro inferiore e alzando le sopracciglia.
L’uomo di fronte a me aveva un’età del tutto indefinita, stimai che poteva avere circa venticinque anni, ma se ne aveva di più li portava molto bene. Aveva i capelli nerissimi, corti, gli occhi color nocciola-verde e un piccolo naso all’insù. Era alquanto pallido.
Presi la mia borsa e cominciai a rimetterci tutto dentro: libri, astucci vari, libri, documenti, chiavi, libri. Era pesante quella borsa, tutta colpa dei libri. Gerard raccattò un paio di cose e me le porse. Eravamo ancora seduti a terra a gambe larghe, proprio come eravamo atterrati, uno di fronte all’altro. Ci alzammo entrambi e Gerard mi passò il tubo dove tenevo i fogli dei disegni arrotolati, stavano lì così non si rovinavano durante i viaggi.
“Grazie” dissi prendendolo. “Lieta di averti atterrato Gerard” dissi tendendo ancora la mano.
“Lieto anche io” rispose lui con un sorriso stringendola. “A proposito, perché sei qui?” chiese indicando l’edificio.
“Ci studio” risposi con naturalezza. Anche se molti non lo crederanno all’Accademia di Belle Arti si studia, e anche parecchio, non è che si disegna soltanto. Chi lo pensa, andrò a casa sua a picchiarlo.
“E perché te ne vai?” mi chiese allora divertito. In effetti era una domanda lecita.
“Perché sono in ritardo e il custode non mi lascia entrare. Non so che gli ho fatto: mi odia” dissi stringendomi nelle spalle.
Gerard fece un risolino e poi mi diede un tocco al braccio facendomi cenno con la testa di seguirlo. “Io avevo un appuntamento con il preside, mi farà entrare di certo. E se entro io entri pure tu”.
“Ah grazie!” esclamai seguendolo. “Perché hai un appuntamento con il preside?”.
“Volevo presentare un lavoro, e forse l’Accademia mi farà da sponsor. Ma in pratica ci sponsorizziamo a vicenda” disse lui.
“Sei per caso un artista emergente? No, perché in quel caso sai, anche tu faccia schifezze, ti ammiro”.
“No, non sono un’artista emergente. Ho fatto un fumetto e cerco sponsor” disse con una risatina.
“Ah. Be’ stai comunque emergendo dalla massa. Hai tutto il mio rispetto, anche se non me ne intendo molto di fumetti. Li leggo e basta, e nemmeno troppo a dir la verità”.
“Capito”.
Una volta davanti alla porta Gerard suonò il campanello. Vidi che Barty alzava lo sguardo dal suo giornale e trottava verso di noi per aprire. Mi scoccò un’occhiata furente, poi guardò Gerard con un’aria di gentile attesa. “Devo vedere il direttore” disse lui.
“Prego” disse Barty spostandosi. Entrammo nella spaziosa hall. Di fronte a noi c’era la scrivania di Barty, a destra c’erano le scale che curvavano e a sinistra un corridoio. “L’ufficio del preside è di là. Deve girare a sinistra nel corridoio, è una delle ultime porte sulla destra. C’è la targhetta sopra, non può sbagliare” disse Barty.
“Grazie” disse Gerard con un cenno del capo, e si avviò.
Io e Barty restammo soli, ringhiandoci addosso. Poi, con un sorrisino soddisfatto, mi disse: “Sei in ritardo, va’ in segreteria a firmare”.
“Ma quando ci vai in pensione?” chiesi con un sibilo.
“Dopo che tu te ne andrai di qui. Non preoccuparti di quando sarai là fuori da sola, anche se so che sentirai la mia mancanza!” mi urlò dietro mentre mi avviavo a passi pesanti alla segreteria, trascinandomi dietro lo skate.
