Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: MrEvilside    21/03/2010    4 recensioni
Non cambiate nemmeno nella morte, giovane conte. Siete quantomeno esilarante.
A Bella, sebbene in ritardo. Ti voglio bene.
[Undertaker x Ciel]
[Spoiler! e what if...? sulla fine dell'anime]
[I classificata al Contest Iliade - Le Conseguenze di una Guerra indetto da Mayumi_san e Vincitrice del Premio IC]
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Undertaker
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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A Bella.
Con i miei auguri, il mio affetto e le mie scuse per il ritardo. Ma io volevo che tu avessi questa.

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E nell’aria c’era odore di cenere.


[È in quelle fiamme che mi dovete ricordare. […]
Ricordatevi di me, ricordatevi di me, e dimenticate il mio destino.]

Le fiamme divoravano la dimora della famiglia Phantomhive ed il loro fulgore scarlatto si rifletteva nell’occhio blu che contemplava quello scempio.
E nell’aria c’era odore di cenere, di morte e di legno che bruciava.
Quasi non riusciva a scorgere la finestra che dava sulla sua camera da letto, il giovane conte, attraverso la coltre di fumo nero che l’incendio esalava.
Studiava la sua casa morire una seconda volta ed era consapevole che non sarebbe più risorta dalle sue polveri com’era accaduto in passato, non adesso che non avrebbe più avuto alcun erede da ospitare – non adesso che lui se ne stava andando con lei.
Ad ogni passo, l’olezzo pungente del fumo gli corrodeva la gola ed il suo vischioso color notte lo pervadeva, appiccicandosi ai vestiti, alle ferite ed al sangue rappreso attorno ad esse al pari del petrolio.
Si strinse negli abiti, sovrapponendo i lembi della giacca sul petto nel gesto di proteggere l’anima che il suo corpo conteneva – pur sapendo quanto fosse vano –  e che altrimenti Sebastian si sarebbe preso – oramai, quello spirito corrotto era tutto ciò che gli rimaneva.
Quella notte ogni cosa avrebbe avuto fine – ricordava perfettamente la sentenza di morte che Undertaker aveva pronunziato sulla nave con la quale era giunto a Londra –, tuttavia sarebbe stato il conte di Phantomhive ad orchestrare la propria decadenza.
E desiderava fosse laddove meritava d’essere, in quello studio che aveva visto la morte di suo padre e che avrebbe assistito anche alla sua, a quella dell’ultimo del casato, e non nel luogo che sarebbe stato il suo maggiordomo a scegliere per lui.
Desiderava essere ricordato in quelle fiamme ardenti e non a causa del destino oscuro al quale era andato incontro.
Sputò uno schizzo di scarlatta linfa vitale, trascinandosi faticosamente all’interno dell’edificio semi distrutto dall’incendio. Nel guardarsi intorno riconosceva i resti dei corridoi, del parquet, dei quadri e della mobilia, che lentamente il fuoco si stava portando via – parimenti le mani d’un demone che soffocavano un’anima nella loro stretta.
E si sarebbe portato via anche lui, lasciando del suo corpo soltanto le ceneri, mentre uno Shinigami l’avrebbe condotto nell’aldilà – poco importava che non avrebbe potuto avere accesso al Paradiso: quel che sarebbe bastato a soddisfarlo era fare Scacco Matto anche in quell’ultima partita e sfuggire alle dita di Sebastian che si protendevano con bramosia nella sua direzione.
Infine varcò la soglia della stanza che stava cercando e sentì il calore delle fiamme arrossargli le guance e le mani.
-Ah, conte. Siete arrivato, dunque-.
Undertaker lo attendeva accanto alla poltrona di velluto situata al centro della camera ed appoggiava un braccio sul suo schienale in un gesto di sornione rilassamento. Ciel ne intravvedeva a stento i contorni indistinti oltre la parete di rosso e di nero che li separava.
