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Autore: miseichan    23/03/2010    3 recensioni
Una canzone può fare miracoli: delle semplici note possono fungere da sottofondo ad una serata già magica di per sè, riuscendo inoltre a dare quel pizzico di mistero ed euforia che un cappello rosso di Babbo Natale decide di regalarle... la notte di Natale. [Speciale Natale della storia Bacio di Mezzanotte]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Midnight Lovers'
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natale

 

 

I miss you

 

Fu una vibrazione a svegliarmi: qualcosa che faceva tremare il cuscino che stavo abbracciando teneramente. Ci misi un po’ a capire cosa fosse: il mio cellulare. Colpa di Davide: era stato lui a pregarmi di tenerlo lì, sotto il guanciale. Avrei dovuto sospettare che me ne sarei poi pentita. Allungai la mano ed afferrai il telefonino seccatore. Aprendo appena appena un occhio, vidi il suo numero sul display. Pigramente me lo portai all’orecchio e risposi.

–Piccola? Dormivi?-

Accennai giusto un mugolio, gli sarebbe bastato a capire. Ma non demorse:

-E’ Natale. Devi alzarti, piccola. Vieni con me-

Sbattei le palpebre e cercai di inquadrare le lancette dell’orologio: l’una e venti.

–Davide… sarà ancora Natale fra cinque o sei ore. Non puoi aspettare?-

Lo conoscevo abbastanza bene da intuire quando sorrideva per qualcosa che avevo fatto anche non vedendolo: ora stava sorridendo.

–No, piccola. Devi venire ora. Dai Lari, per favore. E’ importante. Segui la musica. I miss you…-

Detto questo chiuse la comunicazione. Cosa? Mi stava prendendo in giro? Fu in quel momento che sentii la musica, e mi venne quasi un colpo: era la canzone I miss you dei Blink 182. Ma come? Senza pensarci troppo scivolai giù dal letto. La parte cosciente del mio cervello si stava drasticamente opponendo al lasciare il calduccio del piumone, ma quando Davide ne combinava una delle sue, era la parte incosciente di me che aveva la meglio. Aprii rapida l’armadio e svestitami infilai una felpa a caso ed un pantalone, quindi un paio di scarpette bianche. Aprii lentamente la porta, ed ecco ancora la musica. La seguii lungo il corridoio di casa, poi giù per le scale, fino fuori il portone del palazzo. Guidata dalla musica. Non riuscii mai a capire come avesse fatto: se installando un impianto stereo nascosto lungo il percorso che dovevo percorrere o chissà come… l’unica cosa certa è che quella canzone fu il sottofondo dell’intera serata. Chiudendomi il portone alle spalle vidi subito Davide: dall’altro lato della strada, con un jeans blu ed una felpa nera, il cappuccio tirato sulla testa. Piegando il dito mi fece segno di avvicinarmi. Ubbidii, e completamente fiduciosa strinsi la mano che mi porgeva. Percorremmo  all’incirca mezzo chilometro: a piedi, mano nella mano, per quella strada deserta, illuminata solo dalla fievole luce dei lampioni. Tirava un po’ di vento e la desolazione che ci avvolgeva, dava al luogo un’atmosfera quasi spettrale, ma non mi toccava niente in quel momento: concentrata solo sulla calda mano di Davide che stringeva la mia, attenta a seguire il suo passo, interessata ad ogni suo più piccolo movimento. Si fermò davanti ad un cancello altissimo: ci passavo davanti quasi ogni giorno, ma non mi ero  mai chiesta cosa ci fosse dietro. Coperto d’edera, e affiancato da muri altissimi, scoraggiava i passanti dal tentare di sbirciarvi oltre. Ma fu lì che Davide si fermò. Estrasse da una tasca dei pantaloni una grossa chiave di rame e la infilò nella toppa, girandola senza difficoltà. Il ritmo del mio cuore aveva già iniziato ad aumentare, ma quando Davide lasciandomi la mano, si portò alle mie spalle e con una striscia di seta rossa mi coprì gli occhi, prese a battere tanto forte da farmi temere che potesse farmi male. Davide mi abbracciò da dietro e lentamente si piegò, avvicinando le labbra al mio orecchio. Riuscivo a sentire il suo respiro sul mio collo, le sue dita a stringermi i fianchi:

-Piccola? Sei pronta per la sorpresa di Natale?-

Riuscii a malapena ad annuire, troppo agitata per riuscire ad articolare una risposta. Lui mi prese per mano e aperto un piccolo passaggio mi fece procedere all’interno del cancello, quindi con un calcio se lo richiuse dietro. Mi guidò lui, attento a non farmi inciampare o sbandare. Ogni tanto però era lui a scartare leggermente così bisbigliai:

-Che succede?-

Lui ridacchiò:

-Niente. Solo che è buio-

Ero sempre più confusa:

-Ma se è buio perché mi hai bendata?-

Sbuffò divertito, come se fosse una domanda banale:

-Non voglio rischiare che tu veda qualcosa: altrimenti che sorpresa sarebbe, piccola?-

Giusto. Logica inattaccabile.