Eh già, pensai. Ancora un mese, e poi fuori da sola. Senza l’aiuto di nessuno. Sapevo bene che cosa volevo fare, mi mancava solo il capitale. Forse avrei potuto fare da assistente a qualche artista. Poi magari, con i contatti giusti, avrei potuto realizzare quello che volevo. Però mi atterriva il fatto di avere un futuro così … molle. Non incerto, incerto è già una parola scontata di questi tempi, troppo usata da essere ormai diventata una sicurezza; una finta incertezza. Il mio futuro era decisamente molle. Molle è una parola che rende l’idea: molle è qualcosa che ti si disfa fra le mani.
“Ci rivediamo. Il mio amico Barty mi ha mandato in segreteria a confermare il ritardo” dissi a Gerard quando lo vidi seduto su una scomoda sedia. Sospirando mi sedetti accanto a lui.
“E che fai? Non vai?”.
“Tanto ormai sono in ritardo, ti faccio compagnia” dissi alzando le spalle e facendole ricascare di nuovo. “A proposito, stavo pensando a quel che mi hai detto … capisco che la scuola ti sponsorizzi, ma come farai tu a sponsorizzare lei?” chiesi incuriosita. Proprio non riuscivo a capire. Se uno ha bisogno di sponsor vuol dire che ha bisogno di soldi. Ma se uno sponsorizza la scuola, come aveva detto lui, significa che i soldi li aveva già.
“B’è … se pubblicano questo mio fumetto io avrò uno sponsor abbastanza serio, da prendere in considerazione per lavori futuri e compagnie future. Insomma, la scuola di Belle Arti è un porto sicuro, se qualcuno mi cerca sa che questa scuola ha già lavorato con me. In più faccio parte di una band, perciò se dico in giro che il mio fumetto è sponsorizzato dalla tua scuola lei ci guadagna, molta più gente la conoscerà”.
“Capito. Hai una band? Dev’essere una band famosa, altrimenti a chi lo dici che fai un fumetto? Non vale dire gli amici, devono essere fan della tua band” precisai alla fine.
Gerard sorrise. “Mai sentito i My chemical romance?”.
Ci pensai un po’ su. “Ah si, si mi pare di si. Qualche anno fa passavano sempre un video che mi piaceva molto … aspetta”. Mi scervellai un po’ ma proprio non ricordavo come si chiamasse. “C’erano … c’erano dei ragazzi in una scuola, un po’ sfigati, un po’ nerd. Che prima venivano presi in giro da tutti, poi però si picchiavano con la squadra di football” dissi ridacchiando. “E non ho ancora capito perché, ma giocavano a cricket”.
“Si, è giusto siamo noi. Il video si chiama I’m not okay” disse Gerard ridacchiando.
“Hm, bello. Mi piaceva. Perché non mi fai vedere il tuo fumetto?” gli chiesi all’improvviso.
“Va bene. Ecco … qui” disse estraendo da una borsa di pelle un pacco di fogli e passandomeli. “Non è proprio la stesura finale, per quanto riguarda la storia. In verità non volevo impegnarmi troppo per paura che mi dicessero di no”.
Tolsi dalla cartellina di plastica i fogli e cominciai a guardare. I disegni, a mio parere, erano molto buoni. I personaggi interessanti, dal punto di vista stilistico. Non mi misi a leggere, ma nel campo del disegno, l’unico nel quale potevo dare la mia opinione, era molto bravo.
“Non è proprio niente male …” mormorai mentre sfogliavo veloce le pagine.
“Grazie. Adesso tocca a te farmi vedere dei disegni” disse indicando il tubo.
“Okay, hai ragione”. Presi il tubo e lo stappai. “Vorrei fartene vedere uno in particolare. Non uno di quelli dell’accademia, perché ultimamente stiamo facendo solo il modello, che non è interessante, è un tipo nudo che se ne sta lì fermo, non lascia spazio all’immaginazione: il professore vuole che lo copiamo perfettamente. Ne ho fatto uno per conto mio e, chiamami arrogante, ma mi piace un sacco!” dissi cercando fra i fogli. “Hai presente quando fai un disegno che ti piace tanto?”.