D’improvviso scivolò su un ginocchio nell’avvertire le gambe cedere sotto il suo peso e nascose la bocca nella manica della giacca, tremando a causa dei violenti colpi di tosse che lo scuotevano.
-Venite con me, caro conte. Non è in questo modo che dovete morire, nevvero?-.
Udì a fatica la voce del becchino che lo chiamava e percepì le sue dita dal tocco quasi impalpabile che lo stringevano e lo conducevano più avanti, sino a quando il fumo e l’incendio sembrarono d’un tratto svanire, cacciati dal gelo che quelle mani emanavano.
Attraverso lo strato di torpore che gli aveva ottenebrato i sensi, avvertì una presenza consistente sotto di sé e contro la schiena, ma la debolezza lo incatenava sul posto e le ferite avevano ripreso a sanguinare.
Stava morendo.
E non sarebbero state le parole dello Shinigami Leggendario a trattenerlo in quel mondo, non sarebbe stato il dolore che gli schiacciava la testa e nemmeno il sapere che Undertaker aveva ragione, che non era in quella maniera che avrebbe dovuto abbandonare la vita. Non così, non a pochi passi dal luogo ove meritava di spegnersi in quanto ultimo della sua famiglia. Non con la consapevolezza che, quando poi sarebbe stato ritrovato, chiunque avrebbe ricordato soltanto il povero orfano capostipite dei Phantomhive che non aveva avuto la forza di sopraffare il fuoco.
-Aprite gli occhi, mio giovane signore. Non posso accompagnarvi nell’Oltretomba, non subito-.
Con lentezza, il nobile tentò di trovare un equilibrio nel proprio respiro affannato e sollevò le palpebre, incrociando lo sguardo placido del becchino. -C… come…?- provò a domandare, levandosi a sedere, e nel raddrizzarsi s’avvide che né al fumo né alle fiamme veniva concesso di raggiungere e ghermire voracemente la piccola sezione di stanza ove si trovava e che delle ferite che lo martoriavano non erano rimaste che le cicatrici.
-Resterete in vita per un poco, giovane conte.- spiegò il mietitore, accomodandosi su uno dei braccioli della poltrona sulla quale lo aveva aiutato a sedere e circondandogli le spalle con un braccio. -Non abbiate premura di donarmi il vostro squisito Cinematic Record, è troppo cortese da parte vostra.- aggiunse in tono ironico, incurvando gli angoli della bocca in un ghigno divertito.
Ciel arricciò le labbra in una smorfia nello scrutare il viso del semi Dio sin troppo vicino al proprio e nel sentire il suo respiro sulla pelle – il respiro della morte che lo aspettava. -Se è davvero su di te che dovrei fare affidamento come Dio della Morte, l’essere divorato da Sebastian forse non sarebbe una prospettiva tanto peggiore.- ribatté acidamente.
-È trascorso molto tempo dall’ultima volta che ho svolto il mio compito di Shinigami, è vero, tuttavia credo di riuscire a ricordare quale sia la via.- sogghignò Undertaker in tono di beffardo scherno. -Non avete di che preoccuparvi, non ho intenzione di commettere errori, non adesso che finalmente potrò avere la vostra anima depravata e non limitarmi più soltanto al vostro corpo.- soffiò in un insinuante mormorio al suo orecchio, lasciando scivolare la lingua sulla pelle pallida del suo viso.
Il ragazzino contrasse la mascella nel percepire quel muscolo orale che si muoveva voluttuosamente su di sé, tanto insistente che sembrava quasi volesse oltrepassare quell’involucro di carne ed arrivare a carezzare il suo spirito. Poi replicò, ostentando il consueto sorriso canzonatorio ed ignorando le allusioni alle quali il semi Dio aveva accennato: -Tanto tempo, becchino? Sei davvero sicuro di potere condurmi dove devo andare?-.