Mi rimproverai mentalmente per essermi vestita troppo leggera quando una folata di vento mi fece rabbrividire: non era il momento per cedere a futili sciocchezze. Davide però se ne accorse e mi lasciò un attimo. Lo sentii agitarsi per qualche istante e poco dopo mi stava facendo indossare la sua felpa.

–Ma così non avrai freddo tu?-

Mi riprese per mano e rise:

-Non ti preoccupare, sopravvivrò-

Dopo pochissimo si fermò di nuovo. Cercai di capire cosa fosse successo ma lui si spostò alle mie spalle e mi sciolse la benda, sostituendola rapido con la sua mano.

–Siamo arrivati. Pronta?-

Poco ci mancava che gli svenissi fra le braccia. Cosa poteva aver mai organizzato? Annuii e lui tolse la mano. Mi girai per guardarlo e lui fu la prima delle tante sorprese: indossava un dolcevita nero, che gli accentuava ancor di più il grosso torace muscoloso, ed un cappello da babbo natale. Mi avvicinai di più e con le dita gli spostai il pon pon bianco sulla spalla destra. Feci per alzarmi sulle punte dei piedi e baciarlo ma lui mi fermò e guardandomi negli occhi mi chiese:

-Non vuoi vedere il resto?-

C’era dell’altro, certo.

Non mi diede il tempo di annuire che aveva fatto comparire non si sa da dove una specie di telecomando nero.

–Premi il bottone-

mi sussurrò. Ed ubbidii, ancora una volta. E luce fu. Mi guardai in torno, cercando di capire se fossi realmente uscita dal mio letto. Forse era tutto un sogno… ma no, era troppo bello anche per essere un sogno.

Solo Davide era capace di tanto.

Da fuori non si poteva neanche minimamente immaginare quanto spazio vi fosse al di là di quel cancello: era un posto a dir poco immenso. Davide ed io eravamo in uno spiazzo circolare di forse trenta metri, e tutto intorno a noi, ad un intervallo di forse mezzo metro l’uno dall’altro vi erano centinaia e centinaia di abeti. Ogni albero era ricoperto di lucine: tutte semplici, bianche, i cui fili non si vedevano, sembravano quasi delle stelline intrappolate fra i rami. Vi erano alberi di natale a perdita d’occhio. Avevo smesso di respirare. Tentai di riprendere fiato ma la mia impresa fu bloccata sul nascere non appena mi accorsi di un’altra cosa, riguardava il cerchio più vicino di abeti: sotto ognuno di essi vi erano fra i tre ed i quattro pacchi regalo, incartati in maniera stupefacente, per non contare i pacchettini che ogni tanto pendevano dai rami, retti da fili invisibili, come sospesi in aria… Tornai a guardare Davide, incapace di credere ai miei occhi.

–D. io non so che dire? Come… è assolutamente bellissimo, io davvero non so…-

Lui sorrise, e mi poggiò un dito sulle labbra:

-Non devi dire o fare niente. La luce nei tuoi occhi in questo momento è il regalo più bello di tutti.-

Sentii un pizzicorio agli occhi. Ecco, quasi mi mettevo a piangere!  Pazzo che non era altro!  Ma che gli passava per la testa? Forse il cappello da babbo natale era troppo stretto… mi ci buttai letteralmente addosso, gettandogli le braccia al collo. Gli tolsi il cappello e lo indossai.

Mi regalò un sorriso che non dimenticherò mai.

–Che c’è?-

Lui scosse la testa, guardandomi dritto negli occhi, con un mezzo sorriso sulle labbra.

–Sai quella canzone che fa: “All I want for Christmas is you” ?-

Sospirai, cercando di calmarmi, di far tonare il cuore a battere ad una velocità vagamente normale, di far tornare l’aria a visitare i polmoni, di dare la possibilità ai miei occhi di vedere qualcosa che non fosse appannato per via delle lacrime pronte a scendere, o alla bocca di rilassarsi da quel sorriso enormemente largo… ma fu tutto inutile: quando Davide entrava in modalità romantica, niente lo fermava, come niente avrebbe potuto descrivere come in quel momento stessi per impazzire.

Continuammo così: io in braccio a lui, scambiandoci il cappello, baciandoci per momenti interminabili, ridendo senza alcun vero motivo… al centro di quella foresta di alberi di natale, alle due di notte, con il vento che inutilmente tentava di raffreddarci… la notte di natale…     

                                            

   
 
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