“Ah sì! Ora sono curioso” disse Gerard. Trovai il rotolo giusto e sfilai il disegno. Lui lo srotolò e rimase a guardarlo.
Era un’acquarello. Ritraeva una donna seduta che osservava una città dall’alto. Era una città devastata, era grigia, verde cupo e nera, con qualche macchia di un arancione triste. La donna era quasi del tutto di spalle, e osservava lo sfacelo che c’era attorno a lei. Era seduta su un tetto e si teneva le ginocchia, sulle quali poggiava il mento, strette al petto. Era un disegno cupo, forse un po’ pessimista. Aveva qualcosa dello stile del fumetto: spesse linee di contorno, a tutto. Mi piace fare le linee di contorno, soprattutto quando devo disegnare qualcosa di irreale. Mi faceva venire in mente La toilette di Tolouse Lautrec, forse per quella visione della schiena della donna.
“Wow” sussurrò infine Gerard. “A cosa pensavi d’interessante quando l’hai fatto?”.
“Non lo so” dissi scrollando le spalle. “L’ho fatto di getto, è stato folgorante. Quando succede così sono sicura che non si tratti di una mia idea”.
“E di chi è allora?” chiese Gerard sorridendo e voltandosi verso di me.
“E’ un’idea e basta. Un idea che … viaggiava, e mi ha trovata”.
“Hm! Secondo te a che pensa?” mi chiese indicando la donna.
“Pensa … che adesso non c’è più nessuno che andrà a farle compagnia quando ha voglia di fare una passeggiata. Perciò si stringe le ginocchia: perché vorrebbe abbracciare qualcuno. Quella in realtà non è una città, quella è lei. E’ il suo stato d’animo” dissi convinta.
“Pazzesco” commentò lui.
In quel momento la porta della segreteria si aprì e apparve il preside. Mi ripresi in fretta il disegno e riconsegnai a Gerard i suoi fogli. Ci alzammo e lui disse: “Ciao allora. Magari un giorno ci rivediamo”.
“Magari. Buona fortuna per il fumetto” gli dissi.
“Grazie. Grazie mille”.





Salve a tutti! :)
E' la prima volta che scrivo una fan fiction su un gruppo musicale. Io non me ne intendo di musica, e più avanti, se continuerete a leggere la storia, potrete notare ifnatti che tratto la musica più come una questione emozionale e tralascio i discorsi tecnici.
Comunque sia... vi ricordate tutti le frasi che compaiono nel mezzo del video I'm not okay, giusto? Quelle che dicono If you ever felt [...] Ecco, prendendo la parola che ogni volta cambia fra le parentesi, ho dato i titoli ai capitoli, quindi in tutto ce ne sono ventuno se non ricordo male (questa fic è vecchia, l'ho scritta l'anno scorso XD). Sono abbastanza affezionata a questa fiction, l'ho scritta in un momento di ispirazione assurda. In pochissimi giorni era già finita, e sono abbastanza soddisfatta del rislutato.
Be', non so più che dire. Spero vi piacciano gli aforismi che ho messo all'inizio di ogni capitolo. Ovviamente sono correlati ad un discorso o ad un tema che si tratterà. Personalmente adoro gli aforismi, e spero che li leggiate :) Altro? ...vediamo. Ah ecco, nella fic non ci sono scene di sesso, o simili, ma ho messo rating giallo perchè più avanti tratta di temi un po' pesanti. Vi avviso, per non farvi trovare dopo la sorpresa, nel caso ci fosse qualcuno di particolarmente sensibile.
Per qualsiasi domanda o commento (negativo o positivo che sia) lasciate pure una recensione, risponderò con piacere :) Al prossimo capitolo e grazie in anticipo.
Patty
   
 
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