-Sì, sono passati tanti anni,- ribadì il mietitore nell’assentire col capo -ma non posso certo dimenticare un sentiero che si dipanava dalla vostra villa, mio caro conte-. Ed increspò gli angoli della bocca in un ghigno compiaciuto, contemplando l’occhio del nobile che si sbarrava nel comprendere quelle parole. -Vostro padre è sempre stato un uomo dannatamente divertente, signorino: la maschera di bontà che indossava sopra il collare di cane da guardia della Regina e che al contempo si rifletteva nel suo cuore mi ha sempre fatto ridere. Il suo Cinematic Record è uno dei miei preferiti: è un vero peccato che la direzione degli Shinigami mi abbia impedito di tenerlo per me-.
Per un lungo momento, Ciel ricordò Vincent abbandonato su quella stessa poltrona ed un se stesso più giovane che non aveva altra possibilità se non quella di guardarlo morire e non poteva scorgere il Dio della Morte che tranciava ogni legame della sua anima con il corpo che l’incendio stava distruggendo. -Avrai la mia catena di memorie.- disse infine, nuovamente presente a se stesso, alle ultime mosse che doveva compiere sulla scacchiera, all’ultima pedina che andava sacrificata – il re. -Temo dovrai accontentarti-.
-Oh, è molto più di quel che potrei mai chiedere.- assicurò Undertaker, levando una mano a sfilargli la benda. L’abbandonò con noncuranza sul pavimento e si specchiò in quell’iride screziata del viola del Contratto che aveva iniziato a sbiadire, compiacendosi del sapere che era a causa sua se quel simbolo stava lentamente svanendo.
Il giovane conte permise alle sue dita d’intrecciarsi ai propri capelli – come tante altre volte avevano fatto nella stanza fiocamente illuminata da una candela della dimora del becchino, nella quale questi poteva avere un assaggio del delizioso tormento che torturava lo spirito del ragazzino – e lasciò che le palpebre calassero sugli occhi, cancellando l’immagine del fuoco che aveva ripreso ad avanzare nella sua direzione.
-Che nessuno venga a sapere nient’altro che sono stato divorato dalle fiamme, parimenti quanto avvenne a mio padre.- ordinò in tono pacato. -Io ero destinato a morire sin dal principio, ma non è questo fato insanguinato che voglio si conservi come ricordo di me. Sarà il fuoco, l’emblema della potenza, a decorare le memorie in merito alla famiglia Phantomhive. Sono stato chiaro?-.
-Certamente, mio signore.- rispose lo Shinigami Leggendario, mentre i tentacoli cremisi dell’incendio lo raggiungevano ed avvolgevano la sua figura senza ferirla, quasi fosse stato un fantasma.
-E, becchino,- aggiunse il nobile, con la voce sempre più indebolita dal fumo che di nuovo gli avvelenava i polmoni e lo costringeva a tossire sin quasi a vomitare l’anima – quale macabra ironia -baciami. L’ultimo ricordo che ho dei miei genitori è d’un bacio che mia madre diede a mio padre la notte della loro morte e voglio che la mia fine si compia nel medesimo modo-.
E quando infine le fiamme giunsero al suo corpo e lo catturarono con i loro artigli, avvertì lo Shinigami che si tendeva verso di lui, le sue mani ardenti di fuoco che si insinuavano sotto la camicia, sul suo petto, e gli ustionavano la pelle all’altezza del cuore, e poi le sue labbra roventi sulle proprie, che si nutrivano del suo ultimo respiro.
Infine precipitò in un tenebroso nulla che lo svuotò d’ogni sensazione e credette che la morte fosse soltanto quell’interminabile cadere senza mai toccare terra ed a poco a poco perdere coscienza di se stessi, sino a divenire niente più che un frammento dello spirito che si era stati.
Nel sentire la mano del Dio della Morte che stringeva la sua, tuttavia, comprese che quel suo sprofondare nell’oscurità era terminato, sebbene non avesse mai urtato contro una qualunque superficie, e che si trovava in posizione eretta, benché non si fosse mai realmente alzato dal suolo.
