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Autore: Red S i n n e r    21/03/2010    7 recensioni
Stupidamente s’illudono, di illusioni assassine, che fanno male più d’un pugno ma che nessuno – nessuno – si azzarda a distruggere perché è semplicemente troppo.
E’ troppo per Iason da sperare, è troppo per Riki da credere.
E trema, Riki, sperando che sia il freddo.
Ma trema Iason, credendo che davvero sia il freddo e che tutto vada bene senza capire che, davvero, va già tutto bene.
[Dedicata a pralinedetective: grazie.]
Ai no Kusabi - Iason/Riki.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Anche se la tizia non vuole io gliela dedico. ù__u 
Semplicemente grazie, Giulia, tu sai di che parlo e io non debbo scrivere nulla, il ché aiuta la mia pigrizia. XD 
Uhm, questa piccola cosa è ambientata poco prima che Iason decida di lasciare libero il suo pet per un anno.
E' veramente piccola e scema ma volevo scrivere qualcosa riguardo questa coppia.
Magari più in là farò anche il bis. *kuku*
Spero piaccia. çAç

________________________________________

[Please] Remember me. 

 

“Maledizione!”
Imprecando al vuoto, Riki si alzò con cautela. Un dolore acuto gli fece strizzare gli occhi e, massaggiandosi le tempie, ricordò esattamente il perché di quel dolore: quell’uomo aveva impresso sul suo corpo un tatuaggio.
Non aveva parlato, non aveva dato spiegazioni, aveva semplicemente agito – come sempre, d’altronde.

Si passò una mano sulle tempie – stancamente, stancamente – cercando di non pensare e di non respirare, cercando semplicemente di dormire e dimenticare.
Ma faceva male, così tanto che ogni respiro era un rantolo, una preghiera affinché tutto quello finisse, preghiere che – prevedibilmente – non venivano ascoltate ma soffocate di baci.
Riki cadeva ed affogava, in quell’amore scomodo e malato -  in realtà dolce e disinteressato -  che gli procurava piacere, lo stesso che veniva aborrito come il peggiore tra i peccati: maledicendo ogni gemito e ogni sospiro scivolava più in basso dimenticandosi di sé.

Una carezza gentile, di pelle fresca e delicatezza, si infrange sulle sue palpebre stanche e gonfie di sonno, un sospiro malcelato che esce dalle labbra socchiuse, e un bacio, che le chiude in un abbraccio rovente.
Quegli occhi azzurri, lo sente, lo fissano attenti. Cercando, forse -  chissà cosa, poi -  o forse non cercano nulla e guardano e basta, ma Riki non vuole crederci  e trema, immaginando ciò che verrà [cercando di provare disgusto, senza riuscirci davvero].
L’altro lo copre con il lenzuolo, ma come spiegare che non è il freddo la colpa?
Il Blondie l’ha capito ma non parla, finge –anche lui – che sia veramente il freddo la causa e l’altro, stupidamente, finge che quelle attenzioni non minino l’idea che s’è fatto del padrone; stupidamente, finge che nulla di ciò che l’altro fa gli provochi piacere.
 

Stupidamente s’illudono, di illusioni assassine, che fanno male più d’un pugno ma che nessuno – nessuno – si azzarda a distruggere perché è semplicemente troppo.
E’ troppo per Iason da sperare, è troppo per Riki da credere.
E trema, Riki, sperando che sia il freddo.
Ma trema Iason, credendo davvero
che sia  il freddo e che tutto vada bene senza capire che, davvero, va già tutto bene.
 

Una carezza, di nuovo, che presto si trasforma in un abbraccio: il naso del biondo che respira la pelle dell’altro nel tentativo di calmarsi, di regolarizzare il respiro, di cercare di credere che forse  –forse-  non è il freddo, ma solo un brivido, di quelli che ti prendono alla sprovvista e ti fanno fremere d’attesa.

E Riki freme, maledicendosi al tempo stesso, senza smettere d’aspettare.    Ma nulla spezza l’attesa, è un altro bacio che sfiora le labbra, ed è la fronte dell’altro contro la propria, non sono mani né respiri affannosi solo sguardi che fingono, che fingono cose che sono in realtà le stesse.

Iason li guarda quegli occhi scuri, li accarezza piano, e l’altro trema. Paura? Eccitazione? Semplice repulsione?
Il Blondie non vuole sapere e, socchiudendo gli occhi in una placida richiesta, sussurra appena: “Non mi dimenticare.”
L’altro, i propri, li apre di scatto, mentre Iason lascia la stanza portandosi via l’anello d’appartenenza.
Chiude la porta, lasciando Riki in balia del silenzio che pare urlare, crudele, parole che sembrano suppliche.

Non mi dimenticare, urla il silenzio. Non mi dimenticare, chiede Iason.
Non mi dimenticare, ti prego, non lo fare.
E Riki non può far a meno di ascoltare quel ‘per favore’, che non è mai stato detto, ma che risuona nella stanza:  non lo dimenticherà, e non può fare a meno di odiarsi per questo.
 

E il tatuaggio brucia, imprimendo nella pelle quelle stesse parole.
Ricorda il dolore e il calore d’un abbraccio.
Brucia.

   
 
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