-Camminiamo, conte.- l’incalzò il semi Dio, accennando col capo a qualcosa che sembrava galleggiare nell’oblio innanzi a loro.
Mentre ascoltava il silenzio dei loro passi che si susseguivano su di un pavimento inesistente, Ciel vide delle immagini che con lentezza si sostituivano alle tenebre: schegge del suo passato incise su una pellicola che scorreva e si avviluppava a spirale tutt’attorno al loro percorso.
-È il Cinematic Record?- chiese, per quanto non necessitasse sul serio d’una risposta, nell’allungare un braccio sin quasi a sfiorare la parete di ricordi.
-Non toccateli.- lo avvertì Undertaker. -Se doveste sfiorarli adesso sconvolgereste l’ordine che stanno cercando di stabilire e che si concretizzerà nella forma d’un libro. È pericoloso: potreste smarrire parte della vostra anima e non essere in grado di andare oltre questo corridoio.- spiegò in tono serafico, accompagnandosi ad un sogghigno nell’osservarlo ritrarsi.
Accostandosi alle indistinte sagome sospese nel vuoto, il ragazzino riconobbe in esse tre porte d’anonima fattura d’un semplice color legno.
Poi lo Shinigami si fermò innanzi ad esse e lasciò la sua mano; per un istante il conte ebbe la sensazione di precipitare di nuovo, ma sembrò trovare una sorta d’equilibrio – non che fosse semplice stabilirlo, dal momento che non aveva terra sulla quale poggiare i piedi – e domandò, studiando i battenti: -Dove conducono?-.
-Inferno, Purgatorio e Paradiso.- rispose il mietitore, picchiettando la lunga unghia nera dell’indice su ognuna delle porte. -La soglia che dovrete oltrepassare è decisa, mio caro conte, ed anche voi ne siete a conoscenza-.
Ciel lo aveva saputo dal principio, da quando aveva deciso di vendere la propria anima al diavolo, e non aveva mai avuto timore del destino che l’attendeva dietro quel rettangolo scuro.
Ed ora, tuttavia, ora che avrebbe dovuto varcare quell’ingresso per non uscirne mai più, esitava.
Nel guardarsi intorno riconosceva nelle sue memorie le persone che avrebbero custodito nel cuore il suo ricordo e d’improvviso si rendeva conto che non avrebbe mai potuto tornare indietro.
-Non potrò incontrarti mai più, nevvero?- chiese.
-No, conte. Non ci è permesso entrare nei Regni destinati agli spiriti dei mortali. Io posso solo accompagnarvi.- disse il Dio della Morte. Increspò le labbra in un sorriso di scherno ed aggiunse con fare beffardo: -Non vorrete insinuare che sentirete la mia mancanza, per caso?-.
-Non è questo.- sbottò il nobile, aggrottando la fronte in un’espressione irritata. -Se te ne andrai, porterai con te il mio Cinematic Record, non è forse così?-.
-Dovete essere spogliato di tutto ciò che riguarda la vostra vita terrena per poter cominciare una nuova esistenza ed espiare i vostri peccati.- assentì il semi Dio. -Dimenticherete anche il vostro nome, una volta aperta la porta. Non esistono conti di Phantomhive o Regine d’Inghilterra, nei Regni dell’Oltretomba: esistono semplicemente le anime dell’Inferno, del Purgatorio ed i Beati del Paradiso. Non è necessario alcun titolo per subire la propria punizione oppure tentare di raggiungere i Cerchi Angelici ed essere ammessi al cospetto della Luce Divina-.
-Mi hai preso in giro, becchino.- ribatté il conte in tono accusatorio. -Come pensi che potrò accertarmi che manterrai il giuramento in eterno, se non mi sarà possibile ricordare che genere di giuramento fosse, né che sia mai esistito?-.
Celava al di là della consueta maschera l’indugio che provava nel lasciarsi alle spalle la persona che era stato, come aveva vissuto e coloro con i quali aveva condiviso quella vita, per quanto breve – e dove avrebbe trovato la motivazione per accettare la punizione che gli sarebbe stata assegnata per le sue colpe, se non avesse più saputo quali erano state né avesse conosciuto il significato del loro peso sulle spalle?
Undertaker ghignò, divertito. -Non cambiate nemmeno nella morte, giovane conte. Siete quantomeno esilarante.- affermò con la voce dalla quale traboccavano risate. -Ve lo prometto, terrò fede al nostro accordo in nome dell’anima che mi avete concesso. Non permetterò che il casato dei Phantomhive venga ricordato in nessun altro modo se non nella grandezza del fuoco nel quale è bruciato.- giurò, accennando una canzonatoria imitazione dell’inchino nel quale era solito esibirsi Sebastian. -Ma ora è tempo che andiate: non dovete trattenervi troppo a lungo nel vestibolo dei tre Regni, altrimenti perderete coscienza di voi, che è tutto ciò che vi rimarrà dall’altra parte, e poi vi smarrirete nel baratro che avete sperimentato poco fa-.
Ciel si limitò ad una smorfia, consapevole che non avrebbe potuto ottenere di più da un essere estraneo al Paradiso ed all’Inferno e superiore alle creature mortali qual era lo Shinigami – il quale, se si fosse sul serio impegnato nel mantenere la promessa, l’avrebbe fatto unicamente per il proprio personale diletto.
Rivolse un ultimo sguardo alla pellicola che rappresentava la sua intera esistenza e ad ognuno dei visi dei quali era costellata, soffermandosi in particolare su quelli dei genitori, che lo stringevano amorevolmente a loro nel letto matrimoniale, ed infine avanzò in direzione del battente indicato come ingresso dell’Inferno senza più voltarsi indietro.
-No, conte.- lo fermò inaspettatamente il Dio della Morte, soffocando una risata dietro la mano ossuta, mentre la porta si ritraeva dalle dita tese del ragazzino e, acquistando sempre maggiore rapidità, spariva alla vista inghiottita dal buio. -Non è quella la via scelta per voi-.
-Com’è possibile?-. Il conte arretrò d’un passo, scoccando un’occhiata incredula agli ultimi due battenti rimasti. -Eppure io ho deciso di cedere il mio spirito ad un demone per poter sporcarmi dell’omicidio di chi ha infangato il mio nome. Sapevo a che cosa mi avrebbe portato, sapevo che il Paradiso mi sarebbe stato precluso-.
-Questo non l’ho mai negato.- fece notare il semi Dio, incapace di celare l’eccesso di risa del quale era divenuto preda. -Oh, siete troppo divertente nella vostra umana cecità! Non esistono solamente bianco e nero, conte: talvolta, capita che un’anima si macchi di grigio e debba impegnarsi per lavare quei peccati e scalare la rupe che la condurrà alla salvezza. È un privilegio concesso a pochi, il Regno del Purgatorio: spero sarete capace di fare uso al meglio di questa seconda possibilità.- disse, sospingendolo innanzi la porta che si trovava a metà della distanza fra quella dell’Inferno e quella del Paradiso.
-Tu credi che io sia meritevole d’una simile opportunità?- domandò il nobile.
-Non spetta a me prendere tali decisioni,- replicò il becchino, distendendo gli angoli della bocca in un ghigno enigmatico -tuttavia voi siete sempre stato troppo gentile per appartenere all’Inferno-.
Il giovane Phantomhive inarcò un sopracciglio in un’espressione stizzita; ed avrebbe ribattuto con asprezza, se Undertaker non avesse intrecciato le dita alle sue nell’atto di guidarle nel girare la maniglia.
-È molto tardi, caro conte. Vi staranno aspettando.- sussurrò al suo orecchio in tono di congedo mentre il battente scivolava silenziosamente sui cardini.
Ciel indirizzò un’ultima occhiata alle proprie spalle e per un fugace momento poté scorgere, oltre lo Shinigami, il Cinematic Record che convergeva in un unico punto, scorrendo con tanta rapidità da non permettergli di distinguere nient’altro che un vago mescolarsi di colori.
Infine varcò l’uscio ed avvertì il tocco gelido del Dio della Morte che lo abbandonava per l’eternità.
Il mietitore studiò la sua schiena che si allontanava sino a quando il legno della porta che nuovamente si chiudeva non glielo impedì, poi si voltò e si chinò a raccogliere il volume che giaceva sospeso nel nero vuoto dell’anticamera dell’aldilà. Lo soppesò pensosamente, meravigliandosi di quanto fosse consistente malgrado i soli tredici anni che racchiudeva.
-Sì, conte,- mormorò fra sé nel tracciare il profilo delle eleganti lettere che componevano il nome di Ciel Phantomhive sulla copertina -spero davvero che utilizzerete il dono che vi è stato fatto: sarebbe un peccato, invero, sapervi consumato dalle fiamme dell’Inferno-.



E nell'aria c'era odore di cenere, di Saeko no Danna

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Correttezza grammaticale e sintassi: 10 punti
Stile e lessico: 10 punti
IC dei personaggi: 10 punti
Originalità: 9,6 punti
Giudizio personale: 4,9 punti
Totale: 44,5 punti

Commento della giudice: Storia a un passo dalla perfezione sotto ogni punto di vista, dico davvero! Nessun errore di grammatica, dimenticanza o imprecisione; struttura sintattica invidiabile e ottima padronanza della lingua italiana, che ti hanno valso punteggio pieno nei primi due metri di giudizio. L’IC dei personaggi (tuo maggior cruccio, da quanto hai specificato nelle note) è mantenuto in maniera sublime, tanto che, nel leggere, mi è quasi parso di vedere i personaggi interagire dinanzi ai miei occhi. L’originalità, infine, è ottima sì, ma non ha punteggio pieno, dacché, da una storia così sbalorditiva qual è stata la tua, mi sarei aspettata qualcosa di più che una semplice (da non considerarsi una svalutazione, assolutamente, anzi) ma ben strutturata ed elaborata What if…? 



Note varie pre-contest:
Vi è un piccolo riferimento ai capitoli del manga, nei quali si racconta che l’ultima volta che Ciel dormì con i genitori fu la notte dell’incendio a Villa Phantomhive – sempre a questo riguardo, ti rimando alla parte in cui il conte guarda il suo Cinematic Record prima di prepararsi a varcare la Porta dell’Inferno e rivede i volti dei genitori nel ricordo del suddetto episodio.
Inoltre, secondo il manga Ciel è asmatico, perciò resiste molto meno della gente comune nel respirare il fumo d’un incendio.
Infine, la parte a proposito del Regno dell’Oltretomba – nonostante alcuni palesi riferimenti ai tre Regni Danteschi – è totalmente inventata da me; in più, l’ultima frase di Undertaker si riferisce ad una mia personale idea: se uno non si impegna nel Purgatorio, anziché riuscire a scalare il monte e giungere al Paradiso, scenderà sempre più giù sino ad arrivare all’Inferno.

Note varie post-contest:
Sono stra, super, extra, contentissimamente contenterrima, lo devo ammettere.
Ci tenevo parecchio, a questa fanfiction, un po' perché è un regalo per una persona che si è resa speciale in poco tempo, un po' perché è Undertaker x Ciel, un po' perché è molto triste, un po' perché parla dei Regni dell'Oltretomba, un po' perché , e sapere che è arrivata prima ad un concorso dalla traccia davvero splendida... mi fa venire le farfalle nello stomaco, sì XD.
Bon, poi nient'altro da dichiarare, se non che inserirò il banner fatto da Elos appena verrà postato - quello del Premio IC l'ha fatto la giudice in persona: ancora grazie per tutto <3 - e che voglio congratularmi con le altre partecipanti: è stato un piacere concorrere con voi.
I commenti sono graditi; ah, se passate, fermatevi pure per un the dal becchino <3.
Chu.
  
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